Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo
Garibaldi, pioniere dell'Ecosocialismo (clickare sull'immagine)

domenica 5 agosto 2018

Il Socialismo, la sinistra e...Platone




                                                          di Carlo Felici


Che il Socialismo italiano sia tuttora sepolto in Tunisia, almeno nella sua capacità di incidenza politica a livello nazionale, ci pare un fatto poco controvertibile, anche se ovviamente il giudizio sull'ultimo leader socialista italiano che abbia saputo associare indissolubilmente Socialismo e tutela degli interessi di una intera nazione, è ancora piuttosto aperto e contrastato.
Un fatto storico incontrovertibile è comunque semplificabile in alcune brevi note storiche: il PIL italiano allora salito a due cifre, l'inflazione scesa ad una cifra, una azione che a livello europeo portò, grazie a quel leader, due paesi a conduzione socialista nella UE, come Spagna e Portogallo, aiuti da lui dati “in nero” ai perseguitati di ogni regime nero o rosso, sia in Sudamerica che nell'Europa dell'Est, difesa della dignità e sovranità nazionale a Sigonella, tutela delle leggi sul lavoro con il taglio di soli alcuni punti della scala mobile, che venne azzerata solo in seguito da altri.
Questo non per celebrare in continuazione un personaggio che ormai appartiene alla storia da più di 20 anni, o per sottrarlo alle polemiche permanenti sul suo operato, o su questioni morali o giudiziare.
Non ci interessa tanto questo, se qualcuno vorrà perpetrare una polemica infinita nel merito, potrà farlo in altra sede.
A noi interessa piuttosto marcare una differenza ed una distanza.


La differenza è tra un Partito Socialista ridotto a ruotino di scorta di altre componenti politiche oppure a lumicino di vecchi compagni di un'età perduta, o peggio a giochetto personale di qualche personaggio in cerca di strapuntino, e un vero Partito Socialista capace con la sua azione autonoma ed efficace di incidere profondamente nel tessuto sociale e politico del Paese.
Inutile negare che la caduta dei regimi comunisti ha portato in Europa il progressivo gonfiarsi di uno tsunami neoliberista che ha investito, con le sue crisi speculative, un intero continente ampliando le disuguaglianze, le ingiustizie sociali, arrestando la scala di emancipazione dei ceti più poveri e spingendo moltissime persone verso la povertà e l'emarginazione.
Tutto questo è stato amplificato da una immigrazione crescente, perfettamente inserita nel nuovo ordine neoliberista, per abbassare il costo del lavoro ed arrivare alla demolizione delle leggi sulla tutela del posto fisso, amplificando a dismisura sfruttamento e precarietà. Con la conseguenza di demolire in prospettiva una pace sociale e generazionale, per l'aggravamento della tenuta dei conti pubblici in merito al sistema pensionistico e con generazioni per le quali la pensione potrà persino essere un sogno irraggiungibile.
E' un meccanismo questo che, in Europa, ha visto i partiti socialisti sostanzialmente abdicare alla loro ragione sociale fondante ed aderire fidesticamente alle leggi del mercato quasi considerandole ineluttabili, come cioè se fossero non un fattore umano riconducibile a precise cause economiche, ma una sorta di orizzonte metafisico di fronte al quale sarebbe possibile solo trovare dei palliativi, spesso per altro peggiori dei mali stessi, perché alla lunga destinati a sostenere questo ordine generale piuttosto che a contrastarlo.
La sinistra, progressivamente, ha perso tutta la sua credibilità fino ad essere estromessa dal Parlamento Italiano, per questo sostanziale motivo, ha esaltato i diritti civili seppellendo quelli sociali, preferisce tutelare ad oltranza le famiglie gay, piuttosto che battersi senza tregua per sostenere la stabilità del posto di lavoro e la famiglia che, mediante il lavoro stabile, riesce a formarsi e a crescere, rinnovando così sistemi pensionistici e le future prospettive generazionali.
Su questo terreno la sinistra fallimentare italiana è stata persino scavalcata dalla Chiesa Cattolica,la quale comunque non si è mai voluta rendere conto fino in fondo che la sua dottrina sociale è messa in seria discussione quando all'accoglienza non si accompagna la dignità dell'inserimento e del lavoro della persona.
Oggi assistiamo persino alla denigrazione di un intero popolo, con copertine demenziali dei tabloid di riviste di questa sinistra radical-chic che nelle recenti elezioni politiche ha preso una batosta di proporzioni epocali e che, pur di non volersi rendere conto dei suoi errori, pretende di criminalizzare un intero popolo, assimilandolo al Ku Klux Klan, senza rendersi conto di quanto hanno fatto gli italiani, completamente lasciati soli dall'Europa, per accogliere centinaia di migliaia di migranti negli ultimi anni. A tutto c'è un limite, ma per alcuni il limite non deve esistere, nemmeno quello della decenza, per questo se non la pensi in un certo modo sei automaticamente tacciato di razzismo, xenofobia o fascismo.

