Letta
ha ottenuto dall'Europa tecnocratica dei banchieri e degli
speculatori finanziari il “contentino” di una modesta
“flessibilità”, che noi sappiamo bene consistere non tanto in
“investimenti pubblici produttivi”, ma in un sostanziale leggero
allentamento del capestro che sta letteralmente impiccando lavoratori
e piccoli e medi imprenditori in Italia. Lo Stato riuscirà
finalmente a pagare i suoi debiti contratti con loro? Forse e in
piccola parte, ma, ovviamente, se non si reciderà il vero nodo
gordiano che rende servo e succube un intero sistema e che consiste
in un livello di evasione fiscale e di corruzione tra i più elevati
al mondo, non ci saranno né manovre né manovrine e tanto meno
“contentini” che possano essere destinati a rivelarsi
concretamente utili ad assicurare un futuro a chi oggi lo vede come
un miraggio nel deserto della propria devastazione endemica:
specialmente i giovani.
Ancora
una volta tutto viene rimandato, infatti gli
investimenti non verranno esclusi dal calcolo del deficit, si
consentirà invece di allungare il tempo per raggiungere gli
obiettivi.
Si
allunga il tempo per l'IVA, per l'IMU, per gli F35 (militari
permettendo, dato che sembra che essi abbiano intenzione di mettere
sotto tutela il nostro Parlamento) e per altri non ben definiti
programmi “capestro”, mentre, nel frattempo, si lascia la
precarietà com'è, e si spingono i giovani alla “schiavitù
salariale” consentendo incentivi solo per assumere quelli che non
hanno un diploma di scuola superiore o un titolo più elevato.
Soddisfazione
e trionfalismo sbandierati dalle prime pagine dei giornali “one
truck mind” paiono così del tutto fuori luogo.
Nessuna
produttività infatti, specialmente nel settore pubblico, può essere
incrementata senza una seria riforma dei suoi assetti che parta, in
primo luogo, dalla riduzione dei privilegi e dalla rottura del
circolo vizioso che tuttora esiste tra amministrazioni pubbliche, in
particolare territoriali, e organizzazioni malavitose, senza cioè
spezzare la catena di vassallaggio di questo paese che lega
indissolubilmente politica e mafie di vario genere, alimentando una
corruzione stratosferica che equivale, con i suoi circa 70 miliardi
stimati dalla Corte dei Conti, ad almeno dieci manovre finanziari
annue. Nessun miglioramento senza incentivare il lavoro di chi serve
lo Stato nei suoi servizi più nevralgici ed essenziali: Scuola,
Sanità, Sicurezza. Siamo arrivati al punto che persino un militare
può prendere i gradi e progredire “giuridicamente”, mantenendo
però lo stipendio dei suoi gradi precedenti. Anche a questo
dovrebbero pensare seriamente coloro che ordinano di manganellare i
poveri disgraziati. Dove sta il “loro nemico”: di fronte o a
mordergli il sedere?
Non
colpendo i nodi strutturali e rimandando solo quello che appare alla
opinione pubblica più feroce ed inopportuno, il “cane fedele”
non può che avere un guinzaglio più lungo, ma non può certo
scorrazzare a suo piacimento, né togliersi la “museruola”, e se
improvvisamente, si trova in preda ad un attacco di rabbia repentina,
come può essere capitato a Roma ai senza casa o ai siderurgici di
Terni, lo si bastona a sangue e senza pietà, così imparerà meglio
a deglutire l'unica carota che può permettersi di ingurgitare.
L'Europa
è costituita ormai secondo un ferreo “regime internazionale”
paragonabile solo a quello tutelato un tempo dalla Santa Alleanza,
che però, allora, aveva almeno qualche fondamento “spirituale e
religioso” oggi, per suggellare l'inossidabile strutturazione
dell'Europa Atlantista non vi è altro che la legge del profitto, e
guai a chi prova a svelarne gli “altarini” o “gli scheletri
negli armadi”. La sorte di quelli come Assange o come Edward
Snowden,
la "talpa" del Datagate,
che io paragonerei a i
coraggiosi filosofi che, entrando nella “caverna globale del web”
ne smascherano le subdole ombre, rivelandole per quel che
concretamente rappresentano nel mondo reale, è segnata in partenza,
per loro c'è solo la “caccia all'uomo”, il destino
predeterminato della cicuta.
Persino
un Presidente di uno Stato, anche solo sospettato di poter fornire
loro diritto d'asilo, può essere sequestrato, come è accaduto ad
Evo Morales, con tutto il suo aereo ed il suo equipaggio, addirittura
negandogli il diritto di passare per lo spazio aereo di alcuni Stati
sovrani.
