di Carlo Felici
Saranno gli
storici a fare i necrologi e ad analizzare in maniera documentata e dettagliata
i meriti ed i demeriti di Fidel Castro, però qualcosa possiamo dirlo fin da ora,
senza tema di tante smentite, ma semplicemente lasciando parlare i fatti.
Da oggi, la
sua vita appartiene alla storia, a quella che ci auguriamo che, anche se priva
di tanti validi scolari, resti ancora magistra vitae.
Benestante e
facoltoso, scelse la via rivoluzionaria, con spirito gesuita, e coerente
rispetto all’Ordine presso il quale aveva studiato: obbedienza assoluta,
disciplina e forte innovazione sociale.
Il suo
successo fu dovuto anche alla dabbenaggine di Batista che lo graziò e gli
consentì di fuggire in Messico, riorganizzando le fila della rivoluzione.
Una rivoluzione
che sarebbe morta sul nascere, dato che, dopo lo sbarco a Cuba, restarono in
vita su più di 80 militanti rivoluzionari, solo 12, se non ci fosse stata una
reta urbana e contadina di supporto tale da trasformare un gruppo di sbandati
in un vero e proprio esercito ribelle.
Una
rivoluzione dovuta, quindi, più al popolo cubano che alle abilità strategiche
di Fidel che pur ci furono sul campo, dato che le tre colonne che avanzarono
alla fine vittoriose sulla capitale dell’isola, furono indirizzate e guidate da
personaggi scelti da lui con ottimo tempismo, grande capacità di manovra e
anche uno straordinario supporto propagandistico, tenendo sempre fermo il fatto
che la Sierra avrebbe dovuto essere Maestra non solo di nome, ma anche di
fatto.
La
rivoluzione, però, cominciò presto a divorare se stessa, e da libertaria si
trasformò velocemente in marxista leninista prima, ma solo di nome, e
caudillista poi, concretamente di fatto. Alcuni suoi illustri protagonisti e
grandi leaders, ne fecero le spese quasi subito: Franqui, Matos, Cienfuegos…tra
i più noti.