Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

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sabato 30 giugno 2012

Senza Lugo, Paraguay sospeso «finché durerà l’anomalia»

Sospeso «finché durerà l’anomalia».Questa la decisione presa nei confronti del Paraguay dai paesi del Mercado comune del Sur (Mercosur), riuniti a Menzoza, in Argentina. Per i ministri degli esteri di Brasile, Uruguay, Argentina – paesi del Mercosur – l’anomalia si è determinata con la destituzione del presidente Fernando Lugo, sfiduciato da un voto del Senato paraguayano il 22 giugno. Al suo posto, come previsto dalla costituzione, è subentrato il vicepresidente Federico Franco, del Partido liberal radical autentico (Plra), una formazione di destra che aveva sostenuto l’elezione di Lugo, nel 2008, per poi contrastarla dall’interno al primo accenno di aperture sociali.
A nove mesi dalle elezioni, si è aperta così, all’insegna dei poteri forti, la campagna per le presidenziali dell’aprile 2013 in Paraguay. Franco, secondo la legge, resterà in carica fino ad agosto 2013. I paesi progressisti dell’America latina non lo hanno però riconosciuto, né è stato invitato a Mendoza.
La presidente del Brasile, Dilma Rousseff aveva preannunciato che il Paraguay avrebbe potuto essere espulso dal Mercosur e dalla Unasur (riunita anch’essa a Mendoza). La sua omologa argentina, Cristina Fernandéz aveva precisato, lo stesso giorno, che Buenos Aires non avrebbe accettato «il colpo di stato in Paraguay». Il presidente dell’Ecuador, Rafael Correa, ha ritirato l’ambasciatore, dichiarando che il suo paese «non riconoscerà nessun altro governo che non sia quello di Lugo». Sulla stessa linea anche il boliviano Evo Morales. Più prudente, il presidente peruviano, Hollanta Humala, aveva definito la vicenda «un rovescio per la democrazia che obbliga i nostri paesi a vigilare». Il Brasile ha impiegato tutto il suo peso per ottenere anche il pronunciamento di due governi di destra, quello del Cile e della Colombia.
«È in questo modo che adesso si fanno i colpi di stato», ha detto subito il ministro degli Affari esteri venezuelano, Nicolas Maduro. È così, infatti che, il 29 giugno del 2009, cadde in Honduras il governo di Manuel Zelaya. È in questo modo che sarebbe caduto il governo Chávez nel 2002, quello di Morales nel 2008 e quello di Correa nel 2010.
Il Venezuela, primo produttore di petrolio al Paraguay per via dei buoni rapporti intrattenuti con l’ex «vescovo dei poveri» Fernando Lugo, ha ottenuto l’adesione al Mercosur nel 2006. L’opposizione del Partido colorado – la formazione di estrema destra che ha tenuto in mano il Paraguay per 62 anni, che ha vinto anche le ultime legislative ed è maggioritaria al senato – ne ha però impedito l’effettiva presenza. Il senatore del Partido Colorado Alfredo Stroessner, nipote dell’omonimo generale che ha governato il paese dal ’54 all’89, ha motivato la posizione del suo partito: in Venezuela – ha affermato – c’è «poca democrazia», Chávez esercita «poteri assoluti». Stroessner si è detto disponibile a rivedere la sua posizione qualora si verificasse un cambio di governo in Venezuela: ovvero in caso di vittoria del candidato di centro-destra Enrique Capriles Radonski, che corre contro Chávez alle presidenziali del 7 ottobre.
Intanto, un folto gruppo di associazioni contandine e di movimenti brasiliani ha trasmesso al ministero degli Esteri del proprio paese la richiesta di veder entrare il Venezuela nel Mercosur. Un’eventualità che ora potrebbe farsi più vicina se l’indagine del Mercosur verificasse la mancanza di «ordine democratico» in Paraguay da qui alle elezioni di aprile e lo espellesse dal blocco regionale. Resta da vedere con quali strumenti il Mercosur – che non ha emesso altre sanzioni – potrà premere sul nuovo governo. Franco ha già annunciato che non riconoscerà le decisioni prese da Mercosur e Unasur. Ieri, il governo ecuadoregno ha respinto le accuse della ministra della Difesa paraguayana, secondo la quale Ecuador e Venezuela starebbero istigando le forze armate del suo paese a una sollevazione militare.

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