Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo
Garibaldi, pioniere dell'Ecosocialismo (clickare sull'immagine)

domenica 28 aprile 2013

Una volta per tutte. Una volta per tutti.





Proprio nel giorno in cui un carrozzone di governo in cui c'è di tutto e pure il suo contrario, almeno apparente, si insedia e giura su quella Costituzione che avrebbe dovuto almeno ricordare a tutti che la sovranità popolare resta la base della nostra democrazia, in una mattinata in cui, in spregio ad essa e ad ogni eventuale volontà popolare di cambiamento, si decide di continuare ad oltranza, non solo con lo stesso presidente della Repubblica, ma anche con la stessa “ammucchiata” trasversale di partiti, di prima delle elezioni, ebbene arriva un pazzo squilibrato e disperato (così dicono), con una pistola dalla matricola abrasa, guarda caso proprio come quella dei killer della criminalità organizzata, a sparare a due poveri carabinieri, di guardia nella piazza.
Pare volesse uccidere, ma non ha ucciso, pare volesse suicidarsi, ma non si è suicidato, pare infine volesse contestare, ma, di fatto, sta dando alla casta e ai suoi vassalli, valvassori e valvassini, il pretesto per annientare ogni eventuale forma di sacrosanta protesta popolare.
Le giaculatorie degli scherani di questa pietosa difesa ad oltranza del contingente autoreferenziale, quelle dei media a loro asserviti, si sprecheranno nelle prossime ore nell'amplificare le grida e le invettive contro i seminatori di odio, contro gli evocatori delle tempeste, ovviamente trascurando del tutto le vere cause dello scatenamento della tempesta sociale in atto nel nostro paese, che già ha provocato numerosissime vittime e tantissimi suicidi, i quali non hanno avuto di certo quel risalto mediatico ed il fulgore della prima pagina che questo attentatore sbucato dal nulla sembra stia avendo oggi.
Sono gli stessi carabinieri a rimarcarlo quando dicono: “"La gente non ne può più e se la prende con noi".
Già..ma quale “gente”? Siamo davvero sicuri che la “gente” che se la prende con il primo carabiniere che gli arriva a tiro sia proprio quella che soffre di più ed è più disperata? Siamo davvero sicuri che un individuo così possa provenire dalle file di quei poveracci massacrati in galera oppure manganellati a sangue quando provano a difendere il loro salario ed il loro posto di lavoro, occupando una fabbrica o sbarrando una strada?
Ci sono troppe coincidenze in questo atto criminoso che si vuole venga liquidato con la disperazione e con la follia (forse anche perché alle favole sugli anarco-insurrezionalisti non crede più nessuno) che non tornano.
Il “pazzo” spara indisturbato ben sei colpi ed i carabinieri non rispondono al fuoco (per alcuni meno male perché così nessun altro si è fatto male) lui spara sei colpi, ma il caricatore di quella 7.65 ne può contenere di più, almeno otto e, guarda caso, lui però ne aveva messi solo sei e li finisce tutti, così non riesce a suicidarsi prima che lo gettino a terra. Per fortuna non uccide ma ferisce, in maniera non letale, infine i fotografi inquadrano persino la sua arma rimasta a terra, con il caricatore tolto accanto ad essa (ovviamente dubitiamo che l'abbia lasciata lì proprio lui in tal modo), ha la matricola abrasa, esattamente come quelle che si reperiscono clandestinamente magari con qualche contatto con i malavitosi.
I risultati di questa tragica rappresentazione sono essenzialmente due: il primo è che molti avranno il pretesto per dare addosso ai cosiddetti “seminatori di violenza” da qualsiasi parte provengano, forse ancora di più se saranno sospettati di provenire da un mondo di disperati aizzati da abili pifferai, il secondo è che i luoghi del potere saranno ancora più blindati, impenetrabili ed impermeabili a qualsiasi tentativo di contestazione popolare, a qualsiasi manifestazione di dissenso anche e soprattutto organizzata democraticamente.
Le forze di polizia di una Repubblica democratica fondata sul lavoro, sono evidentemente costituite da lavoratori, i quali hanno per altro non solo il dovere di difendere le istituzioni civili, ma anche il sacrosanto diritto di svolgere un mestiere con la piena fiducia dei cittadini e con tutti i mezzi che a loro spettano. Non dimentichiamo quindi che la loro sovraesposizione e il fatto che essa determini vittime nei loro reparti, dipende inesorabilmente dalla mancanza di mezzi adeguati e dai tagli di cui essi sono vittime, così come lo sono altri preziosi settori dello Stato: scuola, sanità, trasporti e via dicendo..ovviamente anche perché quelle indispensabili risorse vengono buttate per l'acquisto di bombardieri difettosi, per il perdurare di missioni militari senza fine (e con altrettante vittime) o con opere faraoniche di cui il normale cittadino italiano può benissimo fare a meno, o in miriadi di apparati corrrotti.
Non dimentichiamo che nell'ultima manifestazione delle forze di polizia a piazza delle Cinque Lune, venne denunciato, tra l'altro, il fatto che NEGLI ULTIMI 10 ANNI I FONDI DESTINATI ALLE INDAGINI ANTIMAFIA SONO STATI PRATICAMENTE DIMEZZATI.
CON LE ULTIME MANOVRE I VARI GOVERNI HANNO DISPOSTO UN TAGLIO DI OLTRE 13 MILIONI DI EURO A FRONTE DI UN TOTALE DI 20 MILIONI.
E' del tutto evidente che in Italia i problemi più grossi che impediscono a questo paese ed ai suoi abitanti di competere alla pari rispetto ad altri paesi più evoluti in Europa, sono dovuti alla stretta collusione tra politica e criminalità, la stessa che muove un giro di affari di circa 70 miliardi l'anno e che è alla base della gran parte del mancato introito fiscale necessario per impedire ulteriori tasse e manovre da perdurante salasso ai danni dei cittadini comuni.
Tutti sanno che questo paese è stato a lungo tenuto alla catena da una stretta collusione tra servizi segreti deviati, apparati corrotti della massoneria, mafie di vario genere, manovalanza neofascista, politici corrotti e compiacenti, e servizi segreti esteri, una volta perché si aveva la scusa dell'anticomunismo, oggi per garantire l'oligarchia dominante ed i suoi privilegi strettamente collusi con quelli della criminalità organizzata.
Da circa 45 anni la violenza indiscriminata in questo paese è sempre servita per stabilizzare un sistema di governo, spesso strumentalizzando disperazione e settarismo, ma, in ogni caso, rendendo impossibile ogni alternativa al potere contingente.
Non sappiamo quanti siano gli italiani che, in tutto questo tempo, non sono rimasti a dormire davanti alla TV ed hanno almeno imparato qualcosa.
Possiamo solo augurarci che almeno capiscano che la disperazione e la rabbia non si affrontano mai da soli, con il piglio del giustiziere solitario o con quello dell'ultimo samurai votato all'estremo sacrificio.
Noi che siamo gli eredi dei Di Vittorio, dei Buozzi e dei Brodolini, continuiamo a credere che l'ingiustizia, la corruzione, la sopraffazione e la sacrosanta protesta popolare devono essere messe in campo collettivamente, mediante quelle organizzazioni che dovrebbero avere il compito di tutelare i diritti e non svenderli ai sacerdoti del mercato speculativo globale.
Se essi si sono dunque macchiati di simonia, che vengano pure mandati all'inferno che meritano.
Che si costruiscano altre e più efficaci strutture di rappresentanza e di lotta seriamente impegnate a svolgere il loro compito più autentico e concreto
Questo governo è solo il frutto della disperazione di una casta che non sa più cosa inventarsi pur di restare al potere, persino a costo di ignorare e disprezzare la volontà del popolo.
E' un fortino assediato, una sorta di Fort Apache di una politica arrogantemente fallimentare.
Per combatterla e vincerla definitivamente non serve certo andare allo sbaraglio e tanto meno autodistruggersi, o men che mai restare imbrigliati nella solita rete dell'imbambolamento mediatico collettivo, occorre piuttosto unirsi tutti e seriamente, operai, disoccupati, agricoltori, precari, lavoratori dipendenti del settore pubblico e privato, esodati, cassintegrati, imprenditori seri ed onesti, poliziotti, carabinieri, magistrati, e persino ufficiali e soldati..
Unirsi ed agire presto, ma senza lanciare troppi messaggi nella piazza o nel web, essere concretamente e subitaneamente insieme: tutti per uno e uno per tutti..e soprattutto farla finita..una volta per tutte.
C.F.

