Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo
Garibaldi, pioniere dell'Ecosocialismo (clickare sull'immagine)

mercoledì 21 agosto 2024

L'HUMANITAS CHE VINCE DAVVERO

 



Il livello di civiltà di un popolo si misura in base alla sua humanitas. Il significato latino di humanitas va ben oltre il concetto che oggi abbiamo di “umanità”, i latini infatti associavano al termine “humanitas”, il considerarsi tutti appartenenti alla medesima “natura universale”, dal momento stesso in cui si è nati (diritto naturale) e tali da dover per questo sviluppare nel corso della vita una sorta di “amicizia ecumenica”, nel senso etimologico del termine che richiama alla “casa comune, intesa come habitat umano e contesto naturale di vita, senza distinzioni di etnia, cultura o provenienza. Per questo era garantito il rispetto di tutti quei culti che non mettevano in discussione l'auctoritas dell'impero, anche se anticamente due principi spesso sono stati in collisione tra loro: quello secondo cui “veritas non auctoritas facit legem”, che è poi il principio di Socrate, della “legge non scritta” di Antigone, e in definitiva del primo Cristianesimo, fino ad arrivare al giusnaturalismo.

Vi fu poi quello, che animava il Diritto Romano, anche se tale ambito era garantito da leggi che potessero essere universali ed ecumeniche, appartenenti cioè ad una cittadinanza che nel terzo secolo venne estesa a tutto l'impero, ma che divenne molto più restrittivo col formarsi degli Stati nazionali, in epoca moderna e che richiama la dottrina di Hobbes.

In base ciò vige il principio per cui “auctoritas, non veritas, facit legem”, in virtù di questo l'autorità sovrana dello Stato rappresentata dall'assolutismo regio, fonda la legge ed il suo indiscutibile valore con tutti i poteri concentrati che ne conseguono. Nè la divisione dei poteri teorizzata dall'Illuminismo e applicata prima con la rivoluzione americana e poi con quella francese, mettono più in discussione il fatto che l' “auctoritas” dello Stato sia inappellabile. Essa può essere solo suffragata dal consenso popolare ma mai contraddetta, su di essa, in epoca moderna si fonda la stessa convivenza umana, messa così al riparo dal caos, dal “bellum omnium contra omnes”, dal conflitto permanente tra nature diverse e conciliabili solo mediante l'inflessibile potere della legge.

E' del tutto evidente che questo principio scaturito in un contesto storico denso di conflitti e guerre, specialmente di religione, ha continuato a caratterizzare l'ossatura degli stati moderni, fino ad incancrenirsi nei regimi totalitari, di varia natura ideologica o religiosa, in cui l'autorità dello Stato diventa dittatura e autocrazia (ma pur sempre figlia del Leviatano di Hobbes)

E' altrettanto palese che tale principio scaturisce da una profonda sfiducia nella natura umana, e da un terrore che, per evitare il terrorismo degli istinti contrapposti, non ha esitato, fin dai tempi rivoluzionari, a farsi esso stesso strumento di potere, fino a tagliare le teste come le zucchine.

Persino l'impero romano era più elastico in tal senso, lo vediamo nella stessa contrapposizione tra Gesù e Pilato il quale alla verità del Cristo, basata sulla sua stessa natura universale, contrappone prima la sua domanda “Che cosa è la verità?”, supponendo che essa sia nulla di fronte alla sua “auctoritas”, ma poi lascia alla folla decidere il senso concreto di quella “veritas”, facendo intendere che lo “ius” universale si dovesse comunque adattare ai contesti e alle culture locali

Negli Stati moderni lo ius non è più universale ma invece segue immancabilmente i loro confini e al loro interno resta indiscutibile ed inflessibile, ne conseguono le espulsioni o lo schiavismo di coloro che non corrispondono ad una determinata legislazione di cittadinanza (quasi che fossero invisibili, nella loro “prescindenza”) e l'incarceramento anche in condizioni disumane di coloro che violano la legge che lo Stato impone.

Ma vi erano altri due principi che contraddistinguevano l'humanitas, il primo che identifica ogni essere umano in quanto dotato di una insopprimibile dignità, specificità e natura, le quali vanno oltre l'appartenenza ad un contesto religioso o culturale, e il secondo in base al quale un cittadino è tale in quanto dedito ad “otium” e “negotium”, cioè ad una sua formazione culturale permanente, data anche dalle relazioni che ha nel contesto in cui vive, e ad un impegno lavorativo e produttivo che arreca benefici a se stesso e alla comunità in cui opera.

