Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo
Garibaldi, pioniere dell'Ecosocialismo (clickare sull'immagine)

giovedì 20 giugno 2013

LA " MATURITA' " DELL'OMICIDIO POLITICO




Tra le tracce dei temi proposti ai maturandi ieri, forse la più intrigante è quella sugli omicidi politici.
A guardarla così, dopo una breve scorsa, sembra più che altro un esorcismo, il ministro infatti ha messo insieme omicidi politici di vario genere, di varie epoche e del tutto scollegati tra loro, con un unico filo conduttore che sembra sotteso ai brani presentati: l'omicidio politico è sbagliato comunque, in tutte le epoche.
La prima cosa che colpisce innanzitutto è il taglio prettamente manualistico e cronachistico dell'antologia offerta allo studente.
Abbiamo su Francesco Ferdinando alcune righe che ci descrivono i fatti ma che non lasciano minimamente presagire il clima in cui quell'attentato maturò, e cioè, tra l'altro, che l'erede al trono era uno dei principali sostenitori della pace e voleva scongiurare la guerra con la Serbia a tutti i costi.
Il secondo brano su Matteotti non menziona minimamente il fatto che il coraggioso deputato Socialista stava indagando e soprattutto stava per denunciare pubblicamente i loschi affari che legavano strettamente il nascente regime fascista a quegli speculatori che, senza scrupolo alcuno, lo finanziavano e traevano ancora profitto da affari illeciti.
Il terzo, su Kennedy, lascia completamente in ombra il fatto che il Presidente americano avesse negato l'appoggio aereo ai controrivoluzionari cubani sbaragliati nella baia dei Porci e stesse, con il provvedimento del 4 giugno 1963, sottraendo alla Federal Reserve il suo potere di affittare la moneta al governo, in cambio del pagamento di interessi. Questo sicuramente avrebbe impedito al debito di crescere e avrebbe colpito gli interessi di un gigante finanziario come la FED, restituendo sovranità monetaria allo Stato. Nulla nella traccia è menzionato in merito all'impegno preso dal presidente di uscire dal Vietnam entro il 1965, e cioè entro il suo secondo eventuale mandato. Kennedy si trovò così a sfidare il governo monetario attaccando al cuore i due sistemi nevralgici da sempre usati per indebitare gli stati: la guerra ed il controllo della moneta da parte di una banca privata. Praticamente ciò che accade oggi all'Italia e ad altri paesi europei con la BCE e con le missioni internazionali.
Infine su Moro cosa abbiamo? Alcune righe di cronaca che nulla ci dicono del fatto che egli stesse cercando nuovi equilibri politici, accelerando con gli accordi con il PCI, il passaggio di quel partito ad una area socialdemocratica, e soprattutto il fatto che anche lui, come Kennedy, si stava battendo per restituire sovranità monetaria al nostro Paese.
Egli ebbe infatti l'idea di emettere biglietti di Stato a corso legale senza chiedere in prestito banconote a Bankitalia, ciò per consentire l'emissione Sovrana, senza debito, di cartamoneta a corso legale. Pochi sanno che in tal modo le spese dello Stato furono finanziate per circa 500 miliardi tra il '60 e il '70 e senza ricorrere a tagli, ma semplicemente emettendo una cartamoneta di 500 lire a corso legale.
Gli ulteriori indizi della trama di omicidi illustri che qui ci viene offerta dal ministro come uno spezzatino ridotto all'osso, sarebbero tanti e notevoli, ma evitiamo di dilungarci perché non vogliamo certo svolgere il tema al posto degli studenti.
Quello che ci preme osservare piuttosto è la liceità o meno del cosiddetto “omicidio politico” che, evidentemente, nei casi menzionati appare non solo illecito, ma del tutto immorale, quasi una sorta di "martirio".
Eppure non siamo affatto convinti che sia così. Specialmente considerando l'omicidio politico più importante perpetrato agli inizi del XX secolo, quello di Umberto I, ad opera di Gaetano Bresci, inquadrabile perfettamente nella categoria del “tirannicidio”, speriamo sia superfluo infatti ricordare che quel re fece cannoneggiare la folla decorando l'artefice della strage che ne seguì, e che Bresci disse a chiare lettere che lui aveva “attentato al Capo dello Stato perché responsabile di tutte le vittime pallide e sanguinanti del sistema che lui rappresenta”, mettiamoci tra di esse anche un intero popolo meridionale costretto alla rivolta, alla fame o all'emigrazione, e massacrato senza pietà.
