Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo
Garibaldi, pioniere dell'Ecosocialismo (clickare sull'immagine)

mercoledì 30 marzo 2022

SI SVUOTINO GLI ARSENALI, SI COLMINO I GRANAI



                                           di Carlo Felici

Si era in piena guerra fredda quando il Presidente Sandro Pertini, in un messaggio di fine anno che segnava lo spartiacque tra gli anni settanta e gli anni ottanta, si rivolgeva agli italiani e ad un mondo ancora fortemente diviso tra blocchi contrapposti dicendo: “L'Italia, a mio avviso, deve essere nel mondo portatrice di pace: si svuotino gli arsenali di guerra, sorgente di morte, si colmino i granai, sorgente di vita per milioni di creature umane che lottano contro la fame”

Pertini è tuttora una icona per un Partito Socialista che non è più quello di allora e che si accinge oggi a varare un incremento di spesa che porterebbe lo Stato italiano a investire in armi più di quanto spendesse allora l'Italia con tutte le caserme in funzione per la leva obbligatoria.

La somma dovrebbe raggiungere il 2% del PIL, con un incremento di circa 15 miliardi, passando così dai 23 miliardi ai 38 miliardi di euro, che corrispondono ad una spesa di 104 milioni al giorno, ovviamente sottratti ad altri settori nevralgici dello Stato. Essi equivalgono più o meno a quanto lo Stato ricava dalla intera tassazione sugli immobili e si capisce così perché Draghi, da buon ragioniere, ci tenga tanto alla riforma del catasto.

Ormai tutto procede in maniera emergenziale, tranne garantire i diritti di coloro che in emergenza ci sono davvero, infatti contemporaneamente a tali misure è stato negato, in regime di pandemia perdurante, il proseguimento del lavoro a distanza per chi ha gravi disabilità o si prende cura di disabili gravi. Mancano le coperture, si dice, e poi si scopre che vengono varati fondi non solo per armamenti ma persino per i canili, segno evidente che, per questo governo, alcune categorie di persone contano meno dei cani.

Ma veniamo al dunque, cioè alla verifica della necessità di questo incremento di spesa, considerando se davvero esso si mostra indispensabile.


Attualmente, con le spese previste nei vari bilanci degli stati membri, la NATO ha già una potenza militare enormemente superiore a quella degli avversari geopolitici che le si contrappongono, con le tecnologie di guerra che sono le più aggiornate. Senza prenderli in esame, uno ad uno, i 30 paesi NATO spendono oggi circa 1.100 miliardi di dollari. Se osserviamo infatti Cina, Russia e India, sommando le loro spese militari, arriviamo ad appena 390 miliardi, che sono quasi la metà di quanto nella NATO spendono i soli Stati Uniti e cioè circa 778 miliardi di dollari l'anno.

Confrontando queste cifre, e non tanto quelle che riguardano i singoli paesi europei, si capisce bene dove va a parare questo incremento di spesa.

Ma prima che lo scopo sia del tutto evidente, vediamo quanto spendono insieme solo Francia, Germania, Italia e Regno Unito per la difesa e ci accorgiamo che la somma supera di ben tre volte quella della Russia, quindi è già più che sufficiente a tutelare i loro territori. Ma, si badi, in media essa è inferiore a quanto spendono gli Stati Uniti, ed è qui il punto.

Gli Stati Uniti vogliono mantenere la leadership nella NATO spendendo di meno e facendo spendere di più agli europei. L'incremento della spesa militare non è dunque né una questione di sicurezza per l'Europa né di autonomia ma semplicemente di contributi.

E' ovvio che in una dimensione in cui l'Europa fosse capace di avere un suo esercito autonomo con un governo unitario della politica internazionale, tutto ciò sarebbe comprensibile, ma nelle condizioni attuali, l'incremento di spesa appare piuttosto una manovra speculativa a vantaggio di quelle lobbies che producono armi e tendente ad alleggerire il bilancio delle spese militari americane.

L'Italia, già da sola, con i suoi 28,9 miliardi spende più di quanto spende Israele con 21,7 miliardi, pur essendo uno Stato perennemente in guerra, e più di stati ben più grandi come l'Australia (27,5), il Canada (20,8) o il Brasile (19,7).


Questa follia sta portando governi socialisti a sostenere il riarmo in maniera indiscriminata, come accade ad esempio in Germania dove l'incremento della spesa corrisponde ad una somma di 100 miliardi che, da sola, sarebbe bastata a salvare la Grecia a suo tempo da una cura lacrime e sangue. A proposito, la Grecia è uno dei paesi che in Europa spende di più per armamenti sebbene non sia tra i più ricchi.

Il quadro generale europeo, a ben vedere, assomiglia molto a quello di una rinnovata guerra fredda che minaccia il calore solo per tornare a sottomettere meglio i paesi europei, e il perdurare della guerra in Ucraina non può che favorire questa perversa dinamica. Questo paese, infatti, con il prosieguo del conflitto non appare tanto destinato alla liberazione, ma piuttosto a perdere ancora più territori rispetto a prima della guerra, esso rischia infatti di essere tagliato fuori dal Mar Nero se non addirittura diviso in due come era il Vietnam e come è tuttora la Corea.

I paesi europei, rallentando il processo di crescita, stanno già sviluppando una maggiore dipendenza dagli USA e questo non potrà che ridimensionare o comunque fortemente ritardare il processo di costruzione di una Federazione Europea, così come non potrà che indebolire la forza della valuta unitaria europea. Infine l'incremento delle spese militari in ciascuno Stato, senza un coordinamento generale, rischia di ostacolare se non di compromettere gli stessi rapporti tra stati europei.

Pensiamo ad esempio alla Francia che nemmeno troppo velatamente ambisce a guidare le Forze Armate europee e che guarda, memore della sua esperienza storica, con sospetto al riarmo tedesco con la segreta speranza che poi passi sotto la sua guida, e crediamo forse che i tedeschi si faranno mettere sotto controllo, specialmente dopo avere speso tanto, dalla Francia?


Oppure consideriamo quanto siano in crescita e si stiano rafforzando i movimenti ultranazionalisti in Europa e se, puta caso, essi arrivassero a governare vari stati europei, crediamo forse che l'incremento dei loro arsenali tornerebbe vantaggioso per il mantenimento della pace in Europa?

La sinistra in Italia cominciò a sparire dagli anni novanta quando si allineò all'incremento di spese militari del governo Prodi, oggi ha avuto un sussulto di dignità, tutto da verificare, opponendosi a tale provvedimento, quando è quasi sparita. Conte che aveva già incrementato di 5 miliardi tale spesa, ora fa retromarcia cercando disperatamente di ridare slancio alla sua leadership e al suo movimento, dopo essere stato riconfermato presidente, magari ipotizzando di guidare l'opposizione in vista di elezioni anticipate. Strano destino per un partito che aveva stravinto le elezioni e che tuttora è il partito di maggioranza relativa.

Ci sono poi quelli non si fermano nemmeno di fronte al ridicolo, ed evocano i partigiani e la Resistenza dopo quasi 80 anni trascorsi da quando non esistevano armi atomiche e dimenticando che la Resistenza senza gli Eserciti, l'Aviazione e la Marina degli Alleati sarebbe stata spazzata via in un batter d'occhio. Francamente, con tutta l'ammirazione possibile per gli eroici partigiani che aumentarono di numero in maniera direttamente proporzionale alla avanzata delle truppe Alleate, vorrei vedere che fine avrebbero fatto se questi ultimi si fossero limitati a dar loro armi senza invadere contemporaneamente il nostro territorio.


