Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo
Garibaldi, pioniere dell'Ecosocialismo (clickare sull'immagine)

martedì 29 maggio 2018

IL GIOCO SPORCO E L'ITALIA DEI PATRIOTI


                                               





                                                     di Carlo Felici


Mai come oggi dal dopoguerra e dopo esattamente cento anni dalle grandi battaglie del Piave che sancirono la nostra indipendenza definitiva con una guerra che ci costò ben 650.000 morti e un milione tra dispersi, feriti e mutilati, dopo esattamente 70 anni dal varo della Costituzione che ci ha restituito libertà, uguaglianza ed indipendenza, grazie al voto di tutti e finalmente anche di tutte le cittadine, il nostro Paese rischia di perdere tutto, persino la sua identità e la sua anima, sostituendola con un numero, quello di un fantasma che si aggira in maniera nefasta per l'Europa e che ha il disgustoso nome di una bevanda gasata: lo spread.

Qualcuno evoca periodi nefasti nella nostra storia come il 1922, che fu il prologo disastroso di una tragica dittatura, eppure oggi non si vedono manganelli in giro, né rivoltelle o bottiglie di olio di ricino, basta solo questo nome a purgare un popolo: spread, un nome ed un programma che intende essere ben più feroce ed efficace di un manganello e che assomiglia allo spruzzo di un clistere.
Il Presidente della Repubblica respinge ostinatamente la proposta di un ministro con una esperienza ultradecennale ed un curriculum degno di un premio Nobel, si badi non perché fosse intenzionato ad uscire dall'eurozona, bensì soltanto per avere espresso alcune critiche agli assetti attuali su cui si fonda l'unione monetaria.

giovedì 17 maggio 2018

Chi sono i barbari.



                                                          di Carlo Felici


Secondo certa stampa internazionale alquanto embedded con il sistema finanziario speculativo attualmente vigente, in Italia sarebbero arrivati i barbari al governo. Fioccano addirittura i paragoni con i goti di Alarico ed i lanzichenecchi del 1527, che misero a ferro e fuoco Roma devastandola e ponendo fine al suo Rinascimento.
Ma è davvero così? Chi erano i barbari allora? E chi sono oggi?
Non è questa la sede per una dettagliata dissertazione storica, ma alcune cose si possono ricordare, almeno in sintesi, cose che tra l'altro, anche un ragazzino delle scuole medie ricorda, almeno se ha un buon insegnante di storia. I barbari nella stragrande maggioranza dei casi arrivarono su invito diretto delle autorità romane ed agirono per conto proprio ribellandosi, solo dopo che esse ebbero traditi i patti con loro contratti. Accadde con Alarico, rifiutato a Ravenna che ripiegò su Roma, con i Vandali, che traditi da Bonifacio invasero l'Africa, con Teodorico che si insediò in Italia e fu poi tradito dall'imperatore di Bisanzio. Persino con i mercenari imperiali di Carlo V, traditi dal papa. In moltissimi casi il loro arrivo segnava la fine di un sistema fiscale vessatorio fino all'inverosimile che serviva ad ingrassare un apparato imperiale corrotto ed un esercito sempre più esoso, quindi non poche furono le volte in cui vennero accolti dalle popolazioni rurali come dei veri e propri liberatori.
 In taluni casi il loro sistema amministrativo era migliore e più efficiente di quello imperiale, prova ne è che l'Italia di Teodorico brillò per prosperità e sviluppo in tutto il Mediterraneo, tanto da fare concorrenza ad un impero corrotto e decadente come quello bizantino che non esitò a spazzare via i goti scatenando una lunga guerra che devastò completamente il nostro paese, riducendolo ad essere una povera colonia e, con l'arrivo dei longobardi, chiamati proprio al loro servizio dai bizantini, dividendolo da allora per i successivi altri più di mille anni.
Insomma i barbari non erano poi più incivili dei cosiddetti romei.

