Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

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martedì 23 luglio 2013

Carlo Rosselli e il Socialismo italiano

         
            


                                                   di Giuseppe Giudice


Carlo Rosselli non era un liberale di sinistra, come spesso qualcuno in Italia l'ha descritto. Frutto di vuoto cultuale ed antichi pregiudizi. Tale lettura di Rosselli l'hanno avvalorata sia i postsocialisti neoliberali come Martelli, sia i postcomunisti del PDS.
Ma anche in certa tradizione socialista seria sono stati presi grossi abbagli. E' il caso di Lelio Basso, per il quale Rosselli era un socialista spurio in quanto risentiva della influenza del laburismo inglese che notoriamente non è mai stato marxista. Basso (e Nenni) non sono mai riusciti a superare la tradizione socialista prefascista. Per loro il socialismo era quello della socialdemocrazia tedesca del Programma di Erfurt, di Kautsky e di Rosa Luxemburg. Maurizio Degli Innocenti, uno dei migliori storici del socialismo europeo, ha messo in evidenza che il dato di vent'anni di dittatura fascista hanno impedito al socialismo italiano di usufruire di quella grande svolta che il socialismo europeo compie negli anni 20 e 30, dopo la irrimediabile separazione dal comunismo (la parentesi dei Fronti popolari è un fatto difensivo contro il fascismo, ma non modifica affatto la distanza ideologica tra socialismo democratico e comunismo, che anzi in seguito si approfondirà). Per cui lo sforzo revisionistico del socialismo europeo -Hilferding, De Man, Cole, diversi tra loro, ma tutti consapevoli che bisognava andare ben oltre la socialdemocrazia di Erfurt (poi in quegli anni si aggiunge il preziosissimo contributo di Polany), si scarica in gran parte sui socialisti di Giustizia e Libertà (Rosselli, Lombardi, Foa) e su Giuseppe Saragat che porta tra i socialisti italiani le idee del marxismo evolutivo di Otto Bauer e dell'austromarxismo.