domenica 21 aprile 2013

IN BOCCA AL LUPO




Il mondo dovrebbe essere dei giovani, invece essi sono nelle condizioni più umilianti e terrificanti in cui si siano mai trovati di recente, di peggio c'è solo che vengano spediti in guerra, e in varie aree del globo accade anche questo.
Si dice sempre ipocritamente: “largo ai giovani” ma a farsi largo, non di rado, sono gli anziani (ovviamente quelli privilegiati), fino a situazioni che rasentano il parossismo ed il grottesco, salvo ovviamente le dovute eccezioni.
Due casi, in tal senso, sono stati di recente significativi in Italia: quello di Papa Benedetto XVI e del Presidente Giorgio Napolitano.
Ebbene, il Papa Benedetto XVI, nonostante di un anno più giovane di Napolitano, ha deciso di farsi da parte, pur essendo in condizioni di salute non particolarmente allarmanti, per raggiunti limiti di età. Napolitano invece, ancorché più anziano e ormai sulla soglia degli 88 anni, ha deciso di restare in carica, unico caso al mondo di gerontocrazia assolutista.
Ha persino battuto Fidel Castro, anche lui di un anno più giovane, che, sebbene un po' più “acciaccatello” ma sempre lucidissimo, ha prima rinunciato a tutti gli incarichi e poi deciso di farsi eleggere dal popolo come semplice membro del parlamento cubano.
Abbiamo quindi oggi il poco invidiabile record del presidente della Repubblica più vecchio del mondo.
Ma la nostra Costituzione non è stata violata, anche se, di monito, c'era già stato il fatto che Carlo Azeglio Ciampi rimarcò nel 2006, di fronte all'eventualità di una sua rielezione, che “Il rinnovo di un mandato lungo qual è quello settennale, mal si confà alle caratteristiche proprie della forma repubblicana del nostro Stato” e anche che lo stesso Napolitano avesse dichiarato il 14/03/2013, solo una settimana prima di essere rieletto, che “non mi convinceranno a restare, la mia rielezione non è soluzione e sarebbe al limite del ridicolo”.
Molti oggi elogiano il suo senso di responsabilità e la sua grande capacità di sacrificarsi per il bene della nazione, ma noi francamente siamo propensi a credere che quel limite, già stigmatizzato dallo stesso Napolitano, sia stato abbondantemente superato con la sua rielezione. E che effettivamente ciò esponga sia l'Italia che gli italiani al sorriso beffardo di molti popoli del mondo, non incrementando certo il nostro prestigio nazionale.
Napolitano quindi si è assunto una responsabilità molto grave, sia perché ha creato un precedente pericoloso che potrebbe essere seguito da altri suoi successori, sia perché si è messo in una condizione tale che un intero sistema debba e possa essere screditato senza che lui continui ad esserne garante.
Ormai anche i bimbi sanno che tutto ciò è dovuto alla completa implosione di un Partito Democratico che, pur essendo nato con il nobile intento di creare una sinergia tra culture diverse e valori comuni, è sprofondato, strada facendo, nelle lotte intestine tra correnti e fazioni rivali, fino a cannibalizzare se stesso attuando le peggiori politiche neoliberiste e anche di sostegno a guerre senza fine e senza senso. Come se non bastasse, alla fine, è riuscito persino a voltare le spalle al suo fondatore: Prodi, negandogli i consensi per essere eletto al posto di Napolitano.
Segno evidente che la “forma partito” in quel caso, serve solo per coprire e garantire interessi eterogenei e conflittuali e che essa non è più in grado di esprimere e di assicurare una coerente linea politica.
Già il conflitto tra Renzi e Bersani aveva prefigurato ciò che è poi accaduto pietosamente nelle aule parlamentari.
Però mai suicidio di una classe politica, di fronte al suo elettorato, è stato più arrogante, palese e meschino.
Il PD è riuscito a tradire l'alleanza elettorale con cui aveva ottenuto il premio di maggioranza, proponendo in prima istanza un candidato: Marini non concordato con i suoi alleati, ma proposto dalla opposizione. Ha rifiutato in blocco di sostenere un altro candidato: Rodotà che aveva un largo consenso (e che se tutti i parlamentari del PD lo avessero votato, sarebbe stato eletto anche con i voti di SEL e quelli di Grillo presidente), il PD è riuscito persino a non votare Prodi pur avendo SEL mantenuto una fedeltà di coalizione che, dopo il tradimento con il voto a Marini, non era più tenuta ad assicurare. E alla fine è corso pietosamente, invocando come un bimbetto papà Napolitano, in braccio al suo antagonista di sempre: Berlusconi, che ha chiesto da subito tale soluzione per potere continuare a governare sebbene non avesse vinto le elezioni...ovviamente con tutto ciò che ne potrà conseguire per se stesso.
Se qualcuno pensa che la nostra democrazia sia stata salvata in extremis si sbaglia di grosso, essa, piuttosto, con tale soluzione, ha avuto il suo colpo di grazia.
La gente che già abbondantemente aveva sottratto consensi ai due principali partiti, oggi è ancora più disgustata dal fatto che essi hanno pienamente ignorato il segnale dato dall'elettorato ed hanno continuato a fare come se le elezioni non ci fossero state per niente.
Grillo ormai assomiglia a quel pastorello incauto che si mise a gridare “al lupo” “al lupo” in continuazione, e che quando concretamente il “lupo”della rabbia popolare potrà presentarsi (come accade sempre imprevedibilmente nella storia) rischierà di essere sbranato per primo.
La soluzione quindi, prima che la “rabbia dei lupi” divenga contagiosa, deve essere rapida e politica e poter dare un segnale forte soprattutto a quegli elettori della sinistra che ormai non si sentono più rappresentati da nessuno.
Potrà farlo Vendola con il suo partitino del 3% stabile ormai da anni?
Pur dubitando con il pessimismo della ragionevole analisi del suo perdurante operato piuttosto collateralista rispetto all'opera fallimentare del PD che ciò sia possibile, non possiamo tuttavia sottrarci all'ottimismo della volontà di dare un esempio credibile che ritrovi una sua fondatezza proprio sostituendo l'interpretazione del collateralismo con quella della responsabilità di aver creduto di poter spostare quel partito verso la sua corretta funzione di alternativa democratica, riformista e di stampo socialista ed europeo.
Nobile intenzione che è stata non solo di Vendola, ma di gran parte dell'associazionismo socialista, e che è però fallita miseramente nelle convulsioni comatose di un aggregato politico che ben presto di popolare avrà poco nulla, dato che il suo consenso nella gente è destinato a scendere in maniera esponenziale, con tale decisione di rieleggere Napolitano in accordo con Berlusconi. E scenderà ancora di più quando l'abbraccio mortale Pd-PdL continuerà inevitabilmente quando dal suo cilindro Napolitano tirerà fuori il nuovo “coniglio mannaro” del governissimo che ci toccherà tra breve.
Non c'è dunque tempo da perdere, sia per continuare ad avere uno straccio di credibilità, sia per offrire alla gente un referente politico serio che possa evitare ulteriori e più pericolose derive autoritarie o populiste.
Grillo, di fatto, è stato uno dei principali artefici di tale stabilizzazione di potere, negandosi concretamente ad ogni eventuale alternativa politica che non fosse il governissimo, da lui, in ogni caso, già dato quasi per scontato da subito dopo le recenti elezioni. Il suo mestiere quindi di gatekeeper, di acchiappa dissenso in funzione imbonitrice, gli è riuscito perfettamente, e ancora di più con grande evidenza lo abbiamo visto dopo la rielezione del presidente Napolitano, fuori Montecitorio, in una piazza in cui i suoi si sono sostituiti validamente ai poliziotti, e meglio di loro hanno saputo contenere una sacrosanta rabbia popolare. Non è escluso dunque che verranno sguinzagliati ulteriormente, magari anche in qualche occupazione di fabbriche o di cantieri, in qualche corteo studentesco, in qualche assemblea di lavoratori in sciopero, per convincere e imbonire i protestatari e convertirli al verbo del “cielo stellato sopra di noi”, dato che la morale dentro di noi è ormai “virtualizzata”. Il ministero dell'Interno risparmierebbe non pochi uomini e risorse.
L'otto maggio ci sarà una grande assemblea popolare per lanciare un nuovo percorso, un cantiere per una sinistra di governo, larga e popolare. Non dovrebbe esserci alcuna intenzione di tornare indietro, di resuscitare la Sinistra Arcobaleno o di relegarsi in un minoritarismo testimoniale. L'impegno, sempre secondo Vendola, dovrebbe essere quindi quello di ricostruire, ricostruire ricostruire.
Che cosa? Auguriamoci molto seriamente che non sia il PD, ma soprattutto la storia plurisecolare del Socialismo Italiano.
Se ciò non accadrà in tempi brevi...dopo tante “fabbriche” senza prodotto e tanti prodotti assai “inquinanti”..è sicuramente presumibile che il “lupo” si mangerà anche il “narratore pugliese”
Possiamo quindi serenamente concludere con un “in bocca al lupo”..rivolto in primis a lui, mentre noi non resta che... “affilare i denti”.
C.F.

