Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo
Garibaldi, pioniere dell'Ecosocialismo (clickare sull'immagine)

martedì 25 luglio 2017

PER UN ALTRO RISORGIMENTO SOCIALISTA






                      di Carlo Felici


Abbiamo più volte auspicato il tramonto della sinistra e il risorgere del Sol dell'Avvenire, cioè di un autentico movimento Socialista capace di interpretare correttamente i nodi della crisi strutturale odierna e creare una alternativa di sistema che non corrisponda alle caratteristiche di uno sterile frontismo autoreferenziale di opposizione permanente, e allo stesso tempo non identificabile con il solito collateralismo delle truppe cammellate pronte alla bisogna per l'ennesimo centrosinistra in fregola di supposte alla vasellina.
Tutto questo ha motivato la nascita di Risorgimento Socialista che, nelle premesse e nelle assemblee fondative, aveva alimentato grandi speranze e una notevole partecipazione, se non altro per la curiosità di capire come, dove e se si sarebbe affermata questa proposta, tesa a catalizzare una sorta di alternativa di sistema, per produrre finalmente quella metamorfosi necessaria a passare da una sinistra di assemblati che hanno come programma praticamente solo la loro lista, ad un progetto socialista innovativo che fosse capace di camminare con le sue gambe, proprio per la qualità dei suoi contenuti e l'originalità dei suoi programmi.
Come e perché un autentico Socialismo, coniugato con la parola sinistra, sia da considerarsi, a seconda dei casi, o un ossimoro oppure un tautologismo, lo abbiamo già detto, così come intendiamo debba essere il Socialismo coniugato con le sfide e le contraddizioni del XXI secolo, per questo, pertanto, rimandiamo al precedente intervento.
Ora cerchiamo piuttosto di capire perché questo progetto chiamato per l'appunto Risorgimento Socialista, con l'intento di far risorgere contemporaneamente i valori e la specificità sia della proposta che del Paese a cui è destinata, rischi di fallire sul nascere.


