Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

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venerdì 5 aprile 2013

Ma tra Pyongyang e Seul (o Washington) la guerra è destinata a rimanere fredda



In queste ore molti si stanno interrogando su cosa stia realmente succedendo tra le due Coree e, ancor più, tra la Repubblica Democratica Popolare di Corea e gli Stati Uniti. Personalmente, a titolo esclusivamente personale e da uomo della strada, direi che la situazione sia molto più sotto controllo di quanto si possa credere. La Corea del Nord ha minacciato di colpire obiettivi statunitensi solo nel caso in cui Washington la dovesse attaccare: è perciò da smentire la voce, diffusa dai media occidentali, secondo cui Pyongyang vorrebbe premere il grilletto per prima.
Il vero problema è un altro: ovvero che gli Stati Uniti da sempre minacciano e provocano la Corea del Nord con esercitazioni militari davanti alle sue coste, stavolta aggravate dall’invio di cacciabombardieri invisibili e capaci di trasportare ordigni nucleari. Insomma, gli statunitensi ed i loro alleati sud coreani hanno volutamente travisato e manipolato le dichiarazioni dei nord coreani di volersi difendere da un attacco congiunto USA – Corea del Sud per farsi passare da aggrediti anziché da aggressori quali realmente sono. Ora, sorge spontanea la domanda: perché queste provocazioni statunitensi (l’appoggio sud coreano a Washington segue a ruota, indefettibilmente) all’indirizzo della Corea del Nord?
A mio modesto avviso la vera posta in gioco di queste esercitazioni – provocazioni risiede nella volontà statunitense di saggiare il grado di reazione di Russia e Cina, il cui recente avvicinamento (si pensi all’incontro tra Putin e Xinping e a tutti gli accordi firmati, che danno vita ad un’alleanza che rafforza tutto il blocco euroasiatico) certamente non è gradito a Washington. Insomma, come recita un vecchio e famoso proverbio, è un “parlare a nuora perché suocera intenda”. Non solo, ma da parte statunitense è anche un modo per bloccare un processo di riunificazione tra le due Coree che, malgrado tutto, procede da anni ed è destinato fatalmente a compiersi.
L’obiettivo, particolarmente caldeggiato soprattutto da parte nord coreana (si pensi, in tal senso, alle dichiarazioni di Kim Il Sung, esposte in tempi non sospetti) è di dar vita ad uno Stato confederale, al cui interno le due Coree possano integrarsi conservando ognuna i propri sistemi e le proprie peculiarità. Insomma, come diceva un certo Deng Xiao Ping a proposito dell’integrazione tra la Cina Popolare e Hong Kong, “uno Stato, due sistemi”. Possiamo immaginarci quanto tale progetto sia inviso agli statunitensi e ai loro più fedeli “dipendenti” sia in Corea del Sud che in Giappone. Non ci vuole infatti una grande intelligenza per capire come uno Stato del genere avrebbe, tra i suoi obiettivi, l’estromissione delle forze militari statunitensi dal proprio territorio e quindi da tutta la penisola coreana, indebolendo così di non poco il dispositivo strategico e militare nordamericano nel Pacifico.
Il problema, per gli statunitensi, si riproporrebbe pari pari anche nel caso di una riunificazione tra la Cina Popolare e Taiwan, destinata anch’essa prima o poi a compiersi sempre in base al principio del “uno Stato, due sistemi”. Ed infatti anche tra le due Cine, e quindi non solo tra le due Coree, l’imperialismo nordamericano interviene periodicamente cercando di bloccare il processo di riavvicinamento a suon di tensioni politiche con l’aizzare il “partito americano” taiwanese. Tuttavia queste strategie di corto respiro non serviranno a bloccare la ruota della storia.
Anche nel caso della Corea, gli statunitensi sono consapevoli di non poter tirare troppo la corda: possono manipolare la verità, facendo passare il diritto alla difesa di Pyongyang per volontà di aggressione grazie soprattutto al potentissimo apparato mediatico di cui dispongono, ma ben difficilmente possono permettersi di andare oltre alle loro consuete provocazioni. Sanno benissimo che dietro a Pyongyang ci sono Mosca e Pechino, oggi più unite che mai. Anche alla luce di tutto questo, vien da pensare che il conflitto tra le due Coree (o, più precisamente, tra la Corea del Nord e gli Stati Uniti, giacché a Seul senza l’approvazione americana non compiono un passo) sia destinato a rimanere freddo, senza mai diventare caldo. E che, al contempo e nonostante tutto, il processo di “riunificazione” o meglio di “confederazione” tra i due Stati della penisola prosegua, a dispetto dei malumori nord americani.


Filippo Bovo

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