domenica 14 aprile 2013

FRANCESCO SI DENUDÒ PER COPRIRE LA NUDITÀ DEL PAPA


Sanno gli storici che il Papa del tempo di San Francesco, Innocenzo III (1198-1216), aveva portato il papato a uno splendido apogeo come mai era avvenuto prima e mai si ripeterà dopo. Abile politico, ottenne che tutti i re, imperatori e signori feudali a eccezione di alcuni pochi fossero suoi vassalli. Sotto la sua reggenza stavano i due poteri supremi: l’impero e il sacerdozio. Era poco essere successore del pescatore Pietro. Dichiarò se stesso “rappresentante di Cristo”, non del Cristo povero che aveva percorso le strade polverose della Palestina, profeta pellegrino, annunciatore di una utopia radicale, del regno dell’amore incondizionato al prossimo e a Dio, regno della giustizia universale, della fraternità senza frontiere e della compassione senza limiti. Il suo Cristo è il Pantocratore, il Signore dell’universo, capo della Chiesa e del cosmo.
Questa visione favorì la implementazione di una chiesa monarchica, potente e ricca ma assolutamente mondanizzata, contraria a tutto ciò che è evangelico. Tale realtà non poteva far altro che provocare una reazione contraria in mezzo al popolo. Sorsero movimenti pauperisti di laici ricchi che si facevano poveri. Ognuno per conto suo predicava il Vangelo in volgare, la lingua del popolo: il Vangelo della povertà contro il fasto delle corti, della semplicità radicale contro la sofisticazione dei palazzi, dell’adorazione del Cristo di Betlemme e della crocifissione contro l’esaltazione del Cristo re onnipotente. Erano i valdesi, i poveri di Lione, i seguaci di Francesco, di Domenico e dei sette servi di Maria di Firenze, nobili che scelsero di vivere da mendicanti.
Nonostante questo fasto, Innocenzo terzo fu sensibile alle richieste di Francesco e dei 12 compagni tutti cenciosi che erano andati a trovarlo nel suo palazzo a Roma, a chiedere il permesso per vivere secondo il Vangelo. Commosso e pieno di rimorsi, il Papa concesse loro una licenza orale. Correva l’anno 1209. Francesco mai dimenticherà questo gesto generoso.
Ma la storia ha i suoi ritorni. A volte quello che è vero e imperativo, arrivato il momento della sua maturazione, si rivela come con una forza vulcanica. E si rivelò nel 1216 a Perugia dove il Papa si ospitava in uno dei suoi palazzi.
Ecco che lui muore all’improvviso, dopo 18 anni di pontificato trionfante. E immediatamente le note lugubri del canto gregoriano si fanno sentire, provenienti dalla cattedrale pontificia. Si esegue il grave planctum super Innocentium (il pianto per Innocenzo).
Ma nulla trattiene la morte, signora di tutte le vanità, di ogni pompa e gloria e di ogni trionfo. Giace davanti all’altare maggiore la bara del Papa; coperto di orpelli gioie oro argento e con le insegne del duplice potere sacro e secolare. Cardinali, imperatori, principi, monaci e file di fedeli si succedono alla vigilia. E’ il vescovo Jacques de Vitry venuto dal Namur e poi fatto cardinale di Frascati che lo racconta.
È mezzanotte tutti si ritirano tristi. Soltanto la danza delle candele accese proietta fantasmi sulle pareti. Il Papa in altra occasione sempre circondato da nobili giace ora nelle tenebre, solo. Ecco che dei ladri penetrano di nascosto nella cattedrale. In pochi minuti spogliano il cadavere di tutte le vesti preziose, dell’oro, dell’argento e delle insegne papali.
Lì giace il corpo nudo già quasi in decomposizione. Ci si ricorda ora quello che Innocenzo III aveva lasciato scritto in un famoso testo “Sulla miseria della condizione umana”. Adesso questa appare in tutta la sua crudezza nella sua reale condizione.
Un poveretto, puzzolente e miserabile, si era nascosto in un canto oscuro della cattedrale per vegliare e pregare e passare la notte insieme al Papa. Si toglie la tunica rotta e sporca, tunica di penitenza e con questa copre le vergogne del cadavere violato.
Sinistro destino della ricchezza, grandiosità del gesto della povertà. La prima non lo salva dal saccheggio, la seconda lo salva dalla vergogna. Conclude il cardinale Jacques de Vitry: “Sono entrato in chiesa e mi sono accorto, in piena fede, quanto è breve la gloria ingannatrice di questo mondo”.
Quello che tutti chiamavano Poverello e Fratello non disse niente e nemmeno pensò. Soltanto, agì. Rimase nudo per coprire la nudità del Papa che un giorno gli aveva approvato lo stile di vita. Francesco di Assisi fonte ispiratrice del Papa Francesco di Roma.
