Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo
Garibaldi, pioniere dell'Ecosocialismo (clickare sull'immagine)

sabato 27 maggio 2017

PATRIOTI, NON SOVRANISTI



                                         
            



                                                   di Carlo Felici


Torniamo brevemente sulla questione dell'uscita dall'euro, dopo aver letto un interessante intervento di Riccardo Achilli di Risorgimento Socialista.

La vexata quaestio non è di poco conto né dalle conseguenze indolori, come egli stesso ammette, nella sua conclusione: “Non bisogna essere degli illusi, e pensare che la fase di fuoriuscita dall’euro e di ricostruzione del neo-Sme non sarebbe foriera di conseguenze sociali pesanti, soprattutto per i ceti popolari più fragili. Non sarà una passeggiata. Ci saranno forti fughe di capitali ai Paesi economicamente meno competitivi o più indebitati.”

L'unione monetaria avrebbe dovuto procedere di pari passo con l'unione politica e invece ci troviamo con un mostro con una gamba assai lunga e una cortissima, quasi inesistente che, in questo modo, non solo non cammina, ma rischia di crollare persino nel tentativo maldestro di stare in piedi, da un momento all'altro.

Come fanno i cittadini europei ad avere fiducia in un governo politico della UE se non la hanno nella politica monetaria della stessa UE?

La politica del “più Europa” non può certo coincidere con una maggiorazione di “questa Europa” che appare come una Austerity Union.

Tutti i maldestri e parziali tentativi di dare una parvenza di unione politica al contingente sono concretamente coincisi con delle proposte di stampo tecnocratico come quella della cosiddetta “relazione dei cinque presidenti” o peggio, quella teorizzata da Schauble che consiste in una sostanziale stabilizzazione dell'egemonia degli stati più potenti e competitivi.

Tutto questo sembra, per altro, gettare benzina sul fuoco di coloro che esigono una liquidazione complessiva della UE, o per lo meno dell'eurozona. E se ciò avvenisse?

Certamente la xenofobia già dilagante non ne risulterebbe diminuita, ma aumenterebbe esponenzialmente, e non diminuirebbero nemmeno i rischi di attentati terroristici, come dimostra palesemente il caso dell'Inghilterra post-brexit. Semmai aumenterebbero, per le difficoltà di coordinare meglio gli sforzi di intelligence su scala continentale.

giovedì 25 maggio 2017

C'era un profeta inviato da Dio: Gentilezza




Leonardo Boff*

Sicuramente a Rio de Janeiro era molto nota quella figura singolare con i capelli lunghi, barba bianca, che indossava un abito bianchissimo con stemmi pieni di messaggi. Portava una bandiera in mano con su scritte molte parole in rosso. Dai primi anni di 1970 fino alla sua morte nel 1996, percorreva la città, viaggiando in traghetto Rio-Niterói, ed entrava nei treni e negli autobus per la sua predicazione.
Dal 1980 ha riempito i piloni del viadotto di Cajú nei pressi di Rio con iscrizioni in colore giallo-verde dove riportava la sua critica al mondo attuale e proponeva un'alternativa al malessere della nostra civiltà. Non era matto come sembrava, ma un profeta come quelli dei tempi biblici, tipo Amos e Osea.
Come ogni profeta aveva anche sentito una chiamata divina che era venuta attraverso un evento di grande intensità tragica: il fuoco del circo americano a Niterói il 17 dicembre 1961, nei cui rimasero arse circa 400 persone.
Lui era un piccolo imprenditore del trasporto di merce a Guadalupe, quartiere della periferia della grande Rio. Avendo saputo della tragedia, si sentì chiamato ad essere il consolatore delle famiglie delle vittime.
Lasciato tutto alle spalle, prese uno dei suoi camion, mise su di esso due barili di un centinaio di litri di vino e andò lungo le barche di Niteroi. Distribuiva il vino in piccole tazze di plastica dicendo: "Chi vuole un po’ di vino non deve pagare nulla, basta chiederlo per favore, basta dire “lo gradisco".

domenica 21 maggio 2017

Maduro..ma dura?





