Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo
Garibaldi, pioniere dell'Ecosocialismo (clickare sull'immagine)

venerdì 19 luglio 2013

Quale Socialismo per il futuro dell'Europa?





Nell' eurozona in cui manca una valida direzione fiscale e politica delle iniziative monetarie della BCE, ad essere penalizzati sempre di più appaiono i partiti di sinistra, in particolare quando agiscono senza un coordinamento continentale e, seguendo in buona parte interessi nazionali, in ordine sparso. In altri paesi come la Danimarca tuttora fuori dell'eurozona, le cose vanno diversamente. Evidentemente la sovranità monetaria rappresenta un vantaggio per chi propone un programma basato su investimenti pubblici, energie rinnovabili e fondi a educazione e sanità. E questo dovrebbe spingerci seriamente a riflettere sulla opportunità quanto meno di rinegoziare presenza e ruolo nell'ambito dell'eurozona, specialmente considerando come essa sia sempre più proiettata verso una centralità economica e finanziaria continentale e tedesca, e sempre meno orientata verso una valida sponda di cooperazione e di sviluppo nell'area mediterranea.

L'unico continente in cui il Socialismo, nei suoi vari e molteplici aspetti, vince democraticamente e liberamente appare oggi il Sudamerica, a causa di una concomitanza di fattori positivi:

La situazione dissestata delle economie dei Paesi dell’area, dovuta in gran parte alla crescita del debito estero e all’adozione del modello neoliberale ha determinato una forte reazione politica che ha visto coinvolti movimenti e personaggi che, dalla opposizione militare e guerrigliera, hanno saputo reinterpretare il loro ruolo e conquistare validamente quei consensi che hanno consentito loro di vincere le competizioni elettorali . Questo anche grazie alla revisione ideologica di alcuni partiti di sinistra, che ha permesso loro di abbracciare una fetta più ampia dell’elettorato. La capacità dei partiti e degli esponenti di sinistra di attrarre il voto di persone che non avevano mai votato prima è avvenuta soprattutto grazie al forte richiamo simbolico di alcuni candidati presidenziali.

Naturalmente tutto ciò è stato favorito dalla grande disponibilità di materie prime, dalla nazionalizzazione del loro sfruttamento e dall'incremento di rapporti con i paesi emergenti dell'area BRIC, in particolare con la Cina.

Nel Mediterraneo non è impossibile realizzare un ponte con il Sudamerica, e soprattutto con quei paesi emergenti che validamente hanno come comune obiettivo la riduzione della povertà e delle disuguaglianze. Programmi come Chile solidario, Fame zero in Brasile o le Misiones venezuelane si concentrano sulle fasce più deboli della popolazione, cui si propongono di offrire – tramite una serie di sussidi – una risposta alla fame, all’analfabetismo, all’emergenza medica. Lo Stato torna ad avere un ruolo centrale anche nell’economia. Ciò non sorprende, dato che anche un recente sondaggio di Latinobarometro ha confermato che i latinoamericani non hanno molta fiducia nell’economia di mercato e nelle imprese private. Tali politiche sarebbero cruciali per risollevare le disastrate condizioni di vari paesi della sponda sud del Mediterraneo, sottraendoli alla rovina del tribalismo, del fondamentalismo, del caudillismo e soprattutto del rischio di un caos sociale e politico permanente dovuto a conflitti endemici senza soluzione di continuità.

Un'area mediterranea di libero scambio, di progresso economico oltre che di sviluppo sociale, sottratta al nazionalismo e alla sudditanza neocoloniale, sarebbe davvero la carta vincente, soprattutto se coordinata con altre zone di analoga tendenza nei paesi emergenti e nel Sudamerica, contro quell'invadenza e quell'offensiva neoliberista e neocolonialista che, con guerre sempre più rovinose e perduranti, si sta imponendo dall'inizio del secolo, e che ha come principale scopo quello di impedire che il commercio delle materie prime, dal Mediterraneo al Medio Oriente, avvenga non più in dollari ma in euro. Tale assetto non solo gioverebbe ai paesi europei che si affacciano sul Mediterraneo, ma anche agli USA, in un' ottica di concreta collaborazione per la stabilizzazione politica di tale area, per un incremento al suo interno di scambi proficui tra Nord e Sud e infine per una prospettiva di pace durevole, assicurata da una rete di interessi comuni.

La Spagna, in ogni caso, in tale difficile contingenza globale, pur nella sua difficile situazione sociale ed economica, e nonostante la cocente sconfitta socialista, ha saputo dimostrare sicuramente uno slancio, una dignità e una credibilità in più di altri paesi “fratelli” della sponda mediterranea come la Grecia e l'Italia, e sebbene non stia sicuramente meglio di noi italiani, perché ha saputo eleggere un governo democraticamente, senza subire l'umiliazione “tutoriale” di governi “alieni e consociativi”, di fatto imposti dalla BCE.