Leonardo Boff è autore di Francesco D’Assisi: una alternativa umana e cristiana, Citadella, 1982.
Traduzione di Romano Baraglia- romanobaraglia@gmail.com

mercoledì 10 aprile 2013

Ed i giorni passano..


Qualcuno mena scandalo per i quaranta giorni trascorsi dalle elezioni senza che ancora si sia fatto un governo. Il governo non si è fatto perchè Napolitano piuttosto che Bersani preferisce tenersi a Palazzo Chigi Monti. E' un modo per non accettare il giudizio che in Italia ma anche nel mondo si è dato di questo insulso arrogante paranoico e depresso personaggio che ha provocato una catena di suicidi e non solo tra i lavoratori. Monti era considerato un genio della finanza fino a quando rompendo con i suoi mandanti si era proposto in politica. Non l'avesse mai fatto. Ha pisciato fuori dall'orinale e WallStreet lo voleva solo come esecutore dei suoi ordini. I giornali a cominciare dal Financial Times hanno avuto il compito di attaccarlo a testa bassa. Per capire quando sia propagandistico il ruolo dei massmedia mondiali basta confrontare gli elogi che si sprecavano per Monti ieri con i giudizi negativi che si sprecano oggi. Il trombone di Repubblica Eugenio Scalfari è giunto a definirlo "il più grande statista europeo" non più tardi di qualche mese fa.
A parte la nefasta persistenza di Monti al governo (non sappiamo che cosa combina per spremerci ancora di più con i suoi accoliti) può anche darsi che l'assenza di un governo non sia negativa per l'Italia. Prima di tutto perchè il governo che andrà a farsi se sarà quello voluto da Napolitano sarà una destra "politica" in successione della destra "tecnica" di Monti. In secondo luogo perchè sembra che "i mercati" cioè le banche anglosassoni i e tedesche sembrano essersi messi in posizione di attesa. Non possono rovinare l'Europa tutta insieme e di un colpo! Per l'Italia c'è ancora tempo! Ora hanno nel mirino la Slovenia e meno male che la Serbia non è ancora nella zona Euro perchè l'avrebbero affondata da un pezzo dal momento che la considerano con sospetto ideologico essendo stata lo zoccolo duro della Jugoslavia. Mi auguro tanto che la Serbia ritiri la sua domanda di essere ammessa nel grande lager europeo dell'Euro. Per l'Italia stanno meditando su che tipo di Italia vogliono nel prossimo futuro. Certamente non quella che era prima del 1992 della grande spoliazione del Britannia con Prodi protagonista ed eroe delle privatizzazioni europee. Ricordate la campagna scandalistica sui Panettoni di Stato? Ebbene i panettoni di stato era mille volte preferibili alla desertificazione industriale che si preferì in nome del grande pregiudizio ideologico occidentale della privatizzazione. Privato è bello, privato è utile etc.etcv..
Ora si sta discutendo del profilo del prossimo presidente della Repubblica,. Deve piacere a Bersani e Berlusconi. Deve essere al disopra della parti ma di destra, moderato, molto moderato perchè ancora non hanno finito di rivoltare l'Italia come un calzino come si disse all'inizio dell'era berlusconiana. Ritenuto che parte di questa classe dirigente si sia già bruciata nel PD hanno pronti i rincalzi: sono Renzi che è un finto nuovo essendo professionalmente in politica da un decennio ed avendone tutti i vizi compreso quello di farsi pagare dalla pubblica amministrazione i contributi per la sua pensione e Barca un nome spuntato improvvisamente come una meteora. Uno che Monti ha messo a seguire le disgrazie italiane come il terremoto ed il Mezzogiorno e che viene dalla grande scuderia occidentale dell'OCSE. Questo Barca improvvisamente diventa il "naturale" successore di Bersani in tandem con Renzi che aspira "soltanto" a sostituirlo come possibile capo del governo.
Naturalmente dallo scenario italiano sono spariti i socialdemocratici ed i comunisti. I socialdemocratici sono diventati ruffiani a tempo pieno del PD con Nencini ed altri. I comunisti sono nelle catacombe nelle quali sono prigionieri dalle loro divisioni e dall'odio che li divide in tanti gruppetti. I sindacati a cominciare dalla CGIL hanno passato la linea rossa e sono tutti dalla parte della destra e del padronato. Sul mercato hanno lasciato Bonanni che ieri ha strillato tutto il giorno sulla necessità di fare un governo... Senza governo si sente orfano. Insomma i lavoratori ed i pensionati possono continuare a suicidarsi. Non c'è nessuno, dico nessuno, che possa rappresentarli e ne abbia voglia....
 Pietro Ancona

