Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

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lunedì 22 ottobre 2012

Convivialità: passaggio dallo stadio animale all’umano


Leonardo Boff

La specificità “essere umano” è sorta in forma misteriosa e di difficile ricostruzione storica. Ma ci sono indizi che 7 milioni di anni fa a partire da un antenato comune sarebbe cominciata la separazione lenta e progressiva tra le scimmie superiori e gli umani.
Etnobiologi e archeologi ci indicano un fatto singolare. Quando i nostri antenati antropoidi uscivano a raccogliere frutti, sementi, cacciagione e pesce non mangiavano ognuno per conto suo. Prendevano gli alimenti e li portavano al gruppo. E così praticavano la convivialità, il che vuol dire: dividevano gli alimenti tra di loro e li mangiavano in modo comunitario. Questa convivialità ha permesso il salto dall’animalità in direzione dell’umanità. Piccola differenza, totale differenza.
Quello che ieri ci ha resi umani continua ancora oggi a farci di ancora umani. E se non c’è, diventiamo disumani, crudeli e senza pietà. Non è questa, purtroppo, la situazione dell’umanità attuale?
Un elemento produttore di umanità strettamente legato alla convivialità è la culinaria, tecnica relativa alla preparazione degli alimenti. Bene ha scritto Claude Lévy-Strauss, eminente antropologo che ha lavorato molti anni in Brasile: «Il dominio della cucina costituisce una forma di attività umana veramente universale. Come non esiste società senza linguaggio, così pure non c’è nessuna società che non cucini qualcuno dei suoi alimenti».
500.000 anni or sono l’essere umano ha imparato a fare il fuoco e a controllarlo. Con il fuoco ha cominciato a cucinare gli alimenti. Il «fuoco culinario» è ciò che differenzia l’essere umano dai mammiferi complessi. Il passo dal crudo al cotto è considerato uno dei fattori di passaggio dallo stadio animale allo stadio di essere umano civilizzato. Con il fuoco è nata la culinaria, propria di ciascun popolo, di ciascuna cultura e di ciascuna regione.
Non si tratta mai soltanto di cucinare gli alimenti ma di dar loro sapore. Le varie culinarie creano abiti culturali, non raramente vincolati, da noi, a certe feste come il Natale (tacchino), la Pasqua (uova di cioccolata), primo dell’anno (carne suina), la festa di San João (granturco bollito) e altre.
Nutrirsi non è mai un meccanismo biologico individuale. Mangiare in modo conviviale è comunicare con gli altri che mangiano con noi. È comunicare con le energie cosmiche che soggiacciono agli alimenti, specialmente la fertilità della terra, il sole, le foreste, le acque e i venti.
In ragione di questo carattere sacro del mangiare/consumare/comunicare tutta la convivialità è in qualche modo sacramentale. Abbelliamo gli alimenti, perché non mangiamo soltanto con la bocca ma anche con gli occhi. Il momento di mangiare è uno dei più attesi del giorno e della notte. Esiste la coscienza istintive e riflessa che è senza mangiare non c’è né vita, né sopravvivenza, né allegria di esistere e di coesistere.
Per milioni di anni di essere umani sono stati tributari della natura, prendevano da lei quello di cui avevano bisogno per sopravvivere. L’appropriazione dei frutti della natura si evolve e viene isolata la loro produzione mediante la creazione dell’agricoltura che suppone la domesticazione e la coltivazione di sementi e piante.
Dieci o dodici mila anni or sono è avvenuta forse la maggiore rivoluzione della storia umana: da nomadi, gli esseri umani diventarono sedentari. Fondarono le prime città (12.000 a.C.), inventarono l’agricoltura (9000 a.C.) e cominciarono a domesticare e allevare animali (8500 a.C.). S’innescò un processo di civilizzazione estremamente complesso con successive rivoluzioni: industriale, nucleare, cibernetica, nanotecnologica e dell’informazione fino ad arrivare a noi.
Innanzitutto si domesticarono cereali e vegetali selvatici, probabilmente a opera di donne più osservatrici del ritmo della natura.
Tutto ha inizio a quanto pare nel Medio Oriente tra il Tigri e l’Eufrate nella valle degli indù dell’India. Lì vennero domesticati grano, avena, lenticchie e piselli. In America Latina, granoturco, avocado, pomodoro, mandioca e fagioli. In oriente, riso e risino, in Africa granturco e sorgo.
In seguito verso il 8500 a.C., si domesticarono specie animali, a cominciare da capre, pecore, poi il bue e il porco. Tra i gallinacei la gallina fu la prima e tutto il processo agricolo è stato facilitato dall’invenzione della ruota, della zappa, dall’aratro e da altri utensili di metallo verso il 4000 a.C.
Questi pochi dati oggi sono presentati scientificamente da archeologi e etnobiologi che usano le più moderne tecnologie: carbonio radioattivo, microscopio elettronico, analisi chimica dei sedimenti, delle ceneri, del polline, degli ossi e carboni di legna. I risultati permettono di ricostruire com’era l’ecologia locale come si operava l’utilizzazione economica da parte delle popolazioni umane.
Siccome si seminava e si raccoglievano grano o riso, si potevano creare delle riserve, organizzare l’alimentazione di gruppi, fare crescere la famiglia e la popolazione. C’era da guadagnarsi la vita con il sudore della fronte. Fu fatto con furore. Il progresso dell’agricoltura e dell’allevamento di animali fece scomparire lentamente la decima parte di tutta la vegetazione selvatica e degli animali. Non c’era ancora la preoccupazione per la gestione responsabile dell’ambiente. E’ difficile anche solo immaginarlo, data la ricchezza delle risorse naturali e la capacità di rigenerazione degli ecosistemi.
A ogni modo neolitico mise in marcia un processo che giunge fino ai giorni nostri. La sicurezza alimentare e il grande banchetto che la rivoluzione agricola avrebbe potuto preparare per tutta l’umanità nel quale tutti sarebbero ugualmente commensali, non ha potuto ancora essere e celebrato. Più di 1 miliardo di esseri umani stanno ai piedi della mensa aspettando qualche briciola per potere calmare la fame. Il vertice mondiale dell’alimentazione celebrato a Roma nel 1996 che si propose di sradicare la fame entro il 2015, dice che “la sicurezza alimentare esiste quando tutti gli esseri umani hanno, in qualsiasi momento, un accesso fisico economico a una alimentazione sufficiente, sana e nutritiente, permettendo loro di soddisfare le loro necessità energetiche e le loro preferenze alimentari per poter condurre una vita sana e attiva”.
Questo proposito è stato assunto dalle Mete del Millennio dell’ONU. Purtroppo la stessa FAO ha comunicato nel 1998 e adesso l’ho fatto anche l’Onu, che questi obiettivi non saranno raggiunti a meno che non sia superato il fossato troppo grande delle diseguaglianze sociali.
Finché non facciamo questo salto non completiamo ancora la nostra umanità. Questa è la grande sfida del secolo 21º, quella di arrivare a essere perfettamente umani.



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