di Carlo Felici
Alla vittoria di Syriza che a tutti
coloro i quali, come chi scrive, hanno sostenuto da tempo il suo
giovane leader: Tsipras, fa un gran piacere, va applicato il motto
gramsciano sull'ottimismo della volontà e sul pessimismo della
ragione.
La volontà di rompere con i diktata
della cosiddetta Troika va salutata con grande ottimismo e con grande
soddisfazione, in particolare per questa bella prova di democrazia
che ha saputo dare il popolo che, della democrazia, è stato
l'inventore. E ottimisti lo saremo ancor di più se questo
bell'esempio saprà essere contagioso verso altri popoli della sponda
nord del Mediterraneo che, sicuramente, negli ultimi tempi, hanno
visto, come noi, peggiorare sensibilmente il loro livello di vita e
di benessere, anche a causa delle condizioni capestro a cui sono
stati sottoposti dalle autorità monetarie europee.
Lo stesso ottimismo ci spinge a pensare
che, finalmente, si potrà porre un argine a quella che sembrava
dovesse essere una sorta di guerra infinita alle popolazioni più
povere della Unione Europea, costringendole a condizioni di miseria
insopportabili, e paragonabili ormai solo a quelle di certi paesi
africani o asiatici; sudamericani ormai non più, dato che da quelle
parti l'economia, pur con determinate eccezioni, complessivamente
cresce di più di quella di vari paesi europei.
In Grecia il primo slogan uscito da
queste elezioni è stato: “Ha vinto la speranza”, ma noi sappiamo
benissimo però che chi vive di speranza è destinato a morire
disperato.
E, di conseguenza, sarà bene capire
come una legittima speranza possa trasformarsi presto in una serena e
concreta consapevolezza, affinché tutto quello che è accaduto
domenica scorsa in Grecia, non diventi presto un' amara disillusione
che, tra l'altro, non avrebbe altra alternativa che il baratro di un
nuovo e tragico salasso, oppure il tonfo nel populismo fascistoide.