di Carlo Felici
Secondo certa stampa internazionale
alquanto embedded con il sistema finanziario speculativo attualmente
vigente, in Italia sarebbero arrivati i barbari al governo. Fioccano
addirittura i paragoni con i goti di Alarico ed i lanzichenecchi del
1527, che misero a ferro e fuoco Roma devastandola e ponendo fine al
suo Rinascimento.
Ma è davvero così? Chi erano i
barbari allora? E chi sono oggi?
Non è questa la sede per una
dettagliata dissertazione storica, ma alcune cose si possono
ricordare, almeno in sintesi, cose che tra l'altro, anche un
ragazzino delle scuole medie ricorda, almeno se ha un buon insegnante
di storia. I barbari nella stragrande maggioranza dei casi
arrivarono su invito diretto delle autorità romane ed agirono per
conto proprio ribellandosi, solo dopo che esse ebbero traditi i patti con loro
contratti. Accadde con Alarico, rifiutato a Ravenna che ripiegò su
Roma, con i Vandali, che traditi da Bonifacio invasero l'Africa, con
Teodorico che si insediò in Italia e fu poi tradito dall'imperatore
di Bisanzio. Persino con i mercenari imperiali di Carlo V, traditi dal papa. In moltissimi casi il loro arrivo segnava la fine di un
sistema fiscale vessatorio fino all'inverosimile che serviva ad ingrassare un
apparato imperiale corrotto ed un esercito sempre più esoso, quindi
non poche furono le volte in cui vennero accolti dalle popolazioni
rurali come dei veri e propri liberatori.
In taluni casi il loro
sistema amministrativo era migliore e più efficiente di quello
imperiale, prova ne è che l'Italia di Teodorico brillò per
prosperità e sviluppo in tutto il Mediterraneo, tanto da fare
concorrenza ad un impero corrotto e decadente come quello bizantino
che non esitò a spazzare via i goti scatenando una lunga guerra che
devastò completamente il nostro paese, riducendolo ad essere una povera colonia
e, con l'arrivo dei longobardi, chiamati proprio al loro servizio dai
bizantini, dividendolo da allora per i successivi altri più di mille
anni.
Insomma i barbari non erano poi più
incivili dei cosiddetti romei.
E ora? L'Italia ha trascorso almeno 25
anni di decadenza e di progressiva barbarie, dalla caduta della prima
repubblica e dall'entrata in una eurozona in cui la speculazione sui
prezzi, la riduzione dei salari, il precariato, la corruzione, la speculazione
finanziaria e la progressiva ed inesorabile perdita dei posti di
lavoro hanno fatto da padrone nel nostro scenario politico e sociale.
Tutto ciò a fronte di un falso bipolarismo, tradottosi negli anni in
un monopartitismo dialettico, nella dialettica cioè di due
schieramenti politici falsamente opposti, ma sostanzialmente uniti
nel demolire lo stato sociale, precarizzare il lavoro, allungare a dismisura l'età pensionistica, privatizzare i
servizi e strozzare i cittadini di tasse, oltre che belluinamente capaci di far
schizzare il debito pubblico a livelli vertiginosi. L'atto finale, o
forse sarebbe il caso di dire l'arma definitiva, avrebbe dovuto
essere la demolizione della Carta Costituzionale. Con il varo di
pseudoriforme che avevano l'unico scopo di rendere quest'opera
rovinosa ancora più efficacemente tragica e dirompente per tutto il popolo
italiano.
Chi ha fatto tutto questo è stata una
consorteria di persone di dubbia esperienza politica ma di grande
obbedienza rispetto alle cosiddette direttive dei mercati, sono stati
i sacerdoti della metafisica del contingente speculativo e
finanziario, quello che ha messo in ginocchio un intero paese come la
Grecia, sebbene salvarla, con tutta la sua non numerosissima
popolazione, costasse meno che salvare una grossa banca.
