Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo
Garibaldi, pioniere dell'Ecosocialismo (clickare sull'immagine)

sabato 30 giugno 2012

120 anni dopo un Socialismo per la vita e non per la morte

Care compagne e cari compagni,
purtroppo il 12o° anniversario della fondazione del Partito Socialista Italiano, oggi, ci porta a vestirci di nero. Più che una celebrazione, infatti, questo sembra un funerale. Ma può darsi che il nero, che in questo caso non vogliamo sia del tutto funereo, si tinga ancora di rosso e, con esso, noi tutti si possa riscoprire uno spirito anarchico e libertario che fu proprio quello che, con Andrea Costa prima e con Filippo Turati poi, portò proprio alla nascita del primo ed unico Partito Socialista Italiano.
Per chi non lo sapesse, anche allora c'era un Partito Democratico che lo stesso Turati definiva “amalgama” proprio negli anni della fondazione del PSI.
Ad esso Turati nel 1895 rivolse queste parole: “Che a questa amalgama poco stia a cuore la libertà politica della masse, non contestiamo. Intanto costretto a lottare contro un regime di privilegio, esso dovrà pur lottare per la libertà. Ch'esso sia povero d'anima, propendiamo a crederlo: toccherà a noi fors'anco di prestargliene una provvisoria. Un partito non agisce solo per quel ch'esso vale, ma per quello che valgono i partiti coi quali ha a che fare”
Ebbene, non vi sembra che tali parole si potrebbero riprendere alla lettera ed applicarle oggi senza tema di essere smentiti?
Anche allora si era nel pieno di una ondata reazionaria che portò alla fine alle cannonate contro i lavoratori e alla decorazione del generale che mise in atto tale eccidio.
Oggi non abbiamo le cannonate, ma il massacro sociale, la privazione dei diritti dei lavoratori, una tassazione iniqua e a senso unico, e il permanere di privilegi reazionari non condivisi da tutto un mondo civile e democratico, basti solo paragonare i compensi dei nostri parlamentari con quelli di altri paesi europei o quello del nostro Presidente della Repubblica con quello del Presidente degli USA o persino della Regina d'Inghilterra.
Questi privilegi vengono continuamente fatti pagare al popolo e non accennano minimamente a diminuire, aumentano invece a dismisura i sacrifici per le classi più deboli e popolari.
L' “amalgama” di oggi ha deciso di sottrarsi al confronto elettorale immediatamente dopo la caduta del governo Berlusconi, adducendo come motivo, la necessità di una nuova legge elettorale che avrebbe dovuto avere priorità assoluta per restituire, come è giusto in ogni democrazia, la parola al popolo, ma è stato varato di tutto tranne ciò, e dubitiamo fortemente che una nuova legge elettorale ci sarà, a questo punto.
Il maggiore sostenitore del governo Monti e delle sue politiche nettamente antisociali e antisocialiste, è l'UDC e noi troviamo oggi scritto sul sito del PSI, ad opera del suo segretario: "Ad oggi l'alleanza e' fra Pd, Psi e Udc. Questo è lo schieramento che vince".
Ebbene, compagni, questo connubio e questo “aforisma” segnano l'epitaffio funebre della storia del Partito Socialista Italiano, perché lo seppelliscono dentro una fossa i cui becchini sono coloro che non hanno mai accettato in Italia l'esistenza di un grande partito del Socialismo Europeo.
Saremo dunque noi coloro che si lasceranno seppellire con tali preci?
O forse insorgeremo nel nome dei nostri ideali di sempre, quelli che portarono Brodolini e Giugni ad inaugurare quella stagione dei diritti e della civiltà del lavoro che, anche con Craxi, fece diventare l'Italia una delle più grandi potenze industriali del mondo?
Insorgiamo, compagni, l'ora della riscossa è arrivata e non aspetterà né pavidi né traditori.
Usciamo dalla fossa, pronti a risorgere con le nostre bandiere rosse di sempre!
Ce lo chiede l'Italia, ci invoca quell'Europa dei popoli che, pur essendo calpestata e vilipesa, non rinuncia alla sua primavera e combatte contro l'assolutismo monetaristico.
Noi possiamo, noi vogliamo, noi dobbiamo testimoniare che il Socialismo Italiano esiste e sta ancora dalla parte dei lavoratori, degli studenti, dei precari, dei pensionati, dei cassintegrati, degli esodati, di quel popolo massacrato e costretto ad impiccarsi per la disperazione da questo governo infame!
Volete davvero voi, compagni, seguire scodinzolando chi vi porta nelle fauci dei sostenitori a spada tratta di questa macelleria sociale?
No, cari compagni, noi che abbiamo ancora nel cuore l'anelito di Costa, di Turati e di Labriola noi, no, non li seguiremo.
Noi risponderemo con le parole di Turati al Congresso socialista di Bologna del 1904:
“L'importante è di salvare l'avvenire, voi il vostro, noi il nostro.
Al proletariato di decidere fra noi, quando ci vedrà tutti fedeli alla nostra esperienza e ai nostri ideali.
Così è ancor possibile un partito, un'unità del partito nella vita, non nella morte, come volete voi”

Viva il Socialismo Italiano!

C. F.

Senza Lugo, Paraguay sospeso «finché durerà l’anomalia»

Sospeso «finché durerà l’anomalia».Questa la decisione presa nei confronti del Paraguay dai paesi del Mercado comune del Sur (Mercosur), riuniti a Menzoza, in Argentina. Per i ministri degli esteri di Brasile, Uruguay, Argentina – paesi del Mercosur – l’anomalia si è determinata con la destituzione del presidente Fernando Lugo, sfiduciato da un voto del Senato paraguayano il 22 giugno. Al suo posto, come previsto dalla costituzione, è subentrato il vicepresidente Federico Franco, del Partido liberal radical autentico (Plra), una formazione di destra che aveva sostenuto l’elezione di Lugo, nel 2008, per poi contrastarla dall’interno al primo accenno di aperture sociali.
A nove mesi dalle elezioni, si è aperta così, all’insegna dei poteri forti, la campagna per le presidenziali dell’aprile 2013 in Paraguay. Franco, secondo la legge, resterà in carica fino ad agosto 2013. I paesi progressisti dell’America latina non lo hanno però riconosciuto, né è stato invitato a Mendoza.
La presidente del Brasile, Dilma Rousseff aveva preannunciato che il Paraguay avrebbe potuto essere espulso dal Mercosur e dalla Unasur (riunita anch’essa a Mendoza). La sua omologa argentina, Cristina Fernandéz aveva precisato, lo stesso giorno, che Buenos Aires non avrebbe accettato «il colpo di stato in Paraguay». Il presidente dell’Ecuador, Rafael Correa, ha ritirato l’ambasciatore, dichiarando che il suo paese «non riconoscerà nessun altro governo che non sia quello di Lugo». Sulla stessa linea anche il boliviano Evo Morales. Più prudente, il presidente peruviano, Hollanta Humala, aveva definito la vicenda «un rovescio per la democrazia che obbliga i nostri paesi a vigilare». Il Brasile ha impiegato tutto il suo peso per ottenere anche il pronunciamento di due governi di destra, quello del Cile e della Colombia.
«È in questo modo che adesso si fanno i colpi di stato», ha detto subito il ministro degli Affari esteri venezuelano, Nicolas Maduro. È così, infatti che, il 29 giugno del 2009, cadde in Honduras il governo di Manuel Zelaya. È in questo modo che sarebbe caduto il governo Chávez nel 2002, quello di Morales nel 2008 e quello di Correa nel 2010.
Il Venezuela, primo produttore di petrolio al Paraguay per via dei buoni rapporti intrattenuti con l’ex «vescovo dei poveri» Fernando Lugo, ha ottenuto l’adesione al Mercosur nel 2006. L’opposizione del Partido colorado – la formazione di estrema destra che ha tenuto in mano il Paraguay per 62 anni, che ha vinto anche le ultime legislative ed è maggioritaria al senato – ne ha però impedito l’effettiva presenza. Il senatore del Partido Colorado Alfredo Stroessner, nipote dell’omonimo generale che ha governato il paese dal ’54 all’89, ha motivato la posizione del suo partito: in Venezuela – ha affermato – c’è «poca democrazia», Chávez esercita «poteri assoluti». Stroessner si è detto disponibile a rivedere la sua posizione qualora si verificasse un cambio di governo in Venezuela: ovvero in caso di vittoria del candidato di centro-destra Enrique Capriles Radonski, che corre contro Chávez alle presidenziali del 7 ottobre.
Intanto, un folto gruppo di associazioni contandine e di movimenti brasiliani ha trasmesso al ministero degli Esteri del proprio paese la richiesta di veder entrare il Venezuela nel Mercosur. Un’eventualità che ora potrebbe farsi più vicina se l’indagine del Mercosur verificasse la mancanza di «ordine democratico» in Paraguay da qui alle elezioni di aprile e lo espellesse dal blocco regionale. Resta da vedere con quali strumenti il Mercosur – che non ha emesso altre sanzioni – potrà premere sul nuovo governo. Franco ha già annunciato che non riconoscerà le decisioni prese da Mercosur e Unasur. Ieri, il governo ecuadoregno ha respinto le accuse della ministra della Difesa paraguayana, secondo la quale Ecuador e Venezuela starebbero istigando le forze armate del suo paese a una sollevazione militare.

venerdì 29 giugno 2012

Termini della discussione ecologica attuale

Leonado Boff
Filosofo/teologo
La Rio +20 ha provocato una vasta discussione sulle questioni ecologiche. Non tutti capiscono i termini tecnici della problematica. Pubblichiamo qui un articolo dell’ecologo più conosciuto dello Stato di Rio de Janeiro, Arthur Soffiati, di Campos de Goytacazes, RJ, fondatore del Centro Fluminense per la Conservazione della Natura. L’ articolo è apparso il 14 maggio 2012 sul quotidiano Folha da Manha di quella città. Ecco le parole principali: Ecosviluppo, sviluppo sostenibile, economia verde, impronta ecologica, antropocene.
Da circa 11.000 anni la temperatura della Terra ha cominciato a elevarsi naturalmente, producendo lo scioglimento progressivo dell’ultima grande glaciazione. Grande parte dell’acqua, passando dallo stato solido al liquido, ha elevato il livello dei mari, ha separato le terre dei continenti, ha formato isole, ha favorito la formazione di foreste e di altri ambienti. Gli scienziati hanno dato a questa nuova fase il nome di Olocene.

