Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo
Garibaldi, pioniere dell'Ecosocialismo (clickare sull'immagine)

sabato 26 settembre 2015

ECOSOCIALISMO: QUESTIONE GLOBALE

     
                                    

                                                     di Papa Francesco



QUESTIONE SOCIALE E QUESTIONE AMBIENTALE SONO INDISSOLUBILI NEL XXI SECOLO, LO CONFERMA IL DISCORSO DEL PAPA ALL'ONU.
FINALMENTE LA QUESTIONE GLOBALE ECOSOCIALISTA VIENE POSTA ALL'ATTENZIONE DEL MONDO.


Signor Presidente, Signore e Signori,
Ancora una volta, seguendo una tradizione della quale mi sento onorato, il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha invitato il Papa a rivolgersi a questa onorevole assemblea delle nazioni. A mio nome e a nome di tutta la comunità cattolica, Signor Ban Ki-moon, desidero esprimerLe la più sincera e cordiale riconoscenza; La ringrazio anche per le Sue gentili parole. Saluto inoltre i Capi di Stato e di Governo qui presenti, gli Ambasciatori, i diplomatici e i funzionari politici e tecnici che li accompagnano, il personale delle Nazioni Unite impegnato in questa 70.ma Sessione dell’Assemblea Generale, il personale di tutti i programmi e agenzie della famiglia dell’ONU e tutti coloro che in un modo o nell’altro partecipano a questa riunione. Tramite voi saluto anche i cittadini di tutte le nazioni rappresentate a questo incontro. Grazie per gli sforzi di tutti e di ciascuno per il bene dell’umanità. 