Un punto delicato sono i rapporti tra Rosselli ed il marxismo. Come è noto Rosselli ritiene che tra socialismo e marxismo non c'è parentela necessaria e che comunque il socialismo non può basarsi su una unica dottrina. Ma Marx è un pensatore molto complesso, e molto lontano dalle semplificazione che sono state fatte da amici ed avversari. Oggi gran parte degli studiosi ritiene che occorre fare una distinzione netta tra Marx ed il marxismo (anzi i marxismi). In quanto quello che viene presentato come marxismo è spesso frutto di una semplificazione e volgarizzazione del pensiero di Marx spesso per fini strumentali di polemica politica. E così è da 90 anni. Vittorio Foa spesso sottolineava i danni fatti alla cultura di sinistra dalle varie "vulgate" marxiste. E le sue prevalenti sono quella di uno strutturalismo economicista (che talvolta si riaffaccia anche oggi) o di un idealismo storicista (hegelo-marxista) che è tipico dell'italocomunismo (da Togliatti a Berlinguer all'Ecole Barisienne).
 Ma torniamo a Roselli. Saragat che critica alcuni aspetti della sua opera però mette in evidenza il dato che Rosselli critica il marxismo della "vulgata" di allora (fra l'altro a quel tempo non erano ancora state pubblicate alcune opere importanti di Marx come i " Grundrisse" e l'ideologia tedesca. In effetti Rosselli (rifacendosi largamente al libro di De Man "al di là del marxismo" del 1926 ) critica il determinismo storico del marxismo allora prevalente sia nella variante positivista del socialismo di inizio 900 sia nella variante dialettico-rivoluzionaria bolscevica (poi finita molto male). Ed il concetto che sta alla base di questo marxismo volgare: il capitalismo prima produce uno sviluppo straordinario delle forze produttive, poi poiché è attraversato da crisi endemiche (caduta del saggio del profitto, crisi di sproporzione tra settori produttivi) frena poi questo sviluppo e si avvia verso il suo crollo. Studiosi come Ruffolo e Carandini in effetti hanno contestato il dato che in Marx esista una idea del crollo finale del capitalismo. In quanto il filosofo di Treviri concepisce le dinamiche ed il processi individuati come "tendenziali" e non assoluti. Ma nel processo di volgarizzazione , che è poi quello più rilevante politicamente perché poi diventa senso comune, prevale la idea deterministica e palingenetica del socialismo. Almeno fino agli anni 30, quando inizia ad essere messa in discussione da vari dirigenti ed intellettuali socialisti. Riccardo Lombardi (che poi è quello che maggiormente ha attinto da quel socialismo revisionista) diceva che dopo Keynes e Schumpeter una revisione critica del marxismo era indispensabile. Revisione e non certo rinnegamento.
 Ma c'è un altro elemento che è importante nel pensiero di Rosselli e che mutua ancora una volta da De Man. Vale a dire che la lotta di classe non è un semplice riflesso della dialettica tra forze produttive e rapporti di produzione. ma contiene in se un elemento politico ed etico, di liberazione umana. De Man parla di una psicologia della classe operaia che è interessata al superamento di una condizione di inferiorità Rifacendosi esplicitamente alla psicanalisi di Alfred Adler che era socialista e legato all'austromarxismo. Questo è stato un aspetto poco indagato nel pensiero rosselliano, che è comunque solo abbozzato. Saranno Polany e soprattutto Castoriadis a svilupparlo. Non legare deterministicamente lotta sociale con dialettica tra forze produttive e rapporti di produzione. Per Castoriadis il limite di Marx è non l'essersi liberato completamente del pensiero di Hegel che lui considera il principale esponente del funzionalismo e quindi di una filosofia sostanzialmente conservatrice. Del resto il comunismo leninista è rigidamente funzionalista. Sia Rosselli che Castoriadis recuperano (Castoriadis con una analisi molto più sistematica) il socialismo libertario cerando di liberarlo delle derive ribellistiche ed utopistiche e portandolo (questo in Rosselli) su un terreno squisitamente costruttivo e riformatore. Rosselli e Lombardi sono il tratto di unione tra i socialismo riformista di Turati e Matteotti ed il socialismo libertario di Merlino. Nel socialismo europeo non c'era solo il socialismo funzionalista e statalista tedesco di Erfurt. Nel 1894 il socialismo belga con la Carta di Quaregnon delinea una idea almeno parzialmente alternativa a quella tedesca che influenzò molto il socialismo italiano, francese (Jaures soprattutto) ed inglese (Cole). Con la idea di un socialismo laico, pluralista, libertario, umanista. Il Belgio pur essendo un piccolo paese, in virtù del suo precoce sviluppo industriale (antecedente a quello prussiano) sviluppò una grande rete di tessuto cooperativo, mutualistico, sindacale su cui poi sorse nel 1884 il partito (in Italia si è seguita una via similare) e quindi un socialismo in cui si univa la necessità di un intervento pubblico centrale, con lo sviluppo di vasti reti autogestire da lavoratori e cittadini. Un socialismo fatto proprio da Cole in Inghilterra (il socialismo ghildista) e anche dagli austromarxisti Bauer e Hilferding. Emile Vanderverlde leader storico del socialismo belga (che secondo Pino Ferraris, influenzo lo stesso socialismo scandinavo, molto più di quello tedesco) fu per 18 anni presidente della Internazionale Socialista.
 Come è evidente il socialismo belga ha influenzato molto il socialismo italiano, mentre il PCI fu molto più influenzato dalla prima SPD. Di qui le differenze che vi sono sempre state. Insomma Rosselli, Lombardi, Santi e Foa sono gli eredi , sia pur alla lontana della Carta di Quaregnon. Pino Ferraris inoltre ha messo in evidenza come il movimento dei beni comuni ha scoperto l'acqua calda, in quanto recupera idee che sono sempre stati presenti in una parte importante del socialismo democratico. Solo che questo movimento ha acquistato connotazioni antipolitiche che evidentemente erano del tutto assenti in quel socialismo. E quel socialismo democratico è quello che ha più resistito alle intemperie del 900 (anche in Germania hanno rivisto molte cose, nel frattempo.
 In conclusione quel socialismo come filosofia di liberà e come umanesimo integrale, che Rosselli rianima in Italia (e che Lombardi ed altri fanno proprio) , in questa fase di acuta crisi del capitalismo , è quello che può fornirci stimoli per un progetto socialista del XXI secolo. Perché è completamente rimasto indenne dalle dure repliche della storia che hanno visto il crollo del più grande tradimento degli ideali di emancipazione e liberazione del socialismo: il comunismo reale. In nome di questo socialismo democratico e libertario possiamo criticare e combattere meglio il capitalismo mercatista in nome di una idea non unilaterale e mutilata di modernità, combattendo nel contempo quelle derive autoritarie e giacobine che in Italia si sono sostanziare nel giustzialismo. E del resto giustizialismo e mercatismo sono state le caratteristiche dell'ulivismo. Rompere questo paradigma per fondare su questo socialismo la sinistra che dia speranze.

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