di Giuseppe Giudice
Carlo Rosselli non era un liberale di sinistra, come spesso
qualcuno in Italia l'ha descritto. Frutto di vuoto cultuale ed antichi
pregiudizi. Tale lettura di Rosselli l'hanno avvalorata sia i postsocialisti
neoliberali come Martelli, sia i postcomunisti del PDS.
Ma anche in certa tradizione socialista seria sono stati
presi grossi abbagli. E' il caso di Lelio Basso, per il quale Rosselli era un
socialista spurio in quanto risentiva della influenza del laburismo inglese che
notoriamente non è mai stato marxista. Basso (e Nenni) non sono mai riusciti a
superare la tradizione socialista prefascista. Per loro il socialismo era
quello della socialdemocrazia tedesca del Programma di Erfurt, di Kautsky e di
Rosa Luxemburg. Maurizio Degli Innocenti, uno dei migliori storici del
socialismo europeo, ha messo in evidenza che il dato di vent'anni di dittatura
fascista hanno impedito al socialismo italiano di usufruire di quella grande
svolta che il socialismo europeo compie negli anni 20 e 30, dopo la
irrimediabile separazione dal comunismo (la parentesi dei Fronti popolari è un
fatto difensivo contro il fascismo, ma non modifica affatto la distanza
ideologica tra socialismo democratico e comunismo, che anzi in seguito si
approfondirà). Per cui lo sforzo revisionistico del socialismo europeo
-Hilferding, De Man, Cole, diversi tra loro, ma tutti consapevoli che bisognava
andare ben oltre la socialdemocrazia di Erfurt (poi in quegli anni si aggiunge
il preziosissimo contributo di Polany), si scarica in gran parte sui socialisti
di Giustizia e Libertà (Rosselli, Lombardi, Foa) e su Giuseppe Saragat che
porta tra i socialisti italiani le idee del marxismo evolutivo di Otto Bauer e
dell'austromarxismo.
Un punto delicato sono i rapporti tra Rosselli ed il
marxismo. Come è noto Rosselli ritiene che tra socialismo e marxismo non c'è
parentela necessaria e che comunque il socialismo non può basarsi su una unica
dottrina. Ma Marx è un pensatore molto complesso, e molto lontano dalle
semplificazione che sono state fatte da amici ed avversari. Oggi gran parte
degli studiosi ritiene che occorre fare una distinzione netta tra Marx ed il
marxismo (anzi i marxismi). In quanto quello che viene presentato come marxismo
è spesso frutto di una semplificazione e volgarizzazione del pensiero di Marx
spesso per fini strumentali di polemica politica. E così è da 90 anni. Vittorio
Foa spesso sottolineava i danni fatti alla cultura di sinistra dalle varie
"vulgate" marxiste. E le sue prevalenti sono quella di uno
strutturalismo economicista (che talvolta si riaffaccia anche oggi) o di un
idealismo storicista (hegelo-marxista) che è tipico dell'italocomunismo (da
Togliatti a Berlinguer all'Ecole Barisienne).
Ma torniamo a Roselli. Saragat
che critica alcuni aspetti della sua opera però mette in evidenza il dato che
Rosselli critica il marxismo della "vulgata" di allora (fra l'altro a
quel tempo non erano ancora state pubblicate alcune opere importanti di Marx
come i " Grundrisse" e l'ideologia tedesca. In effetti Rosselli
(rifacendosi largamente al libro di De Man "al di là del marxismo"
del 1926 ) critica il determinismo storico del marxismo allora prevalente sia
nella variante positivista del socialismo di inizio 900 sia nella variante
dialettico-rivoluzionaria bolscevica (poi finita molto male). Ed il concetto
che sta alla base di questo marxismo volgare: il capitalismo prima produce uno
sviluppo straordinario delle forze produttive, poi poiché è attraversato da
crisi endemiche (caduta del saggio del profitto, crisi di sproporzione tra
settori produttivi) frena poi questo sviluppo e si avvia verso il suo crollo.
Studiosi come Ruffolo e Carandini in effetti hanno contestato il dato che in
Marx esista una idea del crollo finale del capitalismo. In quanto il filosofo
di Treviri concepisce le dinamiche ed il processi individuati come
"tendenziali" e non assoluti. Ma nel processo di volgarizzazione ,
che è poi quello più rilevante politicamente perché poi diventa senso comune,
prevale la idea deterministica e palingenetica del socialismo. Almeno fino agli
anni 30, quando inizia ad essere messa in discussione da vari dirigenti ed
intellettuali socialisti. Riccardo Lombardi (che poi è quello che maggiormente
ha attinto da quel socialismo revisionista) diceva che dopo Keynes e Schumpeter
una revisione critica del marxismo era indispensabile. Revisione e non certo
rinnegamento.