Ma tornando all'Italia, noi rischiamo, con una spesa aggiuntiva di 104 milioni al giorno per armamenti, di compromettere una crescita già messa a dura prova dal perdurare della pandemia e soprattutto dalla  assenza continua di politiche sul lavoro ed industriali, che il ragionier Draghi non sembra voler prendere assolutamente in considerazione. Eh già le fanno i politici veri queste cose..

Ma tornando a Pertini, chiediamoci seriamente perché volesse svuotare gli arsenali e colmare i granai, ebbene ce lo spiega lui stesso : “Battetevi sempre per la libertà, per la pace, per la giustizia sociale. La libertà senza la giustizia sociale non è che una conquista fragile, che si risolve nella libertà di morire di fame”. Pertanto, a stomaco vuoto, anche un popolo rimpinzato di armi, è destinato a vedere la sua libertà come un miraggio sempre più lontano.


venerdì 25 marzo 2022

UNA IPOCRISIA DI MASSA

 


                                                    di Carlo Felici


Sulla vicenda ucraina stiamo assistendo ad una progressiva omologazione indotta dai media e ogni voce fuori da coro è destinata ad essere tacitata, non ovviamente con una esplicita censura, perché dobbiamo ancora apparire come una democrazia, ma allontanando o facendo sparire le voci dissonanti. Caso emblematico è quello del prof. Orsini il quale non ha detto cose tanto diverse dal Papa, sulla questione armi agli ucraini.

Egli, in buona sostanza, ritiene che sia controproducente dare armi agli ucraini perché ciò non porterebbe ad una fine del conflitto, ma ad una sua progressiva accelerazione e a un durata maggiore a tutto danno del popolo ucraino. Ma chi lo contesta afferma che il popolo ucraino ha tutto il diritto di difendersi e non va abbandonato o lasciato solo in questa sua lotta contro l'invasore ed oppressore. Apparentemente è più facile dare ragione ai detrattori che ai sostenitori di Orsini, ma osserviamo qual è la situazione sul campo. Non c'è un vinto né un vincitore e, continuando così le cose, gli unici vincitori rischiano di essere la morte e la distruzione oltre che l'esodo di donne e bambini separati a forza da uomini che sono costretti anche con la forza a combattere, perché in Ucraina non è stata abolita solo la pace, ma anche il pacifismo, realizzando un inferno sulla Terra che non ha eguali per la sua perfezione, dato che nemmeno in Libia o in Siria si è vietato agli uomini di emigrare. Eppure a noi è stato vietato di dare armi ai libici o ai siriani.

Putin se la prende comoda, anche perché il costo di questa guerra per lui è destinato ad essere altissimo, ma stavolta non combatte per una remota provincia dell'impero, di cui vorrebbe rinnovare i fasti in una lotta demenziale trasformata in scontro di civiltà, combatte per il cuore stesso di quello che lui crede debba essere l'impero, e tutta la sua propaganda demoniaca è volta a far credere ai russi che quella in corso è una sorta di “guerra santa”, che va combattuta fino alla morte non solo dei singoli soldati, ma persino di interi popoli, perché se l'alternativa è l'estinzione della civiltà, allora anche l'uso della bomba atomica diventa lecito. Quindi è disposto a mettere in campo tutte le sue risorse, militari, logistiche, economiche, propagandistiche e atomiche pur di vincerla.

Dall'altra parte cosa abbiamo? Paesi europei che agiscono come un pugile suonato e sferzato a reagire dalla frusta degli USA e della GB, il paese più avverso all'Europa, che si stringono disperatamente intorno alla NATO come ultimo rifugio all'olocausto nucleare che li investirebbe in pieno e che subiscono le conseguenze delle sanzioni economiche esattamente se non più della Russia, infine che non possono fare a meno in tempi brevi di finanziarla con miliardi di euro ora trasformati in rubli, ogni giorno per pagare il suo gas, di cui, almeno in tempi brevi, non possono fare a meno. Cornuti dalla guerra e mazziati dalle sanzioni

Per cui strombazzano ai quattro venti l'armiamoli e scongiurano sempre alla rosa dei venti di guerra, il non partire, con l'aggravante che chi dissente da questo “verbo” è un traditore, putiniano, filonazista e chi più ne ha più ne metta..in modo che tutti siano portati a sostenere gli interessi delle multinazionali che producono e vendono armi. Nella società dell'iperconsumismo e dell'usa e getta elevato all'ennesima potenza, non vi è vuoto a perdere più efficace e rapido delle armi

Si usano e si gettano in continuazione, e altrettanto rapidamente se ne producono altre destinate alla stessa sorte e allo stesso profitto, solo che con esse si usano e gettano miseramente anche povere vite umane.

Da che mondo è mondo cosa c'è di meglio che usare la propaganda patriottica per incrementare guerre e guadagni, ovviamente mettendo a tacere chi dissente?

Una propaganda che è destinata a trascinare tutti e tutto in un gorgo nefasto, ricordiamo anche i socialisti della Seconda Internazionale si allinearono su posizioni guerrafondaie, con una eccezione però che allora fu l'Italia, e teniamo a mente altresì che colui che coalizzò intorno a sé l'interventismo italiano, tra i socialisti, ben presto dopo la guerra realizzò il regime più liberticida e guerrafondaio che l'Italia abbia mai avuto

E ora, tra i socialisti rimasti in Italia si vorrebbe tacciare di arrendismo, doppiopesismo, benaltrismo, chi vuole far tacere le armi e ritiene l'incremento della spesa militare una vergogna?

Noi possiamo spendere mille miliardi per incrementare la spesa militare ma se, puta caso, venissero usate armi atomiche, sarebbero solo stati buttati al vento.

Si replica che è la resistenza che tiene in piedi le trattative, ma francamente, non si capisce dove tali trattative vogliano andare a parare. Anzi, non si capisce nemmeno se si sta trattando sul serio

Perché comprendere i motivi dello stallo è molte semplice: Putin vuole per sé la Crimea e le repubbliche russofone dichiaratesi indipendenti, soprattutto per garantirsi uno sbocco sul Mar Nero che poi vuol dire sbocco sul Mediterraneo, e la neutralità della Ucraina. Zelensky vuole a tutti i costi garantire all'Ucraina l'integrità territoriale che vuol dire non cedere ai russi nulla, nemmeno la Crimea, tagliandoli fuori dal Mediterraneo.

E si badi, dall'inizio del conflitto, quello che è sceso a più miti consigli è stato Zelensky che, rispetto alle posizioni iniziali, ha rinunciato a far parte della NATO, non Putin. Allora a chi giova il protrarsi della guerra? Non certo al martoriato popolo ucraino, non certo alle famiglie separate a forza perché gli uomini, volenti o nolenti (e almeno in Spagna e in Italia non si era costretti a combattere ma lo si faceva da volontari) sono arruolati a forza in un esercito in cui solo le componenti addestrate fanno la differenza, il resto serve solo per garantire la legge marziale.

Sarà quindi il caso di dire l'indicibile e soprattutto una verità indigesta a chi combatte soltanto seduto comodamente davanti ad un PC.

Questa guerra non sarà breve e logorerà tutta l'Europa e non potrà essere vinta nemmeno con armi atomiche perché in un conflitto nucleare non ci sono né vincitori né vinti, ma solo la desolazione e la devastazione planetaria che arriverà, si badi, però prima in Europa, e solo poi nel resto del mondo che potrebbe anche fermarsi vedendo la culla della civiltà occidentale, in cui noi ci illudiamo di avere costruito un bel paradiso in terra, svaporare in un inferno senza redenzione e decidere così di farle un bel funerale.

Queste sono le vere questioni che abbiamo di fronte. L'alternativa non è la Russia o l'Ucraina ma l'Europa o la sua estinzione e la cosa che fa più rabbia è che la Russia che fa parte dell'Europa non voglia rendersene conto, sostenendo un progetto euroasiatico tanto magniloquente quanto privo di consistenza, mentre è deprimente che l'Europa perennemente allineata e coperta, dietro USA e GB, paesi politicamente antieuropei da sempre, non ne sia affatto consapevole.