Cosa c'è di più barbaro che ridurre
un intero paese al suo minimo di crescita demografica, con i giovani
in fuga impossibilitati ad avere un lavoro stabile e, con esso, una
famiglia, cosa di più rovinoso che demolire il sistema scolastico
costringendo alla mobilità permanente una intera classe di docenti
alla mercé dei loro dirigenti, cosa di più bestiale che abolire
l'articolo 18 e consentire di nuovo licenziamenti a profusione come
se gli anni 60 con tutte le loro conquiste civili e sindacali non
fossero mai esistiti, e cosa può esserci di più demenziale e
barbarico che dimezzare la sovranità popolare legando l'elezione dei
senatori a quella di amministratori locali spesso più famosi per i
loro intrallazzi che per la fedeltà alle istituzioni. Cosa infine di
più barbaro dell'infischiarsene della volontà popolare e procedere
senza degnare del minimo rispetto gli esiti referendari, specialmente
su questioni basilari come quella riguardante un bene comune vitale
come l'acqua. Ricordiamo solo che i Romani facevano avanzare la loro civiltà, costruendo acquedotti per irrigare e dissetare, e terme per l'igiene pubblica praticamente gratis per tutti.
Come i peggiori barbari, i governanti degli ultimi
anni hanno preso ordini dall'assolutismo dei mercati per imporre tasse e provvedimenti
che hanno reso più povero e indebitato il nostro paese, oltre che
più incivile, eppure non hanno avuto la dignità dei veri barbari
che un tempo erano molto più legati ai loro popoli dei nuovi barbari
di ora, per ribellarsi agli ordini dell'impero del turbocapitale. Ne
sono stati invece i funzionari più efficienti, con i loro
bizantinismi legislativi e con la prosopopea di voler essere l'unico
argine all'abisso dell'abbandono da parte dello stesso impero parassitario che fa finta di aiutare chi è in difficoltà per poi spremerlo meglio, con grande perizia di usuraio.
Oggi questi valvassori piangono e agitano lo spauracchio
della barbarie in piena sintonia con quei potentati che hanno saputo
servire con perfetta autoreferenziale efficienza, pur avendo provato
ad arginare quella che essi considerano una barbarie, con una legge elettorale che più barbara non poteva risultare.
Ma tant'è, pare che il popolo se ne
infischi della barbarie, o forse sa di poterla riconoscere senza più
tante fole propagandistiche.
L'Italia è sempre rinata dalla
barbarie, anche nelle condizioni peggiori, pensiamo a Roma che si
affermò proprio reagendo alla barbarie di lotte senza fine tra i
popoli italici e mediterranei, al Rinascimento che uscì dalle
tenebre di una barbarie che aveva devastato per un millennio il
nostro paese, al Risorgimento quando gli italiani seppero ricostruire, dopo più di mille anni di barbare lotte intestine, la loro unità territoriale, alla Resistenza,
quando essi furono capaci di ricostruire la loro civiltà democratica dopo più
di 20 anni di barbara dittatura.
Può darsi che oggi, mutatis mutandis,
sappiamo fare lo stesso per insegnare ai popoli europei che la
civiltà di questo continente non si afferma con una moneta che serve
per far diventare i ricchi ancora più ricchi e i poveri ancora più
poveri, che non si costruisce nulla di efficace e duraturo costringendo i paesi prima ad
indebitarsi e poi a svendere le loro risorse più preziose, che non è
civiltà lasciare che la speculazione economica e finanziaria possa
essere sovrana sulle esigenze dei popoli, specialmente su quelle
basilari: casa, lavoro, sanità, beni comuni.
Perché la vera barbarie è sempre
quella che riduce l'umanità e con essa i beni della natura a merce
per scopo di profitto. E' quella in cui l'accumulazione di profitto equivale alla volontà di potenza e per questo non vuole limiti, perché esige per sé orizzonti illimitati e globali ad ogni costo, anche a quello della devastazione del pianeta e delle guerre più spietate.
Quella diabolica barbarie, da sempre, si chiama capitalismo sfrenato, imperialismo.
Dimenticarsene vuol dire diventare complici della sua ferocia, vuol dire essere peggiori degli stessi barbari
A tale barbarie si contrappone tuttora una civiltà, che non è quella mediatica o territoriale ma è piuttosto quella del Socialismo, oggi democratico ed ecologico.
Per cui, ora come sempre: Socialismo o barbarie.
Per cui, ora come sempre: Socialismo o barbarie.
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