Ma c'è un altro elemento che è importante nel pensiero di
Rosselli e che mutua ancora una volta da De Man. Vale a dire che la lotta di
classe non è un semplice riflesso della dialettica tra forze produttive e
rapporti di produzione. ma contiene in se un elemento politico ed etico, di
liberazione umana. De Man parla di una psicologia della classe operaia che è
interessata al superamento di una condizione di inferiorità Rifacendosi
esplicitamente alla psicanalisi di Alfred Adler che era socialista e legato
all'austromarxismo. Questo è stato un aspetto poco indagato nel pensiero
rosselliano, che è comunque solo abbozzato. Saranno Polany e soprattutto
Castoriadis a svilupparlo. Non legare deterministicamente lotta sociale con
dialettica tra forze produttive e rapporti di produzione. Per Castoriadis il
limite di Marx è non l'essersi liberato completamente del pensiero di Hegel che
lui considera il principale esponente del funzionalismo e quindi di una filosofia
sostanzialmente conservatrice. Del resto il comunismo leninista è rigidamente
funzionalista. Sia Rosselli che Castoriadis recuperano (Castoriadis con una
analisi molto più sistematica) il socialismo libertario cerando di liberarlo
delle derive ribellistiche ed utopistiche e portandolo (questo in Rosselli) su
un terreno squisitamente costruttivo e riformatore. Rosselli e Lombardi sono il
tratto di unione tra i socialismo riformista di Turati e Matteotti ed il
socialismo libertario di Merlino. Nel socialismo europeo non c'era solo il
socialismo funzionalista e statalista tedesco di Erfurt. Nel 1894 il socialismo
belga con la Carta di Quaregnon delinea una idea almeno parzialmente
alternativa a quella tedesca che influenzò molto il socialismo italiano, francese
(Jaures soprattutto) ed inglese (Cole). Con la idea di un socialismo laico,
pluralista, libertario, umanista. Il Belgio pur essendo un piccolo paese, in
virtù del suo precoce sviluppo industriale (antecedente a quello prussiano)
sviluppò una grande rete di tessuto cooperativo, mutualistico, sindacale su cui
poi sorse nel 1884 il partito (in Italia si è seguita una via similare) e
quindi un socialismo in cui si univa la necessità di un intervento pubblico
centrale, con lo sviluppo di vasti reti autogestire da lavoratori e cittadini.
Un socialismo fatto proprio da Cole in Inghilterra (il socialismo ghildista) e
anche dagli austromarxisti Bauer e Hilferding. Emile Vanderverlde leader
storico del socialismo belga (che secondo Pino Ferraris, influenzo lo stesso
socialismo scandinavo, molto più di quello tedesco) fu per 18 anni presidente
della Internazionale Socialista.
Come è evidente il socialismo belga ha
influenzato molto il socialismo italiano, mentre il PCI fu molto più
influenzato dalla prima SPD. Di qui le differenze che vi sono sempre state.
Insomma Rosselli, Lombardi, Santi e Foa sono gli eredi , sia pur alla lontana
della Carta di Quaregnon. Pino Ferraris inoltre ha messo in evidenza come il
movimento dei beni comuni ha scoperto l'acqua calda, in quanto recupera idee
che sono sempre stati presenti in una parte importante del socialismo
democratico. Solo che questo movimento ha acquistato connotazioni antipolitiche
che evidentemente erano del tutto assenti in quel socialismo. E quel socialismo
democratico è quello che ha più resistito alle intemperie del 900 (anche in
Germania hanno rivisto molte cose, nel frattempo.
In conclusione quel
socialismo come filosofia di liberà e come umanesimo integrale, che Rosselli
rianima in Italia (e che Lombardi ed altri fanno proprio) , in questa fase di
acuta crisi del capitalismo , è quello che può fornirci stimoli per un progetto
socialista del XXI secolo. Perché è completamente rimasto indenne dalle dure
repliche della storia che hanno visto il crollo del più grande tradimento degli
ideali di emancipazione e liberazione del socialismo: il comunismo reale. In
nome di questo socialismo democratico e libertario possiamo criticare e
combattere meglio il capitalismo mercatista in nome di una idea non unilaterale
e mutilata di modernità, combattendo nel contempo quelle derive autoritarie e
giacobine che in Italia si sono sostanziare nel giustzialismo. E del resto
giustizialismo e mercatismo sono state le caratteristiche dell'ulivismo.
Rompere questo paradigma per fondare su questo socialismo la sinistra che dia
speranze.
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