In questi ultimi 11.000 anni, di tutti gli ominidi è sopravvissuto soltanto l’«homo sapiens», diventato sovrano in tutto il pianeta. Con il cervello ben sviluppato, si trovò sfidato dalle nuove condizioni climatiche e addomesticò piante e animali, inventando l’agropecuaria, creò la tecnologia per lavorare le pietre, inventò la ruota, il telaio e la metallurgia. In seguito creò città, imperi, depositi di acqua, condutture e irrigazione. Varie civiltà oltrepassarono i limiti degli ecosistemi in cui erano sorte, generando crisi ambientali che contribuirono alla loro estinzione.
E qui siamo al concetto di orma ecologica. Esso si riferisce al grado di impatto ecologico per un individuo, per una impresa, una economia, una società. L’impronta ecologica delle civiltà anteriori alla civiltà occidentale, ha sempre avuto un carattere regionale, che fossero reversibili o no. L’Occidente è stata la civiltà che ha calzato gli stivali più pesanti conosciuti fino a quel momento. Il peso cominciò con il capitalismo, che ha trasformato il mondo. A partire dal 15º secolo, la civiltà occidentale (leggi: europea) cominciò a lasciare tracce profonde con l’espansione marittima. Imposero la loro la loro cultura ad altre aree del pianeta. Il mondo fu occidentalizzato e passò a sua volta a incidere profondamente sull’ambiente.
Venne allora un’altra grande trasformazione con la rivoluzione industriale, la cui origine va situata nell’Inghilterra del secolo 18º. Si espanse per tutto il mondo, dividendolo in paesi industrializzati e paesi esportatori di materia prima.

 A partire da questa rivoluzione, comincia a crearsi un’altra grande realtà planetaria, con emissioni di gas produttori di riscaldamento globale, devastazioni di foreste, impoverimento della biodiversità, uso indebito del suolo, urbanizzazione massiccia, alterazioni profonde nei cicli dell’azoto e del fosforo, contaminazione dell’acqua dolce, assottigliamento dello strato di ozono e estrazione eccessiva di risorse naturali non rinnovabili, che, a sua volta, produce quantità inaudite di rifiuti. Gli scienziati stanno dimostrando che, dentro all’era dell’olocene, (holos=intero+koinos=nuovo), l’azione umana collettiva del capitalismo e del socialismo ha provocato una crisi ambientale senza precedenti nella storia della Terra perché generata da una sola specie. Essi stanno denominando il periodo post rivoluzione industriale del secolo 18 “antropocene”, ossia una fase geologica costruita dall’azione collettiva dell’essere umano (antropos=uomo+koinos=nuovo). In funzione di questa grande crisi o di questa nuova epoca è che l’organizzazione delle Nazioni Unite sta promuovendo grandi conferenze internazionali, come le conferenze di Stoccolma (1972), Rio-92 e, prossimamente, la Rio +20. L’obiettivo è risolvere i problemi dell’Antropocene, sia conciliando lo sviluppo economico e la protezione dell’ambiente, sia cercando altre forme di sviluppo.
A Rio-92 si adottò la formula dello sviluppo sostenibile, che ha assunto significati diversi, uno anche opposto a quello originale. La conferenza Rio +20vuole mettere su piede di parità le dimensioni ambientali, sociali e economiche. La parola magica, adesso, è “economia verde”, il cui contenuto non è chiaro. Si suppone che, come minimo, comprenda la sostituzione progressiva delle fonti di energia tipo carbo-intensive con fonti rinnovabili di energia, come in genere la sostituzione di risorse non rinnovabili con quelle rinnovabili. 

La Rio+20 ha dimostrato che i paesi industrializzati non vogliono rinunciare alle loro posizioni; i paesi emergenti vogliono raggiungere quelli industrializzati; e paesi poveri vogliono essere emergenti. Fin quando non ci sarà un’intesa sulle possibilità ‘limitate’ del pianeta, inutile pensare alla giustizia sociale o allo sviluppo economico. Di conseguenza, l’ambiente è più importante che il sociale o l’economico, dato che senza di questo non si può trovare soluzione agli altri due. D’altra parte il concetto di ecosviluppo pare essere il più corretto quanto a tattica e strategia.

Tradotto da Romano Baraglia

mercoledì 27 giugno 2012

Il Partito Democratico dopo Cuba e Venezuela prende di mira anche la Bolivia e l’Ecuador?


Il Buen Vivir rappresenta un’esperienza di grande interesse e una possibile risposta al modo di concepire il futuro del genere umano che ci arriva dall’America Latina. Il presidente della Bolivia Evo Morales, in primis, e il presidente dell’Ecuador Rafael Correa, insieme ai loro popoli ne sono i soggetti protagonisti. Qualche manciata di giorni fa Morales era in Italia per incontrare tutti i movimenti sociali, i partiti, le associazioni e le persone che sostengono e credono in questo progetto. E guarda il caso, il prossimo 28 giugno, con una coincidenza temporale fortemente sospetta, il Partito Democratico organizza a Roma un incontro per discutere se il Buen Vivir, cioè il progetto di Morales e Correa, sia una vera alternativa o più semplicemente propaganda politica. Il titolo dal seminario? “Buen Vivir: nuovo paradigma di sviluppo o retorica politica?”. Questo fatto lascia intravedere, anche a un poco attento esperto di cose latinoamericane come me, che il PD dopo Cuba ha nel mirino anche l’esperienza e il messaggio politico dei popoli indigeni di Bolivia e Ecuador.
Al PD adesso non basta più sostenere la cosiddetta “dissidenza” cubana a libro paga della CIA (come le patetiche “Damas en blanco” , controfigure di infimo gusto delle gloriose Madri de Plaza de Majo argentine), o attaccare, in modo ideologico, il Venezuela di Chavez adesso fa un ulteriore insidioso passo in avanti cercando di accreditare, attraverso un seminario di un paio di orette, che il Buen Vivir non è altro che propaganda, proprio mentre in Bolivia le forze reazionarie e filo statunitensi si sono messe di nuovo in azione contro presidente Morales attraverso gli attacchi dei corpi di polizia. Che siano tutte coincidenze?

 di Mario Spinetti

Da: http://www.marx21.it/internazionale/america-latina-e-caraibi/2038-il-partito-democratico-dopo-cuba-e-venezuela-prende-di-mira-anche-la-bolivia-e-lecuador.html

Arrivano i bersaglieri, ecco chi erano nel 1800 e dintorni.



Io non sapevo che i piemontesi fecero al Sud quello che i nazisti fecero a Marzabotto (o alle Fosse Ardeatine) e in moltissime altre località. Ma lo fecero tante volte, per anni. E cancellarono per sempre molti paesi, in operazioni anti-terrorismo, come i marines in Iraq. Non sapevo che, nelle rappresaglie, si concessero libertà di stupro sulle donne meridionali, come nei Balcani, durante il conflitto etnico; o come i marocchini delle truppe francesi, in Ciociaria, nell’invasione, da Sud, per redimere l’Italia dal fascismo. Ignoravo che, in nome dell’Unità nazionale, i fratelli d’Italia ebbero pure diritto di saccheggio delle città meridionali, come i Lanzichenecchi a Roma, E che praticarono la tortura come i marines a Abu Ghraib, i francesi in Algeria, Pinochet in Cile. Non sapevo che in Parlamento, a Torino, un deputato ex-garibaldino paragonò la ferocia e le stragi piemontesi al Sud a quelle di “Tamerlano, Gengis Khan e Attila”. Un altro preferì tacere “rivelazioni di cui l’Europa potrebbe inorridire”. E Garibaldi parlò di “cose da cloaca”.
Questo è l'inizio di "Terroni" il libro pù letto del 2011, scritto da Pino Aprile ed edito dalla Piemme.

I crimini dei piemontesi sono senza soluzione di continuità. Il Sud fu messo a ferro e fuoco nel 1860 e dintorni, sia dai garibaldini che da parte di reparti dell'esercito piemontese, primi fra tutti i l corpo dei Bersaglieri.Le stragi cominciarono a Genova nel 1849, quando i bersaglieri di Alfonso La Marmora misero  a sacco la città massacrando oltre 700 genovesi che inneggiavano alla repubblica. Soldati che nelle pianure padane, contro il nemico austriaco, avevano tentennato per poi scappare, di fronte ai cittadini inermi si dimostrarono indefessi e inarrestabili: armi in pugno squadre di Bersaglieri depredarono casa per casa la città, non risparmiando neanche alcuni edifici religiosi, passando per le armi chi provava a resistere; le cronache parlano di stupri e vessazioni, rastrellamenti e umiliazioni.
Vittorio Emanuele, il futuro primo re d’Italia, si congratula personalmente con il generale, attraverso una lettera scritta in francese, dove si rallegra per la “vittoria”, definendo gli insorti “vile e infetta razza di canaglie”.
Il Sacco di Genova venne col tempo cancellato dalla grande storia del Risorgimento, ma la ferita rimase sanguinolenta per anni, portando cicatrici che ancora oggi possiamo osservare; i Bersaglieri dovettero attendere la fine del secondo conflitto mondiale per poter rimettere piede in città, e solo nel 1994 questi vennero festeggiati in un loro raduno nazionale; in giro per la città, poi, si possono ancora trovare frammenti e palle di cannone incastonate nei muri delle case. Nel 1860, il ligure Garibaldi,invase la sicilia su ordine di Cavour e fece stragi a Bronte, Nicosia, Biancavilla, Leonforte, Racalmuto, Niscemi, Trecastagni, San Filippo D’Agira, Castiglione Noto, Regalpetra.Il solo Nino Bixio diede luogo a settecento fucilazioni.
Questi personaggi, tutti massoni e servi di una monarchia tra le più infami del mondo, sono additati da una storiografia massonica: Eroi. I piemontesi si macchiarono di crimini orrendi nel Sud. Moltissimi paesi vengono mjessi a ferro e fuoco, distrutti, massacrati: Gioa del Colle, Gaeta, Vieste, Montecillone, Isernia, Auletta, Pietralcina, Paduli, Nola, Scurcola, il Teramano, Casamari, Montefalcione, Pagese, San Martino, San Marco in Lamis, Cotronei, Guardiaregia, Vico, Rignano, Palma, Barile, Campochiaro, Pontelandolfo, Casalduni, Campolattaro, ed altri Paesi. Da 41 a 81 secondo i vari documenti. La ricerca storica è solo agli inizi, ma non vi fu paese o villaggio del Sud non toccato dalle armi delle colonne mobili dei bersaglieri.

Nel 1996 venne pubblicato dalla GranMelò " I Savoia e il massacro del Sud", un libro che raccontò la raccapricciante strage di Pontelandolfo e Casalduni che vennero bruciate. I morti furono oltre mille. I criminali non erano nazisti o fascisti, ma i bersaglieri del colonnello Negri, su ordine di Cialdini. I bersaglieri ebbero libertà di stupro e di saccheggio, violentarono e uccisero sull’altare le donne che si erano rifugiate in chiesa; diedero fuoco ai due paesi, con la gente nelle case. I bersaglieri assalirono il paese con scariche di fucili, abbattimento di porte e finestre: uccisero bambini, giovani, vecchi, donne e fanciulle, molte di esse dapprima stuprate. Molti soldati si impossessarono di danaro, oro e altri oggetti di valore. Profanarono anche la Chiesa Madre rubando i doni votivi e finanche la corona d’oro della Madonna. Poi il paese dopo la mattanza fu dato alle fiamme, facendo abbrustolire i morti e quanti, ancora feriti o infermi, nelle proprie case imploravano vanamente e cristianamente aiuto!”.