Questi antichi principi furono ripresi dallo stesso Mazzini, padre nobile della nostra Repubblica, quando affermò che un vero Stato e una vera democrazia si hanno solo quando tutti i cittadini hanno una buona educazione culturale (istituti scolastici solidi ed efficienti), la possibilità di votare direttamente i loro rappresentanti (e non una lista riempita da un segretario di partito), e infine l'opportunità di lavorare per emanciparsi ed emancipare la società in cui vivono

Dopo questa ampia premessa che spazia dai tempi antichi fino ai nostri, osserviamo bene che il nostro Paese, se nello sport conquista un numero di medaglie sempre maggiore, nel campo della “civitas” e dell' “humanitas” è tuttora ben lungi dal salire sul podio ed essere pienamente appagato dall'inno nazionale per una Italia che purtroppo “desta non è”

Basta osservare alcune questioni fondamentali, riferendosi sempre ai principi mazziniani e alle loro antiche origini.

Non abbiamo, di fatto, una Costituzione Italiana “fondata sul lavoro” come dovremmo, e non rispettiamo i lavoratori che muoiono come mosche nei posti di lavoro quotidianamente, secondo uno studio della UIL sono infatti centinaia i lavoratori che muoiono ogni anno soprattutto nei settori edilizio ed agricolo. Molti di essi sono stranieri, privi di cittadinanza e diritti, ridotti in una condizione di semi schiavitù, diciamo semi, solo perché sono liberi di crepare altrove per strada o sotto i ponti o magari tentando altri viaggi della fortuna in condizioni disastrose.

E' del tutto evidente che un sistema che vuole progredire non solo in benessere, ma anche in libertà e giustizia sociale, deve trovare un modo per formare queste persone e garantire loro i diritti e i doveri di cittadinanza.

Molti di loro, ma anche non pochi cittadini italiani, privi di opportunità e in condizioni disperate, per degrado famigliare e mancanza di adeguata assistenza sociale, finiscono nella rete della criminalità organizzata o nel gorgo della disperazione, della droga o di azioni criminose compiute persino in famiglia. La conseguenza è che le carceri si sono riempite a dismisura e che la popolazione carceraria ormai vive in condizioni subumane, per cui sicuramente ora possiamo dire che un animale in uno zoo vive meglio di un detenuto.

Il carcere così, è divenuto non uno strumento di riabilitazione per rendere consapevole il reo del suo misfatto e rieducarlo ad un reinserimento sociale e produttivo, ma è oggi di fatto solo un strumento di tortura, come dimostrano anche certe affermazioni grottesche e fuori da ogni logica umana e di cultura di chi respinge il problema dicendo; “il carcere non è un hotel”, evidentemente così si dimostra solo ignoranza e dabbenaggine politica

Quanto abbiamo messo in evidenza contribuisce quindi a mostrare che i problemi delle carceri, della cittadinanza e del lavoro sono interconnessi. E' un unico problema che deve essere affrontato non a compartimenti stagni ma tenendo conto proprio di questa interdipendenza.

Alla forza lavoro va riconosciuta la sua dignità e la sua qualificazione. Ad un immigrato che vuole lavorare in Italia va fatto innanzitutto un corso di Italiano e poi vanno indicate le norme sulla sicurezza sui posti di lavoro, mostrando a chi può rivolgersi senza essere ricattato o ridotto in schiavitù e soprattutto che non deve sopravvivere nascondendosi. Il nostro territorio ha immensi problemi idrogeologici che richiedono interventi permanenti di messa in sicurezza e di manutenzione con un apporto di manodopera crescente che potrebbe essere utilizzata anche portando i detenuti a compierla, per riabilitarsi. Gli immigrati che lavorano nel Meridione o in altre regioni per la raccolta di vari prodotti agricoli, in varie aziende senza scrupoli, vivono in condizioni peggiori degli schiavi negli Stati Confederati prima della guerra civile americana, perché non hanno alloggio né protezione, e se subiscono un infortunio vengono scaricati senza pietà in mezzo alla strada come un sacco di immondizia.