Di fronte a tutto ciò, il più “benatraltrista”, il più “arrendista”, il più “doppiopesista” e forse persino il più europeista appare il Papa, solo che l'ipocrita di massa non ha il coraggio di dirglielo in faccia.

Perché quando il Papa dice senza mezzi termini: "È una pazzia, io mi sono vergognato".. La "vera risposta non sono altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari, ma un'altra impostazione. Parlo di un modo diverso di governare il mondo, non facendo vedere i denti.” Ebbene l'eroe dell' “armiamoli e non partiamo”, con il sedere ben piantato davanti al suo PC, forse si vergogna o comunque si dovrebbe vergognare molto più di lui. Dio ci scampi dunque dall’essere più papisti che socialisti, anche quando certa misera ipocrita propaganda ci spingerebbe ad esserlo.

Carlo Felici

domenica 20 marzo 2022

LA BESTEMMIA CONTRO LO SPIRITO

                                             



                                                       di Carlo Felici


Di recente abbiano assistito a vari appelli del Papa Francesco affinché cessi il conflitto in Ucraina, lo stesso Papa, oltre a condannarlo come “disumano e sacrilego”, ha chiesto perdono per la guerra, ma una guerra può essere davvero “perdonata”?

L'Evangelista Matteo (12, 31-33) ci riferisce le parole di Gesù: “Perciò io vi dico: ogni peccato e bestemmia sarà perdonata agli uomini; ma la bestemmia contro lo Spirito Santo non sarà perdonata. A chiunque parli contro il Figlio dell'Uomo, sarà perdonato; ma a chiunque parli contro lo Spirito Santo, non sarà perdonato né in questo mondo né in quello futuro. O fate l'albero buono e buono pure il suo frutto, o fate l'albero cattivo e cattivo pure il suo frutto; perché dal frutto si conosce l'albero”. Ci sono dunque limiti alla Grazia divina? Cosa è lo Spirito Santo? E perché bestemmiarlo non porta alcun perdono? Per comprenderlo e rispondere a tali domande, dobbiamo contestualizzare gli episodi che riguardano tale brano evangelico che ritroviamo, sempre nello stesso contesto, anche nell'Evangelista Marco.

Gesù, in tale situazione, scaccia gli spiriti demoniaci e la conseguenza è la restituzione della parola e della dignità a chi era marginalizzato ed escluso a causa di tale possessione, in poche parole, l'azione di Gesù corrisponde ad una liberazione ed alla restituzione della condizione di onorabilità e rispetto verso chi prima era posseduto ed era pertanto “captivus diaboli”, nel senso etimologico del termine, “prigioniero del demonio”, gli restituisce la possibilità di essere nuovamente artefice della sua vita, e non più oppresso da un potere malvagio. Quello che fa Gesù in quel contesto è opera di Dio, ma i rappresentanti ufficiali della religione del tempo, i farisei, non lo vogliono capire e, anzi, accusano lui di agire in maniera demoniaca. Ribaltano cioè il senso della Grazia, libera e liberatrice, volendo assumerne il controllo per fini oppressivi di potere religioso e politico.

Ecco dunque che comprendiamo bene cosa è la bestemmia contro lo Spirito Santo, essa non è né il non riconoscere l'azione di Dio, cosa che accade comunemente a moltissimi esseri umani, e nemmeno l'attribuire le azioni malvagie all'azione di Dio, come sovente avviene nei regimi intolleranti proiettati verso l'integralismo religioso, o nelle citazioni bibliche a sproposito su Dio, perché tutto ciò sarebbe sì configurabile come bestemmia, ma piuttosto del comandamento che vieta di nominare il nome di Dio invano.

La bestemmia contro lo Spirito Santo è invece lo specchio deforme di questa bestemmia contro il nome di Dio, accade quando la gente o chiunque sia a capo di tale gente, in vesti politiche o religiose, assiste alla liberazione spirituale e materiale di un individuo o di un popolo, ma anziché riconoscerla, la condanna. E soprattutto condanna fino alla morte colui o coloro che hanno messo in atto tale liberazione. E' dunque la condanna senza appello dello Spirito della Libertà, nel senso più ampio e più puro, in nome del suo contrario: il senso più demoniaco dell'oppressione

La bestemmia contro lo Spirito Santo di purezza, vita e libertà, è il sacrilegio che corrisponde alla idolatria del demone oppressore.

Ecco quindi chiaro il senso della impossibilità del perdono, perché il perdono stesso è un atto di liberazione e di riscatto della nostra dignità, ma esaltando l'oppressione ed idolatrando l'oppressore, evidentemente, non può esserci né liberazione né, conseguentemente, il perdono che la propizia. Non c'è dunque Dio né salvezza per nessuno. Ciò nonostante, anche in questa condizione di condanna assoluta, Dio non cessa di essere il Liberatore, non cessa di manifestare la Sua Grazia, nell'attesa che noi possiamo accoglierla.

Rapportiamo ora tutto ciò alla vicenda ucraina. Abbiamo un popolo che è invaso ed oppresso, calpestato nella sua dignità in tutti i suoi beni e nella sua totalità del suo esistere, perché anche coloro, in una parte di questo popolo, che potevano, fino a qualche tempo fa, reclamare una loro liberazione, ora, in una guerra di totale invasione e distruzione, anche a causa della reazione, sono coinvolti tutti in un destino di morte e di annientamento. Abbiamo un artefice di tale oppressione che usa persino le parole evangeliche per suffragare la sua opera nefasta. Cita le sacre scritture: Gv 15, 12-17: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici” Trasforma cioè un atto oblativo assoluto in una concreta opera distruttiva e tirannica, non dà la sua vita per la liberazione di alcuno, ma pretende che altri la diano per coloro che, anziché essere considerati amici e fratelli, sono oppressi come nemici e senza distinzione di età, sesso o condizione sociale. Celebra l'idolatria della sua persona in uno stadio in cui la stessa verità evangelica viene ribaltata dalle sue radici più profonde.

La bestemmia dunque contro lo Spirito Santo è completa ed esaltata alla massima potenza, non solo nella guerra, non soltanto nella invasione e nella mortificazione delle vite e delle dimore dei più fragili, nel loro habitat quotidiano, ma soprattutto nell'autoesaltazione, fino alla minaccia atomica, addirittura con il ribaltamento della stessa parola di Dio.

E' il fariseo che minaccia Gesù crocifisso in un popolo bombardato e martoriato e che anela alla liberazione, in nome del dogma della sua verità indiscussa ed indiscutibile, e del suo sistema armato di dominazione.

Ebbene, per tale bestemmia, per la guerra con cui essa si autoesalta e persino per coloro che adducono giustificazioni o cause storiche per l'assolutezza di tale peccato, non può esserci né ci sarà mai perdono, perché il perdono è il discrimine tra la libertà e la tirannia, tra la possibilità che chi, anche nel torto, possa esprimersi senza essere messo in galera, e chi, anche solo manifestando con un cartello bianco, viene catturato e recluso. Aut Aut, possiamo cercare tutte le ragioni strumentali possibili, ma quando qualcuno sale su un piedistallo, si fa acclamare da una folla senza che alcuno possa contestarlo e giustifica la sua oppressione con la parola di Dio, l'apostasia e il peccato contro lo Spirito Santo sono assoluti e completi. E per questo non è possibile il perdono, finché sussistono e vengono persino esaltati gli elementi di tale bestemmia contro lo stesso Santo Spirito Liberatore.

