Elementi
positivi e negativi dell’economia verde
La grande
proposta che certamente uscirà da Rio+20 a livello uffciale d’Incontro dei
rappresentanti dei popoli è l’economia verde. L’intenzione è
promettente: “l’economia verde nel contesto dello sviluppo sostenibile e per
l’eliminazione della povertà”. Analizzando il testo ufficiale, ricalcato su un
documento del PNUMA Iniziativa di Economia Verde, si percepisce che non
è differente negli obiettivi e nei procedimenti dal classico sviluppo
sostenibile. In fondo si tratta della stessa cosa. Il documento ONU evita lo
sviluppo sostenibile come tema centrale, perché ha la coscienza della
banalizzazione e del logoramento di questa espressione. Come denunciava
recentemente Gorbaciov: questo si è rivelato insostenibile, “genera crisi,
ingiustizia sociale e pericolo di catastrofe ambientale” (O Globo, 9
giugno 2012). L’espressione più adeguata e meno ambigua sarebbe un’economia a
basso tenore di carbonio.
Abbiamo già
fatto critiche a questa versione dell’economia, il carattere ideologico dello
stesso capitalismo che già conosciamo, adesso mascherato di verde. Ma ormai chi
si è imposta l’espressione economia verde, proviamo a sviscerare che
cosa può esserci di positivo in questa. Come qualsiasi altra realtà, anche il
genio del capitalismo sempre più attivo nel settore dei suoi travestimenti, può
contenere qualche elemento utile.
Partiamo da un
presupposto teorico che conviene rivelare: il teorema di Gödel, secondo il
quale, da qualsiasi parte regna sempre l’incompiutezza. Nulla è assolutamente
perfetto. Luci e ombre accompagnano le pratiche umane. Perfino i propositi più
puri racchiudono imperfezioni e i più problematici, dimensioni accettabili. Mai
potremo praticare un male assoluto e nemmeno realizzare un bene assoluto.
Viviamo un’ambiguità fontale, che non è un difetto, ma il sigillo della
condizione umana e della struttura stessa dell’universo, fatta di caos e cosmos,
di ordine e disordine sempre esistenti simultaneamente. Vorremmo tentare di
applicare questi concetti all’ecologia verde e dire quel che in essa è
riscattabile e quello che no. Essa può significare varie cose.
In primo
luogo, si potrebbe
proporre il recupero delle aree verdi, disboscate o risultanti dal degrado e
dall’erosione dei suoli e mantenere in piedi foreste ancora esistenti. È un
proposito positivo e deve essere realizzato con urgenza. Sono le isole di verde
che garantiscono l’acqua al sistema della vita e che sequestrano l’anidride
carbonica, diminuendo il riscaldamento globale. L’economia verde in questo senso
è desiderabile.
In secondo
luogo può indicare
la valorizzazione economica delle cosiddette esternalità come l’acqua, i suoli,
l’aria, nutrienti, paesaggi, cioè dimensioni della natura (verde) ecc. Questi
elementi non entravano nella valutazione del prezzo dei prodotti. Erano
semplicemente beni gratuiti offerti dalla natura e ognuno poteva appropriarsene.
Oggi invece, con la scarsità di beni e servizi, specialmente di acqua,
nutrienti, fibre e altri ancora, cominciano a guadagnare il valore. Questo deve
entrare nella composizione del prezzo del prodotto. Non si tratta ancora di
mercantilizzare tali beni e servizi, ma di includerli come parte importante del
prodotto. Lo stesso vale per i rifiuti prodotti che finiscono per inquinare
l’acqua, avvelenare i suoli e contaminare l’aria. I costi della loro
trasformazione o eliminazione devono pure rientrare nei costi finali del
prodotto. Così per esempio per ogni chilo di carne bovina occorrono 15.500 litri
d’acqua, per un hamburger di carne, 2400 litri, per un paio di scarpe 8000 litri
e anche per una piccola tazza di caffè, 147 litri d’acqua. Il capitale naturale
usato deve essere incluso nel capitale umano dell’economia di
mercato.
Esistono
calcoli macroeconomici che hanno calcolato il valore dei servizi prestati
all’umanità dall’insieme degli ecosistemi. Utilizzo un dato del 1977, ormai
vecchio, ma che serve come riferimento valido, anche se oggi le cifre sono molto
più alte. I calcoli furono realizzati da un gruppo di ecologi e di economisti
sensibili alle questioni ambientali. Si stimò che in quel periodo era di 33
miliardi di dollari/anno il valore del contributo del capitale naturale alla
vita dell’umanità. Questo rappresentava quasi due volte il prodotto mondiale
lordo che nel 1977 era dell’ordine di 18 miliardi di dollari. In altre parole:
se l’umanità volesse sostituire il capitale naturale con risorse artificiali,
avrebbe bisogno di aumentare il prodotto interno bruto mondiale di 33 miliardi
di dollari, senza dire che questa sostituzione sarebbe praticamente impossibile.
Attraverso economia verde si pretende di prendere in considerazione il valore
estimativo de capitale naturale, giacché questo si trova in alto grado di
deterioramento e di crescente scarsità. In questo senso l’economia verde
possiede una validità accettabile.