Ma cosa c'è di più fascista che abbassare il potere d'acquisto degli stipendi? Fare gli interessi dei grandi gruppi finanziari ed industriali? Demolire le leggi sul lavoro? Privatizzare ad oltranza i servizi pubblici e sociali?
Forse persino il fascismo non arrivò mai a tanto
Quindi saremmo diventati fascisti non solo in assenza di fascismo, ma in presenza di governi neoliberisti più fascisti del fascismo stesso, se continuiamo ad intendere il fascismo come dittatura economica prima ancora che politica.
Il popolo italiano, a dir la verità, non ha mai brillato per mentalità socialista, un tempo chi aderiva al Socialismo lo faceva soprattutto per realizzare obiettivi primari, oggi si rischia persino che sparisca la memoria ideologica e culturale del Socialismo Italiano, dato che le nuove generazioni sono più attratte dagli slogan, dalle panzane mediatiche, dai capi improvvisati di movimenti vari, piuttosto che essere coinvolte in un impegno di emancipazione che non è solo politica ma anche culturale.
Fondamentalmente tra l'italiano da farsi che reputava un brigante Garibaldi, mentre trasferendosi da Roma a Venezia avrebbe voluto portare la sua rivoluzione democratica e socialista in tutta Italia, e l'italiano fatto (anche a forza) di nostalgie neoborboniche o concentrato più che altro sul suo ombelico famigliare, di consorteria più o meno lecita, o comunque sul suo conto in banca, il DNA è sempre lo stesso, individualista era e individualista resta.
Per cui quando i suoi umori elettorali si spostano, ciò avviene più in base ad una paura che per una profonda convinzione, anche perché, obiettivamente, anche il DNA di coloro che si sono avvicendati al governo di questo Paese resta miseramente lo stesso, nonostante esso rechi anche straordinarie e geniali doti di creatività, generosità e abnegazione, nel suo perdurante individualismo.
Così obiettivamente l'italiano va ben d'accordo con i suoi simili, prevalentemente quando è “costretto” a farlo, fa gioco di squadra solo quando ha un obiettivo comune importante da realizzare e anche un buon allenatore capace di propiziarne il conseguimento, anche se poi lo stesso “allenatore” non di rado rischia di essere il capro espiatorio di mali non imputabili solo a lui, ma ovviamente allo sfaldarsi della stessa squadra per i soliti motivi autoreferenziali
La politica, così, sembra non essere mai uscita dall'epoca delle “compagnie di ventura”, e non per niente i nuovi leaders vengono etichettati con l'epiteto di “capitano”
Tanto poi, quando la “ventura” cambia..si cambia anche il “capitano”..colpa sua, non nostra.
Quando in Italia si è esaurita una intera generazione di giovani idealisti capaci di lottare pagando con la loro vita per grandi ideali patriottici, il tessuto morale e civile ha cominciato a sfaldarsi...vedasi con la generazione dei garibaldini, esauritasi con i “ministri della malavita” dei primi del Novecento e..vedasi gli odierni..”capitani di ventura” che sono arrivati all'arrembaggio dei partiti-contenitore, con la fine della generazione dei patrioti partigiani della Resistenza alla dittatura e all'occupazione nazista.
Chi oggi sogna di rimettere in auge un grande Partito Socialista, democratico, patriottico, ecologista, forse, per questo, sogna più il passato che il futuro.
Però noi non vogliamo essere tanto pessimisti, quanto piuttosto riflettere su come sia possibile tornare a mettere in moto un Paese intero, senza che, per questo, esso finisca nelle mani dei demagoghi o degli speculatori, che poi...gira che ti gira..possono essere benissimo gli stessi.
Lo vediamo palesemente quando si tratta di ripristinare le leggi sulla tutela del lavoro e dei lavoratori.
Questa è la vera discriminate tra un Partito autenticamente Socialista ed uno populista. Per il socialista non vi è differenza di etnia, religione, provenienza o cultura, ma differenza di status, la discriminante resta quella tra un privilegiato ed uno sfruttato, e l'obiettivo è sempre fondamentalmente la lotta per una rinnovata giustizia sociale.
Ovviamente di fronte a fenomeni come la globalizzazione anche queste lotte andrebbero globalizzate, combattendo con grande impegno, determinazione e mobilitazione ovunque la globalizzazione del turbocapitalismo tende ad affermarsi, specialmente con i suoi accordi di vertice.
Solo così la lotta diviene efficace e tende a risaltare e ad affermarsi. Solo così si riesce a mettere davvero paura all'apparato che tende a potenziarsi e ad autocelebrarsi. Non per niente le lotte di questo tipo, vedasi Genova per tutte, sono state scientificamente e brutalmente represse. Non per niente per impedire la loro diffusione a livello continentale solo state artificialmente e scientificamente finanziate forme di incremento della immigrazione indiscriminata e gruppi terroristici capaci di agire fuori e dentro le grandi società industriali e postindustriali, alimentando le paure del cittadino massificato, anche con altre forme di schedature scientificamente studiate, come i socialnetwork, dove le fake news convergono su medesimi scopi, spingere l'individuo a sfogarsi e a protestare in maniera autoreferenziale e mai organizzata, abituarlo all'autoritarismo dell'amministratore del suo gruppo di discussione, alla estromissione anche ingiustificata senza possibilità di replica.