Il governo sabaudo poi concesse la prima medaglia d’oro alla bandiera dei bersaglieri, per questa azione a Pontelandolfo…..Pier Eleonoro Negri, l’alto ufficiale che comandava la spedizione punitiva, era considerato nella città iberica (Vicenza) “un eroe” e non un uomo che a Pontelandolfo “si comportò da macellaio della peggior risma”.
 Ancora oggi il macellaio che guidò la mattanza, il nobile vicentino Pier Eleonoro Negri, viene onorato ogni anno con la deposizione, da parte del sindaco, di una corona d’alloro, dinanzi alla lapide che lo ricorda. «Posso io assumermi la responsabilità di cancellare la prima medaglia d’ oro dei bersaglieri?», ha detto il sindaco a Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, che hanno dedicato tre pagine alla vicenda, sul Corriere della Sera. Ma a far venire i brividi è la frase riportata subito dopo dai due colleghi del Corsera: “Quanto all’ associazione del corpo «piumato», il presidente vicentino Antonio Miotello ha detto ad Antonio Trentin, del Giornale di Vicenza, che non se ne parla neanche: «Era in zona di guerra. Eseguì degli ordini»”.Pino Aprile, autore di "Terroni" risponde pacatamente:Capito? Era in zona di guerra, eseguì gli ordini. A parte il fatto che quella zona era divenuta di guerra, perché l’esercito di cui faceva parte Negri la invase, la mise a ferro e fuoco e la depredò, senza nemmeno averla dichiarata la guerra; ma se la guerra (d’invasione) giustifica le rappresaglie, gli stupri, il saccheggio, le fucilazioni di massa, allora chiediamo scusa ai macellai nazisti Reder, Kappler, Heichmann.
Abbiamo processato (“abbiamo”, intendendo il mondo che si ritiene civile) a Norimberga quelli che credevano di poter giustificare il massacro di propri simili dicendo di aver “soltanto eseguito ordini”. Vale solo per gli altri? Anche Saddam Hussein è stato processato e giustiziato, per aver eseguito rappresaglie contro città di suoi connazionali. Vale solo in Iraq? I massacri continuarono in Sicilia nel 1862. A castellammare del Golfo i bersaglieri del Genrale Quintini fucilarono decine di persone, repubblicani e borbonici, tra le quali anche una ragazzina di otto anni: Angelina Romano. Nel 1866,  i piemontesi misero a ferro e fuoco Palermo. I morti ammontarono a settemila.La città bombardata da terra e dal mare, i cittadini si rivoltarono contro lo stato centralista sabaudo, contro la monarchia. Gridavano "libertà, a morte i Savoia", furono tutti massacrati.
Nel 1893 a Giardinello in provincia di Palermo le guardie comunali spararono sui contadini, i morti furono una decina e ferendone moltissimi; altri morti a Lercara Friddi ( Palermo),a Gibellina (Trapani), a Santa Caterina Villermosa, ( Caltanissetta) e in molte altre località. Il 3 gennaio del 1894 Crispi proclamò lo stato d'assedio ( Crispi era socialista e garibaldino) in tutta la Sicilia e il generale francesco Morra ristabilì l'ordine con tanti morti sulle strade e sulle piazze di tanti paesi; inoltre furono da lui arrestati e defeniti ai tribunali militari circa duemila cittadini. Pasquale Scimeca, in un bel documentario ha rappresentato ciò rappresenta ciò che è successo a Caltavuturo il 22 gennaio del 1893...quando i bersaglieri monarchici, che niente hanno a che fare con quelli della nostra repubblica, sterminarono i contadini che reclamavano terra e libertà.. Speriamo che il presidente della repubblica ricordi quei martiri, morti per dare a tutti noi una repubblica equa, per dare ai loro figli un pezzo di pane nero e per dare a tutti noi la libertà. Il Nord non fu immune da stragi: la repressione contadina per la tassa sul macinato è emblematica, forse ammontarono ad oltre duecento i morti, moltissimi gli incarcerati.
Nel 1898 Milano fu bombardata da Bava Beccaris, i morti ammontarono a circa trecento. Il generale fu decorato da Umberto I°, poi assassinato da Gaetano Bresci a Monza. In questi giorni a Gaeta è stato presentato un libro su Enrico Cosenz, pubblicato a spese della provincia di Latina, con soldi nostri. Cosenz era nato a Gaeta, ufficiale della Nunziatella, traditore della patria duosiciliana, prestato a Garibaldi dai piemontesi per lo sbarco in Sicilia. E' considerato un eroe. A Latina i bersaglieri si accingono a far festa, forse orgogliosi delle gesta dei loro antenati. Noi siamo per una repubblica nata sulle ceneri del fascismo e di Casa Savoia e non apprezziamo chi inneggia ai nazisti del 1800. E' solo retorica risorgimentale, quella che ha portato l'Italia alla fame in 83 anni di regno sabaudo, quella che ha fatto emigrare  30 milioni milioni di meridionali, quella che matò un milione di contadini chiamandoli Briganti. Basta! Viviamo in una repubblica. In Francia hanno abolito tutto ciò che fu monarchico, hanno usato la ghigliottina. In Israele non hanno strade intitolate a Hitler o a Kapler. Negli USA hanno strade intitolate al generale Lee e agli eroi della confederazione del Sud, e quelli del Nord. Nell'Italia repubblicana ricordano ancora assassini e criminali di guerra fatti passare per eroi da una storiografia di parte monarchica. Dura a morire.
Al governo abbiamo un massone, eletto da nessuno. Il prossimo anno ci saranno le elezioni.
Che repubblica abbiamo?
Antonio Ciano

martedì 26 giugno 2012

Resistencia Civil en Paraguay se proyecta en los Departamentos


La resistencia ciudadana contra el Golpe en Paraguay se traslada a los Departamentos donde a partir de la fecha se realizan diferentes tipos de manifestaciones para buscar el retorno a la democracia  y la vuelta del Presidente Lugo al Gobierno. Bajo la consigna Fuera el Golpista Franco, Fuera el Gobierno Trucho, las organizaciones sociales y políticas progresistas arrancan un proceso de movilizaciones ciudadanas.Organizaciones integrantes del Frente por la Defensa de la Democracia anuncian resistencia pacífica en todo el país. Frente a la Tv Pública la resistencia convoca diariamente a unas diez mil personas en defensa de la libertad de prensa y de expresión en Paraguay. Ahora la lucha se proyecta al interior en los diferentes departamentos.


Agenda de Movilización para la restauración de la Democracia

GUAIRA:    PPT, PCPS, PMPP  van a movilizarse desde martes 09 hs en la plaza de la libertad con una  marcha dentro de la ciudad, según indicó Félix Núñez.
ALTO PARANA: la articulación del FG y organizaciones sociales conformaron el Frente Departamental de Defensa de la Democracia y tienen previsto realizar un festival por la democracia en  plaza de la paz de ciudad del este, a las 16 hs. También está previsto cierre de ruta en el km 26 Minga Guazú, mientras que el miércoles se tiene planificado acto  central en plaza de la paz, según informó Isidro Morel.


CONCEPCION: el  Frente Guasu  se reunió e  hizo un pronunciamiento donde exige la restauración de la democracia. Los campesinos se movilizarán en la ciudad de Horqueta y se prevé para ello una reunión de dirigentes sociales y políticos hoy en la pastoral social. El día miércoles se llevará a cabo una movilización grande en azotey, arroyito, alfonso cue, concepción, hugua ñandu  desde las 9 horas, según informó el concejal  Dionisio Guerrero

SAN PEDRO:    El  FG se reúne hoy  y desde mañana el Frente por la Defensa de la Democracia comienza a movilizarse en Santaní. El  miércoles se marchará desde tacuara a partir de las 9 hs. Posteriormente,  continua las manifestaciones en Santa Rosa, San Pedro y otros, expresó Gustavo Alfonso.

5.-   CAAGUAZU:   En  Simón Bolívar, Carayao, Oviedo, Caaguazú, Campo 9,  hoy se realiza reunión de planificación en cada distrito con diferentes sectores, previéndose la salida a las rutas desde el miércoles 09hs en en los distritos mencionados, informó Justo Burgos
6.-   CAAZAPA:     Hoy lunes empezó en tava ´i  movilización desde las 08 hs. El  martes está previsto en 3 de mayo, San Francisco, Caazapá, San Juan. Movilización indefinida.  Angel Curtido
7.-   ITAPUA:       hoy a la tarde se reúnen para definir acciones. Según señaló el dirigente  Ramón Alarcón.
8.-   MISIONES:    mañana ya inician movilizaciones en Cruce Santa María desde las 08hs, explicó  Haidee Brusqueti.
9.-   PARAGUARI y CORDILLERA:  comenzaron a llegar hasta la capital para resistir en la tv pública con unas  200 personas.

11.-  CENTRAL y ASUNCION:     manifestación frente a la tv pública, según señaló  Lourdes Villalba
13.-  CANINDEYU:
Salen  desde este martes  a movilizarse en cruce Santa Rosa,  donde tienen previsto  cerrar rutas a la altura de unos 15 kilómetros de Curuguaty. Se conformo un equipo del departamento  de las diferentes organizaciones sociales e indígenas. Desde este martes a las 8.000 comienzan a llegar campesinos  para cerrar  las rutas, informó Ojildio Gonzalez, del Frente Agrario y Popular.
El miércoles se prevé  movilización a las 09hs en Curuguaty  del Frente Social y Popular   El dirigente para el Contacto es Hugo Mendoza.

 http://paraguayresiste.com/resistencia-civil-en-paraguay-se-proyecta-en-los-departamentos

El gobierno de Bolivia denunció un plan de golpe de Estado



El gobierno de Bolivia denunció este domingo la existencia de un plan para derrocarlo mediante un golpe de estado, que incluía el asesinato del ministro de Gobierno, Carlos Romero, a partir del conflicto generado por la protesta de policías de baja graduación que se amotinaron el jueves en demanda de mejoras salariales.

El presidente Evo Morales afirmó que no utilizará a las fuerzas armadas para controlar el motín policial y garantizar el orden en las calles porque ése es el “juego” de la oposición de derecha que busca “que haya muertos”.

“La derecha está buscando muertos y, compañeros, no vamos a prestarnos a ese juego; vamos a defender este proceso, somos parte de este proceso y vamos a defenderlo hasta las últimas consecuencias”, dijo el mandatario tras promulgar un decreto que crea una empresa estatal, informó la agencia noticiosa estatal ABI.

Morales advirtió que “alguna gente está metida ahí con otros afanes” y “usan a algunos hermanos policías para preparar un golpe de estado y para hacer matar al ministro de Gobierno y para enfrentar a las fuerzas armadas”.