E ora? L'Italia ha trascorso almeno 25 anni di decadenza e di progressiva barbarie, dalla caduta della prima repubblica e dall'entrata in una eurozona in cui la speculazione sui prezzi, la riduzione dei salari, il precariato, la corruzione, la speculazione finanziaria e la progressiva ed inesorabile perdita dei posti di lavoro hanno fatto da padrone nel nostro scenario politico e sociale. Tutto ciò a fronte di un falso bipolarismo, tradottosi negli anni in un monopartitismo dialettico, nella dialettica cioè di due schieramenti politici falsamente opposti, ma sostanzialmente uniti nel demolire lo stato sociale, precarizzare il lavoro, allungare a dismisura l'età pensionistica, privatizzare i servizi e strozzare i cittadini di tasse, oltre che belluinamente capaci di far schizzare il debito pubblico a livelli vertiginosi. L'atto finale, o forse sarebbe il caso di dire l'arma definitiva, avrebbe dovuto essere la demolizione della Carta Costituzionale. Con il varo di pseudoriforme che avevano l'unico scopo di rendere quest'opera rovinosa ancora più efficacemente tragica e dirompente per tutto il popolo italiano.
Chi ha fatto tutto questo è stata una consorteria di persone di dubbia esperienza politica ma di grande obbedienza rispetto alle cosiddette direttive dei mercati, sono stati i sacerdoti della metafisica del contingente speculativo e finanziario, quello che ha messo in ginocchio un intero paese come la Grecia, sebbene salvarla, con tutta la sua non numerosissima popolazione, costasse meno che salvare una grossa banca.
Cosa c'è di più barbaro che ridurre un intero paese al suo minimo di crescita demografica, con i giovani in fuga impossibilitati ad avere un lavoro stabile e, con esso, una famiglia, cosa di più rovinoso che demolire il sistema scolastico costringendo alla mobilità permanente una intera classe di docenti alla mercé dei loro dirigenti, cosa di più bestiale che abolire l'articolo 18 e consentire di nuovo licenziamenti a profusione come se gli anni 60 con tutte le loro conquiste civili e sindacali non fossero mai esistiti, e cosa può esserci di più demenziale e barbarico che dimezzare la sovranità popolare legando l'elezione dei senatori a quella di amministratori locali spesso più famosi per i loro intrallazzi che per la fedeltà alle istituzioni. Cosa infine di più barbaro dell'infischiarsene della volontà popolare e procedere senza degnare del minimo rispetto gli esiti referendari, specialmente su questioni basilari come quella riguardante un bene comune vitale come l'acqua. Ricordiamo solo che i Romani facevano avanzare la loro civiltà, costruendo acquedotti per irrigare e dissetare, e terme per l'igiene pubblica praticamente gratis per tutti.
Come i peggiori barbari, i governanti degli ultimi anni hanno preso ordini dall'assolutismo dei mercati per imporre tasse e provvedimenti che hanno reso più povero e indebitato il nostro paese, oltre che più incivile, eppure non hanno avuto la dignità dei veri barbari che un tempo erano molto più legati ai loro popoli dei nuovi barbari di ora, per ribellarsi agli ordini dell'impero del turbocapitale. Ne sono stati invece i funzionari più efficienti, con i loro bizantinismi legislativi e con la prosopopea di voler essere l'unico argine all'abisso dell'abbandono da parte dello stesso impero parassitario che fa finta di aiutare chi è in difficoltà per poi spremerlo meglio, con grande perizia di usuraio.
Oggi questi valvassori piangono e agitano lo spauracchio della barbarie in piena sintonia con quei potentati che hanno saputo servire con perfetta autoreferenziale efficienza, pur avendo provato ad arginare quella che essi considerano una barbarie, con una legge elettorale che più barbara non poteva risultare.
Ma tant'è, pare che il popolo se ne infischi della barbarie, o forse sa di poterla riconoscere senza più tante fole propagandistiche.
L'Italia è sempre rinata dalla barbarie, anche nelle condizioni peggiori, pensiamo a Roma che si affermò proprio reagendo alla barbarie di lotte senza fine tra i popoli italici e mediterranei, al Rinascimento che uscì dalle tenebre di una barbarie che aveva devastato per un millennio il nostro paese, al Risorgimento quando gli italiani seppero ricostruire, dopo più di mille anni di barbare lotte intestine, la loro unità territoriale, alla Resistenza, quando essi furono capaci di ricostruire la loro civiltà democratica dopo più di 20 anni di barbara dittatura.
Può darsi che oggi, mutatis mutandis, sappiamo fare lo stesso per insegnare ai popoli europei che la civiltà di questo continente non si afferma con una moneta che serve per far diventare i ricchi ancora più ricchi e i poveri ancora più poveri, che non si costruisce nulla di efficace e duraturo costringendo i paesi prima ad indebitarsi e poi a svendere le loro risorse più preziose, che non è civiltà lasciare che la speculazione economica e finanziaria possa essere sovrana sulle esigenze dei popoli, specialmente su quelle basilari: casa, lavoro, sanità, beni comuni.
Perché la vera barbarie è sempre quella che riduce l'umanità e con essa i beni della natura a merce per scopo di profitto. E' quella in cui l'accumulazione di profitto equivale alla volontà di potenza e per questo non vuole limiti, perché esige per sé orizzonti illimitati e globali ad ogni costo, anche a quello della devastazione del pianeta e delle guerre più spietate.
Quella diabolica barbarie, da sempre, si chiama capitalismo sfrenato, imperialismo.
Dimenticarsene vuol dire diventare complici della sua ferocia, vuol dire essere peggiori degli stessi barbari
A tale barbarie si contrappone tuttora una civiltà, che non è quella mediatica o territoriale ma è piuttosto quella del Socialismo, oggi democratico ed ecologico.
Per cui, ora come sempre: Socialismo o barbarie.

domenica 13 maggio 2018

Incontro con Lula: spiritualità e política




Leonardo Boff

Da più di 30 giorni l’ex presidente Lula è in carcere e per la prima volta gli è stato concesso il permesso di ricevere visite di amici. Ho avuto l’onore di essere il primo a incontrarlo, data l’amicizia più che trentennale e per gli ideali in comune: liberazione dalla povertà per i ridotti in miseria e per rafforzare la dimensione spirituale della vita. Ho ubbidito al precetto evangelico: ero in prigione e siete venuti a trovarmi.
L’ho trovato come l’abbiamo sempre conosciuto fuori dalla prigione: viso, capelli, barba. Forse leggermente dimagrito. Quelli che lo immaginavano spossato e depesso saranno delusi. È pieno di coraggio e speranza. La cella è una stanza molto pulita, con armadi incassati, bagno, doccia in un’area chiusa. L’impressione è buona anche se vive in una cella singola, perché ad eccezione degli avvocati e dei figli, può soltanto parlare con il militare di guardia di origine ucraina, gentile e attento, diventato ammiratore di Lula. Gli porta le marmitte ora più calde ora più fredde, il caffè tutte le volte che lo richiede. Lula non accetta nessun alimento che i figli gli portano perché vuole mangiare come gli altri carcerati, senza nessun privilegio. Ha un tempo per stare al sole. Ma ultimamente, mentre prende il sole appaiano droni nello spazio di cielo visibile dal carcere. Per precauzione Lula subito se ne va, perché non si sa lo scopo di questi droni, fotografarlo o, chissà, qualcosa di più sinistro.