La guerra è sempre stata causata da questa inversione di valori, da qualcuno che ha preteso, in nome di una religione o di una ideologia che ne è solo la maschera deforme, di esercitare il potere della liberazione sotto le mentite spoglie della più becera oppressione. Costringendo altri a difendersi, anche contro ogni speranza di vittoria e fino al sacrificio finale, perché la libertà non ha prezzo e anche la vita, questa volta sì, può essere donata per gli amici e fratelli che vogliono condividere la libertà e non vedersela negare o riceverla in regalo con bombe che spianano altri fratelli.

Ernesto Che Guevara a chi gli chiedeva se lui si considerasse un liberatore, rispose : “Non sono un liberatore. I liberatori non esistono. Sono solo i popoli che si liberano da sé”

Questo valga come monito sia a chi crede di essere liberato da un invasore sia per chi pensa di intervenire per liberare un popolo invaso, come è accaduto fin troppe volte in passato. Ebbene, quel popolo merita di essere aiutato, ma deve liberarsi da solo.

Non c'è perdono per una guerra che umilia e strazia la dignità, la integrità e la stessa essenza spirituale di un popolo. Ma nonostante ciò, anche la disperazione di un mondo senza salvezza, può spingerci a cercare e a ritrovare il volto autenticamente liberatore di Dio, anche quando la speranza si spegne come una candela nella cantina dove si è cercato l'ultimo rifugio allo strazio della morte.

Anche da quel tugurio può rinascere ostinatamente la vita, può spuntare e crescere un albero buono che dia buoni frutti.


lunedì 7 marzo 2022

IAIDO

                                               


                                                      di Carlo Felici

Viviamo in un mondo in cui la guerra che avrebbe dovuto essere sepolta con le macerie del secolo scorso, appare purtroppo di nuovo repentinamente, questa volta accompagnata in maniera esponenziale anche da devastazioni ambientali e ingiustizie sociali che, con il loro progredire, possono mettere a serio rischio la sopravvivenza degli esseri umani su questo pianeta.

Non di rado i “rimedi” che si sono adottati in passato per emendare questi pericoli, si sono poi rivelati purtroppo peggiori degli stessi mali, originando anche guerre di religione o per la contrapposizione di modelli politici, religiosi ed ideologici di potere.

La costruzione della pace nel mondo che appare oggi come l'imperativo categorico più impellente che l'umanità deve affrontare, passa piuttosto inevitabilmente mediante la costruzione della pace interiore, e cioè mediante la consapevolezza della interconnessione di tutto ciò che, prima ancora di esistere ed essere sottoposto alle leggi del divenire, “è”, di per sé insieme al tutto, da sempre e per sempre

L'unione con l' “essere” è la suprema consapevolezza che ci apre al destino dell'eternità, al fatto che cioè noi siamo già “eterni” prima di nascere e non possiamo non esserlo dopo la nostra morte.

La filosofia occidentale ci ha insegnato a scoprire, a disvelare l'essere, aletheia, per i Greci, non è altro che la verità in quanto scoperta e “disvelamento”, anche in senso etimologico. Ma non ci ha insegnato ad unirci ad esso, ad essere cioè tutt'uno con esso.

In questo l'Oriente può darci una grande lezione, in particolare con la “pratica dell'unione con l'essere”, un' arte ed una disciplina marziale, tra le più antiche al mondo.

Lo Iaido è, anche in questo caso pure etimologicamente, l'unione con l'essere. Scopo perfetto di tale disciplina è infatti l'unione con noi stessi e con il microcosmo che c'è in noi, al fine di unirsi con tutto l'universo, tagliando ciò che ancora ci separa e ci ostacola, mediante le nostre imperfezioni.

Non è quindi un'arte astratta o teorica, ma una pratica di vita adatta a qualsiasi età, un percorso non solo da seguire in un Dojo, ma da vivere quotidianamente

Lo Iaido è spesso associato allo Zen e ogni pratica nel Dojo è preceduta da una adeguata meditazione, e da precisi insegnamenti da parte di un Sensei che è il “Maestro della Via”. Lo Iaido precede tutte le arti marziali e si è sviluppato nell'antico Giappone.

Abbiamo notizie sulle prime scuole di Iaido intorno al VII secolo, durante l'era Nara, con il loro pieno sviluppo tra il XVI e il XVII secolo. Da allora, questi antichi e preziosi insegnamenti si sono tramandati fino ad oggi e la loro pratica, anche se non particolarmente estesa rispetto ad altre discipline come il Kendo, è ormai diffusa in tutto il mondo e tuttora in auge.

Si imparano con lo Iaido le tecniche di estrazione di spada, mediante i Katà, ma il vero scopo è la coordinazione tra mente, corpo (nella sua dimensione cinetica e scheletrica) e respiro, nell'esecuzione di ogni Katà, fino a che tutto ciò avvenga con piena naturalezza. Nella pratica sono necessarie molta pazienza, e particolare perseveranza, oltre ad una estrema precisione nell'eseguire i movimenti, L'arte quindi è particolarmente rigorosa, ma ricca di fascino, e la spada in essa diventa il modo in cui mente e corpo si integrano e si manifestano pienamente nell'unione con l'Essere, nella sua vitalità ed autenticità.

Per praticare lo Iaido è necessario un equipaggiamento costituito da uno IAI-GI, (casacca) doppio, bianco e nero, e una HAKAMA (gonna pantalone) nera.

Inizialmente si utilizza un BOKKEN (spada di legno), poi uno IAITO (spada in lega metallica non affilata) e, per coloro che sono più esperti, anche una vera Katana (Shinken)

Tutto avviene a debita distanza e sotto il controllo assiduo di un Maestro a cui si deve sempre pieno rispetto e assoluta obbedienza.

L'essenza dello Iaido, nell'anima del Giappone da cui proviene, credo sia espressa pienamente in questa affermazione di Yukio Mishima in un suo dialogo con Michel Random (alias Stefano Balossini):

È una perfezione, un rigore, un’armonia, una segreta bellezza. La spada è l’immagine compiuta di questa tensione a due facce: essa esprime la perfezione dell’opera realizzata, il senso sacro della vita e della morte, l’attacco fulmineo stesso. È difficile dire se noi siamo in grado di condividere una tale sensibilità o anche solo di comprenderla realmente. Ma poiché questa è la sensibilità del popolo giapponese, dobbiamo almeno sapere che questa faccia invisibile è come un codice creatore, sorridente e implacabile al tempo stesso”

Sembra impossibile poter parlare di perfezione, rigore, di armonia e di segreta bellezza in un mondo afflitto dal consumismo in cui il cattivo gusto e la bruttezza ormai straripano dai vari media, telematici e televisivi, eppure esiste, se ancora si ha la forza, la pazienza e soprattutto la perseveranza di volerla non solo cercare, ma soprattutto attuare in noi stessi prima ancora che altrove.

Nello Iaido sembra vivere una giocosa finzione che solo apparentemente resta tale, anche se animata da situazioni (katà) in cui il nemico è un signor Nessuno, ma che in realtà è sempre il signor Pericolo, quando si manifesta repentinamente in ogni circostanza della vita, persino con l'intento di uccidere. Uccidere il nemico, quindi, diventa, nell'arte dello Iaido, l'abilità dell'uccidere la paura costante di un nemico che vive in noi e ci appare esista anche fuori di noi.

Non bisogna quindi confondere lo Iaido con un passatempo alimentato dall'autocompiacimento di acquisire gradi sempre superiori. Lo Iaido piuttosto è la consuetudine quotidiana con la morte, pericolo supremo del vivere ma allo stesso tempo suprema consapevolezza del nostro destino ultimo, quello che ci riporta sempre, volenti o nolenti, all'Essere supremo.