Chi non ha una cultura purtroppo non è nemmeno capace di tutelarsi, per questo è indispensabile fornire incentivi all'acquisizione della cultura. Per questo lo Ius culturae o Ius scholae non può essere una questione di contrapposizione politica, ma è un principio di humanitas e di civiltà da condividere universalmente

Lo stravolgimento etnico-culturale da alcuni paventato per contrastare quella che qualcuno ha definito addirittura come “sostituzione etnica”, è tipico soltanto di una società debole, incapace di trasmettere i suoi valori di civiltà “forti”, ed evidentemente impotente rispetto ad altre culture che si affermano non con la forza delle armi ma con quella dei loro principi che sono maggiormente condivisi, perché ritenuti più credibili ed efficaci

E' del tutto evidente che una società in cui la famiglia, la scuola, la sanità, l'inserimento lavorativo, la rieducazione, fanno acqua da tutte le parti, è sempre più fragile e incapace non solo di integrare ma anche di proporsi come un modello condivisibile di Stato e di convivenza

Il principio per cui si diventa italiani non solo da genitori italiani, ma per il riconoscimento della lingua, della cultura e delle leggi italiane è sacrosanto e in passato ha fatto la differenza tra una democrazia come quella ateniese, xenofoba, sessista e schiavista durata ben poco, e la millenaria civiltà romana che emancipava gli schiavi facendoli anche arricchire come liberti, portava le donne ad avere risalto politico fino a tramare contro la vita degli stessi imperatori ed era sostanzialmente costituita da etnie eterogenee che non per questo non potevano arrivare alla massima “auctoritas” imperiale, pur provenendo dalle parti più disparate dell'impero e senza alcuna forma di razzismo, ma in ogni caso nel rispetto universale del diritto romano.

Come dunque abbiamo dimostrato, la questione delle carceri e dello ius scholae sono non solo interconnesse ma alla base della stessa civiltà e di una democrazia compiuta, dovrebbero trovare quindi un consenso trasversale nella loro risoluzione, invece sono all'origine di contrasti politici, spesso anche sulla “lana caprina”. Come per esempio il fatto che la cittadinanza si acquisisca con 13 anni di frequenza scolastica anziché con 8. Perché la questione non sono gli anni, ma cosa si fa durante quegli anni, se si scalda la sedia e si va avanti con esami finti e senza sapere mettere una frase dopo l'altra persino durante il percorso universitario, oppure se anche con un corso 150 ore pienamente efficace si acquisiscono la capacità di parlare e scrivere in Italiano correntemente e senza errori sintattici ed ortografici, si conoscono la Costituzione e le leggi del nostro Paese, specialmente quelle che tutelano il lavoro, e ci si sa difendere e organizzare di fronte ad un rinnovato schiavismo o ad una accusa ingiusta, perché le carceri sono state affollate anche con errori giudiziari, costati a tutti noi cifre astronomiche.

Se la Destra in Italia continua a ignorare o a porre questioni che impediscono una rapida risoluzione di questi problemi e la componente più liberale di questo governo che non vuole assecondarla ma nemmeno si posiziona su questioni demagogiche e velleitarie tali da creare solo un polverone propagandistico per fini elettorali, ma vuole invece acquisire maggiore autonomia nella sua fisionomia politica e nel suo operato, non possiamo che incoraggiarla ed esserne contenti, perché qui non si tratta di una idea "di sinistra", ma di una questione di civiltà.

Il problema infatti non è dare a questo Paese un assetto politicamente stabile, ma assicurare che in esso i problemi cruciali vengano risolti con un consenso politico adeguato

Perché non giova dare del “coglione” a chi procede in senso ostinatamente inverso, solleticando la frustrazione e la rabbia popolare e i peggiori istinti xenofobi, traendo anche notevoli benefici dalle vendite di opinioni quanto meno discutibili, giova dimostrare come in uno Stato dotato di humanitas e di civitas, la fisionomia dell'italiano è data non dal colore della sua pelle, ma dal successo che si trae in tutti i settori da una formazione italiana di ottimo livello non solo nello sport, ma soprattutto con una scuola e un apparato accademico efficiente, e non fatiscente o nepotista

Le medaglie olimpioniche o i primati tennistici infatti non sono solo dei singoli atleti, di varia origine etnica e culturale, sono soprattutto, per loro stessa ammissione, della scuola sportiva che li ha formati e della squadra con cui hanno interagito fino a raggiungere primati mondiali