En tanto, Romero reveló ante periodistas el contenido de una comunicación entre policías amotinados en las que se intercambian instrucciones para “limpiar” (matar) al funcionario y “preparar bombas molotov para atacar a los plomos” (efectivos de las fuerzas armadas que custodian el Palacio de Gobierno).

“Limpiemos al ministro Romero y generar un golpe de estado, dicen en el diálogo de la frecuencia” interceptada, aseguró el ministro.

Por otra parte, la ministra de Comunicación, Amanda Dávila, afirmó, sobre la base de informes de inteligencia y reportes de prensa, que el plan para dar un golpe de estado se denomina “Tipnis” y tenía previsto concretarse entre este lunes y el martes, con la llegada a La Paz de una marcha convocada por la Confederación de Indígenas de Bolivia (Cidob).

La manifestación se opone a la consulta previa en el Territorio Indígena Parque Nacional Isiboro Sécure (Tipnis), que desde hace meses es escenario de conflicto entre diversos sectores de comunidades aborígenes que mantienen opiniones enfrentadas acerca de planes de desarrollo para la región.

“Están viendo la posibilidad de que el motín pueda articularse a la marcha del Tipnis que llega entre el lunes o martes”, denunció la funcionaria.

Dávila añadio que “se señala claramente” que “el plan Tipnis se concrete con el arribo de las columnas indígenas a La Paz y junto a la COB (Central Obrera Boliviana) y los maestros urbanos inicien el día martes las presiones y movilizaciones contra el gobierno”.

El conflicto con los policías amotinados pareció zanjarse este domingo a la madrugada, cuando autoridades del gobierno y representantes sindicales firmaron un acuerdo de ocho puntos destinado a satisfacer las demandas.

El documento plantea, en lo esencial, una “agenda de tres puntos”: revisión de la ley del régimen disciplinario y creación de una defensoría del policía, nivelación salarial conforme a la estructura del funcionariado público y jubilación con ciento por ciento del haber mensual.

El instrumento fue suscripto por Romero y los ministros de Economía, Luis Arce, y de Desarrollo Productivo, Teresa Morales, así como por la presidenta de la Asamblea Permanente de Derechos Humanos, Teresa Zubieta, y representantes de la Asociación de Suboficiales, Clases y Policías (Anssclapol) y de la Federación Nacional Única de Esposas de Policías.

Sin embargo, varios grupos de agentes parapetados en unidades policiales de La Paz y otros departamentos rechazaron el acuerdo, resolvieron no levantar las medidas de fuerza y amenazaron con desconocer la autoridad de los presidentes de la Anssclapol, Edgar Ramos, y de la Federación de Esposas, Guadalupe Cárdenas.

Incluso, imágenes de televisión mostraron a policías que habían tomado la Unidad Táctica de Operaciones (Utop), en La Paz, que reaccionaron con violencia y se trasladaron a la sede del Regimiento 1, donde sacaron a la fuerza a sus colegas que se alistaban a restablecer las tareas tras la firma del acuerdo.

Ante ese panorama, Cárdenas afirmó que fue obligada a firmar el acuerdo y denunció presuntas amenazas en su contra, que fueron desmentidas por el gobierno y por Zubieta.

“El acuerdo se firmó en presencia de varios medios de comunicación, fue un acuerdo que se hizo público; por lo tanto, ¿qué presión puede haber?”, sostuvo la ministra y añadió: “Al contrario, lo que ha ocurrido siempre ha sido el proceso de consulta permanente”.

En tanto, Zubieta dio “fe y testimonio” de que el acuerdo fue el producto de dos noches “largas” de discusión entre las autoridades y los representantes sindicales, y que éstos tuvieron tiempo para consultar las cláusulas con sus bases para luego rubricarlas.

Mientras tanto, la Confederación Sindical Única de Trabajadores Campesinos de Bolivia (Csutcb) se declaró en vigilia y advirtió que no permitirá un intento de golpe de estado, anunció su secretario general, Roberto Coraite.

“Ante estas movilizaciones nosotros no bajaremos la guardia; estamos en vigilia porque estamos viendo actuaciones unilaterales de algunos grupos que pertenecen a la Policía nacional, por lo que estamos dispuestos a movilizarnos, porque no permitiremos golpes de estado”, indicó el dirigente.


Victor Jorge Lombardo

lunedì 25 giugno 2012

Murray Bookchin e l'anarchismo ecologista



Murray Bookchin era nato a New York City il 14 gennaio 1921. I genitori vi erano immigrati dalla Russia, dove avevano preso parte ai movimenti rivoluzionari dell’epoca zarista.
Negli anni Trenta, ancora giovanissimo, aveva aderito al movimento giovanile comunista, prima nei Giovani Pionieri, poi nella Lega dei Giovani Comunisti, ma già verso la fine del decennio era rimasto deluso per il carattere autoritario del movimento. Si era impegnato a fondo nell’organizzazione di attività antifasciste durante la guerra civile spagnola. Nel 1937 si staccò dai comunisti, a causa del loro ruolo controrivoluzionario in Spagna e nei processi di Mosca. Dopo il patto tra Stalin e Hitler, nel settembre 1939, fu ufficialmente espulso dalla Lega, per “deviazionismo trotzkista-anarchico”.
Da giovane lavorò in fonderia e s’impegnò sindacalmente nel sindacato CIO (Congress of Industrial Organizations), nel distretto settentrionale del New Jersey (un’area di forte industrializzazione all’epoca). Simpatizzò con i trotzkisti americani e collaborò con loro, ma molti anni dopo la morte di Trotzky (1940), anche loro lo delusero, perché erano rimasti attaccati alla tradizione autoritaria del bolscevismo.
Nella Seconda Guerra mondiale prestò servizio nell’esercito americano. Una volta congedato lavorò come operaio nell’industria automobilistica, aderendo a un sindacato di categoria, l’United Auto Workers (UAW). Nel 1946 partecipò al grande sciopero della General Motors, ma quando l’esito fece presagire che quel movimento sindacale, un tempo su posizioni radicali, si sarebbe adattato all’ordine sociale, cominciò a mettere in discussione gran parte dei concetti marxisti che aveva fatto suoi, riguardo al ruolo “egemonico” del proletariato industriale.
Tra la fine degli anni Quaranta e i primi anni Cinquanta, abitando a New York, collaborò da vicino con un gruppo di trotzkisti tedeschi in esilio, che si stava orientando verso una prospettiva libertaria (International Kommunisten Deutschlands – IKD). La componente americana del gruppo, impegnata in un lavoro sia teorico sia pratico, costituiva uno tra i più consistenti gruppi organizzati della sinistra newyorkese negli anni del maccartismo (1950-52). In quell’ambiente Bookchin redigeva testi di agitazione non solo contro le armi nucleari ma anche contro “l’uso pacifico dell’atomo”, a causa del fallout radioattivo, e nel 1956 ne scrisse anche altri che reclamavano l’intervento degli Stati Uniti a favore della rivolta operaia in Ungheria contro l’Unione Sovietica.
Il gruppo dell’IKD collaborava anche alla pubblicazione di un periodico intitolato “Contemporary Issues” (che usciva anche in tedesco col titolo “Dinge der Zeit”). Molti articoli di Bookchin dei primi anni Cinquanta furono pubblicati su questa rivista, con vari pseudonimi: M. S. Shiloh, Lewis Herber, Robert Keller, e Harry Ludd. Sempre su “Contemporary Issues” uscirono i suoi primi articoli su temi di ecologia, inquadrati in un’ottica libertaria di sinistra. Un suo lungo articolo, The Problem of Chemicals in Food (pseud. Lewis Herber) (1952) uscì in forma di libro in tedesco nel 1955. Il suo primo libro in inglese, Our Synthetic Environment (pseud. Lewis Herber) fu pubblicato dalla casa editrice Alfred A. Knopf nel 1962. Precedendo il saggio di Rachel Carson, Silent Spring, di quasi sei mesi, quel libro affrontava un ampio ventaglio di questioni ambientali, indicando l’esigenza di una società decentrata e dell’impiego di fonti energetiche alternative come elementi di una soluzione ecologica.
L’interesse
per l’ecologia
I suoi saggi pionieristici sull’anarchia e l’ecologia, esplicitamente rivolti alla sinistra, furono pubblicati sui periodici “Comment” e “Anarchy”. Ecology and Revolutionary Thought (1964) sosteneva la necessità di un connubio politico tra movimento anarchico e movimento ecologico, sulla base delle analoghe tematiche e dell’esigenza per entrambi di una società socialmente libera ed ecologica. Towards a Liberatory Technology (1965) affermava che le tecnologie alternative avrebbero svolto un ruolo fondamentale in una società di quel genere. In questi scritti un tema importante è quello della “postscarsità”, una tesi secondo la quale i progressi tecnologici, per esempio nei campi dell’automazione e della miniaturizzazione, rendono possibile l’accorciamento della giornata di lavoro, offrendo così il tempo libero necessario a impegnarsi nelle attività di autogestione civile e politica in organismi democratici. Questi articoli costituiscono la base teorica di quella che Bookchin ha chiamato ecologia sociale, adottando questo termine in un momento in cui era praticamente caduto in disuso.
Sempre questo periodo degli anni Sessanta vide Bookchin impegnarsi a fondo nella controcultura della New Left, lavorando per fondere i due movimenti in uno solo, populista e radicale di sinistra, che sapesse rivolgersi ad ampi strati di comuni cittadini americani. Quando ci fu il rischio che i gruppi marxisti aderissero al movimento Students for a Democratic Society (SDS), inquinandone le potenzialità popolari, Bookchin scrisse Listen, Marxist! (1969) per mettere in guardia contro la loro influenza. Il suo saggio The Forms of Freedom esamina le strutture organizzative destinate a istituzionalizzare la libertà nei movimenti rivoluzionari. I suoi saggi degli anni sessanta sono raccolti nell’antologia Post-Scarcity Anarchism (Ramparts Books, 1971; Black Rose Books, 1977). I suoi scritti sull’anarchia culminano con il saggio The Spanish Anarchists (Harper & Row, 1977; A.K. Press, 1997), una storia dell’evoluzione del movimento anarchico nella Spagna degli anni che precedono lo scoppio della guerra civile.
Bookchin non limitò le proprie attività alla sola scrittura, ma partecipò anche con dedizione al lavoro di gruppi militanti. Dopo l’impegno antinucleare e per l’Ungheria con l’IKD, aderì al movimento per i diritti civili e fece parte del CORE. Contribuì alla fondazione della Bowery Poets’ Cooperative e collaborò a fondo con due gruppi anarchici, quello degli East Side Anarchists e l’Anarchos Group. In un’epoca in cui il termine “ecologia” era quasi sconosciuto alla maggioranza, tenne frequenti conferenze a gruppi della controcultura in tutto il paese, sottolineando l’importanza della costruzione di un movimento libertario di sinistra.
Radicalità
del suo approccio
L’impegno di Bookchin trovò spazio anche in campo educativo. Alla fine degli anni Sessanta insegnò all’Alternative University di New York, una delle principali “free universities” degli Stati Uniti, e successivamente alla City University of New York, a Staten Island. Nel 1974 fu tra i fondatori dell’Institute for Social Ecology di Plainfield, nel Vermont, e ne divenne il direttore. Questo istituto arrivò ad acquisire fama internazionale per i suoi corsi di ecofilosofia, di teoria sociale e sulle tecnologie alternative, corsi che si tengono tuttora ogni estate. Nel 1974 Bookchin cominciò il suo insegnamento al Ramapo College del New Jersey, dove alla fine ebbe la cattedra di docente ordinario e andò in pensione nel 1981 come professor emeritus.
Negli anni Settanta crebbe la sua influenza nel movimento ambientalista in pieno slancio, che assunse la massima importanza dopo l’originale Giornata della Terra. I suoi scritti di questo periodo hanno un taglio sempre più profetico e utopistico e puntano sulla costruzione di un’etica ecologica. Toward an Ecological Society (Black Rose Books, 1981) è una raccolta dei saggi di questo periodo. The Ecology of Freedom (Cheshire Books, 1982; ripubblicato da Black Rose Books nel 1991) è un saggio che affronta con taglio filosofico, antropologico e storico l’emergere e la dissoluzione delle gerarchie, ed è ormai considerato un classico della letteratura anarchica.
Come ha messo bene in luce una recente storia del pensiero anarchico (Peter Marshall, Demanding the Impossible, Harper Collins, London 1992), il principale contributo di Bookchin è consistito nel tentativo di integrare la tradizione del decentramento, quella contro la gerarchia e quella populista, con l’ecologia, da un punto di vista filosofico ed etico libertario e di sinistra. Le sue posizioni erano del tutto originali negli anni Cinquanta e nei primi anni Sessanta, ma oramai sono entrate nella coscienza generale della nostra epoca. La radicalità del suo approccio si fonda sull’analisi dell’emergere storico del concetto di dominio sulla natura dal dominio dell’uomo sull’uomo, in particolare nelle gerontocrazie, nelle patriarchie e in altri livelli di oppressione.
Bookchin si è anche approfonditamente occupato di problemi urbani, del ruolo della città nella tradizione dell’Occidente e del conflitto tra città e campagna. Uno dei suoi primi libri, Crisis in Our Cities (Prentice Hall, 1965) è un resoconto di taglio giornalistico di specifici problemi urbani. The Limits of the City (Harper and Row, 1974) è un’analisi storica dell’evoluzione delle città. I suoi studi sulla città culminano con The Rise of Urbanization and the Decline of Citizenship (Sierra Club Books, 1986; ripubblicato dalla Cassell col titolo From Urbanization to Cities [1995] e in Canada col titolo Urbanization Without Cities [Black Rose Books, 1992]), che è un’indagine storica dell’autogestione civica e del confederalismo. Questo libro, inoltre, presenta un quadro complessivo del programma di Bookchin per una politica di democrazia diretta e confederale, che egli definisce “municipalismo libertario”.
Il municipalismo libertario è una politica basata sulla rivalutazione o la formazione di assemblee popolari, di democrazia diretta, a livello municipale, di quartiere e di città. La vita economica sarebbe soggetta al controllo democratico dei cittadini nelle comunità, in quella che egli definisce “municipalizzazione dell’economia”. Le municipalità democratizzate si confedererebbero per gestire le questioni a livello regionale e formare un contropotere opposto al centralismo della nazione-stato.
Contro
il primitivismo
A partire dagli ultimi anni Settanta queste idee sono state uno stimolo importante per lo sviluppo dei movimenti dei Verdi in tutto il mondo, e Bookchin ha scritto molto riguardo alla politica dei Verdi. Il suo impegno attivo è continuato per tutti gli anni Ottanta con il sorgere dei movimenti politici dei Verdi, in Germania come negli Stati Uniti. Dopo essersi trasferito nel Vermont, nel 1971, ha collaborato con vari gruppi, come quelli dei Northern Vermont Greens, del Vermont Council for Democracy, e dei Burlington Greens.

