Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo
Garibaldi, pioniere dell'Ecosocialismo (clickare sull'immagine)

domenica 28 ottobre 2012

NOI C'ERAVAMO, NOI CREDEVAMO, NOI LOTTIAMO.



C'eravamo il 15 Ottobre dello scorso anno a sfidare i black blok e la polizia che spezzava il corteo, per protestare contro le politiche che consentono a pochi di essere sempre più ricchi e lasciano interi popoli nell'abbandono e nell'indigenza, ci siamo stati anche quest'anno, ieri, 27 Ottobre, prima volta in cui l'Italia che non soggiace ai ricatti, che mette al primo posto la necessità di tassare i più ricchi e garantire ai più deboli un reddito di cittadinanza tale da impedire che la disperazione da abbandono e da marginalità dilaghi nel suicidio di massa, ha alzato finalmente la testa con dignità, per dire un basta forte e chiaro.
Avremmo voluto essere ancora di più, avremmo voluto marciare uniti ad un sindacato che invece di mandare in ordine sparso i lavoratori in sciopero a farsi colpire da ulteriori tasse mascherate da proteste di singole categorie, avrebbe già dovuto convocare uno sciopero generale di proporzioni oceaniche. Ma tant'è, noi c'eravamo, noi credevamo..
Oggi c'è in ballo la dignità e il futuro di un intero popolo che ha di fronte un bivio: o seguire i ricatti dei mercati, i cui arbitri non sono Zeus nell'Olimpo o la sua consorte Giunone, e nemmeno il Dio senza nome dell'universo giudaico-cristiano, ma hanno precisi nomi e cognomi di personaggi e istituti finanziari da rapina speculativa globale, oppure, non come dicono certuni millantatori del nulla, certi poveri e meschini scherani della meteorologia del capitalismo senza regole e freni, rovesciare il tavolo, ma piuttosto rinegoziare seriamente i vincoli con cui interi popoli sono tenuti con il cappio al collo e si preferisce salvare le loro banche piuttosto che i servizi vitali di cui i cittadini non possono fare a meno. Tenendo soprattutto conto che, salvare gli stati con i loro servizi sociali, costa, tra l'altro, anche meno che salvare gli istituti finanziari.
Oggi, in Italia, con la piena complicità di un sistema mediatico che sistematicamente manganella ogni possibilità di dissenso, impedendole anche minimamente di apparire e di rialzare la testa, perché la costringe alla nullità da mancanza di finanziamenti e di mezzi per comparire, un apparato politico trasversale di complici della millantatrice meteorologia del mercati, non fa altro che assicurarsi la continuità dei propri privilegi, scaricando i costi della sua inefficienza e della crisi strutturale del sistema capitalistico sulla gente, sul popolo, fino a costringerlo alla mancanza di libertà e di democrazia, con la fiducia ad un governo di tecnici arroganti e inefficienti, il cui compito è palesemente quello di scongiurare ogni qualsiasi tipo di cambiamento.
Novanta anni fa entrava in scena una dittatura rozza e violenta, oggi ne abbiamo una che pretende di essere raffinata e morbida, ma che, di fatto, ha azzerato sia la sovranità popolare sia ogni tipo di dissenso.
Ieri, nonostante la furia denigratoria dei nuovi dittatori della tecnocrazia grigia dell'Italia contingente che vorrebbero far lavorare i servitori di uno Stato che loro usano per incrementare i loro privilegi, di più, ma con stipendi inferiori, esattamente come si fa con un servo, nonostante la protezione indebita offerta ad un popolo, in pieno stile taglieggiatorio, con tasse invereconde che si abbattono indiscriminatamente su tutto e su tutti, anche sui beni essenziali ed indispensabili, come la casa di abitazione, mentre i grandi patrimoni restano sempre intoccabili, nonostante il silenzio acquiescente della pseudosinistra che si candida a governare proseguendo la strada dell'imbambolamento delle masse dei lavoratori con la litania dei sacrifici a senso unico, noi c'eravamo, noi lottavamo.
Perché noi credevamo, noi crediamo e noi crederemo che un'altra Italia e un altro mondo non solo sono possibili, ma anche doverosi e necessari.
Purtroppo abbiamo constatato che anche certa sinistra antagonista prosegue con degli slogan astratti che il popolo non capisce e di conseguenza non segue, provate infatti a chiedere cosa ne sa del fiscal compact il cittadino che chiude le saracinesche per paura della devastazione o l'anziano che capita per caso per strada o lo studente che ancora studia la storia delle date e delle grandi battaglie, oppure la casalinga che deve solo far quadrare i conti in famiglia.