Può l'Italia essere una squadra vincente non solo nel calcio o nello sport? Evidentemente no, se ci sono allenatori incapaci e scuole inadeguate

Vale la pena di citare per intero la conclusione di una delle Lettere a Lucilio di Seneca (un capolavoro della civiltà romana) per comprenderne davvero il senso evitando facili e false interpretazioni: “Quemadmodum omium rerum, sic litterarum quoque intemperantia laboramus: non vitae sed scholae discimus” che possiamo tradurre con “come in tutte le faccende, così anche in quelle culturali, ci adoperiamo da incapaci. Ci interessano più le dispute sulla scuola che quelle che riguardano la vita”

Così in passato ci siamo accalorati per cambiare voti, giudizi, materie, cicli scolastici, con l'unico risultato di rendere il percorso scolastico sempre più inadeguato e miserevole, e non lo abbiamo invece reso tale da essere la base risolutiva dei problemi cruciali della vita di ogni cittadino, fino almeno ad avvicinarci a qualche primato di civiltà e di..humanitas.


Carlo Felici

sabato 10 agosto 2024

SENZA ILLUSIONI SOSTENGO TRUMP




Le prossime elezioni americane, più di altre in passato, sono destinate ad avere enormi conseguenze non solo per questioni interne agli USA, ma anche per gli equilibri geostrategici nel resto del mondo

Nonostante la stampa “progressista” sia più o meno tutta allineata nel sostenere la candidata democratica Kamala Harris, vicepresidente subentrata alla rinuncia di Biden a ricandidarsi, c'è seriamente da riflettere su questa competizione a due, senza pregiudizi e rimanendo scrupolosamente e concretamente aderenti alla realtà dei fatti.

Una eventuale vittoria della Harris non potrebbe che rappresentare una piena continuità con ciò che è stato già messo in opera da Biden, e che si è rivelato in gran parte fallimentare. Non vi è infatti stata una sostanziale crescita economica negli USA e nel mondo in questi ultimi quattro anni, l'impegno militare USA è cessato con un fuggi fuggi disordinato in Afghanistan che ha lasciato nelle mani dei talebani, non soltanto una quantità spropositata di mezzi logistici ed armi abbandonati in fretta e furia, con la perdita pure  di vari soldati americani, ma anche le donne afghane che tanto la Harris aveva detto di voler proteggere ed emancipare, e che ora sono ripiombate in un destino di sopraffazione e di miseria.

Ma l'amministrazione democratica ha abbandonato l'Afghanistan solo per potenziare l'impegno militare in Ucraina con una fornitura continua e crescente di mezzi, finanziamenti, e armi agli ucraini, senza che questi abbiano conseguito risultati rilevanti, data comunque la situazione di una Russia capace di produrre mezzi e armi a getto continuo e di compensare le perdite con sempre nuovi arruolamenti, senza che l'economia russa abbia subito danni tali da compromettere il continuo sforzo bellico.

A ciò si è aggiunto il fronte mediorientale, in cui la guerra tra Hamas e Israele, iniziata nell'ottobre dello scorso anno ha portato ad una escalation senza soluzione di continuità e senza che gli sforzi per una mediazione o una tregua siano mai andati a buon fine. Trump, a suo tempo, non solo seppe colpire obiettivi mirati, ma scoraggiò anche l'Iran dall'intraprendere azioni sempre più offensive, per procura, mediante i movimenti armati contro Israele che questo Stato finanzia da sempre. Oltretutto minacciando sanzioni e riducendo drasticamente rapporti economici e tolleranza verso il suo programma di sviluppo dell'energia nucleare, in cambio riuscì anche a moderare l'azione ritorsiva di Israele, riconoscendole Gerusalemme come capitale dello Stato.

I quattro anni dell'amministrazione Trump sono stati anni sostanzialmente pacifici, caratterizzati soprattutto dalla vittoria sull'ISIS che purtroppo ora sta rialzando la testa.

Sul piano interno Trump si adoperò per contenere l'inflazione e garantire la crescita economica, anche se il voto spesso è conseguenza di scelte emotive, vale la pena di mettere a confronto i risultati sia di Trump che di Biden.