Questa è la quinta volta che un Papa visita le Nazioni Unite. Lo hanno fatto i miei predecessori Paolo VI nel 1965, Giovanni Paolo II nel 1979 e nel 1995 e il mio immediato predecessore, oggi Papa emerito Benedetto XVI, nel 2008. Tutti costoro non hanno risparmiato espressioni di riconoscimento per l’Organizzazione, considerandola la risposta giuridica e politica adeguata al momento storico, caratterizzato dal superamento delle distanze e delle frontiere ad opera della tecnologia e, apparentemente, di qualsiasi limite naturale all’affermazione del potere. Una risposta imprescindibile dal momento che il potere tecnologico, nelle mani di ideologie nazionalistiche o falsamente universalistiche, è capace di produrre tremende atrocità. Non posso che associarmi all’apprezzamento dei miei predecessori, riaffermando l’importanza che la Chiesa Cattolica riconosce a questa istituzione e le speranze che ripone nelle sue attività. 
La storia della comunità organizzata degli Stati, rappresentata dalle Nazioni Unite, che festeggia in questi giorni il suo 70° anniversario, è una storia di importanti successi comuni, in un periodo di inusitata accelerazione degli avvenimenti. Senza pretendere di essere esaustivo, si può menzionare la codificazione e lo sviluppo del diritto internazionale, la costruzione della normativa internazionale dei diritti umani, il perfezionamento del diritto umanitario, la soluzione di molti conflitti e operazioni di pace e di riconciliazione, e tante altre acquisizioni in tutti i settori della proiezione internazionale delle attività umane. Tutte queste realizzazioni sono luci che contrastano l’oscurità del disordine causato dalle ambizioni incontrollate e dagli egoismi collettivi. È sicuro che, benché siano molti i gravi problemi non risolti, è però evidente che se fosse mancata tutta quell’attività internazionale, l’umanità avrebbe potuto non sopravvivere all’uso incontrollato delle sue stesse potenzialità. Ciascuno di questi progressi politici, giuridici e tecnici rappresenta un percorso di concretizzazione dell’ideale della fraternità umana e un mezzo per la sua maggiore realizzazione. Rendo perciò omaggio a tutti gli uomini e le donne che hanno servito con lealtà e sacrificio l’intera umanità in questi 70 anni. In particolare, desidero ricordare oggi coloro che hanno dato la lorovita per la pace e la riconciliazione dei popoli, a partire da Dag Hammarskjöld fino ai moltissimi funzionari di ogni grado, caduti nelle missioni umanitarie di pace e di riconciliazione. 
L’esperienza di questi 70 anni, al di là di tutto quanto è stato conseguito, dimostra che la riforma e l’adattamento ai tempi sono sempre necessari, progredendo verso l’obiettivo finale di concedere a tutti i Paesi, senza eccezione, una partecipazione e un’incidenza reale ed equa nelle decisioni. Tale necessità di una maggiore equità, vale in special modo per gli organi con effettiva capacità esecutiva, quali il Consiglio di Sicurezza, gli Organismi finanziari e i gruppi o meccanismi specificamente creati per affrontare le crisi economiche. Questo aiuterà a limitare qualsiasi sorta di abuso o usura specialmente nei confronti dei Paesi in via di sviluppo. Gli organismi finanziari internazionali devono vigilare in ordine allo sviluppo sostenibile dei Paesi e per evitare l’asfissiante sottomissione di tali Paesi a sistemi creditizi che, ben lungi dal promuovere il progresso, sottomettono le popolazioni a meccanismi di maggiore povertà, esclusione e dipendenza. 
Il compito delle Nazioni Unite, a partire dai postulati del Preambolo e dei primi articoli della sua Carta costituzionale, può essere visto come lo sviluppo e la promozione della sovranità del diritto, sapendo che la giustizia è requisito indispensabile per realizzare l’ideale della fraternità universale. In questo contesto, è opportuno ricordare che la limitazione del potere è un’idea implicita nel concetto di diritto. Dare a ciascuno il suo, secondo la definizione classica di giustizia, significa che nessun individuo o gruppo umano si può considerare onnipotente, autorizzato a calpestare la dignità e i diritti delle altre persone singole o dei gruppi sociali. La distribuzione di fatto del potere (politico, economico, militare, tecnologico, ecc.) tra una pluralità di soggetti e la creazione di un sistema giuridico di regolamentazione delle rivendicazioni e degli interessi, realizza la limitazione del potere. Oggi il panorama mondiale ci presenta, tuttavia, molti falsi diritti, e – nello stesso tempo – ampi settori senza protezione, vittime piuttosto di un cattivo esercizio del potere: l’ambiente naturale e il vasto mondo di donne e uomini esclusi. Due settori intimamente uniti tra loro, che le relazioni politiche ed economiche preponderanti hanno trasformato in parti fragili della realtà. Per questo è necessario affermare con forza i loro diritti, consolidando la protezione dell’ambiente e ponendo termine all’esclusione.
Anzitutto occorre affermare che esiste un vero “diritto dell’ambiente” per una duplice ragione. In primo luogo perché come esseri umani facciamo parte dell’ambiente. Viviamo in comunione con esso, perché l’ambiente stesso comporta limiti etici che l’azione umana deve riconoscere e rispettare. L’uomo, anche quando è dotato di «capacità senza precedenti» che «mostrano una singolarità che trascende l’ambito fisico e biologico» (Enc. Laudato sì, 81), è al tempo stesso una porzione di tale ambiente. Possiede un corpo formato da elementi fisici, chimici e biologici, e può sopravvivere e svilupparsi solamente se l’ambiente ecologico gli è favorevole. Qualsiasi danno all’ambiente, pertanto, è un danno all’umanità. In secondo luogo, perché ciascuna creatura, specialmente gli esseri viventi, ha un valore in sé stessa, di esistenza, di vita, di bellezza e di interdipendenza con le altre creature. Noi cristiani, insieme alle altre religioni monoteiste, crediamo che l’universo proviene da una decisione d’amore del Creatore, che permette all’uomo di servirsi rispettosamente della creazione per il bene dei suoi simili e per la gloria del Creatore, senza però abusarne e tanto meno essendo autorizzato a distruggerla. Per tutte le credenze religiose l’ambiente è un bene fondamentale (cfr ibid., 81).


domenica 13 settembre 2015

UP WITH GEREMY!

Il nostro omaggio a Geremy Corbyn e alla sua vittoria nel Labour inglese

WE ARE ON YOUR SIDE, GEREMY!


giovedì 10 settembre 2015

Ma questi sono esseri umani, nostri fratelli e sorelle.O no?