La sua attività politica ha preso anche la forma del dibattito teorico all’interno del movimento ecologista e di quello anarchico. Nel 1987, per esempio, quando certe tendenze del movimento ecologista cominciavano a presentare un orientamento antiumanista e addirittura misantropico, approvando le condizioni di miseria del Terzo Mondo in quanto “la natura deve seguire il suo corso” e proponendo una filosofia che metteva sullo stesso piano il valore morale degli esseri umani e quello di tutte le altre forme di vita, Bookchin non esitò a criticare quella deriva reazionaria (in Social Ecology vs. ’Deep Ecology’, pubblicato in “Green Perspectives”).
Alla metà degli anni Novanta, quando si rese conto che molte tendenze del movimento anarchico mettevano da parte la tradizione di sinistra e socialista dell’anarchia a favore di tendenze individualistiche, mistiche, di autoespressione, tecnofobe, e neo-primitiviste, ancora una volta stimolò la discussione con un saggio critico, Social Anarchism or Lifestyle Anarchism (pubblicato come libro con lo stesso titolo da A.K. Press nel 1995). Re-Enchanting Humanity (Cassell, London 1996) è una sintesi delle critiche di Bookchin alle tendenze misantropiche e antiumaniste di specifici movimenti e della cultura popolare contemporanea.
Rivalutare le teorie politiche ed etiche di Bookchin oggi significa rielaborare il pensiero dialettico, che mette un metodo neo-hegeliano al servizio del pensiero ecologico, per “naturalizzare” la tradizione dialettica. Il “naturalismo dialettico” di Bookchin si differenzia dall’idealismo dialettico di Hegel e dal materialismo dialettico relativamente meccanicistico di Engels. Queste sue tesi sono illustrate il mondo particolareggiato in The Philosophy of Social Ecology: Essays on Dialectical Naturalism (Black Rose Books, 1990, poi rivisto e ampliato nel 1994).
Le teorie di Bookchin sulla politica, la filosofia, la storia, e l’antropologia sono sintetizzate nel testo Remaking Society (Black Rose Books e South End Press, 1989). Un’illustrazione aggiornata della sua visione si trova nella raccolta antologica The Murray Bookchin Reader (Cassell, 1997).
Negli ultimi anni Bookchin è vissuto in parziale ritiro a Burlington, nel Vermont, con la sua collaboratrice e compagna Janet Biehl. I problemi di salute ne avevano limitato la possibilità di spostarsi e di tenere conferenze, ma continuò a fare lezione ogni estate all’Institute for Social Ecology (di Plainfield, Vermont). Con Janet Biehl curava la pubblicazione della newsletter teorica “Left Green Perspectives” (in precedenza “Green Perspectives”), e si era occupato della stesura dei tre volumi di una storia dei movimenti popolari nelle rivoluzioni classiche, intitolati The Third Revolution.
Murray Bookchin era passato negli anni Trenta da una posizione marxista tradizionale a una libertaria di sinistra. Nel contempo la sua vita e la sua attività hanno attraversato due epoche storiche: quella del socialismo e dell’anarchismo proletario tradizionale, con le lotte operaie contro il capitalismo e il fascismo, e quella postbellica di crescente consolidamento del capitalismo, di sviluppo tecnologico, di degrado ambientale e di politica statalista. Nei suoi scritti ha cercato di costruire una visione coerente per collegare un vitale passato rivoluzionario a un futuro di liberazione.
Testo ripreso dal sito: www.social-ecology.org
Traduzione dall’inglese di Guido Lagomarsino
a sua volta edito da: http://www.anarca-bolo.ch/a-rivista/320/28.htm   

Ritrovarsi a Sud


Il Sud che ritrova se stesso (rispetto per la storia negata, per le proprie capacità e i propri diritti) riflette, com'è ovvio, su come raggiungere gli obiettivi che si pone. Dopo la fase pionieristica, di grandi e inascoltati (se non da pochi) solitari, quella della coscienza sempre più diffusa porta all'elaborazione, alla ricerca degli strumenti per trasformare quel che si sa e quel che si vuole in azione politica. È il momento in cui si accendono mille fuochi che, per la passione con cui si vivono l'argomento e la riflessione, possono entrare in conflitto per molte ragioni: come procedere, con chi, per giungere dove. Serve anche questo.
 Alla fine, molte esperienze, nei campi più diversi, dicono che si può uscirne in due modi: o le molte idee trovano un minimo comune denominatore per procedere insieme, per il tratto di strada di volta in volta possibile, ma comunque di avvicinamento a quello che per alcuni è il fine e per altri una tappa; o una delle voci si impone su tutte le altre, negando spazio a ogni altra espressione, tranne la propria (spesso, ma non sempre, questo in secondo caso, qualcuno può essere tentato dall'uso di metodi, diciamo così, poco democratici).
 Ma c'è una terza possibilità: che la quantità e la durezza dei conflitti fra le diverse idee possano esaurirne l'energia. E il tutto si risolve in una stagione di grandi fiati sprecati e risentimenti. Io credo che uno dei compiti di chi si dedica a questi temi sia osservarne e studiarne l'evoluzione, chiedendosi, di volta in volta, come e dove possano giungere, senza perdersi, fornendo dati, strumenti, di cui ognuno può fare l'uso che vuole, secondo le proprie idee. È un compito che richiede fatica, pazienza, curiosità per quel che fanno e dicono gli altri, senza chiusure di principio. E che può apparire estraneo a ciascuno dei mille fuochi, proprio perché li osserva tutti.

Pino Aprile


La serie sugli articoli che inauguriamo oggi e che riguardano il Sud Nostrano (italiano lo depaupererebbe ulteriormente) farà parte della rubrica "il circolo dei Briganti"
 https://www.facebook.com/circolo.deibriganti

Socialist International gravely concerned by summary removal from office of President Lugo in Paraguay


24 June 2012

The Socialist International has learned with grave concern of the summary removal from office of the democratically elected President of the Republic of Paraguay, Fernando Lugo, following a hastily arranged vote in the senate upon charges presented by the lower house.

The lack of a fair process, including the failure to clearly define the details of the charges against the president and the responsibilities which he is accused of bearing, the restriction of debate, and above all, the denial of the president’s right to a due defence, is not acceptable. Although the procedure for the recall of the president by parliament was presented within the constitutional framework, the aforementioned deficiencies have severely undermined the legitimacy of the entire process.

These actions, describe by President Lugo as “a parliamentary coup and a coup against the democracy of Paraguay” are in contradiction with the very nature of a democratic presidential political system.