Con Biden i posti di lavoro e la crescita economica sono stati soprattutto la conseguenza del “rimbalzo” dopo la pandemia che Trump ebbe la sfortuna di subire alla fine del suo mandato e che portò alla perdita di moltissimi posti di lavoro. Quindi, quello di Biden, è stato un recupero diremmo anche fisiologico, più che una sostanziale crescita. Trump seppe creare circa 176.000 posti di lavoro, Biden invece 200.000, ma dopo la pandemia che aveva portato alla perdita di ben 20 milioni di posti di lavoro; per cui la crescita di 14 milioni sbandierata da Biden, va comunque sottratta a quei 20 con un perdurante deficit di 4. Queste sono le cifre del U.S. Bureau of Labour Statistic, il quale mette in risalto pure che con Trump, al netto della pandemia, la disoccupazione scese al 3,5%, cioè il minimo rispetto al mezzo secolo precedente.

Rispetto a ciò, i tassi di interesse con Biden sono saliti vertiginosamente assieme all'inflazione che con Biden ha superato l'8%, attestandosi sul 4%, mentre con Trump non superò il 2%. Ciò ha reso sempre più difficile per gli americani ottenere prestiti e finanziamenti per l'acquisto dei generi alimentari, dell'assistenza sanitaria delle auto e di una casa. Ma quello che ha colpito di più la popolazione è stato l'aumento vertiginoso delle materie prime, della benzina e del gas che ha influito un po' su tutto.

Il recente cambio in corsa tra Biden e la Harris, dovuto soprattutto ai finanziatori che piuttosto tardivamente hanno capito che con Biden le probabilità di successo erano praticamente azzerate nonostante la sua ostinazione a voler comunque proseguire, non hanno certo rimesso in moto la fiducia dei mercati che recentemente hanno subito un crollo a livello internazionale, segno evidente di un deficit di fiducia verso il futuro

Come si è rilevato inizialmente, mai come prima, almeno in tempi relativamente recenti, le elezioni americane ci prospettano scenari alquanto diversi, sia per lo sviluppo dell'economia sia per la compagine internazionale globale, soprattutto tra Occidente e paesi in conflitto come Iran, Israele, Ucraina e Russia, ed emergenti come Cina e altri Sudamericani.

Mai come oggi è necessaria una discontinuità che i democratici americani non hanno saputo offrire, con la candidatura della Harris, quando in questa occasione sarebbe stato necessario un outsider come lo fu Kennedy nei primi anni 60

I democratici, più che offrire serie alternative alle proposte molto concrete di un Trump che si è posto come primo obiettivo il raggiungimento della pace e il rilancio dell'economia, sono indaffarati a demonizzarlo, facendolo apparire come un criminale, un avanzo di galera, un autocrate, pronto a scatenare la guerra civile in caso di sconfitta.  Anche in Italia, lo abbiamo visto sia con Berlusconi che con la Meloni, agitare lo spauracchio del plutocrate o del fascista, all'atto pratico, durante il confronto elettorale non giova molto, anzi, rischia di peggiorare le cose, proprio perché in questo caso l'elettore viene svalutato come incapace di riconoscere il vero pericolo per la democrazia rispetto a quelli che gli si mostrano arrogantemente come i suoi unici interpreti

In una democrazia più consolidata da oltre 200 anni, rispetto ai meno di 80 della nostra, questo processo rischia di fallire ancora di più, nonostante le reiterate insistenze dei DEM,

Sicuramente, dato che viviamo nella società dell'immagine e della suggestione, più che i fatti concreti che qui abbiamo cercato di avvalorare con dati incontrovertibili, la lotta tra i due candidati e il confronto diretto che ci sarà tra loro, sono destinati ad essere sempre più serrati. Però non dimentichiamo che Trump, a suo tempo, riuscì a battere una candidata molto più promettente della Harris, e cioè Hillary Clinton, a suo tempo molto più preparata e convincente, mentre la Harris non ottenne nemmeno un voto come candidata alla Presidenza

Nella sua recente conferenza stampa Trump ha esaltato anche il ruolo di Martin Luther King, smentendo così seccamente le accuse di razzismo e sarebbe sicuramente più autorevole della Harris nell'interloquire con i maggiori leaders mondiali.

Ovviamente, nonostante questo quadro di fatti concreti, i media cercano in tutti i modi di lanciare la candidatura della Harris sicuramente molto più manipolabile di Trump da tutte le lobbies che sponsorizzano e finanziano i media.