                                                    di Carlo Felici


Il “cupio dissolvi” della sinistra italiana sta assumendo ultimamente toni farseschi soprattutto nella difesa a spada tratta del regime di Maduro, il quale viene addirittura paragonato ad Allende, che però non provò minimamente a modificare la costituzione cilena per restare al potere.
Maduro, invece, pur avendo perso quel consenso popolare ed elettorale che fu sempre il punto di forza di Chavez, pretende di cambiare quella stessa costituzione che fu voluta da Chavez nel 1999 e che fu definita dai suoi sostenitori come “la più bella del mondo”.
Maduro ha condotto una gestione disastrosa della moneta e dell’economia venezuelana, dimostrando palesemente di essere un incompetente, e per di più ha operato una forzatura dei processi democratici, con il solo intento di restare al potere a tutti i costi.
Chi crede di dover sostenere il suo regime solo per impedire che prevalga “l’imperialismo nordamericano” ha una visione miope e settaria delle vicende venezuelane e sudamericane, e trascura del tutto il fatto che nei paesi del Sudamerica, ormai solo la capacità di essere convincenti e di restare vincolati al consenso popolare, può consentire ai governi adeguate politiche socialmente avanzate.
Questo vuol dire, tra l’altro, incrementare l’efficienza dello Stato ed eliminare provvedimenti clientelari e parassitari, quelli che, ad esempio, portano a non rimuovere mai i fiduciari del potere, sebbene si dimostrino palesemente incapaci di gestire la politica e l’economia.
Che Guevara fu ministro dell’Industria e sebbene teorizzasse gli incentivi morali, per altro non in conflitto con quelli materiali che riteneva non dovessero essere individuali ma di gruppo, era molto attento alla produttività e all’efficienza del lavoro, lo disse esplicitamente in un suo intervento:
“Dobbiamo porre un operaio dove è veramente indispensabile: il compagno che ritiene di avere qualche guadagno e che può quindi assumere un operaio in più, crede di fare un favore alla classe operaia sistemando un disoccupato, ma non è così. Oggi non possiamo mettere a lavorare gente in luoghi dove il suo lavoro non comporti una produzione superiore alla retribuzione che si dà per il lavoro fatto. Per porre la questione in termini concreti, non dobbiamo occupare un nuovo operaio che produca qualcosa che abbia un valore di 5 pesos al giorno se lo paghiamo 6 pesos. È un'assurdità, ma si sta facendo e inoltre non si è curato a sufficienza un criterio generale di risparmio."

domenica 14 maggio 2017

SOGNI, DICOTOMIE E IMPERATIVO CATEGORICO

       
                             



                                                         di Carlo Felici

E’ ancora opportuno capire se oggi esistano delle reali dicotomie politiche o ideologiche? E in particolare se quella rappresentata dalla contrapposizione destra-sinistra sia ancora valida oppure consista soltanto in una meschina millantatura?
Vediamo di partire da due grandi esempi storici.
Il primo, Mazzini: "Ho udito parlare intorno a me di diritta, di sinistra, di centro, denominazioni usurpate alla retorica delle vecchie raggiratrici monarchie costituzionali; denominazioni che nelle vecchie monarchie costituzionali rispondono alla divisione dei tre poteri, e tentano di rappresentarli; ma che qui sotto un Governo repubblicano, ch'è fondato sull'unità del potere, non significano cosa alcuna" Giuseppe Mazzini. 10 Marzo 1849 alla Repubblica Romana.
Il governo repubblicano romano del 1849 fu, a tutti gli effetti, un governo rivoluzionario, sia perché rovesciò radicalmente un assetto istituzionale preesistente, sia perché ebbe una larga partecipazione popolare, sia perché tentò di cambiare il tessuto economico e sociale dell’epoca, dando un esempio che potesse essere da guida per il resto d’Italia. Purtroppo ebbe breve vita, in quanto fu soppresso manu militari da una repubblica francese che avrebbe dovuto essere sorella amorevole e invece fu fratricida e caina, sperimentando quel bonapartismo che fu, mutatis mutandis, il prologo di tutti i fascismi.
Mazzini immaginava una Repubblica nel senso originario ed etimologico del termine, e cioè come “bene comune”, intendendo con ciò un superamento della contrapposizione delle classi sociali, in nome di un interesse collettivo che fosse basato sulla libertà e sulla giustizia sociale, e che non dovesse avere come arbitro né un papa e nemmeno un re, ma solo il popolo nella sua totalità, integrità e libertà.