Innanzitutto il Movimento è nato con un intento “largo ed elastico”, che ha saputo concretizzarsi in una Dichiarazione di Intenti molto “aperta”, significativa e condivisibile, la quale avrebbe dovuto essere la premessa per una sorta di “contaminazione” a tutto campo di valori e di prassi socialista, in special modo laddove il ruolo di quello che è rimasto solo di nome un partito socialista è completamente venuto meno perché schiacciato sulla prassi politica di un PD a conduzione renziana.
Ricordiamo in sintesi i punti fondamentali di questa dichiarazione che chiunque volesse può in ogni caso leggere integralmente:
Il nostro e’ un impegno di lotta contro la distruzione formale e sostanziale della nostra Democrazia ,come sistema di governo complessivo della società fondato sulla piena e libera rappresentanza della domanda politica e sulla mediazione democratica delle conflittualità sociali, all’interno di una rete di valori generali definiti dai principi inviolabili della nostra Carta Costituzionale – ll nostro e’ un atto di volontà consapevole e diretto contro la liquidazione esplicita della identità Socialista e Democratica , come modello e punto di riferimento della nostra sinistra di governo, compiuta dal nuovo Partito Democratico .”
E ancora:
E’ su questa base che parte oggi la costruzione di un movimento, per il Risorgimento Socialista; privo di nomenklature racchiuse in gruppi dirigenti rigidi e stratificati, in cui la compattezza politica ed operativa e’ affidata esclusivamente alla qualità ed alla larga condivisione delle sue proposte, con un comitato promotore aperto e plurale, a direzione collegiale, espressione della nostra assemblea costituente aperta e permanente, e, soprattutto, con strutture territoriali di movimento a livello locale cui tutti possono partecipare, quali siano le scelte individuali di appartenenza partitica passata o presente, per realizzare una rete diffusa di nostre iniziative , per costruire un tessuto di rapporti attraverso cui far valere il nostro contributo come un fattore essenziale di un più complessivo processo di rinascita della sinistra italiana.
Non ci chiuderemo in noi stessi, ma parteciperemo attivamente a tutte le iniziative in atto ad ogni livello e di qualsiasi natura funzionali alla difesa prioritaria della nostra democrazia costituzionale ed alla costruzione di una nuova sinistra nel nostro paese, non rinunciando a voler verificare davanti agli elettori, se necessario anche autonomamente , la qualità del nostro messaggio e delle nostre proposte qualora il processo costituente a sinistra a cui guardiamo non riesca a sorgere, o non possa essere definito in tempi brevi.”
A questo punto è nata in molti la domanda cruciale: Risorgimento Socialista è un partito o una Associazione?
E la risposta tesa a costruire un soggetto politico autonomo che fosse degno di tale significato, ha avuto come conseguenza quella di creare un ennesimo minipartito, ovviamente con il suo ministatuto, il quale comporta, si badi, nel suo stesso Statuto costitutivo ben sette organi gerarchici
il Congresso Nazionale (CN)
* il Comitato direttivo/politico (CDP)
* il Coordinatore nazionale (S)
*L' Esecutivo nazionale (SN)
* I Comitati Regionali (CR)
* la Conferenza Generale permanente degli iscritti (CG)
* Comitato di Garanzia
Insomma doveva essere “privo di nomenklature racchiuse in gruppi dirigenti rigidi e stratificati” ma le medesime nomenklature, una volta uscite dalla porta, sono rientrate allegramente dalla finestra, e per altro stanno dimostrando di funzionare poco o niente. Quando forse basterebbe al loro posto, solo un piccolo e snello organo dirigente collegiale di cinque sei mebri al massimo, eletto periodicamente dalle assemblee nazionali, per coordinare e dirigere tutte le azioni nel territorio.
Un movimento del genere, tuttora costituito da qualche migliaia di aderenti (almeno sulla carta) sparsi in tutto il territorio, avrebbe dovuto dotarsi di strumenti, in rete e territoriali, assai elastici ma altresì concreti, per verificare permanentemente i suoi indirizzi e stabilire, volta per volta, come attualizzarli e sostenerli, adottando, allo stesso tempo, linee politiche e di sostegno elettorale condivise, anche quando fossero frutto di un aspro dibattito interno.
Ogni dibattito, anche molto acceso, così come ogni documento che eventualmente ne fosse scaturito, avrebbe dovuto circolare solo all'interno del movimento, per non rischiare di presentare una immagine del medesimo già erosa e sfilacciata sul nascere, se non addirittura fratturata al suo interno.
Questo ovviamente, comporta non la creazione di ambiti di confronto aperti in cui ogni eventuale dissenso, specialmente in rete, viene bannato, e nemmeno, di converso, la necessità di spazi chiusi solo all'ambito delle strutture gerarchiche statutarie, di quelle piccole nomeklature che sono rinate probabilmente solo per blindare il gruppo dirigente e prevenire eventuali ricambi all'interno di esso. E tra l'altro contraddicendo lo Statuto stesso il quale recita testualmente: “La Dichiarazione di Intenti a cui si ispira il RISORGIMENTO SOCIALISTA , che costituisce parte essenziale dello Statuto e’ L’ATTO FONDATIVO del RISORGIMENTO SOCIALISTA, e come tale non può essere oggetto di alcuna modifica congressuale”
Se, infatti, la stessa Dichiarazione di Intenti prevede che non debbano esserci gruppi dirigenti rigidi e stratificati, non si capisce proprio come mai il Movimento debba avere sette organi interni che li riproducono.