Leonardo Boff*

Il grado di civilizzazione e di spirito umanitario di una società si misura dal modo come essa accoglie e convive con i differenti. Sotto questo aspetto, l’Europa ci offre un esempio deplorevole, che rasenta la barbarie. Essa appare così concentrata in se stessa e nelle sue conquiste, che le costa immensamente accogliere e convivere con i differenti.
Generalmente la strategia è stata e continua ad essere questa: o emarginare l’altro, o sottometterlo, o incorporarlo o annientarlo. Così è avvenuto nel processo di espansione coloniale in Africa, in Asia e soprattutto in America Latina. E’ arrivata a distruggere etnie intere, come quella dell’isola di Haiti e in Messico.
Il limite maggiore della cultura Europea Occidentale è la sua arroganza che si rivela nella pretesa di essere la cultura più alta del mondo, di avere la migliore forma di governo “la democrazia”, la migliore coscienza dei diritti, di essere la creatrice della filosofia e della tecnoscienza e, come se questo non bastasse di essere la portatrice dell’unica religione vera: il Cristianesimo. Tracce di questa superbia si trovano anche nel Preambolo della Costituzione dell’Unione Europea. Lì si afferma semplicemente:
“Il Continente Europeo è portatore di civiltà, i suoi abitanti la abitarono sin dall’inizio dell’umanità in successive tappe e che nel decorrere dei secoli hanno sviluppato valori-base dell’umanesimo: uguaglianza degli esseri umani, libertà e il valore della ragione…”
Questa visione è solo in parte rispondente a verità. Essa dimentica le frequenti violazioni dei diritti, le catastrofi che ha creato con ideologie totalitarie, guerre devastanti, colonialismo impietoso e imperialismo feroce che hanno soggiogato e paralizzato intere culture in Africa e in America Latina in contrasto frontale con i valori che proclama. La situazione drammatica del mondo attuale e le ondate di rifugiati venute dai paesi mediterranei sono dovute in grande parte, al tipo di globalizzazione che proclama, visto che configura, in termini concreti, una specie di occidentalizzazione tardiva del mondo, molto più che una vera planetarizzazione. 

mercoledì 9 settembre 2015

Revisione dei rapporti con la Madre Terra.



Non rinviabile.

Leonardo Boff*


L’Enciclica di Papa Francesco sulla “Cura della Casa comune” (Laudato Si’) viene considerata come enciclica “verde” allo stesso modo come quando diciamo economia “verde”. E’ un grande equivoco. L’Enciclica non pretende soltanto di essere “verde”, ma propone una ecologia “integrale”.
In verità, il Papa ha fatto un salto teorico della massima importanza andando al di là dell’ambientalismo verde pensando l’ecologia in una prospettiva olistica che include l’ambiente, la società, la politica, l’educazione, la vita quotidiana e spirituale. Lui si posiziona nel cuore del nuovo paradigma secondo il quale ogni essere possiede un valore intrinseco, rimanendo sempre in relazione con tutto, formando un’immensa rete, come del resto dice esemplarmente la Carta della Terra.
In altre parole, si tratta di superare il paradigma della modernità, che colloca l’essere umano fuori dalla natura e sopra di lei in qualità di “maestro e padrone” (Descartes). Questi pensava che la natura non possiede nessun altro significato tranne quando posta a servizio dell’essere umano che può sfruttarla a suo piacimento. Questo paradigma soggiace alla tecnoscienza che ci ha regalato tanti benefici, ma che allo stesso tempo ha maturato in sé l’attuale crisi ecologica a causa del  sistematico saccheggio dei suoi beni naturali.
E lo ha fatto con tale voracità che ha oltrepassato i principali limiti invalicabili (Sovraccarico della Terra). Una volta valicati, sono a rischio le basi fisico-chimico-energetiche che sostengono la vita (i climi, la scarsezza di acqua, i suoli, l’erosione della biodiversità, tra gli altri). E’ ora di fare una revisione dei conti con la Madre Terra: o ridefiniamo una nuova relazione basata sulla cooperazione con lei e così garantiamo la nostra sopravvivenza, oppure possiamo arrivare a conoscere un collasso planetario.

venerdì 4 settembre 2015

CONTRIBUTO A DEFINIRE UN QUADRO DI MASSIMA PER UNA REVISIONE DEI TRATTATI ; FUNZIONALE AD UN MUTAMENTO DI MODELLO DI SVILUPPO




