Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

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venerdì 3 agosto 2012

Cuore ferito: l’irrazionalità della ragione


Non siamo lontani dalla verità se intendiamo la tragedia attuale dell’umanità come il fallimento di un tipo di ragione predominante negli ultimi 500 anni.
Con l’arsenale di risorse di cui dispone, non si riesce a spiegare le contraddizioni create dalla ragione stessa. Già abbiamo analizzato in queste pagine come si è operato a partire da allora, la rottura tra la ragione oggettiva (la logica delle cose) e la ragione soggettiva (gli interessi dell’io). Questa si è sovrapposta a quella fino al punto di installarsi come esclusiva forza di organizzazione storico sociale. La ragione soggettiva è stata intesa come volontà di potere e il potere come dominazione sulle persone e sulle cose. La centralità adesso è occupata dal potere dell’ “ io”, esclusivo portatore di ragione e di progetto. Questo favorirà e farà crescere quello che gli è connaturale: l’individualismo come affermazione suprema dell’ “io”. E l’io si strutturerà nel capitalismo il cui motore è l’accumulazione privata e individuale senza nessuna considerazione sociale o ecologica.
È stata una decisione culturale altamente arrischiata quella di affidare esclusivamente alla ragione soggettiva l’impianto strutturale di tutta la realtà. Ciò ha implicato una vera dittatura della ragione che ha ricalcato o distrutto altre forme di esercizio della ragione, come la ragione sensibile, simbolica e etica, fondamentali per la vita sociale. L’ideale che l’ “io” perseguirà irrefrenabilmente sarà un progresso illimitato, nel presupposto insindacabile che le risorse della terra sono anch’esse illimitate. L’infinito del progresso e l’ infinito delle risorse costituiranno l’a priori ontologico e il pregiudizio fondante di questa rifondazione del mondo.
Ma ecco che dopo 500 anni, ci rendiamo conto che tutti e due questi infiniti sono illusori. La Terra è piccola e finita. Il progresso ha raggiunto i limiti delle possibilità della Terra. Impossibile oltrepassarli. Adesso è cominciato il tempo del mondo finito. Non rispettare questa finitezza, implica togliere la capacità di riproduzione della vita sulla Terra e con questo mettere a rischio la sopravvivenza della specie. È concluso il tempo storico del capitalismo. Portarlo avanti costerà tanto che finirà per distruggere sociabilità e futuro. Persistendo in questo proposito, si evidenzierà il carattere distruttivo dell’irrazionalità della ragione. Il punto più grave è che il capitalismo-individualismo hanno introdotto due logiche che sono tra loro conflittuali: quella degli interessi privati degli “io” e delle imprese e quella degli interessi collettivi del «noi» e della società. Il capitalismo è per sua natura antidemocratico. Non è affatto cooperativo, è solamente competitivo.
C’è qualche via d’uscita? Se parliamo di riforme e ritocchi, mantenendo inalterato il sistema, come vorrebbero i neokeinesiani alla Stiglitz, Krugman e altri tra noi, no. Dobbiamo cambiare, se vogliamo salvarci. Per questo, innanzitutto, è importante costruire un nuovo accordo tra la ragione oggettiva e quella soggettiva. Questo comporta un aumento del campo d’azione della ragione, libera dal giogo di essere strumento del potere-dominazione. Essa può essere ragione emancipatoria. Per il nuovo accordo, è urgente riscattare la ragione sensibile e cordiale da affiancare alla ragione strumentale. Quella è ancorata al cervello limbico, apparso più di duecento milioni di anni fa, quando con i mammiferi hanno fatto irruzione l’affetto, la passione, la cura, l’amore e il mondo dei valori. Essa ci permette di fare una lettura emozionale e valutativa dei dati scientifici della ragione strumentale. Questa è apparsa nel cervello neo corticale soltanto 5-7 milioni di anni fa. La ragione sensibile ci predispone a nuovo incanto e ad aver cura per la vita e per la madre-Terra.
A seguire si impone una nuova centralità: non più l’interesse privato ma l’interesse comune, il rispetto dei beni comuni, della Umanità e della Terra, destinati a tutti. Dopo, l’economia deve tornare ad essere quello che è per natura sua: garante per le condizioni di vita fisica, culturale e spirituale di tutte le persone. E inoltre, la politica dovrà essere costruita su una democrazia senza fine, quotidiana e inclusiva di tutti gli esseri umani perché siano soggetti della storia e non puri assistenti o beneficiari. Infine, un nuovo mondo non avrà un volto umano se non si reggerà su valori etici-spirituali condivisi, sulla base dei contenuti di molte culture, insieme con la tradizione giudaico-cristiana.
Tutti questi passi hanno molto di utopico. Ma senza l’utopia affonderemmo nel pantano degli interessi privati corporativi. Per fortuna, da tutte le parti rispuntano saggi anticipatori del nuovo, come l’economia solidale e la sostenibilità e la cura vissuti come paradigma di perpetuazione e riproduzione di tutto quello che esiste e vive. Noi non rinunciamo a all’ancestrale desiderio di convivialità: tutti a mangiare e a bere insieme, come fratelli e sorelle nella grande casa comune. 

Leonardo Boff è autore di Virtù per un altro mondo possibile, 3 voll., Vozes, 2009.
Tradotto da Romano Baraglia

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