venerdì 5 aprile 2013

Ma tra Pyongyang e Seul (o Washington) la guerra è destinata a rimanere fredda



In queste ore molti si stanno interrogando su cosa stia realmente succedendo tra le due Coree e, ancor più, tra la Repubblica Democratica Popolare di Corea e gli Stati Uniti. Personalmente, a titolo esclusivamente personale e da uomo della strada, direi che la situazione sia molto più sotto controllo di quanto si possa credere. La Corea del Nord ha minacciato di colpire obiettivi statunitensi solo nel caso in cui Washington la dovesse attaccare: è perciò da smentire la voce, diffusa dai media occidentali, secondo cui Pyongyang vorrebbe premere il grilletto per prima.
Il vero problema è un altro: ovvero che gli Stati Uniti da sempre minacciano e provocano la Corea del Nord con esercitazioni militari davanti alle sue coste, stavolta aggravate dall’invio di cacciabombardieri invisibili e capaci di trasportare ordigni nucleari. Insomma, gli statunitensi ed i loro alleati sud coreani hanno volutamente travisato e manipolato le dichiarazioni dei nord coreani di volersi difendere da un attacco congiunto USA – Corea del Sud per farsi passare da aggrediti anziché da aggressori quali realmente sono. Ora, sorge spontanea la domanda: perché queste provocazioni statunitensi (l’appoggio sud coreano a Washington segue a ruota, indefettibilmente) all’indirizzo della Corea del Nord?
A mio modesto avviso la vera posta in gioco di queste esercitazioni – provocazioni risiede nella volontà statunitense di saggiare il grado di reazione di Russia e Cina, il cui recente avvicinamento (si pensi all’incontro tra Putin e Xinping e a tutti gli accordi firmati, che danno vita ad un’alleanza che rafforza tutto il blocco euroasiatico) certamente non è gradito a Washington. Insomma, come recita un vecchio e famoso proverbio, è un “parlare a nuora perché suocera intenda”. Non solo, ma da parte statunitense è anche un modo per bloccare un processo di riunificazione tra le due Coree che, malgrado tutto, procede da anni ed è destinato fatalmente a compiersi.
L’obiettivo, particolarmente caldeggiato soprattutto da parte nord coreana (si pensi, in tal senso, alle dichiarazioni di Kim Il Sung, esposte in tempi non sospetti) è di dar vita ad uno Stato confederale, al cui interno le due Coree possano integrarsi conservando ognuna i propri sistemi e le proprie peculiarità. Insomma, come diceva un certo Deng Xiao Ping a proposito dell’integrazione tra la Cina Popolare e Hong Kong, “uno Stato, due sistemi”. Possiamo immaginarci quanto tale progetto sia inviso agli statunitensi e ai loro più fedeli “dipendenti” sia in Corea del Sud che in Giappone. Non ci vuole infatti una grande intelligenza per capire come uno Stato del genere avrebbe, tra i suoi obiettivi, l’estromissione delle forze militari statunitensi dal proprio territorio e quindi da tutta la penisola coreana, indebolendo così di non poco il dispositivo strategico e militare nordamericano nel Pacifico.
Il problema, per gli statunitensi, si riproporrebbe pari pari anche nel caso di una riunificazione tra la Cina Popolare e Taiwan, destinata anch’essa prima o poi a compiersi sempre in base al principio del “uno Stato, due sistemi”. Ed infatti anche tra le due Cine, e quindi non solo tra le due Coree, l’imperialismo nordamericano interviene periodicamente cercando di bloccare il processo di riavvicinamento a suon di tensioni politiche con l’aizzare il “partito americano” taiwanese. Tuttavia queste strategie di corto respiro non serviranno a bloccare la ruota della storia.
Anche nel caso della Corea, gli statunitensi sono consapevoli di non poter tirare troppo la corda: possono manipolare la verità, facendo passare il diritto alla difesa di Pyongyang per volontà di aggressione grazie soprattutto al potentissimo apparato mediatico di cui dispongono, ma ben difficilmente possono permettersi di andare oltre alle loro consuete provocazioni. Sanno benissimo che dietro a Pyongyang ci sono Mosca e Pechino, oggi più unite che mai. Anche alla luce di tutto questo, vien da pensare che il conflitto tra le due Coree (o, più precisamente, tra la Corea del Nord e gli Stati Uniti, giacché a Seul senza l’approvazione americana non compiono un passo) sia destinato a rimanere freddo, senza mai diventare caldo. E che, al contempo e nonostante tutto, il processo di “riunificazione” o meglio di “confederazione” tra i due Stati della penisola prosegua, a dispetto dei malumori nord americani.


Filippo Bovo

giovedì 4 aprile 2013

"El socialismo económico sin la moral comunista no me interesa"






