Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo
Garibaldi, pioniere dell'Ecosocialismo (clickare sull'immagine)

lunedì 19 novembre 2012

50 anni del Concilio Vaticano II





Leonardo Boff
Teologo e Filosofo
Celebriamo 50 anni del Concilio Vaticano II (1962-1965). Esso rappresenta cesura sul sentiero che la Chiesa Cattolica aveva percorso per secoli. Era una chiesa fortezza in stato d’assedio, che si difendeva da tutto quello che veniva dal mondo moderno, scienza, tecnica e dalle conquiste della civiltà come la dmocrazia, diritti umani e la separazione tra Chiesa e Stato.
Ma un soffio di aria fresca venne da un papa anziano, dal quale non ci si aspettava niente, Giovanni XXXIII (+1963). Lui spalancò porte e finestre della Chiesa. Disse: “Lei non può essere un museo rispettabile, essa dev’essere la casa di tutti, arieggiata e gradevole a starci dentro”.
Prima di tutto, il Concilio ha rappresentato nel linguaggio creato dal papa Giovanni XXIII, un aggiornamento, cioè un’attualizzazione e una ricostruzione della sua auto comprensione e del tipo di presenza nel mondo.
Più che riassumere gli elementi principali introdotti dal Concilio, ci interessa come questo aggiornamento è stato accolto e tradotto dalla chiesa latinoamericana e dal Brasile. Questo processo si chiama “Ricezione” che significa una rilettura e un rifacimento delle intuizioni conciliari dentro il contesto latinoamericano, ben differente da quello europeo, nel quale si elaborarono tutti i documenti. Sttolineiamo soltanto alcuni punti essenziali.
Il primo, certamente, è stato il profondo cambiamennto dell’atmosfera ecclesiale: prima predominava la grande disciplina, l’uniformizzazione romana e l’atmosfera triste e antiquata della vita eclesiale. Le chiese dell’America Latina, dell’Africa e dell’Asia erano chiese-fotocopia di quella romana. Improvvisamente cominciarono a sentirsi Chiese-fonte. Potevano inculturarsi e creare nuovi linguagggi. Ormai si irradiano entusiamo e coraggio di creare.
In secondo luogo, in America Latina hanno fatto una ridefinizione del luogo sociale della chiesa. Il Vaticano II è stato un Concilio universale, ma nella prospettiva dei paesi centrali e ricchi. Lì venne definita la Chiesa dentro al mondo moderno.
Ma esiste un sub-mondo di povertà e di oppressione. Questo è stato captato dalla chiesa latinoamericana. Questa deve dislocarsi dal centro umano verso le periferie subumane. Se qui vige l’oppressione, la sua missione di liberazione. L’ispirazione venne dalle parole del Papa Giovanni XXIII: “La chiesa è di tutti, ma principalmeente vuol esere una chiesa dei poveri”.
Questa virata si tradusse nelle varie conferenze episcopali latinoamericane da Medellin in poi (1968) fino ad Aparecida (2007) per l’opzione di solidarietà e preferenziale per i poveri, contro la povertà. Essa si trasformò in marchio registrato della chiesa latinoamericana e della teologia della liberazione.
In terzo luogo è la concretizzazione della chiesa come Popolo di Dio. Il Vaticano II collocò questa categoria davanti a quella della gerarchia. Per la chiesa latino americana Popolo di Dio non è una metafora. La grande magggioranza del popolo è cristiana e cattolica, dunque Popolo di Dio, che geme sotto l’oppressione come anticamente in Egitto. Da lì nasce la dimensione di liberazione che la chiesa assume ufficialmente in tutti i documenti di Medellin (1968) fino ad Aparecida (2007). Questa visione della chiesa Popolo di Dio, ha favorito la nascita dell CEB e delle pastorali sociali.
In quarto luogo, il Concilio sentiva la parola di Dio contenuta nella Bibbia come anima della vita ecclesiale. Questo è stato tradotto attraverso la lettura popolare della Bibbia e dai mille e mille circoli biblici. In essi i cristini paragonano la pagina della vita con la pagina della Bibbia e tirano conclusioni pratiche nella linea della comunione, della partecipazione e della liberazione.
In quinto luogo, il Concilio si aperse ai diritti umani. In America Latina furono tradotti come diritto a partire dai poveri e per questi, prima di tutto, diritto alla vita, al lavoro, alla salute e all’educazione. A partir da lì si concepiscono anche i rimanenti diritti, andare e venire e altri.
On sesto luogo, il Comcilio accolse l’ecumenismo tra le chiese cristiane. In America latina l’ecumenismo non tende tanto alla convergenza nella dottrina, ma alla convergenza nella prassi: tutte le chiese insieme si impegnano per la liberazione degli oppressi. È un ecumenismo di missione.
Infine dialoga con le religioni, vedendo in esse la presenza dello Spirito che arriva prima dei missionari e per questo devono essere rispettate con i loro valori.
Infine dobbiamo riconoscere che l’AL è stato il continente dove più si è preso sul serio il Vaticano II e ha portato più trasformazioni, proiettando la chiesa dei poveri come sfida per la chiesa universale e per tutte le conscieze umanitarie.
Traduzione: Romano Baraglia