L'Europa della BCE assomiglia molto a quella carolingia. “Spazza via” chi non si “converte” alla fede monetaristica ed inaugura un ferreo sistema di vassallaggio nei rapporti tra economia e politica, specialmente se trascura la questione cruciale degli eurobond. Ma, in tal senso, non ha futuro, perché sostanzialmente autoreferenziale ed “utile” soltanto per dirottare ricchezza dai ceti medi ai grandi “feudatari bancari”.

Un' Europa mediterranea fa paura solo a chi vuole usare il “mare nostrum” come “base militare” di controllo dello sfruttamento delle aree più ricche di quelle materie prime destinate, nei prossimi anni, a diminuire di quantità e ad aumentare di prezzo. Una mira egemonica che però sconta in se stessa la mancata possibilità che si realizzi in tale area un mercato attivo e recettivo anche per esportazioni provenienti da USA ed Europa.
Non serve infatti dominare un'area e riservala al mero sfruttamento, gli stessi USA dovrebbero esserne consapevoli. Essa, in tal modo, ben presto si rivelerà un boomerang che esporterà terrorismo e massa di disperati in fuga dalla miseria.

Il Socialismo europeo ha quindi di fronte a sé molti nemici, proprio per il rischio che esso potrebbe rappresentare se potesse realmente coordinarsi e sfuggire al dominio delle tendenze neoliberiste e neocolonialiste. Un rischio talmente grosso da costituire una svolta epocale.

Ovvio quindi che si cerchi di sabotarne l'affermazione seminando la proliferazione di innumerevoli suoi nemici interni che abbiano come loro missione principale proprio la necessità di dimostrarne l'inefficacia, l'inconsistenza, la sudditanza ed il suo squilibrio permanente tra utopismo e massimalismo ideologico a sfondo totalitario.

Nemici ovviamente perfettamente inseriti nella gerarchia di vassallaggio con cui il totalitarismo monetaristico neoliberista si sta affermando. Nemici a tal punto tale, da arrivare a definirlo un “errore antropologico”, cioè una sorta di contraddizione intrinseca della natura umana, capovolgendo e misconoscendo completamente il senso profondo delle radici umanistiche su cui il Socialismo stesso si fonda,e soprattutto la prospettiva ecologista su cui oggi esso stesso è chiamato ad aggiornarsi in nome del fatto che non si salva l'umanità senza salvare al contempo la Terra.

L'Ecosocialismo libertario resta, per questo, tuttora la risposta migliore che si possa dare ad una crisi che rischia di aggredire la natura umana nei suoi più intimi valori fondativi: la libertà, la solidarietà e l'uguaglianza. In un mondo sempre più minacciato dai dissesti idrogeologici, strettamente legati a quelle politiche che considerano il territorio “merce” da utilizzare per fini di profitto, esso più che un'opzione politica, rappresenta la via della sopravvivenza della specie umana e la seria possibilità di arrivare indenni alla fine di questo secolo.

Attualmente abbiamo in Italia una pericolosa alleanza tra quei tecnocrati che lo considerano una “pericolosa illusione” ed i “gerarchi ecclesiali” che lo intendono come “errore antropologico”, suffragata dall'utilizzo di partiti contenitori guidati da vecchi leader “riciclatisi” proprio per sostenerne l'inconsistenza su scala globale.

Ricostruire una prospettiva di sviluppo socialista che sia concretamente libertaria e che contrasti in primo luogo quel totalitarismo dei mercati che non premia il merito, la competitività e l'innovazione, ma incentiva piuttosto l'oligopolio, l'obbedienza e la servitù monetaria, per promuovere una alternativa di emancipazione individuale e collettiva, è molto difficile, ma non impossibile e, allo stato attuale dei fatti, non può che risultare come un impegno rivoluzionario sia nei confronti di vecchi assunti dogmatici veteromarxisti sia contro le mistificazioni dell'apparato feudale neoliberista.

Solo alcuni grandi leader che sanno smascherare le trame lobbistiche che si celano dietro certi governi, e che allo stesso tempo viaggiano, conoscono ed apprezzano le grandi tendenze innovative che emergono prepotentemente nel mondo che non subisce passivamente un modello di globalizzazione a senso unico, possono concretamente restituire anche nel nostro Paese una possibilità di riscatto nella prospettiva del Socialismo del XXI secolo. Non evidentemente dei premier che sono solo il misero risultato di alchimie politiche, preparate nei laboratori del turbocapitalismo

Non è difficile, basta solo che coloro che credono seriamente in tali prospettive “diventino concretamente” ciò che “sono” e, come tali, si facciano autenticamente e coraggiosamente riconoscere in ambito nazionale, europeo e globale.

C.F.

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