In terzo
luogo, l’economia
verde, nella comprensione del PNUMA, che l’ha formulata, deve «produrre un
miglioramento del benessere degli umani, equità sociale, allo stesso tempo che
riduce significativamente i rischi ambientali e l’insufficienza ecologica». Tale
proposito implica un altro modo di produrre che rispetti il più possibile le
caratteristiche e i limiti di un determinato bioma (caatinga, cerrado,
amazzonico, pianure steppose e altri) e valuta il tipo di intervento che può
essere fatto senza portarlo a tal punto che non si possa riprodurre.
Alcuni esempi.
Si tratta di cercare energie alternative a quelle fossili, altamente inquinanti,
energie che si basino sui beni e servizi della natura e inquinino meno come
l’energia elettrica, la eolica, l’energia solare e quella delle maree, l’energia
geotermica e quella a base organica. Sappiamo che mai ci sarà energia totalmente
pura, ma il suo impatto negativo sulla biosfera può essere grandemente
diminuito.
L’acqua dolce
sarà uno dei beni più scarsi della natura. Fare costruzioni che captano l’acqua
della pioggia per molteplici usi può alleggerire la mancanza di una goccia
d’acqua. Obbligare tutte le costruzioni nuove a montare dei recettori di energia
solare. Riusare e riciclare tutto quello che è possibile. Come contropartita ai
sussidi concessi dal governo, obbligare le fabbriche di automobili a costruire
macchine che economizzino più energia e diminuiscano l’inquinamento. Sussidi e
prestiti alle imprese devono essere condizionati all’osservanza di obiettivi
ambientali o al riscatto di regioni degradate. Obbligare i supermercati a non
utilizzare buste di plastica per imballaggio dei prodotti e avviare al
riciclaggio bottiglie di plastica. Le fabbriche di prodotti elettronici devono
responsabilizzarsi per il riciclaggio di apparecchi usati. Diminuire il più
possibile l’uso dei pesticidi in agricoltura e favorire l’agricoltura ecologica
e l’economia solidale, fino al punto di diminuire il peso delle imposte nella
vendita dei loro prodotti. E così potremmo moltiplicare indefinitamente gli
esempi.
Il presupposto
è che questo tipo di economia verde rappresenti una fase di passaggio verso una
vera sostenibilità economica fino ad oggi non ancora raggiunta.
A questo punto
bisogna osservare che il riscaldamento globale fuori controllo, l’entrata di
milioni e milioni di nuovi consumatori, specialmente dalla Cina dall’India e
anche dal Brasile andranno a gravare più ancora il capitale naturale già in
discesa. Cresceranno enormemente le emissioni di gas da effetto serra. Ciascuno
di noi emette ogni anno 4 tonnelllate di ossido di carbonio e la totalità
dell’umanità circa 30 miliardi di tonnellate, ci informa J.Sachs dell’Università
di Columbia (USA). Come potrà la terra digerire questa carica velenosa? I
disastri naturali mostrano l’incapacità di mantenerla in equilibrio. I. Ramonet
in Le monde diplomatique (13 maggio 2012) afferma che nel 2010, 90% dei disastri
naturali risultarono dal riscaldamento globale. Causarono la morte di 300.000
persone e un danno economico di 100 miliardi di euro.
Questo tipo di
economia verde è accettabile nella misura in cui andrà più a fondo nella sua
formulazione per presentare così un altro paradigma di relazioni con la Terra,
dove non l’economia, ma la sostenibilità generale del pianeta, del sistema-vita,
dell’umanità e della nostra civiltà devono essere posti al centro dei problemi.
In ragione di questo proposito, bisogna organizzare la base materiale economica
in sinergia con le possibilità della Terra. Ma noi dobbiamo sentirci parte di
essa con l’incarico di averne cura perché possa dare tutto quello di cui abbiamo
bisogno per vivere insieme con la comunità di vita.
Quarto. L’economia
verde può rappresentare una volontà altamente perversa della voracità umana,
specialmente nelle grandi corporazioni, quella di fare affari con ciò che c’è di
più sacro nella natura e sono i beni comuni della Terra e della Umanità, la cui
proprietà deve essere collettiva. Tra questi si contano in primo luogo l’acqua,
le falde acquifere, i fiumi e gli oceani, l’atmosfera, le sementi, i suoli, le
terre comuni, i parchi naturali, i paesaggi, le lingue, la scienza, e
l’informazione genetica, i mezzi di comunicazione, Internet, la salute e
l’educazione, tra gli altri. Siccome stanno intimamente collegati alla vita non
possono essere trasformati in merce entrare nel circuito della compravendita. La
vita è sacra e intoccabile.
Mettere un
prezzo sui beni e servizi che la natura ci dà gratuitamente, privatizzarli con
l’intenzione di guadagnare è la suprema insensatezza di una società di mercato.
Questa già aveva compiuto la perversità di passare da un’economia di mercato a
una società di mercato. Non tutto può essere oggetto dell’avidità umana
privatista e accumulatrice, a servizio degli interessi di pochi e a spese delle
sofferenze della maggioranza. La vita, siccome è sacra, reagirà, possibilmente
il mettendoci un ostacolo che potrà liquidare grande parte dell’umanità stessa.
Questo tipo di economia verde è inaccettabile.
Infine non possiamo
lasciare che le cose corrano in tal modo che il cammino verso l’abisso sia
irreversibile. Allora non avremo figli e nipoti per piangere il nostro tragico
destino. Perché anche loro non esisteranno più.
Leonardo Boff
è autore di Proteggere la Terra e aver cura della vita: come evitare la fine
del mondo, Record 2010.
Tradotto da
Romano Baraglia
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