Nell'ultimo comizio di Berlusconi c'è stata la solita sua sceneggiata anticomunista, non c'è niente da fare..per lui è un evergreen, non ne può proprio fare a meno. Anzi, vedendo una signora che sembrava avesse un malore, il “capo” si è persino divertito a fare la sua solita battutaccia, dicendo che forse ciò era accaduto perché lui aveva parlato troppo dei comunisti.
Magari fosse così, avremmo finalmente trovato il modo di far venire i mancamenti agli italiani quando lui attacca con la solita solfa.
Ma gli italiani che ancora lo votano, evidentemente, lo fanno per altri motivi: per non pagare le tasse, per essere condonati tombalmente (anche se appare un po' lugubre e quando lo si sente dire vien voglia di grattarsi), perché amano l'impunità, si identificano con chi spara a zero contro chi cerca di far rispettare scrupolosamente la legge perché piace loro violarla dato che, così, si sentono tanto “fichi” e “dritti”, pensano prevalentemente ancora al calcio e via dicendo..
Purtroppo questo paese sta subendo ormai da parecchi anni uno sbando morale, prima ancora che politico ed economico, e temo che non sarà la nuova tenerezza e bonomia papale a rimetterlo in carreggiata.
Sembrerà forse a qualcuno una eresia, ma ciò è dovuto anche ad un profondo deficit di etica comunista, o, se preferiamo adottare un eufemismo rispetto ad un termine alquanto abusato, potremmo meglio dire comunitaria. La quale consiste essenzialmente non nell'adeguamento ad ideologie o dottrine dell'altro secolo, e nemmeno nell'applicare scrupolosamente gli insegnamenti di Marx e Lenin, ma piuttosto nell'orientare in maniera diametralmente opposta le proprie scelte, rispetto alla tendenza dominante. Che si attua sostanzialmente nel volersi affermare a tutti i costi e al di sopra di tutti in certi casi, oggi, persino in maniera alquanto grottesca, dato l'imperante “si salvi chi può” spesso dettato dalla crisi economica in corso.
Una crisi che quindi è etica, prima ancora che economica.
La morale comunista (o comunitaria, se preferiamo) consiste essenzialmente nel mettere al primo posto l'interesse collettivo e pubblico rispetto a quello personale e privato e, conseguentemente, nel non volere e dovere utilizzare gli strumenti pubblici che ancora esistono, per acquisire ulteriore potere e danaro potenziando i propri spesso già esorbitanti vantaggi. Per esempio, porterebbe attualmente, ad una seria legge contro il conflitto di interessi (si badi, non appannaggio esclusivo di regimi comunisti, ma requisito di base di una normale ed efficiente democrazia).
Tale morale inoltre impone a ciascuno di svolgere una funzione utile alla comunità, cercando di mettere al sevizio di una causa collettiva le proprie capacità inventive, creative e ovviamente il proprio impegno e sacrificio, per dare innanzitutto un buon esempio da seguire, che possa estendersi al maggior numero di persone. Il dirigente, in quest'ottica, non guadagna in maniera esorbitante più dei suoi dipendenti, ma, stimolato da un incentivo morale che precede sempre quello materiale anche se non lo esclude, cerca di mostrare come il suo merito sia tale da costituire una ricchezza ed un patrimonio di cui tutto un apparato, tutta una struttura, con tutte le sue componenti tecniche ed umane può giovarsi, non per produrre meramente profitto, ma soprattutto per incrementare beni e relazioni di migliore qualità.
Infine, questo impegno morale si inquadra in un sistema di relazioni nazionali ed internazionali, basato sulla solidarietà e sul reciproco vantaggio, in una serie di scambi equi e solidali, che non producano situazioni egemoniche, di sfruttamento o tanto meno di mera sudditanza.
Questa è evidentemente, in parole semplici, la base di un progetto di rinnovamento umano prima ancora che sociale, che, se oggi ci appare alquanto utopistico e fuori dalla realtà in cui viviamo, ciò nonostante, rappresenta validamente quel che è indispensabile per garantire un futuro degno di tale nome ad una umanità che, per sovrappopolazione, scarsità di risorse, depauperamento ambientale, distruzione della biodiversità ed inquinamento crescente, con il conseguente avvelenamento di beni indispensabili e di vitale importanza, rischia seriamente, prima il “bellum omnium contra omnes” e poi di estinguersi.
La morale comunitaria (o comunista che dir si voglia) non è dunque un optional ma un serio elemento evolutivo che è indispensabile per la sopravvivenza, non solo degli esseri umani, ma anche della biodiversità.
In quest'ottica vanno dunque progettati e portati a compimento i programmi politici, non si può infatti pensare alla democrazia o al socialismo, senza avere come base una morale comunitaria e partecipativa.
La dimostrazione lampante di tutto ciò sono le nostre elezioni “democratiche” perfettamente inutili e tali da non produrre alcun vantaggio collettivo anche quando l'elettore, per protestare, porta in Parlamento i più forti antagonisti di un sistema che tende in modo inossidabile a restare autoreferenziale.
Anche in quel caso, come possiamo vedere oggi in Italia, l'apparato assorbe il colpo e lo nullifica, creando una solida “cortina sanitaria” intorno a coloro che restano sostanzialmente prigionieri da una parte del loro velleitarismo, e dall'altra della loro “alterità”
Se infatti si è “altri “rispetto ad un consolidato organismo sistemico creato appositamente per tutelare ed incrementare determinati privilegi, esso, non solo riconoscerà tale "altro" come un “virus”, ma metterà prontamente in atto i suoi anticorpi per eliminarlo o per renderlo “inerte”
E in tempi brevi o lunghi non potrà che riuscirci.
E' accaduto in passato in tempi piuttosto lunghi con un Partito Comunista, decisamente più organizzato e motivato di certi movimenti nostrani, depotenziato però compromissoriamente e progressivamente, fino a restare inefficace di tutelare e rilanciare la sua “alterità”, ed accade oggi in tempi molto più rapidi, con movimenti assai “liquidi” che, non avendo una loro cultura o ideologia su cui basarsi ed eventualmente rinnovarsi, restano sostanzialmente legati alle vicende “umorali” dei loro leader, spesso seguendo alla lettera la loro ciclotimia.