Dicevano i latini: “Ducunt volentem fata, nolentem trahunt” Di qui l' “Amor fati” assunto dallo stoicismo come viatico supremo del confronto con una morte che non è mai nemica ma “sorella”, anche francescana, del vivere. Ebbene, nello Iaido si è tutt'uno con i “fata”, con l'Essere e con il destino, tanto da non lasciarsi nemmeno condurre, ma al punto da incedere con la sua stessa andatura.

Così il pericolo, in qualsiasi circostanza esso si manifesti nella nostra vita, diventa il Maestro che ci insegna ad essere presenti, fisicamente e mentalmente, tanto da non scindere mai mente e corpo, ed essere preparati sempre ad ogni situazione, anche imprevista.

La pratica non è quindi una gestualità in senso stretto, ma piuttosto una “mimica” per entrare in un habitus nuovo, fin dalla vestizione del GI e dell’HAKAMA (l’abito dell’arte) e ben oltre il Dojo. Perché la “mimica” dello Iaido è innanzitutto un “atto puro” che somma simultaneamente una valenza ascetica, una esorcistica ed un’ altra artistico-rituale mediante “gesti formalizzati e codificati”, essa è animata da uno spirito proteso alla realizzazione della Via mediante un rito (Katà) che anche etimologicamente vuol dire “azione giusta mediante un gesto appropriato”.

Essa consiste dunque nell’ “essere” il duellante: un uomo nuovo, unificato, completo, libero da rincorse motivate da pretese o aspettative, che taglia innanzitutto la sua miseria e piccolezza, simultaneamente al Maestro che gli si manifesta mediante il pericolo.

Senza percepire il Maestro-Pericolo, nel Dojio e nella vita, lo Iaido non ha valore, quindi non può essere confinato ad un'arte estetica e ancor meno ad una sorta di “gestualità” o “balletto”. Nel Dojo c'è la morte, anche in piena sicurezza, così come c'è nella vita quotidiana anche se esorcizzata dai nostri sistemi economici, sanitari, veicolari, persino bellici. Se non siamo noi a condurla per mano, è lei che conduce noi. Non si scappa. Condurla per mano, non significa unirsi a lei, ma integrarla nella nostra vita affinché la vita stessa sia più piena e degna di essere vissuta.

Significa capire che la vita stessa, con questa sorella che conduce per mano, e con cui lotta in continuazione per imparare ad essere sempre più pronta e consapevole, ha un senso e una validità immensamente superiore ad un vivere meschino, conformista, indifferente e pavido.

Con questa consuetudine quotidiana, noi possiamo acquisire una “perfetta inquietudine” per spaziare liberamente verso un “dove” mai predefinito, restando svegli, vivi nell'entusiasmo, ma anche quando tendiamo ad apparire reietti in un mondo che è esso stesso gretto e reietto, nella sua immagine illusoria, e goffa di superficialità.

Lo scopo della vita non è dunque eliminare tale “perfetta inquietudine”, ma assumerla come “maestra della Via”. Lo Iaido è combattere e tagliare la devastazione di coloro che “hanno capito” una volta e per sempre, per esempio che il benessere è lo scopo supremo dell'umanità, che la giustizia dirime la vita di chi è in prigione da quella di chi resta libero, che la guerra è giusta e ingiusta, che la mia fede è meglio della tua, che il mio territorio confina col tuo, che la mia ricchezza determina la mia identità rispetto a quella di un altro...che il mio essere si costituisce simultaneamente al tuo non essere.

Ebbene, nello Iaido il “non essere” resta sempre una pura illusione, è il nemico-non nemico, solo un velo da tagliare, con una mente che vive sul filo della spada.

Per un mondo che sta assistendo al prologo di quello che potrebbe essere un suicidio collettivo in cui guerra e devastazione ambientale si saldano nel più perfetto degli Armageddon, l'unione con l'Essere può essere una fondamentale chiave risolutiva, non apre soluzioni globali, ma apre la soluzione in ciascuno di noi. E senza che ciascuno di noi sia aperto ad una vera soluzione, non ci sarà mai una autentica soluzione globale.

Una vita degna di essere vissuta è “una vita attenta”.

Quando ci si accinge a praticare lo Iaido, in una delle migliori associazioni che esistono in in Italia: la TAI-A NO KAI (http://www.taianokai.org/) si legge sempre il viatico per una “lunga vita” che è il seguente:

L'intera famiglia, armoniosa e devota, consapevoli dei debiti verso i nostri genitori e antenati, Riverenti verso la natura, grati per la società. Sempre umili imparando dagli altri. In grado di dare, dimostrando gentilezza. Facendo proprio il motto: “una vita che brilla”. Tollerando i difetti degli altri, correggendo i propri. Moderati nel linguaggio, senza arrabbiarsi. Dolci, gentili, onesti. Apprezzando la gioia di vivere. Pazienti, pacifici. Senza arrabbiarsi. Cauti nel parlare. Questo porta ad una lunga vita” Possiamo solo aggiungere: non solo per ciascuno di noi, ma anche per l'Essere del nostro pianeta e di tutto l'Universo che in noi si rispecchia.

La Via dell'Unione con l'Essere può comportare anche delle sconfitte, ma non comporta mai la resa, nemmeno alla pioggia battente, nemmeno a quella incessante.


Alla pioggia non si arrende,
al vento non si arrende,
alla neve e al caldo estivo non si arrende,
ha un fisico robusto.
Mai adirato,
non ha smanie,
sempre sereno e sorridente.
Ogni giorno mangia settanta grammi di riso integrale,
il riso e un po’ di verdura.
In tutti i casi
non bada a se stesso
per conoscere, capire
e non dimenticare.
Vive in una piccola capanna di paglia
all’ombra di un bosco di pini.
Se ad est c’è un bambino ammalato
va ad assisterlo,
se ad ovest c’è una madre stanca
va per portarle quei fasci di riso,
se a sud c’è un moribondo
va per dirgli di non avere paura,
se a nord c’è un litigio o un contenzioso
va a dire di lasciar perdere le cose insignificanti.
Quando è periodo di siccità piange,
quando è estate fredda cammina preoccupato.
Da tutti viene detto un sempliciotto,
non è mai lodato,
però non è nemmeno causa di sofferenza.
Io voglio diventare
una persona così.

Miyazawa Kenji (1896-1933)




domenica 6 marzo 2022

I MACELLAI DELL'ARMIAMOLI E NON PARTIAMO.




Ho già detto e stradetto, anche sulle colonne dell'Avanti (https://www.avantionline.it/quali-armi/) come la penso sulla questione delle armi agli ucraini.
Lo ribadirò ancora una volta a chiare lettere, anche se c'è qualcuno che ancora non lo capisce o non lo vuole capire, illudendosi di essere così un' "anima bella"
Ebbene, non ci sta niente di più brutto della guerra e chi la fa o la prolunga ha solo un'anima orrenda.  
In tutte le guerre recenti, da quella mondiale a quella in Siria e in Libia, le sanzioni, da sole, non sono servite a nulla. Possiamo anche partire più indietro, da quella d'Africa se volete, quando il regime mussoliniano fu sanzionato per avere aggredito l'Etiopia, e a Mussolini le sanzioni servirono solo per consolidarsi ulteriormente ed allearsi con Hitler. Così come oggi la Russia può allearsi con la Cina.

Per far cessare la guerra in Jugoslavia, o meglio, per estendere la sfera di influenza occidentale sui Balcani si arrivò a bombardare ferocemente Belgrado, colpendo ospedali, sedi televisive, infrastrutture, persino autobus pieni di civili, con una tale quantità di bombe che dovettero essere smaltite a tutti i costi, tanto che, persino oggi qualche pescatore nell'Adriatico, ne tira su ancora qualcuna.
Poi abbiamo voluto far sloggiare Saddam, anche in quel caso sanzioni a non finire, armi ai kurdi e agli Sciiti, persino un primo intervento militare, ma niente. Ci siamo dovuti inventare che aveva armi di distruzione di massa per andare a stanarlo e a spianare l'Irak, anche stavolta senza tanto andare per il sottile con i bombardamenti che ridussero in macerie Bagdad.