                                              
                                             di Franco Bartolomei

A mio avviso dobbiamo impostare il nostro lavoro per definire un quadro di massima di modifica dei trattati istitutivi ( Maastricht e Lisbona ), che regolano il sistema Euro ed il ruolo della BCE ,attorno ad una ridefinizione del rapporto tra la BCE e le scelte di programmazione dello sviluppo e di definizione degli indirizzi del quadro economico , vincolanti per gli operatori privati ed il sistema del credito, e contrattate democraticamente con i poteri sovrani nazionali e regionali ,:
Questo lavoro di programmazone economica per esplicita disposizione costituzionale comunitaria sancita esplicitamente nei nuovi trattati , deve divenire , in una logica di superamento del modello neo-liberista e monetarista vigente , l'elemento centrale della nuova attivita' di governo di nuovi organi esecutivi comunitari , fondati su un diretto mandato politico democratico espressione di un reale potere sovrano dei corpi elettorali dei paesi del'unione .

La modifica dei trattati deve quindi tendere a ricostruire un sistema di poteri federali che ricostruiscano, anche a livello di governo europeo, quei poteri pubblici di intervento pubblico e di indirizzo economico che prima di Maastricht erano nelle mani degli stati nazionali , e che costituivano il quadro costituzinale che rendeva possibile le grandi passate politiche socialdemocratiche di riequilibrio , promozione ed incentivazione , che hanno accompagnato l sviluppo sociale economico e democratico , post bellico , dei paresi principali d'europa .

La BCE , quindi in tale nuovo quadro istituzionale caratterizzato da una riassegnazione al governo comunitario di poteri pubblici di governo delle scelte economiche degli operatori e degli indirizzi dei modelli sociali di riferimento , deve divenire essa stessa uno strumento di programmazione democratica dello sviluppo economico , in questo senso anch'essa vincolata in modo assolutamente innovativo ad agire , pur nel campo delle sue competenze tecniche specifiche , in un rapporto di cooperazione funzionale con le istituzioni politiche comunitarie , e non piu' come il garante esclusivo di una stabilita' della moneta comunitaria che agisce esclusivamente in qualita' di guardiano del rispetto dei parametri di stabilita' contro ogni possibile sforamento della spesa ,operato dagli stati sotto la pressione della necessita' di impostare politiche anticicliche .

giovedì 3 settembre 2015

NON CI SONO PIU' RISORSE NELLA DISPENSA DELLA CASA COMUNE.



Leonardo Boff*

La Terra è un pianeta piccolo, vecchio, con i suoi 4,44 miliardi di anni, 6400 km di raggio e 40.000 di circonferenza. Circa 3,8 miliardi di anni fa si sviluppò in lei ogni tipo di vita e da circa 7 milioni di anni, un essere cosciente e intelligente, superbamente attivo e minaccioso: l'essere umano. Di preoccupante c'è il fatto che la Terra ormai non ha più risorse sufficienti nella sua dispensa per fornire alimenti e acqua i suoi abitanti. La sua biocapacità si sta indebolendo di giorno in giorno.

Il giorno 13 agosto è stato il Giorno del Sovraccarico della Terra (Eart Overshooting Day). Questa è l'informazione ricevuta dalla Rete dell'Impronta Globale (Global Footprint Network), la quale insieme con altre istituzioni come il WWF o il Living Planet seguono sistematicamente lo stato della Terra. L'impronta ecologica umana (quanto di beni e servizi ci serve per vivere) è stata oltrepassata. Le riserve della  Terra si sono esaurite e abbiamo bisogno di 1,6 pianeti per venire incontro alle necessità nostre senza considerare quelle molto importanti della grande comunità di vita (fauna, flora, microrganismi). Nel nostro linguaggio di tutti i giorni: la nostra carta di credito è in rosso.

Fino al 1961 avevamo bisogno di appena il 63% dei beni e servizi della Terra,  per venire incontro alle nostre richieste. Con l'aumento della popolazione e dei consumi già nel 1975 avevamo bisogno del 97% della Terra. Nel 1980 noi si pretendeva il 100,6%, primo Sovraccarico dell'impronta ecologica planetaria. Nel 2005 eravamo arrivati alla cifra di 1,4 pianeti. Attualmente nell'agosto del 2015 siamo a 1,6 pianeti.

Se ipoteticamente volessimo, ci dicono i biologi e i cosmologi, universalizzare il tipo di consumo che i paesi opulenti pretendono per sé, sarebbero necessari cinque pianeti uguali all'attuale, il che è assolutamente impossibile oltre che irrazionale (cf. R.Barbault, Ecologia generale 2011, p.418).