Non possiamo dunque pensare di rinnovare la società rilanciando movimenti, associazioni o partiti di stampo socialista, democratico o anche semplicemente libertario, senza curarci prima della formazione morale in senso comunitario dei loro componenti e, in particolare dei loro leaders, i quali, quando risultano refrattari a critiche, quando pretendono che li si segua nelle loro tortuose strategie umorali, quando seguono una via che li orienta prevalentemente all'affermazione personale, seppur mascherata da rafforzamento della causa collettiva, non solo contraddicono sul nascere la progettualità di una struttura che dovrebbe piuttosto formarsi in itinere proprio assumendo la dialettica interna come funzionale al suo autoperfezionamento, ma, in particolare, minano sul nascere, con un esempio negativo, la stessa credibilità della struttura di cui fanno parte.
Questo vale per i vari gate keepers come Renzi o Grillo, vale per quei politici che inossidabilmente e nonostante le sconfitte subite dalla loro linea, pretendono di essere sempre e comunque i capi indiscussi di un partito, o in ogni caso di far parte del suo gotha, e vale in piccolo anche per i leader dei piccoli partiti o delle associazioni e dei movimenti che, specialmente in questo paese di dinosauri immortali di piccole o grandi dimensioni, appena, puta caso, ti azzardi a criticarli, ti sbattono immediatamente la porta in faccia per poi scatenarti contro i loro vassalli, valvassini o valvassori, a seconda del ruolo che hai e della tua più o meno ingombrante posizione.
Di fronte a tutto ciò, non c'è democrazia, non c'è socialismo, non c'è libertarismo e nemmeno liberalismo che tenga, di fronte a questo è persino molto (e giustamente) più efficiente l'ottica del neoliberismo capitalista che seleziona i leaders e i componenti di una struttura, a seconda della loro lucidità, spietatezza ed efficienza, e, a tal fine, utilizza scrupolosamente le critiche per autoperfezionarsi, con risultati molto più efficaci di quelli di un leader che resta prigioniero dei suoi mallopponi “ideologici autoreferenzali”
Ecco perché sono fermamente convinto che, anche se ci leggiamo tutte le opere di Che Guevara, di Marx, di Lenin, di Rosa Luxemburg o di tutti i migliori pensatori marxiani, non realizzeremo mai una vera società socialista o tanto meno democratica e partecipativa, per il semplice fatto che non avremo una “morale” comunista.
I regimi del “socialismo reale” sono crollati per questo, per una loro inarrestabile corruzione interna e per la incapacità di superare il confronto con il capitalismo sul piano morale prima ancora che su quello economico, diventando così la brutta copia sgangherata di ciò che si proponevano di combattere e distruggere
E i tragici risultati sono sotto gli occhi di tutti: capitalismo selvaggio e capitalismo di Stato, proliferati nella immoralità e nella corruzione più totale, tanto che oggi le strutture formali della democrazia servono solo alle varie mafie di tutti i continenti per estendersi, riciclarsi e fare il più indisturbatamente possibile i loro affari, ovviamente con estrema attenzione nel minare alla base ogni eventuale apparato educativo che abbia seri intenti morali, specialmente se pubblico, anzi, demolendo progressivamente ogni settore pubblico, prima infiltrando dentro i suoi vertici i loro scherani e poi facendoli lavorare con fini diametralmente opposti alla necessità di far funzionare bene lo “Stato di tutti”, anzi, puntando alla sua inefficienza e ai suoi costi stratosferici, proprio per demolirlo e sostituirlo con strutture private miranti all'accrescimento del profitto.
Questo è il quadro desolante di una umanità che ascolta la sua demenziale orchestrina sul ponte del Titanic, mentre esso pian piano sprofonda, facendo in primis annegare i viaggiatori di terza e quarta classe. I nuovi proletari del XXI secolo, che sono proletari generazionali, in particolare, destinati alla disperazione e alla marginalizzazione. Giovani ed anziani, non a caso, portatori di speranza e di saggezza.
Perché la globalizzazione dell'immoralità e della ferocia non ha altro orizzonte che la sua presente ed illusoriamente immortale autoreferenzialità e quando, per caso, provi a contestarla, ti marginalizza, ti elimina, anche fisicamente, oppure ti spinge al suicidio.
E' quella follia criminale che tende in primo luogo a spacciare per normalità la peggiore delle contingenze: l'arrivismo, lo schiacciare il debole, l'appropriarsi indebitamente di ciò che non è tuo il denigrare la giustizia e la cultura e chi lavora per attuarne i valori e le leggi
L'alternativa a tutto ciò è dunque, per i numerosi motivi appena chiariti, la “rivoluzione della morale comunitaria (o comunista)” Il termine più esatto, al di là degli “eufemismi” e delle strumentali e distorte visioni storiche, è “comunista”, perché esso deriva da cum-munus, che vuol dire dono, compito, dovere e patrimonio comune. Più che mai attuale, in un mondo in cui o ci si aiuta reciprocamente a salvarsi (uomini e natura) oppure si perisce inevitabilmente tutti.
Non c'è dunque sistema socialista che tenga se poi esso svende o mette all'asta il suo patrimonio ambientale con quello culturale che ancora vi riesce a sopravvivere a stento
L'errore che ha portato alla fine a situazioni persino ridicole, in particolare, i vari “residuati” dei grandi partiti socialisti o comunisti del passato, tanto da costituire una sorta di “sottocasta”, oppure da rivolgersi disperatamente all'ultimo demolitore o demagogo di turno con l'accorato appello del “ci resti solo tu”, è essenzialmente morale, è di non avere conservato ed incrementato una morale autenticamente “comunista” la quale è esattamente il contrario di ciò che certuni vorrebbero far credere, non omologazione ad una ideologia o ad una nomenklatura di potere, ma piuttosto l'esaltazione del confronto e dell'accoglimento del dissenso per arricchire, in itinere, il “dono comune” della democrazia partecipativa: il “cum-munismo”
Alla luce di tutto ciò, comprendiamo bene e ci riconosciamo pienamente nelle parole di Che Guevara quando dice: "El socialismo económico sin la moral comunista no me interesa."
E noi aggiungeremo: nemmeno quello sociale, politico o..semplicemente associativo, perché, senza questo requisito essenziale, siamo destinati a restare un popolo consumisticamente ed ideologicamente di alienati
C.F.