President Lugo’s election in 2008 marked the end of 61 years of rule by the Colorado Party, a period which included the one-party dictatorship of Alfredo Stroessner. These recent developments, ten months before presidential elections are due, run contrary to the democratic integrity of Paraguay and the democratic commitment of nations in the region, which have enshrined respect for democracy as a pillar of regional cooperation. In this difficult moment, the Socialist International expresses its full solidarity to all those in Paraguay who are seeking to guarantee respect for democracy in that country.
 

Un casus belli?


La NATO voleva il casus belli per attaccare la Siria; mandando avanti la Turchia, suo paese membro, con un Phantom che ha violato lo spazio aereo siriano e che è stato prontamente abbattuto, tale pretesto è stato infine ottenuto. Adesso la Turchia e la NATO tutta potranno invocare il famoso art. 5 del Trattato Atlantico che equipara un "attacco" ad un suo singolo Stato membro come uno rivolto a tutti i membri dell'Alleanza. Martedì ci sarà il vertice della NATO dove verrà molto probabilmente deliberato l'inizio della guerra alla Siria, senza neppure più il bisogno di un previo avallo dell'ONU (che, comunque, finora ha lavorato proprio perchè tale intervento ci fosse: pensiamo alle parole di Kofi Annan di questi ultimi giorni).
Siria, Iran ed Hezbollah sono uniti da un trattato che li vincola a reagire congiuntamente qualora uno dei tre venga colpito da nemici esterni. Ci sono 11mila missili iraniani puntati su Israele mentre Hezbollah ha già dimostrato la sua temibilità sconfiggendo per ben due volte Israele (Operazione "Pace in Galilea" degli Anni '80 e '90 e guerra del 2007). Inoltre in Siria sono già presenti forze russe ed altre sono in dirittura d'arrivo. Siamo, molto probabilmente, alla vigilia d'un nuovo conflitto mondiale.
M'auguro che qualcuno, in Occidente, abbia un ravvedimento. O che, al limite, si faccia prendere da quell'umanissimo sentimento chiamato paura, che è anche istinto d'autoconservazione. In questo caso, autoconservazione della specie umana.


Filippo Bovo

Bolivianos marcharán a La Paz en rechazo a intento de golpe de Estado

Organizaciones y movimientos sociales en Bolivia tienen previsto marchar este lunes hacia La Paz (oeste) para defender y apoyar el proceso de cambio adelantado por el Gobierno; además de manifestar su rechazo a intentos de golpe de Estado contra el presidente Evo Morales a raíz del conflicto policial que inició el pasado jueves.
De acuerdo con información difundida a través de los medios de comunicación por la secretaria ejecutiva de la Confederación Nacional de Mujeres Campesinas Indígenas Originarias de Bolivia "Bartolina Sisa", Julia Ramos, un grupo de movimientos campesinos marcharán desde la ciudad de Caracollo, al norte de la capital, para defender la democracia en el país.
En opinión de Ramos en Bolivia se trató de romper el hilo constitucional como ocurrió en Paraguay, con el golpe de Estado que causó la destitución del presidente Fernando Lugo el pasado viernes.
En ese sentido también han manifestado su opinión los movimientos sociales y campesinos en Bolivia. La Coordinadora Departamental para el Cambio en Cochabamba, Leonilda Zurita, afirmó que "se defenderá el gobierno del presidente Evo Morales de los intentos de desestabilización impulsados por grupos infiltrados en la institución policial".
El viceministro de Régimen Interior, Jorge Pérez, y el comandante de la Policía Boliviana, Víctor Maldonado, aseguraron en la víspera que los cuerpos policiales están funcionando bien y normalmente en todas sus unidades tras el acuerdo entre el Gobierno y la policía.
El conflicto con los cuerpos policiales se tornó difícil este domingo, cuando un grupo de policías de La Paz y otras ciudades del interior del país rechazaron el aumento salarial a dos mil 65 bolivianos (unos 300 dólares), y la mayor dotación de víveres, entre otros beneficios.
Esta situación fue rechazada por el presidente Evo Morales quien sostuvo que "la derecha está buscando muertes al impulsar el conflicto con los cuerpos policiales". Mientras tanto, la ministra de Comunicación, Amanda Dávila, advirtió que la intransigencia y la violencia configuraban un escenario de golpe de Estado.

teleSUR - telam.com.ar - jornadanet.com - PL / gp -YIB

domenica 24 giugno 2012

Paraguay, rovesciato Fernando Lugo, il vescovo dei poveri che non ha saputo difenderli



Un massacro di contadini orchestrato dalla multinazionale Monsanto è stata infine l’occasione per le oligarchie paraguayane per far fuori il presidente Fernando Lugo, usando i poteri peculiari dei quali dispone il Senato di quel paese, che può rimuovere il capo dello Stato semplicemente con un giudizio politico.
Tecnicamente, solo tecnicamente, non è un colpo di Stato ma nella sostanza ci troviamo di fronte all’ennesimo passo della storia dell’ignominia delle classi dirigenti paraguayane e latinoamericane in sinergia con i grandi interessi economici internazionali. Nella sostanza, come si legge nel comunicato di Unasur, la legittimità continua a risiedere in Lugo (che pure ha accettato la destituzione con poche e deboli parole) e nel popolo e il nuovo governo non sarà riconosciuto.
Quello paraguayano, per ora senza sangue, ricorda non solo il 2009 hondureño, quando cavilli legali differenti eppure simili giustificarono il golpe. Allora però l’assalto al cielo del presidente Manuel Zelaya era tale: un referendum per una nuova Costituzione partecipativa che desse davvero una base democratica al paese centroamericano. Adesso perché cade Lugo? Lui, che senz’altro conosce San Paolo, cade come conseguenza di una sorta di cupio dissolvi, un lungo stallo nel quale sono infine state le destre a giocare la carta decisiva. Allora Zelaya era disponibile a dar battaglia in una resistenza democratica che sta cambiando l’Honduras. Adesso Lugo appare ritrarsi in un atteggiamento non certo combattivo per una resistenza necessaria.
Ricorda anche il rovesciamento di Jacobo Arbenz in Guatemala. In quel golpe di oramai quasi sessant’anni fa gli interessi dell’oligarchia locale e delle multinazionali si coniugarono con quelli dell’Ambasciata contro un governo non certo rivoluzionario ma che aveva la colpa di essere degno del popolo che l’aveva eletto.
È, è stato, un governo appena dignitoso, quello dell’ex-vescovo Lugo. Non aveva mai attaccato direttamente gli interessi delle oligarchie ma non per questo avevano smesso di complottare contro di lui. La sua colpa era quella di stare aprendo spazi di democrazia intollerabili nel paese più isolato del Sud America. S’è fatto spolpare giorno per giorno in questi quattro anni Fernando Lugo, incapace di affidarsi ai movimenti sociali che lo avevano portato al governo ma non al potere, alla piazza che invocava per poi dissolverla, placarla, rinviando a domani necessità di oggi. Non aveva saputo affrontare, come invece da altre parti s’è fatto, quel nodo di complicità tra media e classi dirigenti. Dalle tivù, dalle radio, dai giornali, avevano continuato a bombardarlo giorno per giorno, senza che potesse difendersi. Aveva anche evitato di affidarsi pienamente all’America latina integrazionista Fernando Lugo, come testimonia la vicenda indecorosa dell’ancorare per quattro anni al voto di quello stesso infame, corrottissimo Senato che lo ha destituito, il voto per il pieno ingresso del Venezuela nel Mercosur. Una vicenda che testimonia la diretta dipendenza di quel Senato dall’Ambasciata statunitense.
Non si era reso conto Lugo, e forse non si renderà mai conto, della sostanza delle cose, di quel crinale tra democrazia formale e democrazia sostanziale che l’ha irretito in mille minuetti parlamentari senza capire che solo dai movimenti sociali derivava la sua stessa legittimità e che solo appoggiandosi pienamente a questi –e giammai nella pattuizione defatigante col nemico- avrebbe potuto salvare il processo popolare. Non si era reso conto, o forse n’è semplicemente stato sconfitto, che le oligarchie sono irredimibili, irriconducibili a processi democratici. Li usano, usano le elezioni, usano i voti parlamentari, usano i media come hanno usato la sua pazienza che non ha portato a nulla e adesso lo destituiscono per “inettitudine e mancanza di decoro” in quella che è di fatto l’unica (pseudo)democrazia parlamentare del Continente. “Legale ma non legittima” hanno detto della destituzione. Vero: e per il cambiamento necessario Lugo in questi anni ha scelto la legalità leguleia piuttosto che la legittimità e ora viene spazzato via da questa stessa legalità illegittima. Come nel 2009 con Manuel Zelaya in Honduras, gli azzeccagarbugli delle destre hanno di nuovo trovato dei cavilli che fanno apparire legale quello che è illegittimo.
La Monsanto, l’Ambasciata, i narcos, le oligarchie locali festeggiano per essere riusciti a irretire prima e liberarsi ora di quella speranza chiamata Latinoamerica che aveva osato spingersi fino ad Asunción. Adesso Unasur, una sorta di consiglio di sicurezza delle democrazie integrazioniste latinoamericane, dovrà decidere quali sanzioni prendere verso il governo presieduto da Federico Franco, che ha giurato stanotte, e che non riconoscerà. La schiena dritta dei governi integrazionisti latinoamericani in queste ore continua ad essere la certezza ma in queste periferie d’America, Asunción come Tegucigalpa, il tempo scorre più lentamente e neanche l’escatologia cristiana del vescovo Lugo ha potuto accelerarlo.

sabato 23 giugno 2012

AHMED BEN BELLA, UNO DEI NOSTRI, di Roberto Massari


L’11 aprile 2012 è morto ad Algeri Ahmed Ben Bella. Era nato a Maghnia nel dicembre 1918. Con lui scompare uno degli ultimi grandi rivoluzionari del dopoguerra, uno dei pochi che abbiano diretto una lotta di liberazione contro l’imperialismo senza cadere nel campo stalinista o in altre forme di dipendenza dall’Urss, ma soprattutto senza rinnegare i valori originari per i quali la rivoluzione algerina era stata condotta sino alla vittoria sul colonialismo francese.
Formatosi nel movimento nazionalista di Messali Hadj, il giovane Ben Bella aveva partecipato alla fondazione del Fronte di liberazione nazionale, iniziando la lotta armata nel 1952-54. Imprigionato nel 1955, fu liberato dopo la vittoria del Fln (accordi di Evian del 1962), divenendo presidente dell’Algeria indipendente. Alla guida del Paese, contrariamente alla prassi usuale in tutte le altre rivoluzioni politiche vittoriose in paesi coloniali e neocoloniali, Ben Bella realizzò una riforma agraria molto avanzata, non rinunciando al programma di trasformazione sociale in cui credeva e in cui aveva dimostrato di credere (per es. avviando processi embrionali, ma pionieristici, di liberazione della donna algerina). Durante la lotta armata aveva accettato - lui islamico e non-marxista - la collaborazione con Michel Pablo, all’epoca dirigente della Quarta internazionale, imprigionato a sua volta per una fornitura di armi ai combattenti algerini, continuando ad avvalersi in seguito della sua consulenza.
Ben Bella non dichiarò mai apertamente un vero e proprio programma socialista per la Rivoluzione algerina, ma nella veste di Presidente cominciò a realizzare delle riforme che andavano in una direzione socialista. Per realizzare tale programma, Ben Bella dovette rompere con i comunisti prosovietici algerini (per non parlare della rottura storica con lo sciovinismo degli staliniani del Pcf che avevano addirittura osteggiato in alcune fasi la lotta di liberazione). Fra destra e sinistra, fra nazionalismo e socialismo, Ben Bella tentò di mantenere un difficile equilibrio di centro nettamente orientato a sinistra e in parte vi riuscì per la grande popolarità di cui godeva tra le masse algerine e più in generale nel movimento di emancipazione panarabo.