Siamo nell'era dell'economia che prevale sulla politica, la quale a sua volta è dominata dai media, fin quasi a farci vivere in una bolla mediatica globale, più che da cittadini consapevoli, da trogloditi mediatici globali. Trogloditi vuol dire etimologicamente “cavernicoli” e il termine allude al mito della caverna di Platone, in cui le ombre proiettate sul fondo, vengono confuse con la realtà dai prigionieri che vi sono incatenati

Ebbene, oggi questa realtà illusoria è nel palmo di ciascuno di noi, e non vi è più alcun bisogno di catene, dopo avere reso necessario l'uso quotidiano di quello che rischia di essere il nostro “braccialetto elettronico”, lo smartphone, in cui ogni individuo si sente ormai arbitro di tutto, tranne che di una sua piena consapevolezza.

Diceva Mark Twain: “ Le masse non hanno mai avuto sete di verità. Chi può fornire loro illusioni, diviene facilmente il loro comandante; chi tenta di distruggere le loro illusioni è sempre la loro vittima”

Di conseguenza, anche se in politica si sceglie sempre il “male minore”, non bisogna farsi l'illusione che, da queste elezioni, possa emergere la pura verità, sarebbe pressoché un miracolo, anche se per chi ha fede esistono anche i miracoli.


Carlo Felici.

giovedì 1 agosto 2024

MADURO E IRAN: UN ASSIT PER TRUMP

 



In questi giorni torridi anche la temperatura degli eventi che riguardano il quadro internazionale sembra innalzarsi verso livelli alquanto allarmanti

Due vicende in particolar modo stanno infiammando i media attualmente: la vittoria di Maduro e l'ennesimo colpo mirato contro l'Iran, nel suo territorio, con l'assassinio di uno dei capi più importanti di Hamas.

Sono vicende che non possono non avere ripercussioni nelle rispettive aree geo strategiche in cui si sono verificati

Cominciamo dall'elezione di Maduro, assai controversa per le reazioni interne ed internazionali, perché da una parte le organizzazioni degli osservatori per altro provenienti prevalentemente da partiti amici di Maduro come quello socialista spagnolo, sembrerebbero confermare la loro validità, dall'altra le contestazioni e le denunce di brogli da parte dell'opposizione sono all'ordine del giorno e rischiano di creare un clima da guerra civile.

In questa situazione, in cui specialmente se la tensione aumenterà, è veramente difficile stabilire torti e ragioni, dato soprattutto l'incremento progressivo delle proteste e degli scontri dell'opposizione verso i sostenitori del governo di Maduro, molti dicono che gli oppositori sono manovrati dai servizi USA e dalla CIA, ma se ciò fosse vero, questi servizi, avrebbero già corrotto polizia ed Esercito che in Venezuela, è noto a tutti, si danno volentieri al migliore offerente, è già successo in passato, e potrà accadere anche in futuro

Però, con tutto che comprendiamo il pericolo dell'ennesima dittatura militare e del colpo di Stato che riporterebbe il solito fantoccio al potere e al servizio delle multinazionali petrolifere, c'è da rilevare che Maduro ha iniziato la vendita del petrolio in Petro, una criptovaluta, per sottrarre il mercato al dominio del dollaro e alla svalutazione. Paga addirittura le pensioni in Petro, tuttavia sappiamo quanto siano volatili le criptovalute, tali da aumentare e azzerare il loro valore in modo rapidissimo. Inoltre egli nel 2018 è stato messo sotto accusa dalla Corte Internazionale Penale e nel 2020 dall'ONU, per la repressione su vasta scala e con torture, dei movimenti di opposizione. Maduro non ha la stoffa né di Chavez né di Fidel, nonostante sembra voglia seguirne le orme, ed è evidentemente sostenuto da quei paesi antagonisti dell'Occidente: Cuba, Russia, Cina Iran, Siria, Nicaragua, Corea del Nord, Bielorussia, Bolivia ed Honduras, che si giovano delle esportazioni di petrolio venezuelane. Maduro ha impedito a 5 milioni di venezuelani in gran parte espatriati per sfuggire alla repressione, di votare. Rischia di comportarsi peggio di Pinochet che accettò la sconfitta referendaria, ma il problema è un altro: senza il sostegno della polizia e dei militari, Maduro difficilmente potrebbe conservare il potere, e questo appoggio rischia di diventare sempre più caro e rischioso. Perché a manifestare contro di lui non ci sono solo molti poveri nei confronti dei quali Maduro ha adottato poco più che una politica assistenziale, ma anche vari poliziotti che sono stati visti togliersi la divisa. Il rischio è dunque che, se scoppierà una guerra civile, sarà manovrata come al solito, in Sudamerica, dai servizi segreti della Superpotenza che ha usato per molto tempo i paesi di quel continente come il cortiletto servile di casa. In questo caso, dunque, sarà molto importante vedere come reagiranno altri paesi sudamericani, in particolare quelli che ultimamente hanno mostrato di voler difendere la loro autonomia, e come lo stesso Maduro saprà destreggiarsi per conservare il potere senza trincerarsi nella autoreferenzialità più assoluta.