Vari attentati per ucciderli vennero messi in atto anche contro Mussolini, contro Hitler e contro Stalin anche se non ebbero esito positivo.
E' quindi del tutto evidente che la questione “omicidio politico” deve comportare una efficace riflessione su quanto e quando esso rientri nella categoria del "martirio" o del “tirannicidio”
Una scelta, quest'ultima, che viene definita fin dall'antichità, non solo come lecita, ma persino moralmente necessaria, e se lo studente liceale forse ricorda bene Armodio e Aristogitone oppure Bruto e Cassio, magari gli è più difficile menzionare Giovanni di Salisbury che per la prima volta nel Medioevo considerò legittima l'uccisione di un tiranno che avesse violato non solo le leggi divine, ma anche il suo patto con il popolo dei suoi sudditi.
E che dire poi di Vittorio Alfieri? (questo almeno nei programmi liceali ci dovrebbe essere) Egli nel suo trattato Della Tirannide afferma che colui che non vuole diventare complice di un tiranno, rendendosi partecipe della vita servile e corrotta della sua corte, e soprattutto volendo salvaguardare e difendere la libertà morale a cui non vuole in alcun modo rinunciare, ha solo due possibilità, altrettanto lecite, sebbene estreme: il tirannicidio o il suicidio.
Alfieri però è ben consapevole che il tirannicidio è molto rischioso e può solo essere messo in atto in condizioni particolari e rare, e che è più frequente, per altro, che si ricorra al suicidio per sfuggire allo spregevole dominio di un governo tirannico e totalitario.
A questo punto temiamo però che il non sappiamo se chiamare incauto o troppo avveduto studente avrebbe seriamente rischiato di fermarsi a riflettere sui fin troppo numerosi suicidi in corso in Italia e nei paesi più poveri di una Europa che va configurandosi come un assetto monetaristico e finanziario capitalistico e totalitario. Sulle sempre più numerose persone che, per non essere umiliate dalla precarietà endemica, dalla questua del lavoro nero rivolta a clientele o ad organizzazioni malavitose, dopo essere state licenziate a causa di leggi che hanno reso sempre più facile il truce compito dei buttafuori aziendali, di fronte alla palese immoralità di questo sistema che pretende di avere la nomea dell'unico mondo necessario e possibile, non potendo fare più altro per se stessi e per la propria famiglia, per mantenere quella sacrosanta dignità morale personale che dovrebbe essere assicurata non solo dalla Costituzione, ma anche dalla religione maggiormente praticata in Italia e in Europa, non vedendosi “rimettere i loro debiti” e non potendo rovesciare gli artefici di tale infame e tirannico assetto criminale, ammazzano irrimediabilmente loro stesse.
E' assai pericoloso che uno studente arrivi a pensare tutto ciò, specialmente se vi si aggiunge il fatto che il suo futuro è destinato ad essere desertificato nella penosa trafila in una università squalificata, nella permanenza nel limbo bamboccionesco dei falliti in partenza, soprattutto perché poco o per niente figli di papà, e infine in una penosissima età adulta destinata a restare senza casa, senza famiglia e senza figli (perché senza un lavoro che possa degnamente garantirli) indotta per giunta a concludersi nella discarica di una vecchiaia senza pensione.
Meglio dunque che il giovane studente non pensi al “tirannicidio” e che consideri l'omicidio politico sempre e comunque un fatto aberrante, anche se per far questo si arriva all'astrusità di mettere sullo stesso piano un erede ad un trono imperiale come Francesco Ferdinando con un socialista nemico di tutti i troni come Matteotti, o il capo di una repubblica presidenziale-imperiale come Kennedy con un politico di un partito “vassallo” di un paese-provincia di un impero economico, finanziario, militare e politico come Moro.
Meglio che il "maturando" ci parli di un mosaico di storie, al meglio delle sue possibilità, ricordando il suo manualetto di storia e magari cercando il più possibile di rendere il quadro unitario non troppo “astratto” o “cubista”.
E soprattutto molto meglio se non legge Alfieri o se lo considera solo un letterato di altri tempi, uno che era tanto “fuori di testa” da legarsi alla sedia, per consentirsi di attuare il suo “volli, fortissimamente volli”
E' meglio così in un mondo ed in una società in cui è già tutto “voluto” in partenza.


C.F.  

Nessun commento:

Posta un commento