Nei tre anni alla guida del governo, Ben Bella stabilì rapporti molto stretti di collaborazione con la Rivoluzione cubana e in modo particolare con Che Guevara. Ormai sappiamo - per varie sue dichiarazioni e altre testimonianze - che  l’entroterra di Algeri fu per un certo periodo il luogo principale di addestramento dei guerriglieri che Cuba inviava a combattere in America latina. Questo raro esempio di internazionalismo concreto e operativo fu rivelato per la prima volta dallo stesso Ben Bella in una memoria su Guevara (scritta nel ventennale della morte - 1987 - per una commemorazione ad Atene, e da noi pubblicata in italiano in due diverse antologie sul Che) e in tempi più recenti nell’intervista a Silvia Cattori (a Ginevra, 16 aprile 2006 http://www.silviacattori.net/article3085.html).

Ad ennesima dimostrazione che un programma ardito di riforme sociali non può essere realizzato dalla borghesia nazionale nemmeno nei paesi ex coloniali senza una rottura del quadro delle compatibilità capitalistiche e a causa del suo radicalismo, il governo di Ben Bella fu rovesciato a giugno 1965 da un colpo di stato che portò al potere il ministro della Difesa, Houari Boumedienne. Il golpe troncò definitivamente qualsiasi evoluzione in senso socialista dell’Algeria, istituendo col tempo una forma specifica di capitalismo burocratico di stato, in difficile equilibrio tra il nazionalismo algerino e gli interessi petroliferi delle compagnie imperialistiche. Per molti anni Boumedienne (sino alla morte nel 1978) incarnò falsamente gli ideali di liberazione e socialismo dell’Algeria (per es. nel Movimento dei paesi cosiddetti “non-allineati”), mentre Ben Bella finiva agli arresti domiciliari sino al 1980, quando fu esiliato in Svizzera, da dove poté tornare nel 1990, sempre guardato a vista e con sospetto.
Ben Bella non ha mai rinnegato la propria visione radicale del processo di liberazione delle masse arabe. Valorizzò la propria adesione alla fede islamica, ma non volle mai confondersi con le correnti integralistiche, cresciute nel frattempo per influenza popolare nella stessa Algeria. Dal 2007 fece parte della Commissione dei Saggi in seno all’Unione africana, continuando a rivendicare la necessità di un ampio coinvolgimento delle masse arabe nel processo di liberazione dall’imperialismo.

A gennaio del 2001 Ben Bella partecipò attivamente al primo Forum mondiale di Porto Alegre, ponendo per primo la firma su un appello antimperialistico proposto dal suo vecchio compagno d’armi Douglas Bravo (testo redatto insieme a chi scrive) e diffuso tra i partecipanti al Social forum. Quella dichiarazione [che riportiamo in appendice] doveva servire a differenziare le componenti più radicalmente antimperialistiche dalle posizioni più ingenuamente pacifistiche e in ultima analisi filocapitalistiche che dominavano già allora l’orientamento dei primi Social forum. Sappiamo che quel tentativo non ha dato i risultati che si sarebbero potuti sperare, ma resta il fatto molto significativo che Ben Bella abbia fornito un  proprio contributo in tale direzione. Con lo stesso spirito egli partecipò ai lavori del Primo Incontro mondiale in difesa dell’umanità  (Caracas, dicembre 2004), in un periodo di massima radicalizzazione della rivoluzione bolivariana chavista.
A questo punto va data un’ultima informazione riguardo alla volontà di Ben Bella di proseguire sino alla fine l’itinerario rivoluzionario cominciato da giovane nella lotta contro il colonialismo. Nella primavera del 2011, in occasione di una sua visita in Italia, l’ex comandante guerrigliero e dirigente di Tercer Camino, Douglas Bravo - esponente di Utopia Rossa a livello internazionale - ci informò che Ben Bella avrebbe potuto aderire a sua volta a Utopia rossa e che glielo avrebbe proposto personalmente in occasione di un loro prossimo incontro. Ma per i problemi che Douglas ha poi avuto con la polizia venezuelana (ivi compresa la proibizione di prendere l’aereo per il suo nuovo viaggio in Italia a ottobre del 2011), quell’ultimo incontro tra i due combattenti rivoluzionari non si è verificato e quindi non si è potuta formalizzare la richiesta a Ben Bella di aderire ufficialmente al progetto rivoluzionario di Utopia rossa.
Ma anche se l’atto formale di adesione non si è potuto realizzare in tempo prima della sua morte, dobbiamo e possiamo sentirci moralmente autorizzati a considerare questo inflessibile combattente della causa di liberazione dei popoli come il primo grande utopista rosso del mondo arabo e quindi come uno dei nostri.
Hasta siempre, compagno Ahmed Ben Bella…





Da
www.utopiarossa.blogspot.com

La lettera di Massari a me indirizzata e pubblicata ieri su UR, è stata ritirata perché ritenuta dall'autore confidenziale, anche se in un primo tempo mi aveva invitato a diffonderla.
C.F.

Tutto è possibile



Oggi tutto è possibile, purchè lo si voglia. La Storia quindi non è un fenomeno lineare, bensì una convulsione schizofrenica, fino a quando non avremo imparato a distruggere tutte quelle cause che producono questa realtà effettuale pregna di ingiustizie, di ripetitività, di sopraffazioni, di sfruttamenti e di conflitti.

A tutto questo oggi si aggiunge la minaccia dell'estinzione della vita sul pianeta, dovuta all'inseguimento insensato di uno sviluppo incontrollato. In un sistema "finito", un consumo teso all'infinito, prima o poi, porta all'autodistruzione, all'emergere di nuovi padroni: gli insetti e gli stercorari.

La partecipazione diretta e l'autogestione dei programmi e delle lotte per l'emancipazione sono le uniche scelte ancora disponibili per opporsi a questo disastro e la volontà cosciente degli uomini il carburante necessario ed indispensabile per avanzare verso una società sobria, giusta, libera e solidale.

Alfredo Mazzucchelli

"COCINAN NUEVO PACTO DE PUNTO FIJO", entrevista a Douglas Bravo

Tercer Camino
DUGLAS BRAVO (PRV-TERCER CAMINO) no descarta acuerdos Gobierno-oposición.
  


"Chávez y Capriles representan la vieja civilización capitalista” advierte Douglas Bravo, ex guerrillero y líder del Partido Revolucionario de Venezuela Tercer camino.
Por: Myriam Mosquera
Tomado de La Razon
Nuevamente, ex comandante guerrillero y líder del Partido de la Revolución Venezolana-Tercer Camino, Douglas Bravo, recurre al escepticismo que lo caracteriza, ante la situación política del país, especialmente con las venideras elecciones presidenciales del venidero 7 de Octubre.

Con una tesis que dice ser original, revela que si hay salidas democráticas, pacificas, populares y de fuerza, “con un  hecho constituyente originario, de pueblo desde abajo, un 19 Abril, pues, que tumba todo un gobierno”. Pero, para algunos analistas políticos esta situación estaría fuera de contexto, aunque Bravo sostiene que ninguno de los candidatos a la presidencia, ni Chávez ni Capriles, ofrecen el cambio de timón que necesita Venezuela.
Tal vez, por reminiscencia a su vocación abstencionista extremo, el ex guerrillero afirma: “soy disidente electoral, estoy en la utopía, no acompaño a ninguno de los dos candidatos, me voy por el tercer camino, la tercera vía, como una forma de tener la nueva oposición que necesita el país”
¿Continua vigente su tesis de constituyente originaria, y si esta se diera, participaría como candidato a la presidencia como lo afirmo en una oportunidad?
La tesis de constituyente originaria la empezamos a plantear en una asamblea de obreros, con gente de utopía-tercer camino. Se planteó porque nos basamos en que la constituyente originaria se lleva a cabo, cuando es producto de hechos constituyentes originarios, es decir, hechos desde el pueblo hacia arriba, como por ejemplo un 19 de abril que tumbo todo un gobierno. Para nosotros continuar vigentes y hacemos análisis concretos del cuadro electoral venezolano que presenta varios escenarios: una elección donde participe Chávez y su contendor Capriles, pero esto no producirá ningún cambio favorable para el país, tenemos otro escenario, un golpe de estado de fuerzas conservadoras, tampoco favorable para la soberanía nacional. También tenemos un auto golpe para que no se den las elecciones, con el argumento de desestabilización.
Un hecho constituyente originario, es una movilización popular como la del 19 de Abril, con todo el pueblo en la calle, sin distingos de ideologías, también puede ser un 21 de Enero, que fue cuando se hizo la huelga contra Pérez Jiménez. Aquí participaría el pueblo, eso es un hecho constituyente originario. Yo, lanzaría mi candidatura presidencial si me dan el respaldo las corrientes que me representan o se pudiera lanzar un candidato que emerja dentro de las corrientes verdaderamente patrióticas, no las que hoy tenemos que son capitalistas, es decir, la de Chávez y Capriles”
Aquí hay que ponerle mucho cuidado con eso que llaman Consejo de Estado, puede ser que Chávez se refiera a esto cuando se presente en el CNE, a inscribir su candidatura.
A usted se le ha acusado de hacerle el juego a la extrema derecha, pues en febrero del 2011 habló de conducir una manifestación de 50 ó 100 mil personas para tomar Miraflores ¿Sigue creyendo en esa tesis?
A mi me acusaron de eso, nosotros propusimos una manifestación popular, pero no era de extrema derecha, llamamos al pueblo al tercer camino, a la tercera vía como solución para resolver tantos conflictos del País. Nosotros no estamos ni con Rusia, China, ni con Estados Unidos. En el mundo entero, no ha habido felicidad, igualdad, tampoco en Venezuela. Queremos que surja en Venezuela la nueva oposición.

CHAVEZ Y CAPRILES
Ahora que estamos a punto de comenzar una nueva campaña electoral, ¿Cómo evalúa a ambos candidatos?
Chávez y Capriles representan la vieja civilización capitalista. No esboza el capitalismo occidental privado, norteamericano y el otro, el capitalismo de estado. Esto lo hemos dicho muchas veces. Este gobierno es el que mas ha favorecido a las multinacionales energéticas, aquí se entregan lotes a empresas extranjeras y estas ejercen una soberanía extranjera por más de 30 años.