Lo stesso si fece in Afghanistan, partendo, bandiere al vento e fanfare strombazzanti, per l'estensione della democrazia e dei diritti civili ad una popolazione schiavizzata dai barbari talebani, in particolare per liberare il volto delle donne dall'oscurantismo e restituire loro libertà e dignità. Abbiamo visto come è finita, siamo andati via con le pive nel sacco e di dignità nemmeno l'ombra, abbandonando in fretta e furia sogni femminili e dignità illusoria.
In Libia idem, sanzioni, armi ai ribelli, gruppi combattenti mascherati, ma niente, alla fine abbiamo imposto la no fly zone e giù bombe a profusione, finché non abbiamo spianato e disgregato la Libia a tal punto che non si sa ancora, dopo più di dieci anni, cosa ci debba essere al suo posto, così come non si sa cosa ci sia in Bosnia e Kosovo e ovviamente in Afghanistan senza i talebani.

Ci abbiamo provato anche in Siria, ma stavolta è cominciata la reazione, la svolta che qualcosa avrebbe dovuto insegnare. Nel 2013  la Russia e la Cina si sono parate davanti alle coste siriane con le loro navi e con i loro dispositivi di intercettamento missilistico e aereo, e la NATO che aveva già navi e truppe schierate per ripetere quello che già aveva messo in atto in altri paesi, ha dovuto dare dietro front. Però l'Occidente non si è dato per vinto, e quindi giù sanzioni, e soprattutto armi ai guerriglieri, contro il perfido Assad, i quali ne hanno ricevuto tante e tali che, a un certo punto, si sono detti: "Ma chi ce lo fa fare di crepare per Assad? Facciamoci un bel Emirato per contro nostro, tagliamo teste a profusione a tutti quelli che si oppongono, vendiamo le risorse del territorio e ce ne stiamo belli e pasciuti a decantare la guerra santa con tutte le mogli che vogliamo" e sappiamo come è finita, e sappiamo che anche lì non ci sta più uno Stato ma solo gruppi che con milizie private difendono i loro pozzi di petrolio.

La lezione siriana però non è arrivata bene a destinazione tanto che, guarda caso, l'azione occidentale, solo un anno dopo, si è spostata da lì in Ucraina, cominciando a destabilizzare quel Paese e a sventolare sotto il naso della Russia la possibilità di infilarle i missili NATO nel deretano proprio davanti alle sue chiappe.
Siamo arrivati a questo punto che, così come in Russia non si può nemmeno criticare la guerra, anche da noi, sebbene ancora non ci abbiano imposto il bavaglio, ma magari ci stanno monitorando, non si sa mai, chiunque provi a ragionare diventa nemico della democrazia, sostenitore di un mostro paragonabile solo a Hitler, traditore della causa della libertà, e nemico del povero popolo ucraino massacrato dalle bombe.

Ovviamente nessuno si muove davvero, nessuno non solo, specialmente in Italia va a combattere sul serio, ma anzi, da noi accade il contrario che in altri Paesi, i quali magari non entrano in guerra contro Putin per la strizza della "bomba fine di mondo", però almeno non minacciano la galera per chi decide privatamente di andare lì e unirsi ai partigiani ucraini. Noi dobbiamo vendere le armi, che ovviamente un giorno graveranno sul debito ucraino perché nessuno regala mai nulla per niente, ma dobbiamo restare fissi con il deretano sulla sedia davanti alla tastiera.

Se poi Putin ha un potenziale bellico cinquanta volte superiore alla Ucraina, se le armi che diamo ai poveri ma orgogliosi partigiani ucraini gli fanno un baffo a tortiglione, se invece lui si incazza ancora di più e spiana palazzi e scuole, noi no, non partiamo stavolta bandiere al vento e fanfare strombazzanti. Nessuna no fly zone, nessuna bomba fine di mondo.  Continuiamo a pensare a 80 anni fa, ad una guerra combattuta con mezzi e potenzialità immensamente diversi da oggi, facendo più che strategia, propaganda, tanto bella per anime belle che belle non sono affatto.

E quindi giù a criticare quelli che vogliono fermare innanzitutto la guerra, quelli che pensano solo e soprattutto alla popolazione ucraina la quale diventa sempre di più una bomba demografica lanciata su tutti i Paesi europei, e Putin lo sa benissimo che effetto faranno le sanzioni e tale "bomba umana" su una Europa che è schiavizzata da parametri economici dogmaticamente insostenibili.
La seconda guerra mondiale fu vinta solo perché gli Stati Uniti poterono potenziare il loro apparato industriale e bellico a tempo indeterminato in un territorio indenne da ritorsioni. Oggi sanno benissimo che se invadessero con la NATO l'Ucraina, la prima bomba fine di mondo cadrebbe sulla loro testa. E allora molto meglio pensare al job, al business. La libertà può attendere. Vendiamo armi, destabilizziamo l'Europa così l'euro crolla e il dollaro cresce, e crescono anche i posti di lavoro negli USA, la possibilità di vendere approvvigionamenti energetici. La sicurezza della NATO che prima era in forse ora è indiscutibile, la fedeltà di un'Europa che prima poteva pensare ad una sua autonomia politica e militare ormai è fuori discussione
Lasciamo che in Ucraina si scannino, riempiendoli di armi e promesse che chissà quando e se verranno mantenute, alimentando miti eroici e libertari mentre la gente crepa di fame, freddo e stenti o sotto le bombe...poi vedremo.

Quindi alla fine ci penseranno altri a far cessare le armi, magari Israele che cercherà di aiutare la Russia ad uscire da un vicolo cieco,  in cambio di un aiuto contro un Iran sempre più proiettato verso il nucleare, o la Cina molto preoccupata per il fatto che i mercati europei si possano chiudere alla marea dei suoi prodotti esportati, o l'India, che teme di restare isolata e intanto si astiene, povera grande democrazia, forse non ha capito nulla e ha bisogno degli eroi della tastiera?
Per quelli c'è sempre tempo..24 ore su 24...per il popolo ucraino no. Il tempo è già scaduto

Carlo Felici.

venerdì 4 marzo 2022

O COSI' O POMI'

                                                           di Carlo Felici


Lo slogan pubblicitario di una marca di pomodoro che una volta recitava: “O così o Pomì” oggi ci pare perfettamente calzante con la realtà politica che si è configurata da almeno un decennio in Italia. Il che vuol dire: o così, come si esige da chi ha messo il nostro Paese “sotto tutela” economica, oppure si va verso la “passata”, in questo caso non di pelati, ma di provvedimenti vessatori, come quelli imposti alla Grecia, lacrime e sangue, che col pomodoro hanno in comune il colore.

L'Europa oggi si compatta in nome della paura, ma non lo ha mai fatto fino in fondo in nome della giustizia e della solidarietà, non con la Grecia e tanto meno con i migranti, fedele al motto: “si arrangi” oppure: “dove sbarcano se li tengano”

La Germania ha varato in un batter d'occhio circa 100 miliardi di spese militari che, se si sa bene in quali tasche industriali finiranno, non lo si sa altrettanto a cosa davvero serviranno. Ebbene, la stessa cifra sarebbe bastata nel 2010 per “salvare” la Grecia senza imporle sacrifici che hanno scarnificato il suo popolo. Oggi si parla di frontiere aperte ai profughi e fino a ieri, per i profughi che scappavano dalla Libia, ci stavano solo i porti europei chiusi nel Mediterraneo o la morte in fondo al mare.

