Leonardo
Boff
Teologo/Filosofo
A partire dagli
anni 50 del secolo passato sono sorti in Brasile, in seno alla massa degli
esclusi, movimenti sociali di natura diversa, tutti con un sogno: rifondare il
Brasile, costruendo una nazione autonoma e non più un conglomerato di imprese al
servizio del capitale mondiale. Questa forza sociale ha raggiunto dimensioni
trasformatrici quando è avvenuta l’alleanza tra questi movimenti popolari con
gli intellettuali che, non appartenendo agli strati oppressi, optarono per
questi ultimi, ne assunsero la causa, ne appoggiarono le lotte e parteciparono
al loro destino, a volte tragico perché segnato da persecuzioni, prigione,
torture, esilio e morte, come sta dimostrando la Commissione della
Verità.
Con questo la
intellighenzia brasiliana ha cominciato a pagare un enorme debito sociale verso
il popolo. Ma questa alleanza ha bisogno di essere rifatta e consolidata in
continuazione, specialmente adesso che uno dei suoi rappresentanti è arrivato
alla presidenza e ha raggiunto risultati politico-sociali mai prima
realizzati. Su di lui ricade tutto il peso del preconcetto di classe. Da qui la
furia con cui viene attaccato in continuazione con l’obiettivo di annientare la
sua leadership carismatica e la conseguente risonanza mondiale.
Ora più che mai
l’università dove si formano gli intellettuali, non può più essere ridotta a
macro-apparecchio di riproduzione della società decisionista e a fabbrica
formatrice di quadri per il funzionamento del sistema imperante. Nella nostra
storia patria è stata sempre anche un laboratorio di pensiero contestatario e
libertario; è la sua missione storica permanente che deve essere accelerata
oggi dato l’aggravamento della crisi generale del mondo.
La sfida
maggiore è consolidare le conquiste sociali popolari raggiunte. Per questo la
nuova centralità risiede nella costruzione della società civile a partire dalla
quale uomini anonimi e invisibili smettono di essere quello che sono e passano
essere un popolo organizzato. Senza questo tipo di cittadinanza non ci sono
basi per un progetto di reinvenzione del Brasile con democrazia sociale,
popolare e quotidiana. Per raggiungere questa meta storica e si fa urgente
l’incontro dell’università con la società.
Prima di tutto,
importa creare e consolidare un’alleanza tra l’intellighenzia accademica e i
condannati alla miseria e alla povertà. Tutte le università specialmente dopo la
riforma del loro statuto fatta Humboldt nel 1809 a Berlino, hanno dato al loro
corpo le due braccia che fino ad oggi la costituiscono: il braccio umanistico
che viene dalle Università medievali e il braccio tecnico scientifico che ha
creato l’attuale mondo. Esse sono diventate luogo classico della
problematizzazione della vita, dell’uomo, del suo destino, della cultura, di
Dio. Le due culture -quella umanistica e quella tecnico-scientifica – sempre
più smettono di coesistere e si intercomunicano nel senso di prendere sul serio
il loro contributo nella gestazione di un paese con meno diseguaglianze e
ingiustizie.
Le università
sono sorte per assumere questa sfida: le varie facoltà e istituti devono cercare
di mettere radici organiche nella base popolare, nelle periferie e nei settori
legati direttamente alla produzione dei mezzi di vita. Qui si può stabilire
scambi fecondi di sapere, tra il sapere popolare, fatto di esperienza e il
sapere accademico, frutto di studio e di ricerca. Da questo scambio può sorgere
la definizione di nuove tematiche teoriche e pratiche e si valorizza la
ricchezza del popolo nella sua capacità di risolvere i suoi
problemi.
Questa diligenza
permette un nuovo tipo di cittadinanza, basata sulla con-cittadinanza:
rappresentanti della società civile e delle basi popolari come pure
dell’intellettualità prendono iniziative autonome e sottomettono lo Stato a
controllo democratico, esigendo dallo stesso servizi del bene comune. In queste
iniziative popolari, sia nella costruzione di case in corvées, sia nella
ricerca di mezzi per la salute, sia nella forma di produzione di alimenti, sia
nella contenimento delle scarpate alluvionali e per mille altri fronti, i
movimenti sociali sentono la necessità di un sapere professionale. È qui che
l’intellighenzia e l’università possono e devono entrare, socializzando il
sapere, proponendo soluzioni originali e aprendo prospettive, a volte
inimmaginabili da chi è condannato a lottare solo per la
sopravvivenza.
Da questo
andirivieni fecondo tra pensiero universitario e sapere popolare può sorgere
un nuovo tipo di sviluppo adeguato alla cultura locale e all’ecosistema
regionale. A partire da questa pratica, l’università pubblica riscatterà il suo
carattere pubblico, sarà a servizio della società e non appena di quei
privilegiati che sono riusciti a entrarci. E l’università privata realizzerà la
sua funzione sociale, visto che in gran parte è ostaggio degli interessi privati
delle classi abbienti e incubatrice della loro riproduzione sociale. Da questo
matrimonio tra intellighenzia e miseria nascerà un nuovo popolo libero dalle
oppressione per vivere in un paese più giusto.
Tradotto da Romano
Baraglia
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