Torna quindi un auge la lezione di Platone, e soprattutto il suo mito della Caverna.
Oggi c'è il rischio che una sinistra decadente ed asfittica, lo rivaluti per criticare una democrazia che le ha voltato le spalle, arroccandosi così di nuovo in pretese di superiorità morale, alternate da sprezzanti accuse di razzismo e fascismo contro ogni oppositore non allineato, per poter rimettere in primo piano una sorta di “aristocrazia del pensiero”. Ma quale pensiero? In definitiva un pensiero rovesciato rispetto a quello platonico, perché fondato sulle “ombre mediatiche”, non sulla liberazione da esse, ma piuttosto sull'essere vincolati e incatenati ad esse fino a non poter immaginare altro.
Questa è la più profonda delle millantature, con cui, invece di trovare un cammino globale di liberazione, che faccia uscire dalla schiavitù dello sfruttamento speculativo alimentato ad arte dalle ombre mediatiche, lo si rende a priori impossibile con la metafisica del mercato, con la pretesa che altra realtà non vi sia che quella che globalmente viene imposta da questo modello di economia che parallelamente distrugge la terra e affama la gente, perché identifica tutto con la merce destinata al profitto. Farci diventare ombre tra le ombre di una grande parete mediatica mondiale, in cui il fuoco che alimenta le ombre è gestito sempre dagli stessi, il cui unico scopo è farci capire che senza quell'ombra siamo meno che nulla. E con ciò, diventiamo nullità all'ennesima potenza, dei nulla che temono di essere nulla.
Bisogna quindi ricominciare dal cammino più semplice per uscire da questa trappola, che è quello del bimbo che muove i suoi primi passi nel suo ambito famigliare, recuperare lo Stato, la Costituzione, la Tradizione Culturale ed identitaria di un popolo, per condividerla ma non per stravolgerla, così come il bimbo cerca di mettersi in piedi sorreggendosi prima ad appigli solidi.
Ma da questi appigli bisogna anche liberarsi e camminare in autonomia, cioè saper espandere un modello con creatività, originalità e quella competitività che ha origine nella competenza, nell'efficienza, e se necessario, anche nella intransigenza, soprattutto a livello civile e morale.
Risorgimento Socialista dovrebbe voler dire dire quindi risorgere alla luce dalla schiavitù delle ombre fittizie e mediatiche, e allo stesso tempo socializzare le conquiste, rendere fruttuose le scoperte, condivisibili le scelte libere individuali ma anche necessariamente e parallelamente le responsabilità collettive.
Un movimento di questo genere deve sapere essere trasparente, e quindi intransigente innanzitutto verso se stesso, se decide di fare un Congresso, lo fa, e dà a tutti, anche ai dissidenti rispetto alla sua Direnzione Nazionale, la possibilità di competere, di esprimersi e votare, se si dà degli organi, poi rispetta la loro struttura e il loro statuto, se decide di rinnovare periodicamente le sue cariche, lo fa anche se ha trovato il migliore dei leader possibili a guidarlo
Perché la differenza tra un socialista e un piccolo capitano di ventura è che un socialista è uno per tutti, pronto in ogni momento ad essere uno dei tutti per un altro che ha gli stessi obiettivi.
Il piccolo capitano di ventura è invece quello che opera in continuazione affinché tutti siano per uno, e cioè lui stesso.
Non è ovviamente una sigla, un colore politico e nemmeno una parte (destra o sinistra che sia) a qualificare l'autenticità ed efficacia di un partito o di un movimento politico.
Lo è piuttosto la sinergia di tre componenti fondamentali: coerenza, trasparenza e impegno collettivo.
Se un movimento predica di rimettere in auge la tutela del lavoro e poi vota in Parlamento per impedirlo, è già morto prima di affermarsi, se i suoi conti non tornano e usa mezzi illeciti per finanziarsi, si è già scavato la fossa, se lascia che la sua immagine sia legata mani e piedi ad un solo personaggio che dentro di esso, anche magari con successo, fa il bello e il cattivo tempo, mettendo a tacere ogni forma di dissenso o dibattito interno, invece di risorgere resta confinato negli inferi della sua marginalità e inconsistenza.
Sarà opportuno quindi che chiunque voglia cimentarsi oggi in politica tenga bene a mente questa frase de La Repubblica di Platone: “Ogni re deriva da una stirpe di schiavi ed ogni schiavo ha dei re tra i suoi antenati” Almeno questo vaccino dovrebbe essere realmente obbligatorio per avere, prima ancora che una democrazia, una società davvero sana.




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