Ma il rischio più grosso non è l'ipocrisia di una delle tante organizzazioni internazionali che hanno costi altissimi e che rendono, in termini pratici pochissimo, come ad esempio l'ONU, quello più rilevante è che pur strombazzando contro le dittature di altri, se ne costruiscano di proprie, magari senza dittatori, ma con il ricatto permanente che, se non ci sta l'uomo della Provvidenza Europea al potere, siamo tutti destinati allo spremipomodoro: “O così o Pomì”, specialmente se le emergenze si susseguono con tempi infiniti o a discrezione di chi sta al potere.

In Italia non abbiamo un capo di Governo proveniente da una maggioranza eletta dal popolo, da circa una dozzina di anni, dai tempi del tanto vituperato Berlusconi che, bene o male, ci assicurava petrolio dalla Libia e gas dalla Russia, mi direte scendendo a patti con i dittatori? Può darsi, ma almeno senza scatenare guerre e senza mandare in rovina un popolo a forza di spremerlo di tasse.

Stiamo meglio oggi, con figure di politici che si sono susseguiti non tanto obbedendo alla sovranità popolare, ma soprattutto assecondando le direttive dei potentati economici di altri paesi?

Non facciamo in tempo ad uscire dalla pandemia che il nostro premier, a cui nessuno sa o vuole trovare una alternativa, ce ne impone un'altra per la guerra. Ma, dico, la Libia era a due passi da noi quando si è scatenata una guerra che ha devastato quel Paese come se non più dell'Ucraina, e a qualcuno per caso è venuto in mente di imporci una emergenza nazionale?

La realtà è che la classe politica, e in particolare i parlamentari, ha una paura folle delle elezioni, specialmente considerando che molti non potrebbero ricandidarsi, dato il numero più ristretto dei futuri parlamentari. Avremmo dovuto votare subito dopo il referendum istituzionale che ha modificato la loro quantità. E far eleggere a quel nuovo Parlamento più legittimato dal popolo il nuovo Presidente della Repubblica. Invece un Parlamento abbarbicato alle poltrone, in preda al panico delle elezioni, rielegge l'unico Presidente della Repubblica che, essendo già stato in carica, garantisce che nuove elezioni non ci saranno e che, pur essendo persona stimabilissima, viene eletto da un Parlamento già delegittimato da una nuova legge istituzionale che già limita il numero dei suoi componenti.

Adesso pare si debba procedere ad oltranza. Draghi, che quasi sicuramente ha dovuto ingoiare un rospo grosso come un elefante, per non essere stato eletto Presidente della Repubblica, resta al suo posto e si appresta a svolgere il ruolo dell'uomo della Provvidenza, a cui, per definizione, non esiste alcuna alternativa. E' l'ennesimo personaggio calato dall'alto che esercita il potere senza un mandato popolare, con in più, stavolta, la pretesa che senza di lui ci sta solo il diluvio. Per cui, ogni volta che si crea una frizione all'interno di una maggioranza in cui ci sta tutto e il contrario di tutto, con l'eccezione di un solo partito che, pur non essendo radicalmente diverso dagli altri, ha avuto almeno la dignità o la furbizia di opporsi..tanto gli altri si accodano e decidono lo stesso, e pertanto non rischia nulla, lui, l'uomo a cui non bisogna osare immaginare esista alcuna alternativa, ha buon gioco a dire: “Se non vi sta bene, trovatevene un altro” “O così o Pomì”

Fino al punto che il così è diventato lo stesso “Pomì”, cioè “o la spremitura o la spremitura” Lo vediamo con la legge che dovrebbe riformare il catasto, la quale, in un momento emergenziale come questo, in cui rincara tutto, in particolare a causa di una inflazione galoppante, rischia di spremere ancora di più gli italiani con altre tasse che graverebbero soprattutto su chi fa “gola” agli speculatori, calando come un avvoltoio su quelli che, magari pensionati, o orfani impossibilitati a pagarle, svenderebbero le case a famelici ricconi o, peggio a società finanziarie.

Ma non discutiamo tanto del contenuto di tale riforma quanto del metodo con cui ci viene imposta: con un voto di scarto e con il ricatto che, altrimenti, cade l'unico governo necessario e possibile.

Possiamo sottostare ad un simile ricatto permanente? A cosa si riduce una democrazia continuamente sotto l'egida di qualcuno che impone la sua presenza ed i suoi provvedimenti a colpi di fiducia e il cui motto permane essere “O così o Pomì”, e che poi diventa nei fatti e nella spremitura “O Pomì o Pomì”, perché dopo di lui ci sta solo lo tsunami?

E vogliamo poi biasimare il povero pensionato che, stufo di essere tartassato, fa una bella permuta, si compra casa in Portogallo, molto lontano dalla Libia, dalla Ucraina e dal signor Pomì e va a godersi la sua pensione rivalutata al sole? Così non paga una marea di tasse e però non contribuisce nemmeno, coi suoi acquisti, all'aumento del PIL nel nostro Paese.

La bravura di un capo di governo e ciò che lo differenzia da un autocrate o da un dittatore, è soprattutto la sua capacità di mediazione, la pazienza con cui sa coinvolgere chi gli dà la sua fiducia, persuadendolo che ciò che va condiviso non è nell'interesse di una parte o dell'altra del Parlamento o del popolo, ma di tutto un Paese, di tutto un popolo sia che voti a destra, a sinistra oppure al centro. Perché la nostra sovranità, non ce lo dimentichiamo, appartiene a noi che siamo il popolo e che la esprimiamo con il voto ai parlamentari che hanno il potere legislativo, tutti e sempre, e non sotto il permanente ricatto della fiducia, e non sotto quello della emergenza permanente, e tanto meno sotto quello di uno che minaccia che tutto crolli insieme ai filistei che gli stanno assai stretti

Se vogliamo essere credibili quando diamo armi a chi combatte una dittatura vera, vediamo di non farlo in nome di altre “mascherate” o magari beatificando chi ora si mostra come eroe e ieri perseguitava anch'egli con la galera i suoi oppositori.

La cifra di quest'epoca in cui sembra che la Storia non insegni più nulla perché tutti i suoi scolari stanno facendo sega, è l'ipocrisia, la mancanza di etica e soprattutto di coerenza. L'assuefazione alla mancanza di ragione e di umanità, per cui le morti sul lavoro accadono così come in autunno si perdono le foglie, senza aggredire seriamente le cause, le guerre si susseguono senza la capacità di prevenirle e un nemico può essere persino uno scrittore russo dell'Ottocento, e bisogna punire pure dei disabili che partecipano alle Paraolimpiadi solo perché vengono anch'essi dalla terra del nemico.

Questa è quello che “passa” sotto gli occhi di tutti, la “passata” Pomì in cui siamo immersi fin sopra gli occhi e da cui non possiamo emergere nemmeno per un'ora d'aria. Perché non ci sono alternative, perché sennò ci sta..la bomba fine di mondo.