sabato 3 novembre 2012

La risposta immediata del NPA alla proposta di Ferrero

LETTERA DI ADESIONE NPA AL POLO DELLA SINISTRA ALTERNATIVA


Caro Ferrero,
il rapporto di collaborazione, credo intessuto di reciproca stima e di reciproca lealtà, fra il Nuovo Partito d'Azione ed il Partito della Rifondazione Comunista, è cominciato nell'aprile del 2009, in occasione delle ultime elezioni Europee. Non facemmo in tempo allora per motivi tecnici ad entrare nella lista da voi presentata, ma subito dopo ci mettemmo al lavoro per portare avanti la battaglia del COMITATO PER IL NO. Archiviata anche quella battaglia politica, partecipammo sin dall'inizio ad un'altra vostra importante iniziativa, quella della Associazione per la Democrazia Costituzionale di cui siamo tuttora parte. Oltre a questo lavoro politico in comune, il PRC e il Nuovo Partito d'Azione (NPA) sono tra i pochissimi partiti, credo quattro in tutto, che aderiscono al Comitato Nazionale per il Reddito Minimo Garantito. In aggiunta, l'NPA è stato sabato scorso al NO MONTI DAY l'unico partito di derivazione non comunista ad aver partecipato alla manifestazione. Per concludere, siamo insieme nel Comitato per il referendum sull'art. 18 e voi del PRC avete aderito anche alla nostra iniziativa del Comitato per la Patrimoniale con i vostri dirigenti del Dipartimento Economia.
Come se non bastasse, il mio partito è già da tempo convinto che non rimanga altro da fare per le forze della sinistra critica che concentrarsi in una lista unitaria di opposizione morale, sociale e politica, in grado di far tornare la vera sinistra in Parlamento per lottare contro le politiche conservatrici e, non di rado, reazionarie portate avanti dai governi degli ultimi anni. Siamo anche convinti che in questa lista ci debba stare un ventaglio, il più ampio possibile, di partiti, movimenti, associazioni di categoria e comitati. Ognuno deve contribuire al risultato elettorale servendosi dei propri punti forti e delle proprie specificità, in modo di comporre un mosaico plurale, ma, al tempo stesso, unitario ed organico in grado di sconfiggere le manovre di chi vuole la sinistra critica e di opposizione fuori dal Parlamento e dalla mappa politica del nostro Paese.
Siamo molto attenti alle cose che vai dicendo da un paio di mesi a questa parte e quanto fin qui appena detto sembra a noi neoazionisti essere esattamente la sostanza della tua proposta di costruzione di un nuovo Polo della sinistra alternativa.
Rebus sic stantibus con la presente ho il grande piacere di annunciarti che il Nuovo Partito d'Azione aderisce fin da questo momento alla proposta tua e del PRC di costruire il Polo della Sinistra Alternativa.
Il Nuovo Partito d'Azione entra in questo Polo forte dell'appartenenza ad una delle grandi culture politiche che hanno edificato l'Italia democratica, forte delle cose che ha realizzato in quasi sette anni di attività pur nella totale assenza di mezzi materiali, forte dei suoi principi e dei suoi valori, in primis la difesa di quella che noi nuovi azionisti definiamo la seconda società degli emarginati, dei disoccupati, dei precari cronici, dei non-garantiti e degli invisibili; la moralizzazione della politica e della società con un senso dell'etica pubblica assolutamente intransigente e con una sensibilità speciale a tale riguardo che a noi azionisti deriva dai nostri remotissimi antenati puritani e giacobini e naturalmente dalla profonda onestà di un Parri, di un Lombardi e degli altri uomini del vecchio Partito d'Azione degli anni '40; la non meno spiccata predisposizione a conferire centralità alla lotta alle mafie.
E' con questo bagaglio che racchiude le specificità del partito orange che entriamo nel nuovo polo da te proposto con la convinzione che l'obiettivo più immediato, il ritorno della sinistra d'opposizione in Parlamento, sia assolutamente alla portata se sapremo tutti insieme entrare davvero in sintonia politica ed emotiva con milioni e milioni di italiani scontenti e disillusi e con un numero sempre crescente di italiani disperati e quasi sull'orlo del suicidio, di nostri connazionali che, oltre al dolore per una vita divenuta ormai infernale, si sentono politicamente soli ed abbandonati da tutti. Il nascente Polo della Sinistra Alternativa dovrà servire anche ad alimentare la loro speranza in una esistenza migliore e dovrà servire anche a non farli sentire più soli.
Un caloroso saluto.