martedì 2 aprile 2013

Il cancello delle illusioni




Leggere ieri, sul sito di Utopia Rossa che Roberto Massari già dal 2007 scrisse ripetutamente a Grillo per offrigli prima la prefezione ad un bel libro sui Forchettoni Rossi (la cosiddetta “sottocasta della sinistra radicale”) e poi chiedendo addirittura di parlarne perché “ci sei rimasto solo tu” sebbene non avesse mai ricevuto una risposta, mi ha seriamente disorientato.
Ma come? Mi sono chiesto, uno dei pochissimi movimenti che ancora con coerenza e trasparenza cristallina portano avanti una lotta di classe impostata su canoni marxiani e senza far sconti a nessuno, già da allora ammiccava a colui che di Marx e di lotta di classe pare che non senta nemmeno l'odore?
E se qualcuno volesse ribadire che questi sono concetti assai “datati”, si rilegga un articolo uscito di recente su Time e si ricrederà, in esso, tra l'altro, vi è scritto a chiare lettere che With the global economy in a protracted crisis, and workers around the world burdened by joblessness, debt and stagnant incomes, Marx’s biting critique of capitalism — that the system is inherently unjust and self-destructive — cannot be so easily dismissed. Marx theorized that the capitalist system would inevitably impoverish the masses as the world’s wealth became concentrated in the hands of a greedy few, causing economic crises and heightened conflict between the rich and working classes. “Accumulation of wealth at one pole is at the same time accumulation of misery, agony of toil, slavery, ignorance, brutality, mental degradation, at the opposite pole,” Marx wrote.
A growing dossier of evidence suggests that he may have been right”
Insomma un crescente cumulo di dati evidenti suggerisce che Marx può avere avuto ragione.
Un riconoscimento che non è poco se scritto da fonti che non diremmo siano proprio di provenienza marxista ortodossa.
Però dubitiamo seriamente che i nostri politici leggano tali articoli, sia che essi siano posizionati a sinistra sia che lo siano a destra e sia che escano all'improvviso dal cilindro presidenziale della saggezza emergenziale.
E Grillo? Che ne dice? Perché sarebbe ritenuto qualificato da un gruppo di sicura e solida formazione marxiana (non scrivo marxista solo perché Marx stesso affermò di non essere mai stato marxista), al punto da essere colui che introduce e amplifica proprio la voce di chi con vena assai critica e corrosiva ha, per primo e in tempi non sospetti, criticato le peggiori derive neocentriste e filoimperialiste della sinistra dei “Forchettoni Rossi” nostrani?
Quelle che portarono a sostenere un governo Prodi il quale, tra l'altro, varò il più fantasmagorico aumento di spese militari mai fatto pagare al popolo italiano nel dopoguerra? (Ne dico solo una ma tutte le altre storture sono nel libro che vale davvero la pena di acquistare e di leggere) Qualcuno sa per caso quali sono le posizioni di Grillo nel merito di Marx o della lotta di classe?
Sul suo blog compare solo una intervista a Eric Hobsbawm al quale si domanda in primis se il marxismo non sia diventato un “fenomeno postideologico”
Nelle sue riflessioni, molto attente ai fenomeni che affliggono una società devastata dalla piaga sociale della precarietà, della marginalizzazione e della ingiustizia sociale, non ci pare di cogliere alcuna “pars adstruens” di spiccata vocazione socialista o marxista.
Anzi, a dir la verità, il conflitto di classe, sempre ammesso e non concesso che se ne parli, si svolge prettamente sul piano mediatico e virtuale, in quanto di grillini nelle fabbriche occupate, nei cortei, nelle manifestazioni per la tutela della scuola e di altri servizi pubblici essenziali, o per ribadire la contrarietà ad opere faraoniche o imprese militari che dissanguano il contribuente, se ne vedono pochi o nessuno.
Non parliamo poi di quelle situazioni in cui si prendono sonore manganellate sulla cucuzza..obiettivamente il grillino pestato dalla polizia, non mi pare sia una immagone mediaticamente vincente
E dunque Grillo chi è veramente?
E' un gate keeper? Uno cioè che finge di rappresentare il dissenso e lo scontento, sapendo poi sapientemente dirottare la massa verso temi e situazioni molto meno fastidiosi per chi detiene il vero potere?
Se dovessimo giudicare la sua ultima esternazione sulle cosiddette “badanti” della democrazia, forse dovremmo dubitarne..però se poi leggiamo la lettera che Monti gli ha indirizzato e ricordiamo una sua intervista del 6 Novembre 2011 in cui, tra l'altro diceva: "Io credo che ora questo Paese abbia bisogno di persone credibili, come lo e' Monti, per traghettarci alle elezioni del 2013, cambiando la legge elettorale, il conflitto di interessi e bloccare il debito. Non ha iniziato male" Così, specialmente considerando quello che Monti poi, indipendentemente dalle aspettative di Grillo, ha fatto e soprattutto quello che non ha fatto in merito a legge elettorale e conflitto di interessi, saremmo portati a credere invece che certo “ammiccamento” (non certamente solitario) abbia giovato.
Però Grillo è anche uno specialista nel trasformismo verbale e nel revisionare sempre con il senno di poi quello che fu pensato e detto con il senno diverso di prima.
In particolare ci colpisce il suo uso spregiudicato di termini riferiti alla disabilità per denigrare i suoi avversari: “nani da giardino”, “non si può trattare gli italiani come minorati”, riferendosi a Maroni, disse “che non voleva competere con un disabile”, David Parenzo si beccò l'epiteto di “mongoloide”, e pensare che negli USA il capo dello staff di Obama ha dovuto fare pubblica ammenda solo per avere usato in sede privata la parola “ritardati”, accompagnata da una parolaccia, con alcuni attivisti liberali. Stentiamo quindi a capire come l'ambasciatore statunitense in un liceo possa incoraggiare i giovani a seguire il cosiddetto cambiamento favorito dalle istanze del movimento di Grillo.
O meglio, lo capiamo solo se lo inquadriamo nell'ottica del gatekeeper.
Nel paese che purtroppo porta ancora nel suo tronfio DNA le ignominie dei luoghi circensi, evidentemente l'insulto resta un blasone, una medaglia da ostentare come quelle dei reduci del Colosseo. Ovviamente per plebi destinate all'ignoranza e all'inconsapevolezza, più che alla incoscienza o alla coscienza di classe.
Come si fa, infatti, in uno dei soliti comizi strillati, a bersi una battuta su D'Alema che, non presentatosi in parlamento alla votazione per il condono fiscale, disse che “..nessuno l’aveva informato che era una votazione importante, senza sapere che Grillo ha sfruttato ampiamente e varie volte quei condoni, come anche certa stampa ha fatto notare
Grillo dice che per tutelarsi ha preso la residenza in Svizzera..perché “ogni mese c’è qualche leggina, qualche decretino che riduce le libertà e che viene annunciato sempre per il bene della Rete”..ma siamo sicuri che da lì non difenda meglio i suoi interessi fiscali più che quelli del suo blog?
E' notizia di oggi che Marine Le Pen ha rivolto un appello a Grillo in nome dell'euroscetticismo..probabilmente Grillo non risponderà, ma questo è un segnale evidente del favore incontrato in certi ambienti dalle sue posizioni. La sua dichiarazione più sconcertante, in ogni caso, Grillo l'ha fatta con le testuali parole: "in realtà è in carica il governo Monti" trascurando del tutto che Monti è stato sfiduciato e che siamo andati per questo a votare, per eleggere un nuovo Parlamento.
Se Grillo dunque vuole che Monti sia in carica, non ha che da proporgli di presentarsi come premier e fargli votare la fiducia dal suo movimento, sempre ammesso e non concesso che i suoi lo seguano fino a tal punto.
Una volta uno che si azzardava, solo per scherzo, a fare una uscita simile, veniva bollato immediatamente come “nemico di classe”, anche perché i recenti provvedimenti sul lavoro e sul fisco di Monti sono stati palesemente una guerra aperta alle classi popolari meno abbienti.
Però forse oggi viviamo in tempi “postideologici”..e dunque non sarà il caso di scandalizzarsi ma di restare invece seriamente “svegli”
Roberto Massari mi invita ad essere puntuale nei suoi confronti con queste testuali parole: “insisto, che tu sia preciso e dica la verità e cioè che il mio amore sadomasochistico per Grillo è cominciato nel 2007, non oggi,  addirittura ad agosto, cioè un mese prima che il grillismo esplodesse col successo del V-Day. Puoi anche dire che nella ex sinistra e nella ex estrema sinistra io fui il primo a cadere davanti al volto mascherato del nemico di classe. Magari sarà una colpa, ma non vorrei rinunciare al mio primato anche in questo.”
E volentieri lo accontentiamo, un primato del genere, infatti, oggi appare sicuramente quasi come un trofeo... se di grande intuito politico o di emerita dabbenaggine non sta a me a dirlo.




C.F.