Il risultato di questa contraddizione e della incapacità di essere elastici, coinvolgenti e dialetticamente uniti, appare evidente nelle scelte politiche che il movimento ha inteso fare sin dalla sua nascita, buttandosi anche incautamente e senza ancora un concreto consolidamento territoriale, nelle scelte elettorali che lo hanno spinto e lo spingono tuttora a inserire i propri membri in liste di altrui origine. A Roma, si è sostenuta la lista Fassina con candidati di RS per i quali è mancata inevitabilmente una adeguata campagna elettorale, e che sono stati così inevitabilmente bruciati e sacrificati alla mera velleità di dimostrare di “esserci”, poi si è sostenuta la candidatura della Raggi, con mero intento “destruens”, cioè solo tanto per contrastare quella del PD, e senza al contempo vincolare concretamente questo consenso ad un vero programma da verificare e compatibile con gli intenti anche territoriali di RS. In Sicilia, si preparano le elezioni con ben tre posizioni di RS, una a sostegno della lista unitaria della Sinistra, che è quella ufficialmente riconosciuta da RS, un'altra sponsorizzata dai sovranisti indipendenstisti siciliani e da un gruppo di RS che ha pubblicato un documento in otto punti rilanciato dal CLN e dai principali siti sovranisti, e un'altra ancora apparsa di recente frutto di una sorta di “conciliabolo” svoltosi a Palermo con l'intento di sostenere una non ben definita “prospettiva laica, socialista, autonomista e di sinistra per la Sicilia, messa in campo, estemporaneamente, da alcuni ambienti di tradizione e area socialista”
L'impressione che si ha da tutto ciò è che la crescita territoriale di RS sia stata piuttosto spontaneistica e per taluni protesa più a tirare l'acqua al proprio mulino e a quello dei propri mugnai di sempre, piuttosto che a dare un contributo che fosse direttamente connesso e perfettamente coerente con la pregevolissima Dichiarazione di Intenti che il Movimento si è dato sin dall'inizio, così come è evidente che coloro che hanno contribuito a creare quella Dichiarazione, vedendo contraddetti i suoi principi, hanno esitato e tuttora si astengono dal partecipare al Movimento stesso.
Un Movimento, per sua stessa definizione, si differenzia da un partito, perché, rispetto ad esso sa “muoversi” e cioè sa rimettersi in discussione, sa prescindere dalla conduzione assolutista di un leader, sa andare oltre le piccole o grandi nomenklature e sa soprattutto confrontarsi al suo interno, anche in modo aspro, ma sempre costruttivo, con lo scopo di restare coerente con i suoi principi, rendendoli, mano a mano, sempre più efficaci e concreti nella capacità di realizzarli operativamente.
Un movimento che invece resta vincolato alle logiche di partito, anche perché costituito da personaggi che, soprattutto a livello direttivo, le hanno praticate per tanto di quel tempo da non riuscire più a liberarsene, rischia piuttosto di restare prigioniero delle sue contraddizioni ed affondare con esse.
Per esempio, si può dimostrare tanto solerte nell'eliminare il dissenso mediatico, quanto incapace di controllare quello nei territori, con una immagine complessiva e risultante altamente schizoide, in cui a risaltare non è un collettivo che lancia una proposta innovativa largamente condivisa, ma un insieme di militanti intenti per lo più a lanciare tanto repentinamente il loro sasso o sassettino, per dimostrasi poi altrettanto abili subitaneamente, a nascondere la loro mano.
Chi scrive non ha evidentemente intenti distruttivi o corrosivi ma si limita, ovviamente dal suo punto di vista e con i limiti che anche esso comporta, ad analizzare dei fatti ed una condizione che, per vari aspetti, provoca non tanto rabbia, quanto piuttosto amarezza, soprattutto per chi da vari anni si è speso senza chiedere mai alcun tornaconto, solo per far risorgere i valori socialisti e con essi anche la dignità di questo Paese.
Non esistono facili soluzioni, così come non esistono semplici scorciatoie, il lavoro di un Movimento democratico e socialista è in molti casi lungo, difficile e complesso, ma, allo stesso tempo, non impossibile se si tengono a mente alcuni fondamentali principi che così possiamo sintetizzare:
  1. Un Movimento non può essere legato mani e piedi alle decisioni del suo leader (maximo o minimo che sia), ma deve sapere decidere riunendosi e votando, volta per volta, le decisioni e gli orientamenti fondamentali che ritiene di dover mettere in campo
  2. Esso non può restare prigioniero delle logiche di appartenenza a questo o a quel partito in cui si è militato in precedenza o a cui si ritiene di voler far riferimento, solo perché più grosso; se il granello di senape può fare diventare l'albero frondoso, l'albero frondoso può anche far marcire il granello di senape
  3. Le decisioni e la linea politica di un movimento devono essere condivise il più largamente possibile, devono essere discusse, io direi, nell'esclusivo ambito sue assemblee aperte agli iscritti (ove manchi il luogo fisico se ne trovi un altro virtuale, il M5S qualcosa avrà pur insegnato), e votate a maggioranza. Una volta fatto ciò, tutti devono essere tenuti a rispettare quelle decisioni e ad impegnarsi con il massimo delle loro forze per attuarle, senza operare in senso diverso o contrario, specialmente usando il simbolo del Movimento.
Si potrebbero aggiungere dei corollari a questi assiomi, ma preferisco non dilungarmi e, dato che probabilmente l'ho già fatto, concludo semplicemente con una citazione del padre fondatore del Socialismo Italiano: Filippo Turati:
Se si nega a ciascuno la libertà di dare un contributo critico ad un Movimento, si nega allo stesso Movimento di esistere; se ciascuno crede che il suo (fosse anche quello del capo stesso del Movimento) contributo critico al Movimento debba coincidere con il Movimento stesso, allora ha già sepolto il movimento prima che esso possa nascere.
Evitiamo pertanto di sbattere contro il muro delle contraddizioni e che si possa dire ancora, come aveva scongiurato lo stesso Turati: “Come sarebbe bello il socialismo senza i socialisti”

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