Pino A. Quartana
Presidente Nazionale del Nuovo Partito d'Azione

La proposta di Ferrero per una nuova sinistra italiana

Le politiche del governo Monti aggravano la crisi sociale, la recessione e alimentano la drammatica perdita di posti di lavoro, ormai molto al di sopra della media europea. Politiche tese a salvaguardare i poteri forti con una spiccata connotazione antipopolare e antioperaia che conferma il carattere “costituente” di un nuovo regime, incarnato dalle misure strategiche dei provvedimenti presi che vanno dalla manomissione dell’articolo 18 alla “controriforma” delle pensioni al pareggio di bilancio in Costituzione fino all’approvazione del Fiscal Compact. Questi provvedimenti vanno oltre la situazione contingente e predeterminano – se non aboliti – il quadro in cui agiranno i governi dei prossimi anni, una vera e propria ipoteca sul futuro.
Il governo ha quindi tracciato una strada di destra destinata a perdurare negli anni, indipendentemente dalla presenza di Monti, ma ai provvedimenti già assunti e votati da PD, PDL e UDC.
L’intreccio tra la paura e il carattere necessitato delle ricette, taglia ogni discussione e impedisce un confronto nel merito dei provvedimenti fino a criminalizzare qualunque posizione dialettica si esprima, anche utilizzando la distruzione di ogni credibilità della politica, Un vero e proprio “bonapartismo” economico, che, oltre a produrre recessione e distruzione dei diritti sociali e del welfare, corrode in profondità la democrazia.

Il superamento e la sconfitta delle politiche di Monti non può essere affidato al centro sinistra, che è indisponibile a mettere in discussione le scelte sin qui operate, a partire dall’articolo 18, dal pareggio di bilancio e dall’applicazione del Fiscal Compact.

Occorre quindi proporre una prospettiva politica di uscita dalla crisi che è: economica, sociale, culturale e morale consapevoli che questo significa riportare il paese nella democrazia, superando lo stato di eccezione con cui oggi il governo giustifica le sue scelte presentate come obbligate.
La campagna referendaria, che rappresenta, sia la nostra principale azione politica e organizzativa nei prossimi mesi, sia la parte fondamentale del programma politico con il quale presentarsi al Paese è un’impresa politica importante, che coinvolge il complesso delle forze che si sono opposte, da sinistra, alle politiche del governo Monti, sia sul piano politico che sociale, ed è a partire da questa condivisione che la Federazione della sinistra chiede a tutti i soggetti impegnati nei referendum, di costruire unitariamente l’alternativa di programma e di Governo in grado di rivolgersi al Paese ed in particolar modo a chi subisce pesantemente gli effetti delle politiche del governo Monti.

Proprio a partire dai temi dei referendum: sui diritti dei lavoratori – ripristino dell’articolo 18 ed abolizione dell’articolo 8– a cui si aggiunge quello per cancellare la riforma delle pensioni, per impedire la svendita del patrimonio pubblico, la campagna per il reddito minimo garantito, rappresentano i punti fondamentali per un programma ed una coalizione di sinistra e di alternativa. Le elezioni regionali in Sicilia, sulle quali dovremmo produrre un approfondimento, soprattutto per quanto attiene all’astensione di massa dal voto, ci consegnano una prima riflessione: o si è in grado di produrre una proposta credibile, che parli direttamente alle condizioni di vita delle persone, che proponga un terreno comune di battaglia per la difesa ed il rilancio dei diritti e della democrazia, una visione sul mondo capace di interpretare i sentimenti diffusi delle persone e in grado di proporre un terreno di proposta politica percepita come utile e necessaria. Il nostro risultato elettorale si colloca dentro questa cornice. Certamente ha pesato il cambio in corsa del candidato alla presidenza, e, tuttavia il risultato complessivo ci indica che se avessimo presentato una sola lista avremmo eletto una delegazione di consiglieri, da qui la necessità di produrre maggiore unità e non meno, perché la sua stessa percezione, forse, avrebbe potuto essere più credibile. Tuttavia è evidente che anche la nostra formazione non è stata in grado di produrre un’ipotesi di cambiamento come invece è accaduto per le elezioni a Palermo e Napoli.