Per questa gente gli slogan sui massimi sistemi del capitalismo in crisi strutturale non funzionano più, e non per niente questa gente o non vota o lo fa seguendo le suggestioni di un leader populista e demagogo, ancor di più se sa divertire, da autentico professionista del settore.
La sinistra che vuole riconquistare alla causa del vero cambiamento, in nome della giustizia e della libertà quel consenso miseramente desertificato nell'astensionismo o nell'applauso che si mescola alla risata dissacratoria e sgangherata, ha bisogno non di una narrazione, magari senza nemmeno il lieto fine, ma con l'unico epilogo dell'imbroglio consociativo, ma di una seria e convincente proposta politica alternativa che parta dalla tutela dei beni e dei sevizi comuni, dalla necessità di far pagare chi non ha mai pagato, e dalla garanzia che non ci sarà mai nessuno lasciato morire di disperazione e di abbandono, tanto meno chi sta peggio ed è pure colpito da una disabilità.
Le forze della sinistra non di matrice strettamente comunista hanno una grande responsabilità nel portare avanti questo compito, come per un dovere morale immancabile, per un imperativo categorico della coscienza morale, prima ancora che politica, così come hanno fatto da sempre quelle minoranze illuminate che hanno seriamente e concretamente cambiato la storia di questo Paese, dal Risorgimento alla Resistenza.
Per questo, esse hanno il dovere di emergere prima come soggetti politici autonomi sicuramente riconoscibili, combattendo una battaglia di avanguardia con altre forze politiche, contaminandole con un linguaggio ed una prassi nuova, e non limitandosi alla mera lotta di retroguardia che resti confinata in un associazionismo trasversale permanentemente relegato nell'apnea dell'inazione politica da altri partiti, di piccole o grandi proporzioni.
E' tempo di finirla con i perché rivolti ai tutori, e tempo di assumersi la responsabilità di dare in prima persona delle risposte, che implicano un impegno diretto sul campo e il diretto sostegno anche a chi scende concretamente nel teatro della lotta, come chi si candida ad amministrare la capitale ha fatto ieri, partecipando alla collegialità di una protesta comune, in tutti i modi nascosta e scongiurata anche con false previsioni meteorologiche, dai media servi dell'ideologia dominante. Quella della ineluttabilità del presente come fenomeno naturale, come se la speculazione e la corruzione fossero niente altro che terremoti o tsunami o inondazioni, di fronte ai quali non ci restano che i sacchetti di sabbia ed i loro insabbiatori.
La Lega dei Socialisti diventati grandi e adulti, e senza quindi né bavaglio e né tutore, è scesa in campo ieri insieme al Nuovo Partito d'Azione, piccoli passi per due piccoli gruppi politici, ma salti straordinari per l'umanità e la capacità dell'Italia libera nuova di esserci e di testimoniare un'altra verità, che dirada sia le nebbie di quella ideologica dei mass media dominanti, sia quella sterilmente polemica ed autoreferenziale che non di rado si dispiega nel web.
La verità di ieri non ha bisogno di narrazioni e tanto meno di narratori, si narra da sola, con i fatti, abbiamo gridato a chiare lettere che l'Italia non ha bisogno di papponi di stato che facciano pagare il costo della sua prostituzione di massa ai più poveri e disgraziati, riservando le migliori “prestazioni” ai più ricchi e privilegiati.
Questo è il linguaggio che la gente capisce perché lo sente, lo soffre e lo sconta sulla propria pelle.
Siamo sicuri che in molti ci hanno intesi. Non è che un debutto, altri scenari ci attendono per scelte e lotte sempre più concrete, decisive e soprattutto unitarie.
La piccola sinistra laica degli antichi e intramontabili valori etici prima ancora che politici, vuole sfidare quella ideologicamente identitaria alla prova dei fatti e della condivisione, lo fa senza spocchia ma semplicemente con la tenacia del camminatore instancabile che vuole arrivare ad una meta importante e condivisa.
Non ci fermeremo, continueremo, fino alla vittoria, sempre!
C.F.




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