¿Usted no piensa votar por estos candidatos?
Yo soy donde los que no se inscriben nunca soy un disidente electoral. Es una protesta, pues.

¿Esta preparado Henrique Capriles para gobernar en Venezuela?
Para nosotros no es si están preparados o no. No te sorprendas y veas mañana, un nuevo acuerdo entre gobierno y oposición, aquí se esta cocinando un nuevo pacto de punto fijo entre ambos bandos, sera lo mismo que AD y COPEI, como los liberales y conservadores. Ellos están buscando una salida a la crisis de poder, pero la crisis de poder la pueden resolver los verdaderos lideres patrióticos revolucionarios. Son las fuerzas populares, que pueden llegar también a un acuerdo político.
LA NUEVA OPOSICION GANARA.
De acuerdo a su experiencia  y al conocimiento de los procesos políticos en el país, ¿Quién cree que triunfe en las elecciones presidenciales?
Aquí va a ganar la disidencia, que llega al 40%, esa es la mayoría frente a Chávez y Capriles.
Usted expreso en el año 2010 en la entrevista a la razón que “el rechazo a Chávez y a la oposición tradicionales mayor que sumando a ambos, y hay una nueva oposición, que es lo significativo, compuesta por los sectores que están desprendiéndose de Chávez, y los revolucionarios tradicionales que nunca han estado con este gobierno”. Sin embargo, esa nueva oposición no se ve por ninguna parte, y los dos candidatos para la preferencia de millones de venezolanos, hasta ahora nadie ve esa nueva oposición ¿No tiene vida, entonces un “tercer polo”, una “tercera opción”, un “tercer camino”?
La nueva oposición es la que va a organizar al país. Usted me dice que no ve a esa nueva oposición, pero déjeme decirle que las encuestas pagadas  por la oposición y el gobierno, no van a decir que hay más de un 40% de disidentes. El tercer camino si tiene vida, no como usted menciona.  Esa oposición de la disidencia electoral, que se sumaran jóvenes que aun no tienen edad para votar, es la que hará el hecho constituyente originario.
¿Cree que este proceso electoral corre el riesgo de ser uno de los más violentos vista los intereses en juego de uno  y otro sector?
Pueden presentarse situaciones difíciles.  Aquí hay una crisis de poder en Venezuela, esto se expresa en el plano económico, político, militar y social.  Ay organismos económicos internacionales, que ya le hacen campaña a Chávez, lo dan como ganador, ya hay un acercamiento entre el actual gobierno y sectores económicos de los Estados Unidos.
¿Considera usted que el presidente Chávez no le ha hablado claro al país en cuanto a su enfermedad?
Cree que los venezolanos no pueden estar pensando que si Chávez esta o no esta enfermo.  Hay que concentrarse en cosas más esenciales, pero yo si creo que esta enfermo, se le ve enfermo.
BANQUEROS SON UN PODER.
Usted ha dicho que varios banqueros han aumentado su fortuna durante este gobierno, ¿quienes son esos banqueros? ¿Cree que esos mismos banqueros financian a ambos sectores políticos?
Los banqueros son un poder en el mundo entero, financian sectores políticos.  Aquí también lo hacen.
¿Como se explica que en un gobierno que se hace llamar socialista, el sector mas beneficiado económicamente es el de la banca privada?
Porque este gobierno creo una burguesía capitalista, que tiene plata de verdad.  Este no es ningún gobierno socialista.

¿Luego de catorce años de ‘’revolución bolivariana’’ considera usted que se ha democratizado el poder político en Venezuela o al contrario se ha concentrado en menos manos?
En Venezuela aunque el gobierno lo niega hay una represión silenciosa que se manifiesta desde el propio partido de gobierno, hay una concentración del poder de tal manera, que no hay ni siquiera independencia de las instituciones del Estado.  Todo depende del ejecutivo, no hay democracia, libertad sindical, de ningún tipo.
¿Hay  ahora una mejor y más justa distribución de la riqueza?
Hay una entrega de dinero a sectores populares, que si se hubiera planificado mejor, otra cosa seria el país.

NI CUBA, NI EEUU

Su movimiento “Rescate Nacional”, ¿continúa funcionando? ¿Qué planes tienen a efecto de la actual coyuntura política?
Si continúa funcionando. En estos días sacaremos un documento, los que militamos en esta estructura para sumarnos a este pedir por el país.

Comparte usted el apoyo irrestricto que le ha dado el gobierno cubano y los hermanos Castro al gobierno de Chávez?
Aquí no hay solución extranjera, ni Cuba, ni Estados Unidos, tampoco China, ni Rusia, ni Bielorrusa.

¿Comparte usted los acuerdos petroleros con China, Rusia y Bielorrusia?-¿Venezuela es mas independiente en materia petrolera?
La ley de Empresas Mixtas nos sometió mas a los acuerdos energéticos mundiales, con contratos de mas de 40 años. Venezuela esta pisada por empresas internacionales. Venezuela privatizo su petróleo con las Empresas Mixtas. No estoy de acuerdo con esos convenios con China y otros países, se esta comprometiendo al pais, se esta comprometiendo su soberania.
Mientras gobierno y oposición estan discutiendoen la mesa democratica y Miraflores, la mesa electoral, Estados Unidos y Rusia, discuten el secreto que aun no sabemos, sobre aquien le tocara Venezuela.
“LOS MEDIOS ME TIENEN MIEDO”

¿Su ex compañero el comandante Magoya sigue molesto con usted por haber dado entrevistas al canal Globovisión? ¿Pudo hablar con Magoya y aclarar conceptos?
Yo ya aclare todo con Magoya, además déjame decirte que a mi los medios me tienen miedo, ni siquiera me invitan. En Globovisión, he asistido a algunos programas. Tuve dos entrevistas, una con William Echeverría y Situ Pérez, el gobierno fue el que me acuso de ser un imperialista, de ser un agente contrarrevolucionario, pero lo que no se dice, es que quienes hicieron a Chavez fueron los mismos canales de televisión.
A mi me acusa también ese señor de La Hojilla.
COMANDO DE LAS FARC NO PARTICIPA EN NARCOTRAFICO

¿La guerrilla de las FARC participa en el narcotráfico, tal como se ha venido señalando?
El comando de las FARC no participan en narcotráfico, quizás miembros de este comando sí.

¿Cómo le costa eso?
Porque hay eventos, como el Foro de Social de Porto Alegre, donde estaban los de las FARC, esta gente ha estado en congresos, reuniones internacionales.

Al gobierno, desde sectores opositores externos e internos se le ha acusado de tener nexos con el narcotráfico ¿Comparte o no, esa posición?
Hay una acusación dirigida por personeros del propio gobierno, como la de los ex magistrados Aponte Aponte y Velásquez Alvaray. El narcotráfico penetro no solamente a Colombia y otros países tambien esta en Venezuela, es un enemigo poderoso, algo pervertido en el mundo.

¿A oído hablar usted  del llamado “Cartel de Soles”, presuntamente integrado por altos jefes de la Fuerza Armada?
Si, he oido, lo he leido en la prensa.

¿Qué opina de las confesiones del ex magistrado Aponte Aponte en las que señala a varios jefes de la FAN [Fuerza Armada Nacional] que estan involucrados en operaciones de narcotráfico?
Son confesiones que deberían ser investigadas a profundidad. Primero, porque proviene desde el mismo gobierno.

Por su parte, el ex magistrado Velásquez Alvaray ha confesado que el ex vicepresidente Jose Vicente Rangel es el maximo jefe de una banda llamada “Los Enanos” que controla los tribunales y lo señala de ser el actor intelectual del homicidio del Fiscal Danilo Anderson ¿Qué opina usted al respecto?
Pero, si estas denuncias vienen del mismo gobierno por que no se investiga.
“NO HAY REVOLUCION”
¿La revolución bolivariana esta llegando a su fin? ¿Chávez esta al borde de una derrota electoral?
No hay fin porque no hay revolución.
¿Cuál de los pretendidos sucesores de Chávez podrá ser mas convenientes para ’proseguir exitosamente la “revolución”?  (me refiero a Adán Chávez, Diosdado Cabello, José Vicente Rangel, Nicolás Maduro y Elías Jagua)
Es natural que eso exista. En todas las fuerzas políticas, hay factores disidentes. Hay sectores en el gobierno, que ahora están en la oposición y queda mucha gente que se va a salir del gobierno, le va a pasar lo mismito que AD.
CONOCI A GADAFI PERO NO APOYE A LA REVOLUCION LIBIA
¿Conoció usted a Gadafi? ¿Apoyaba usted a la revolución verde de Libia?
Si, lo conocí, no apoye a esta revolución verde, simplemente fui a Libia a un congreso.
¿No a visitado usted en la cárcel al General Raúl Baduel?
Nunca lo he visitado en la carcel. Lo que se es que quien lo acompañaba ahora lo acusa.

¿Qué sabe usted de ese caso?
No conozco el caso.
SECTORES DE FAN (Fuerza Armada Nacional) RECHAZAN AL GOBIERNO

¿Sigue creyendo que en la FAN hay “sectores patrióticos” que se pronunciaran en algún momento?
Si lo creo, En la FAN hay sectores que rechazan a este gobierno, les llegara su momento de actuar. Yo puedo mencionar nombres de oficiales que no están con el gobierno, son los que ahora están retirados y trabajan contra el propio gobierno.

¿Quiénes son esos oficiales?
No te lo puedo decir ahora, pero ya aparecerán en estos días, ya tu misma los vas a ver. Hay un documento que me llego y dice, que el presidente Chávez es ilegitimo, hay otro documento con otros términos, pero si  los militares lo firman los hacen presos.
Además hay muchos dirigentes gremiales, académicos, sindicales, que eran del gobierno y ahora te los consigues en la oposición. Son hombres de capacidad para estar en alto poder.

¿Aceptaría la FAN una victoria opositora cuando importantes mandos de la institución han dicho que son “chavistas” y que no aceptaran otro comandante en jefe que no sea el actual mandatario?
Lo que dijo el actual ministro de la Defensa, que no aceptaran a otro lider en Venezuela y la de otros generales de la Republica, implica una violación de la Constitución. Algunos aceptaran resultados, pero si el gobierno da ordenes para reprimir manifestaciones, entonces si habrá oficiales que rechazaran estas medidas gubernamentales.
"Este gobierno es que mas a favorecido a las Multinacionales Energeticas"
"Se entregan lotes a empresas extrangeras y estan ejercen una soberania por mas de 30 años"

Publicado en: http://ruptura.org/index.php?option=com_content&view=article&id=1866:qcocinan-nuevo-pacto-de-punto-fijoq&catid=51:tercer-camino

www.utopiarossa.blogspot.com