Per questo proponiamo la costruzione di una coalizione politica che possa diventare uno schieramento elettorale di tutte le forze politiche, sociali e associative che si oppongono da sinistra al governo Monti. Proponiamo che la Federazione della sinistra lavori per trasformare le forze referendarie e la coalizione elettorale siciliana in un vero e proprio schieramento politico nazionale in vista delle prossime elezioni politiche. La nostra proposta politica che si rivolge in primo luogo a Sel, all’IdV, ad Alba e al complesso delle forze associazionistiche, sociali e culturali disponibili, alle forze che hanno organizzato la manifestazione del 27 ottobre, è finalizzata a costruire un ampio polo di alternativa che si ponga l’obiettivo di governare il paese su un programma antitetico a quello imposto da Monti e dalle politiche europee. Si tratta di rovesciare le politiche di austerità e questa prospettiva di radicale cambiamento delle politiche economiche e sociali non è presente nella posizione del PD. E’ quindi necessario, per la prossima tornata elettorale, uno schieramento politico ed elettorale alternativo,che avanzi una proposta di governo finalizzata ad uscire dalla politiche neoliberiste a partire dalla non accettazione del Fiscal Compact e delle fondamenta neoliberiste e monetariste dei trattati di Maastricht e Lisbona. Al di la delle modifiche della legge elettorale avanziamo quindi la proposta di dar vita ad uno schieramento di alternativa per il governo del paese e l’uscita dalle politiche di austerità.

Riteniamo necessario unire la sinistra. Il nostro obiettivo è la costruzione di un effettivo spazio pubblico della sinistra, che faccia i conti fino in fondo con la critica della politica e sia portatore di una forte critica dell’economia politica. Occorre, da subito, uscire da ogni politicismo per avviare, all’interno dell’attuale fronte di opposizione, a partire dalla Federazione della sinistra, un processo costituente di sinistra e di alternativa e di dare vita ad una nuova stagione politica basata sulla democrazia partecipata. Questo è l’obiettivo centrale che ci poniamo come Federazione della Sinistra e che proponiamo al complesso delle forze politiche e degli uomini e delle donne che vogliono costruire una sinistra antiliberista nel nostro paese, anche in vista della prossima scadenza elettorale. La costruzione di un processo inclusivo e partecipato, che allarghi il terreno della partecipazione politica unitaria a sinistra, la realizzazione in Italia del progetto della Sinistra Europea, la costruzione del corrispettivo di Syriza, del Front de Gauche, di IzquierdaUnida, della Linke, insomma recuperare le migliori esperienze politiche che si sono prodotte in Europa, rappresenta l’obiettivo fondante il nostro progetto politico, su cui lavorare nei prossimi mesi.

Nella consapevolezza delle diverse posizioni che vi sono nell’ambito della Federazione della Sinistra, e al fine di ricercare una comune posizione politica si propone che, laddove il Consiglio Politico Nazionale della Federazione della sinistra non addivenisse ad una posizione politica chiara da avanzare unitariamente, di dar luogo ad una consultazione referendaria di tutti i compagni e le compagne iscritte alla Federazione, così come previsto nello Statuto, in modo da definire attraverso un processo unitario, democratico e partecipato il nostro comune orientamento politico.

Paolo Ferrero
Irene Bregola
Mimmo Caporusso
Roberta Fantozzi
Marco Gelmini
Claudio Grassi
Gianluigi Pegolo
Rosa Rinaldi
Augusto Rocchi

LA FAME: SFIDA ETICA E POLITICA

di Leonardo Boff

A causa della recessione economica provocata dall’attuale crisi finanziaria, il numero degli affamati, secondo la FAO, è passato da 860 milioni a 1 miliardo e duecento milioni. Dati perversi che implicano una sfida etica e politica. Come andare incontro alle necessità vitali di questi milioni milioni?