Passando all'Iran, notiamo che il lancio del missile sui bambini inermi avvenuto ad opera di milizie filoiraniane, guarda caso, arriva all'indomani dell'elezione di un Presidente iraniano considerato tra i “moderati” e mentre si apriva uno spiraglio per le trattative sulla liberazione degli ostaggi.

La reazione “mirata” di Israele, la cui precisione è davvero stupefacente perché, nonostante sia avvenuta in un altro Paese, e per questo non rivendicata apertamente, ha colpito solo l'edificio dove era individuato il bersaglio senza danneggiare le cruciali e governative zone limitrofe, in modo alquanto diverso rispetto a ciò che avviene a Gaza o in Ucraina, anch'esse zone colpite da razzi provenienti da altri stati e territori. La questione quindi di colpire uno Stato oltre i propri confini, assume toni sempre più marginali se non ridicoli, considerando ciò che avviene quotidianamente, e anche ciò che è avvenuto dopo la reazione che già ci fu qualche tempo fa da parte dell'Iran con il lancio di centinaia di missili su Israele, quasi tutti intercettati

Tutti hanno timore di una escalation del conflitto in Medio Oriente, ma difficilmente prendono in considerazione sia il fatto che né Netanyhau, né l'Iran hanno interesse a espandere la guerra, chi è al potere in Israele e in Iran ha solo interesse a prolungarla per ricattare il proprio popolo e mantenersi così al potere. Sia Netanyhau che Khamenei hanno una sequela di oppositori, tenuti a freno con apparati repressivi e solo in nome della guerra. Ma questi oppositori esistono e manifestano, anche rischiando la prigione e la morte, un colpo così mirato Israele non avrebbe potuto portarlo a termine se non con l'aiuto degli oppositori interni iraniani, che vogliono liberarsi del regime integralista

Alla luce di tutto ciò, appare sempre più evidente che, all'approssimarsi delle elezioni americane, Trump non potrà che avvantaggiarsi nel conquistare crescenti consensi in una opinione pubblica stanca di sovvenzionare apparati militari, e guerre permanenti, alla ricerca di un personaggio forte che sappia mettere fine alle situazioni di crisi

Come ha già rilevato Rampini, una situazione di crisi crescente in Venezuela potrà incrementare la pressione migratoria verso gli USA con nuove ondate di migranti, nei confronti delle quali Kamala Harris ha già dimostrato palesemente la sua impotenza e incompetenza, così come difficilmente potrà svolgere un ruolo autorevole nei confronti di Israele, che già si è inimicata con le sue affermazioni durante la visita di Netanhyhau, o nei confronti del regime iraniano che già Trump aveva colpito soprattutto nei suoi interessi economici, non parliamo poi del conflitto tra Russia e Ucraina in cui la Harris rischia di contare come il due di briscola, o verso Cina e Corea del Nord.

Le conclusioni che possiamo trarre sono piuttosto semplici, se continua così, in America e forse anche altrove, se Trump non esagererà con la demonizzazione della sua avversaria, ma continuerà a dimostrare la sua incompetenza, la gente lo vedrà sempre di più nelle vesti dell'uomo forte e del pompiere che spegne gli incendi e rimette in moto l'economia americana

Forse servirebbe anche da noi un pompiere dato che abbiamo a che fare non con un Nerone redivivo, ma con chi lascia che l'incuria e la mancanza di controllo incendino le zone più centrali e pregiate della capitale, intorno a centri nevralgici per la comunicazione, per la tutela dell'ordine e la gestione della giustizia.

Noi, per fortuna, non abbiamo più tanti rivoluzionari da operetta in fregola di bombe molotov, ma solo gente accampata intorno a bivacchi improvvisati, e non sono nemmeno di manipoli, ma solo di gente da manipolare.


Carlo Felici