Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo
Garibaldi, pioniere dell'Ecosocialismo (clickare sull'immagine)

martedì 27 gennaio 2015

La speranza di vincere e la capacità di durare.



                                                      di Carlo Felici

Alla vittoria di Syriza che a tutti coloro i quali, come chi scrive, hanno sostenuto da tempo il suo giovane leader: Tsipras, fa un gran piacere, va applicato il motto gramsciano sull'ottimismo della volontà e sul pessimismo della ragione.
La volontà di rompere con i diktata della cosiddetta Troika va salutata con grande ottimismo e con grande soddisfazione, in particolare per questa bella prova di democrazia che ha saputo dare il popolo che, della democrazia, è stato l'inventore. E ottimisti lo saremo ancor di più se questo bell'esempio saprà essere contagioso verso altri popoli della sponda nord del Mediterraneo che, sicuramente, negli ultimi tempi, hanno visto, come noi, peggiorare sensibilmente il loro livello di vita e di benessere, anche a causa delle condizioni capestro a cui sono stati sottoposti dalle autorità monetarie europee.
Lo stesso ottimismo ci spinge a pensare che, finalmente, si potrà porre un argine a quella che sembrava dovesse essere una sorta di guerra infinita alle popolazioni più povere della Unione Europea, costringendole a condizioni di miseria insopportabili, e paragonabili ormai solo a quelle di certi paesi africani o asiatici; sudamericani ormai non più, dato che da quelle parti l'economia, pur con determinate eccezioni, complessivamente cresce di più di quella di vari paesi europei.
In Grecia il primo slogan uscito da queste elezioni è stato: “Ha vinto la speranza”, ma noi sappiamo benissimo però che chi vive di speranza è destinato a morire disperato.
E, di conseguenza, sarà bene capire come una legittima speranza possa trasformarsi presto in una serena e concreta consapevolezza, affinché tutto quello che è accaduto domenica scorsa in Grecia, non diventi presto un' amara disillusione che, tra l'altro, non avrebbe altra alternativa che il baratro di un nuovo e tragico salasso, oppure il tonfo nel populismo fascistoide.

lunedì 12 gennaio 2015

Io sono Charlie..Marx





Sulla tragica vicenda della strage di giornalisti in Francia è in corso un alluvione di inchiostro, è dunque difficile sottrarsi al rischio di aumentare la “piena”, vorremmo invece cercare di contenerla nei limiti di un'analisi quasi telegrafica che possa restituirci almeno un buon senso e una ragione tali, non tanto da esaltare le “magnifiche sorti e progressive” di un Occidente sempre più avvitato su se stesso, al punto da sostituire la sua O iniziale con una A, quanto piuttosto affinché siano capaci di restare indenni nel diluvio di parole della strategia di “distrazione di massa” che da un pezzo accompagna quella di distruzione di massa che viene operata altrove, un po' più lontano dai nostri schermi televisivi.

La presenza di Netanyau che sfila a Parigi è il simbolo più emblematico di tutto ciò: dell'applicare cioè in patria la distruzione di massa, e altrove invece la distrazione di massa.

Vi si è sottratto Obama, ma non sappiamo se consapevolmente e di sua iniziativa, oppure perché sconsigliato dai suoi servizi segreti, che forse hanno ridotto di un certo livello la fiducia in quelli francesi. Gli unici, per altro a spiccare in questa tristissima vicenda per scarsa efficienza ed affidabilità.

Che la sede del giornale e dei giornalisti colpiti fosse un bersaglio nel mirino di certo islamismo terroristicamente militarizzato, era infatti noto da tempo, e l'ultima vignetta-sfida profetica lo dimostra ampiamente. Il sospetto è però anche che quella profezia-sfida potesse essere proprio una provocazione per fare uscire allo scoperto certi gruppi e colpirli meglio. Se è così, bisogna dire che il fallimento è stato disastroso e grottesco. Ma lasciamo perdere il complottismo e concentriamoci sui fatti.

domenica 11 gennaio 2015

Garibaldi e l'Italia moderna






Riproponiamo un pregevole intervento di Bettino Craxi, a 15 anni dalla sua scomparsa, su Garibaldi e sulle radici dell'Italia moderna. 

UNA RIFLESSIONE STORICA E POLITICA SULLE RADICI DELL'ITALIA MODERNA 

di Bettino Craxi
Marsala 25 aprile 1982

Penso innanzitutto che la celebrazione del centenario di Garibaldi non debba risolversi in una pura parata di soli simboli, tutti scontati, freddi ed insignificanti. Essa offre piuttosto l'occasione per una grande riflessione storica e politica, sulle tradizioni e sulle radici dell'italia moderna, dalla quale trarre motivi morali che possano valere per i nostri compiti ed i nostri doveri di oggi... Chi non è capace di trarre insegnamenti dalla storia, difficilmente può avere di fronte a sé un grande avvenire. Una nazione che non conosce o ha dimenticato le proprie radici difficilmente riuscirà ad essere veramente tale e ad esprimere sempre, in ogni circostanza, in ogni momento difficile, la forza necessaria per superare gli ostacoli e per vincere le difficoltà che gli si parano dinanzi.

Eppure talvolta sembra che conosciamo meglio e più in dettaglio la storia degli altri Paesi che non la nostra. Ci entusiasmiamo per esempio alle vicende di avventure storiche e di eroi d'Oltralpe e di Oltreoceano e non conosciamo o dimentichiamo i nostri, i loro grandi sacrifici, le loro dolorose esperienze, la grande passione e la genialità che essi seppero infondere alla lotta che condussero per fare dell'Italia una nazione libera e indipendente. Talvolta, quasi come ipnotizzati e colonizzati dalla invadente produzione cinematografica e televisiva di massa di altri Paesi, siamo sospinti a conoscere tutto dei personaggi dell'epopea del West o della Rivoluzione francese, e non sappiamo, faccio un esempio, che dopo l'impresa del Mille, Abramo Lincoln, difettando di grandi generali, si rivolse a Garibaldi per offrirgli il comando delle armate federali americane all'inizio della guerra di secessione, invito al quale Garibaldi rispose: "Non posso andare pel presente negli Stati Uniti. Ma se la guerra dovesse per mala sorte continuare nel vostro Paese, io mi affretterò a venire alla difesa di quel popolo che mi è tanto caro".