Storicamente questa sfida è sempre stata grande, perché il bisogno di soddisfare la richiesta di alimenti non ha mai potuto essere soddisfatto pienamente, per ragioni di clima, di fertilità dei suoli o per disorganizzazione sociale. Ad eccezione della prima fase del paleolitico, quando la popolazione era scarsa e i mezzi di vita sovrabbondanti sempre c’è stata fame nella storia. La distribuzione degli alimenti è stata quasi sempre diseguale.

Il flagello della fame non costituisce propriamente un problema tecnico. Esistono tecniche di produzione di straordinaria efficacia. La produzione di alimenti è superiore alla crescita della popolazione mondiale. Ma questi sono pessimamente distribuiti. Il 20% dell’umanità dispone dell’80% dei mezzi di vita. L’80% dell’umanità si deve accontentare de 20% appena delle risorse. Qui risiede l’ingiustizia. All’origine di questa situazione perversa sta la mancanza di sensibilità etica degli esseri umani verso i loro compagni. È come se avessimo dimenticato totalmente le nostre origini ancestrali, soprattutto quella della cooperazione originaria che ci ha permesso di essere umani.

Questo deficit di umanità risulta da un tipo di società che privilegia l’individuo sulla società, valorizza di più la proprietà privata invece che la compartecipazione solidale, più la competizione che la cooperazione, preferisce mettere al centro i valori tipici del sesso maschile (nell’uomo e nella donna), come la razionalità, il potere, l’uso della forza piuttosto che i valori legati al sesso femminile (anche nell’uomo e nella donna) come la sensibilità ai processi vitali, la cura e la disposizione alla cooperazione. Come si intuisce, l’etica in vigore è egoista e escludente.Non si mette al servizio della vita di tutti e delle cure loro necessarie. Ma sta al servizio di interessi di individui o di gruppi con esclusione degli altri. Una disumanità basica si trova alla radice del flagello della fame. Se non ci sarà un’etica della solidarietà, della cura degli uni verso gli altri non avverrà nessun superamento.
Importante anche considerare che il disastro umano della fame è pure di ordine politico. La politica ha a che vedere con l’organizzazione della società, con esercizi del potere e con il bene comune. Già molti secoli fa in Occidente, e oggi in forma globalizzata, il potere politico è ostaggio del potere economico, articolato secondo le regole di produzione capitalistica. Il guadagno non è democraticamente spalmato a beneficio di tutti, ma privatizzato per i detentori del’avere, del potere e del sapere, e solo secondariamente beneficia i rimanenti. Pertanto il potere politico non serve al bene comune. Crea diseguaglianze che rappresentano reale ingiustizia sociale oggi mondiale. In conseguenza di questo per milioni di persone avanzano soltanto briciole senza poter sodisfare le loro necessità vitali. O semplicemente muoiono in conseguenza di malattie legate alla fame, per lo più bambini innocenti. Se non ci sarà un’inversione di valori, se non si instaurerà un’economia sottomessa alla politica e la politica orientata dall’etica e una etica ispirata alla solidarietà basica non ci sarà possibilità di soluzione per la fame e per la denutrizione mondiale. Gridi canini di milioni e milioni di affamati salgono continuamente al cielo senza che risposte efficaci arrivino da un posto qualsiasi e facciano tacere questo clamore.

Infine è necessario riconoscere che la fame risulta pure dal non riconoscimento della funzione delle donne nell’agricoltura. Secondo stime della FAO sono loro che producono gran parte di quello che si consuma nel mondo: dal 50 all’80% in Asia e 30% in Europa centrale e dell’est. Non ci sarà sicurezza alimentare senza le donne contadine, se non si darà loro più potere di decisione sui destini della vita sulla Terra. Esse rappresentano il 60% dell’umanità. Per loro natura di donne sono più legate alla vita e la sua riproduzione. È assolutamente inaccettabile che, col pretesto di essere donne, si neghi loro la capacità di possedere terreni,e l’ accesso ai crediti e agli altri Beni Culturali. I loro diritti riproduttivi non sono riconosciuti e si impedisce loro l’accesso alla conoscenza tecnica concernente la miglioria della produzione alimentare. Senza queste misure , rimane valida la critica di Gandhi: “La fame è un insulto, essa avvilisce, disumanizza e distrugge il corpo e lo spirito… se non addirittura l’anima stessa; è la forma di violenza più assassina che esiste”.
Dello stesso autore: Comer e beber juntos e viver em paz, Vozes 2003.

Traduzione: Romano Baraglia