Una bomba che anche senza detonare esploderà comunque, con altri virus, con una quantità di rifiuti che riempiono gli oceani, con un clima impazzito perché non abbiamo cura dell'unico pianeta in cui possiamo ancora sopravvivere, perché nemmeno la consapevolezza di essere esposti tutti allo stesso pericolo sanitario che non conosce confini, ci spinge a reagire con il dialogo, con gli accordi, ma replichiamo, come un idiota che sbatte continuamente la testa contro il muro, con la guerra che l'umanità avrebbe dovuto seppellire nello scorso millennio

Noi abbiamo bisogno della Terra e delle sue risorse perché non abbiamo un altro pianeta dove andare, ma la Terra non ha bisogno di noi, e anche se ci fosse qualche sopravvissuto alla bomba fine di mondo, non vivrebbe come nei film di fantascienza che vediamo al cinema o in TV, starebbe molto peggio dei nostri antenati che si rifugiavano nelle caverne, tanto da considerare la sua vita persino indegna di essere vissuta. Così il mondo sarebbe degli insetti, di qualche bacarozzo che con Dio o con un Universo di cui per fortuna non siamo mai stati né signori e né padroni, si farebbe una risata pensando..ben vi sta, non avete saputo meritarvelo. Diceva William Shakespeare: “Quiete mortale invoco, vedendo il Merito a mendicare e la vuota Nullità gaiamente agghindata.”

Ebbene, oggi anche la Nullità è nuda e la quiete può arrivare anche senza invocarla, sarà il caso di meritarci presto qualcosa di meglio.


giovedì 3 marzo 2022

QUALI ARMI?



Oggi vorrei dire la mia su una questione che vedo sempre più "vexata"

E' giusto o no dare armi all'Ucraina? 

Bene, vedo qui nel web ed altrove pareri contrastanti, però una cosa è certa: le armi servono per fare la guerra e non è la prima volta che diamo armi a qualcuno o le vendiamo, anche se la nostra Costituzione dice a chiare lettere che la guerra non può essere in alcun modo un mezzo per dirimere le controversie internazionali. L'esercito russo invasore ha persino blindati Lince venduti dall'Italia.

In questa guerra vediamo contrapporsi non solo un esercito invasore ad un popolo che si vorrebbe tutto in armi, ma anche due personaggi a dir poco sgradevoli: il presidente ucraino e quello russo.  Mi si dirà che non si possono mettere sullo stesso piano un becero dittatore ed un eroe che difende il suo popolo, ma io resto convinto che anche l' "eroico difensore" molto abile a recitare la sua parte nei media, non sia un personaggio da beatificare.

Tutti e due stanno mandando allo sbaraglio i loro popoli, Putin i suoi giovani nell'esercito, spesso del tutto inconsapevoli di ciò che stanno facendo, e Zelensky una intera popolazione chiamata a combattere pure coi sassi, se necessario.

Un fatto però è certo: l'Ucraina non ce la farà mai a contrastare da sola militarmente la Russia, anche se la guerra dovesse protrarsi a lungo e anche se fosse riempita di armi di ogni tipo.

Alcuni fanno dei paragoni assurdi con i nostri partigiani che, alla fine della seconda guerra mondiale, ricevettero armi dagli Alleati. E' un paragone senza senso, diciamolo chiaramente. Perché i nostri partigiani ricevettero armi per combattere mentre le truppe Alleate avanzavano nel nostro territorio. Invece la NATO si guarda bene dal fare lo stesso. Se gli Alleati contemporaneamente al dare armi ai nostri partigiani non fossero sbarcati e non avessero combattuto i nazifascisti, anche riforniti di armi, i nostri partigiani sarebbero stati sconfitti. Sarà bene ricordarlo.

La fornitura di armi alla resistenza ucraina apparentemente è sicuramente un nobilissimo intento, ma, nei fatti, non fa altro che inasprire il conflitto e renderlo ancora più rovinoso a tutto danno delle popolazioni civili e con prospettive di escalation del tutto imprevedibili, e sicuramente rendendo le trattative tra i due contendenti sempre più difficili.

E allora, mi si dirà, cosa si dovrebbe fare? Forse incentivare la resa degli ucraini? Ebbene, io credo che, almeno per il momento sì. Questo sarebbe sicuramente l'unico modo per evitare ulteriori devastazioni e l'incancrenirsi e incrudelirsi del conflitto. Ma poi Putin così, sarebbe incoraggiato a prendersi altri territori...potrebbe essere la replica. E io dico di no. Perché a quel punto, anche rischiando uno scontro atomico, che Putin sa benissimo che colpirebbe anche immediatamente il suo territorio, bisognerebbe reagire tutti in armi.

Per l'Ucraina, invece, è necessario un cessate il fuoco immediato. Sarebbe l'unico modo per consentire l'attuazione di corridoi umanitari tali da venire incontro immediatamente a popolazioni che rischiano la fame, la sete e il congelamento.

Ci sono tanti modi per sconfiggere un esercito di occupazione, e lo scontro frontale è il modo peggiore, soprattutto strombazzando ai quattro venti che lo si rifornisce di armi e alzando così il livello dello scontro.

Invece bisogna farlo e non farlo, mi spiego meglio. Accettare le condizioni di pace del nemico, arrivare ad un cessate il fuoco, e poi, progressivamente attuare una guerriglia ovunque, in tutto il paese, ovviamente riforniti in segreto di armi, fino a rendere il perdurare dell'occupazione impossibile. Una guerra frontale un esercito inferiore la perde comunque, è solo questione di tempo, una guerriglia nei luoghi che un esercito di liberazione conosce meglio del nemico, invece, lo può portare progressivamente alla vittoria e alla liberazione del proprio paese.

I russi avrebbero potuto fare proprio questo con il Donbass, limitandosi a riconoscere l'indipendenza di quelle terre russofone, ma hanno voluto strafare ed ora rischiano di perdere pure quelle.

I russi sanno benissimo che un conto è avanzare con le proprie armate su un territorio ostile, e un conto ben diverso è tenerlo saldamente nelle proprie mani, specialmente quando gli stessi soldati di occupazione non sono convinti di quello che stanno facendo.

I nazisti riuscirono a occupare e tenere la Francia, anche perché si formò un governo collaborazionista e il prolungarsi della guerra in Italia fu dovuto anche al formarsi di un governo repubblichino di fedeli a Mussolini. Tutto ciò non avvenne né in Russia e tanto meno  in Ucraina, dove tutto il popolo, nonostante gli ucraini inizialmente pensassero ai tedeschi nei termini di liberatori dallo stalinismo, compreso quello ucraino, si schierò con l'Armata Rossa che contrattaccò e in breve raggiunse Berlino.

In guerra la ragione è persa in partenza, e allora l'unica cosa che può sostituirla è l'astuzia, praticata a tutti i livelli, corrompendo il nemico, illudendolo di poter vincere, rinnegando subitaneamente o sotterraneamente i patti stabiliti con lui, agendo in segreto e di sorpresa. In questo modo anche un piccolo popolo può sconfiggere anche da solo un gigante.

In Ucraina non è tempo di eroi ma di volpi, bisogna giocare d'astuzia, ingannare l'invasore, illuderlo di aver vinto e logorarlo lentamente e progressivamente come le termiti fanno con un albero fino a portarlo al suo crollo

Armare un intero popolo, dividendo e indebolendo tra i profughi intere famiglie, costringendo persino vecchi e persone inabili all'uso delle armi a immolarsi solo per una immagine eroica da dare in pasto all'opinione pubblica mondiale è l'esatto contrario di una strategia vincente, perché porta solo il nemico a incrudelirsi con rappresaglie sempre più feroci.

Un abile condottiero deve pensare invece a tre cose fondamentali: 1) ottimizzare le sue risorse, evitando il più possibile le sue perdite 2) proteggere il suo popolo dalle rappresaglie. 3) conseguire la vittoria non necessariamente in tempi rapidi, ma mediante l'ottenimento di vantaggi strategici, anche apparentemente contrari alla logica di un conflitto

Per realizzare ciò, tutto va fatto in segreto, portare aiuti, armi, consiglieri militari, sistemi logistici, e via dicendo...perché una guerra del genere non la si vince con l'eroismo del popolo che getta le molotov contro i carri armati anche se fa tanto spettacolo, la si vince solo con una tenace, criptata ed inesorabile guerriglia di resistenza.

C.F.