Leonardo Boff
Il Natale ci ricorda le
nostre origini umili. Il Figlio di Dio non volle nascere in un palazzo,
con tutto quello che gli appartiene, in pompa e gloria. Non scelse un
tempio, con i suoi riti, incensi, candele accese e canti. Nemmeno trovò
una casa per lo meno decente. E’ nato là dove gli animali mangiano, e
messo a riposare in una greppia. I genitori erano una casalinga e un
falegname, in viaggio a causa di un censimento voluto dall’imperatore di
Roma.
Questa
scena ci rimanda alla situazione presente in Brasile e nel mondo:
milioni e milioni di poveri, molti affamati, altrettanti milioni di
bambini i cui occhi quasi sporgono dalle orbite a causa della fame e
della stanchezza. La maggioranza muore prima dei tre anni. Essi
attualizzano per noi la condizione scelta dai figli di Dio.
Scegliendo coloro che socialmente non esistono e coloro che sono ritenuti invisibili,
il Figlio di Dio volle inviarci un messaggio: c’è una dignità Divina in
tutti questi sofferenti. Nei loro confronti dobbiamo mostrare
solidarietà e com-passione, non come pena interiore, ma come forma di
partecipare alla loro sofferenza. Sempre avremo poveri in questo mondo,
lo dice la Bibbia. Una ragione in più per riprendere sempre la
solidarietà e com-passione. Se qualcuno fa lo stesso cammino e spezza il
pane insieme tende la mano e aiuta ad alzarsi chi è caduto, ancor di
più se qualcuno si fa amico voglio dire quello che spezza il pane, la
sofferenza diventa minore e la croce più leggera.
Chi
sta lontano dai poveri, anche il cristiano più compassionevole, sta
lontano da Cristo. E’ sempre necessario ricordare la parola del Giudice
Supremo: “Quello che avrà fatto o lasciato da fare a questi miei piccoli
fratelli e sorelle, gli affamati gli assetati i carcerati e i nudi, è a
me che ha fatto e lasciato di fare” (Mt 25,40) .
Il
Natale è una festa contraddittoria: ci ricorda che il mondo non è stato
ancora umanizzato perché siamo crudeli e senza pietà verso i poveri
penalizzati dalla vita. Il Natale ci ricorda la stessa situazione
vissuta dal Verbo della vita, il Figlio fatto carne.
D’altra
parte, a Natale noi ci rallegriamo che Dio in Gesù “ha mostrato la sua
bontà e tenerezza verso di noi” (epistola a Tito 3,4). Ci rallegra
sapere che Dio si è fatto Bambino e non giudica e non condanna nessuno.
Vuole soltanto come Bambino essere accolto più che accogliere, essere
aiutato più che aiutare.
Ci
piace terminare questa piccola riflessione con i versi di un grande
poeta portoghese, Fernando Pessoa. Pochi hanno detto cose più belle di
lui sul Bambino Gesù:
“Lui è l’Eterna Creatura, il Dio che ci mancava.
Egli è l’Umano naturale,
Egli è il Divino che sorride e gioca.
E per questo è che io so con tutta certezza
che Lui è il Bambino Gesù quello vero.
E’ la creatura così umana che è Divina.
E andiamo così d’accordo io e Lui
in compagnia di tutto, che mai pensiamo uno all’altro.
Ma viviamo noi due insieme con un accordo intimo
Come la mano destra e la sinistra.
Quando io morirò, figlio mio,
che io sia il bambino, il più piccolo
Prendimi tu in braccio
e portami dentro casa.
Spoglia il mio essere stanco e umano
e mettimi nel tuo letto.
E raccontami delle storie, se per caso io mi sveglio.
E così potrò riaddormentarmi.
E dammi sogni tuoi che io ci possa giocare
Finché nasca un giorno o l’altro che tu sai qual è”.
Dopo
questa bellezza sincera e reale, mi resta soltanto l’obbligo di
augurare un felice sereno Natale a tutti dentro il nostro mondo
inquieto.
Traduzione di Romano Baraglia e Lidia Arato.
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