sabato 6 maggio 2017

Il demiurgo e il topolino incazzato






Lungi da questo blog fare il tifo per un candidato o l’altro nella competizione elettorale che porterà all’elezione del nuovo presidente della Repubblica Francese.
Se qualcuno ha interpretato il precedente intervento come una sorta di sostegno a Macron si è sbagliato di grosso. Abbiamo solo cercato di analizzare i motivi di un successo ed il programma stesso del candidato, ovviamente precisando che è tutto soggetto a verifica.
I tre candidati in Francia sono espressione variabile di un unico sistema, come d’altronde non potrebbe che essere, in una dimensione economica e politica in cui prevale il capitale come demiurgo di ogni assetto governativo ed istituzionale.
Se, quindi, un demiurgo si presenta uno ma trino nell’espressione delle candidature elettorali che competono per vincere, non c’è da sostenere l’uno o l’altro, perché sono tutti variabili dello stesso sistema di cui il demiurgo è fattore fondante ed anche elemento di garanzia di inamovibilità del sistema.
Fa quindi un po’ ridere la scelta del meno peggio o addirittura la contrapposizione tra i candidati stessi, in nome poi di non si sa cosa, dato che nessuno di essi esprime concretamente la volontà di una alternativa di sistema. Forse, piuttosto, in tale prospettiva, è quasi meglio che vinca il peggiore affinché le contraddizioni del sistema stesso non trovino palliativi ma vengano fuori tutte con grande evidenza ed immediatezza.

lunedì 1 maggio 2017

C'è sempre qualcuno che aspetta Godot




Leonardo Boff*
Ho conosciuto un uomo che in vita sua ha fatto di tutto. Dicono che era stato ateo e marxista, che era arrivato a arruolarsi nella Legione Straniera francese e che aveva sparato a un sacco di gente.
All'improvviso si convertì. Diventò monaco senza uscire dal mondo. Lavorò come stivatore. Ma tutto il tempo libero lo dedicava alla preghiera e alla meditazione. Durante il giorno recitava giaculatorie: "Gesù aiutami", "Gesù, perdona i miei peccati", "Gesù, santificami", "Gesù, fammi amico dei poveri",  "Gesù, fammi povero con i poveri".
Stranamente aveva un modo tutto suo di pregare. Pensava: se Dio si è fatto uomo in Gesù, allora è come noi: faceva pipì, piagnucolava perché voleva poppare, faceva smorfie per le cose che gli davano fastidio, come quando aveva le fasce bagnate.
Dicono che all'inizio Gesù era più affezionato a Maria, e, in un secondo tempo, di più a Giusepe. Cose da psicologi. E' cresciuto come i nostri bambini, giocando con le formiche, correndo dietro a un cane, tirando sassate agli asini e - birbantello - a tirar su il vestito alle ragazze, per vederle incavolate come ha immaginato non senza irriverenza, Fernando Pessoa.
E dunque pregava Maria, la madre del Bambino, immaginando come lei avrà cullato Gesù, come ne avrà lavato nel pozzetto le fasce e preparato il pane e il latte per il bambino, e piatti più sostanziosi per lo sposo, il buon Giuseppe. E si rallegrava interiormente con simili trovate perchè le sentiva e viveva con il cuore che batteva a mille. E piangeva con frequenza di gioia spirituale.