La
Santa alleanza della Restaurazione postnapoleonica aveva sicuramente,
in confronto a tali prospettive, mezzi molto meno efficaci e
tempestivi.
Un
tempo si poteva ancora congiurare, magari dandosi alla Carboneria, ma
oggi, con il “braccialetto elettronico” di un cellulare sempre
acceso con noi, con un costante contatto in un social network in cui
tutto quello che diciamo o mostriamo viene passato inesorabilmente al
“grande occhiuto fratello” non c'è luogo in cui celarsi o per
essere clandestini.
E
allora la nuova forza probabilmente deve venire dalla “visibilità”,
dal farsi osservare senza timore alcuno, dal mostrare e dal mostrarsi
insieme a tanti, e sempre di più, non come “moltitudine” sparsa
ed incazzata, ma come onda di rete: organismo sempre più
strutturato, come “una coscienza collettiva” di lotta che non ha
un “capo” ma uno, dieci, cento, mille, centomila e un milione e
più di “capi”, ciascuno intercambiabile rispetto agli altri, e
tutti inesorabilmente protesi verso lo stesso obiettivo.
Massa
critica pronta a diventare, se necessario, “tsunami” travolgente
verso chi lede le basi strutturali del diritto, della giustizia
sociale e della libertà.
Il
sistema odierno, come ho fatto più volte notare, infatti, conta
soprattutto sui “capi” dei movimenti o dei partiti, sui loro
vassalli, valvassini e valvassori per arginare le maree ormai
montanti del dissenso che, dal Mediterraneo, salgono ciclicamente, ma
ancora sporadicamente verso l'Europa, conta sulla loro divisione,
sulla loro esplosione effimera, ma teme la loro saldatura,
specialmente se essa avviene anche con paesi ormai governati
stabilmente in controtendenza, magari in altri continenti meno
asserviti, rispetto agli assetti dominanti nell'Europa Atlantista,
nella grande area della Restaurazione neocapitalista ed imperialista.
Per impedire ciò usa oramai mezzi sofisticatissimi che vanno
dall'infiltrazione nei movimenti nascenti (per altro a volte
grottesca perché certi personaggi si riconoscono lontano un miglio
per ciò che sono e sono sempre stati), al sistema di spionaggio
globale, fino a potenziare la nascita di movimenti falsamente
antagonisti, per impedire che altri, che lo sono concretamente,
possano precederli.
Il
risultato è sotto gli occhi di tutti: il disorientamento e la
frustrazione, il non trovare mai un riscontro, un vero punto di
riferimento per una vera lotta che porti ad invertire questa nefasta
tendenza al dominio capillare; e da tutto ciò non può che nascere
la solitudine, l'oblio e quella disperazione che, per i più fragili,
soli e meno dotati di strumenti anche culturali di interpretazione e
reazione, può sfociare, come accade ormai sempre più spesso, nel
suicidio.
La
risposta non può che consistere in tre fattori essenziali: unità,
organizzazione e mobilitazione.
Avere
un soggetto politico unitario e realmente non colluso né satellitare
rispetto a chi ormai fa parte integrante di un gotha di potere, non
solo a livello nazionale, ma europeo e globale, che, pur nelle sue
necessarie e dialettiche differenze interne proceda senza
tentennamenti né polemiche asfittiche verso obiettivi essenziali,
strutturato territorialmente in modo che possa agire nei luoghi dove
la sofferenza, il degrado e la marginalizzazione risultano più
dirompenti e dolorosi, e infine dotato di strumenti di mobilitazione
tali che non ci possano né debbano più essere “bastoni” capaci
di contenerlo.
Possibile
mai che in questo paese la morte di un tifoso susciti più rabbia,
mobilitazione e combattività della morte o bastonatura a sangue di
un senza casa, di un senza lavoro, di un giovane precario o di un
operaio che presidia la sua fabbrica?
Chiediamocelo
seriamente un po' tutti, prima di organizzare una squadra adeguata
che almeno possa competere per vincere lo scudetto della civiltà e
della libertà, o la coppa dei campioni della giustizia sociale.
Siamo
già, come popolo, nella serie C dei “contenti e coglionati”, con
unica alternativa indotta quella di risalire alla B dei
“bamboccioni”, mentre dovremmo seriamente pensare di competere
nella A dei veri Antagonisti e della concreta Alternativa.
C.F.
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