Dio solo sa quanto chi
scrive sia appassionato di storia e di valori socialisti e quanto sia
immalinconito dalla sorte dell'ultimo partito che in Italia reca
questo nome, purtroppo ridotto ad una sorte democritea, all'atomismo
politico.
Inutile ripercorrerne la
storia dopo la fine di Craxi, la conoscono tutti e non farebbe altro
che aggiungere pena alle altre numerose ed attuali.
Fatto sta che quando da
parte di tutti sarebbe necessario uno sforzo comune per ritrovare e
rilanciare una tradizione che ha accompagnato la crescita della
civiltà democratica e repubblicana di questo Paese
indissolubilmente, ci guardiamo intorno e troviamo solo macerie, e
compagni intenti più che altro a scavarle per cercare di rimettere
insieme qualche rudere, facendone il sostegno di qualche architettura
moderna in via di costruzione, più o meno come quel che è successo
al teatro di Marcello a Roma, di cui si vede una parte di ciò che un
tempo fu esternamente, ma che è ormai pienamente inglobato nelle
costruzioni successive, e non è più percepibile per quello che era,
non ha più la sua pianta originaria.
Questo, detto in sintesi,
è ciò che è accaduto al Socialismo Italiano, si è ridotto a
rudere portante di altre architetture politiche, per carità, sempre
con la sua dignità ed i suoi fasti, come è evidente notare anche
per le antiche colonne che spuntano nelle chiese o in altri edifici
medioevali, ma sicuramente non più facente parte di un disegno
autonomo corrispondente ad una singolare proposta politica, capace di
incidere nel tessuto sociale del suo tempo.
Un piccolo ma
significativo rudere che conserva la sua matrice originaria e il suo
simbolo traspare dalle liste del PD, un altro sta per essere inserito
nella costruzione di una non ancora ben definita sinistra unitaria,
un altro prima appare e poi scompare nell'arcipelago emergente del
sovranismo italiano, altri piccoli pezzi sono in attesa di
collocazione nello spazio più utile e conveniente a loro stessi.
La questione è che, proseguendo
di questo passo, in futuro nemmeno l'archeologia socialista sarà in grado di
ricostruire da dove tutti questi pezzi sparsi sono venuti e con quale
robusta architettura si siano poi disgregati
Il fatto è che il
Socialismo avrebbe bisogno di compagni che ci credono, e crederci
vuol dire considerare di far parte di un disegno comune, quindi di
una architettura da costruire e ricostruire sempre con fondamenta
solide, ma con mura da adattarsi e resistere ai vari sismi che attraversano le
varie epoche politiche (oggi ecologia, globalizzazione, sovranità
politica), quindi di un progetto che non sia solo vincolato ad una
società, ma anche ad una etica e ad una sostanziale visione
escatologica del mondo, insomma ad una fede.
Ma tutto questo non
accadrà mai se ad orientare le prospettive di una nuova architettura
politica saranno i ruderi e, si badi, non generazionali, perché di
giovani intenti più ad incrementare il proprio tornaconto personale
piuttosto che ad impegnarsi per una causa comune, ce ne sono
tantissimi, nel panorama della desertificazione della cultura
politica odierna, ma piuttosto politici.
Un rudere politico,
infatti, è quello che applica al presente e alle azioni che
sarebbero necessarie nel contingente, categorie di dieci, venti o
persino di 30 anni fa. Il suo risultato ovviamente non può che
essere quello della costruzione del circolo di pensionati bocciofili,
non di una nuova e credibile proposta che possa essere premiata da un
largo consenso, e anche quando prova a mettere un po' il naso fuori dal
suo piccolo recinto, magari cercando e trovando, sempre in nome di
quella antica e intramontabile architettura del bel tempo che fu,
qualcuno disposto ad accogliere e rilanciare la sua proposta, non è
in grado, per la sua caratura mentale e per la sua sostanziale natura
di rudere, di inserirsi dinamicamente in altri ambiti, e di
conseguenza non può che ripiegare su se stesso, magari stizzito
quando altri non condividono tale penosa retromarcia. Sono tutti
casi che conservano malinconicamente ma indefessamente un minimo
denominatore comune: la tessera del rudere di partito originario.
E la cosa più penosa, in
questo caso, è che questa appartenenza non è tanto per convinzione
di poter radicalmente cambiare o persino stravolgere il corso di quel
piccolo partito, ma solo per portare a termine interminabili e
penosissime diatribe giudiziarie, come se nel passato Bissolati,
Gramsci e persino Turati invece di fare qualcosa che ritenevano
migliore del loro partito di origine, si fossero persi in anni e anni
di estenuanti cause giudiziarie per tornare a contare o
prevelere nel loro partito.
Questa purtroppo, cari compagni,
è la cifra del socialismo italiano attuale, un vuoto di autentica
fede politica che è direttamente proporzionale al livore e alla
desertificazione degli autentici concreti valori politici che esso
reca con sé.
Inutile ribadire
continuamente che si è socialisti se comunque si lotta per
concretizzare valori socialisti anche con altri, in un ambito non ben
ancora definito di valori costituzionali da rilanciare a sinistra.
Perché il NO al referendum costituzionale in primis, corrisponde ad
un responso politico trasversale e, in secondo luogo, la Costituzione
resta un valore di tutti, non solo di una parte politica, essa
pertanto non può diventare una bandiera politica, così come non è
una bandiera politica il nostro Tricolore.
Per rilanciare il
Socialismo in Italia bisogna essere socialisti di nome e di fatto,
fare politiche socialiste ed acquisire consenso in base ad esse,
dando ottimi esempi.
La strada della
costruzione di un soggetto politico che sia connotato chiaramente ed
autonomamente come socialista resta dunque imprescindibile, perché
una bella, originale e solida architettura può, come dimostra la
storia, sfidare non solo i secoli, ma anche i millenni e nessuno osa
toccarla o stravolgerla.
Qualcuno che sapeva bene
come dare ottimi esempi in prima persona disse a ragione: el
Socialismo es la ciencia del ejemplo.
Oggi
questo esempio di forza, determinazione e schietta autonomia manca
paurosamente, perché esso reca con sé anche la rinuncia a vantaggi
personali, in nome di una causa.
Però
senza di esso e senza quel coraggio che implica anche la capacità di
tagliare quei nodi che non si possono più sciogliere, avremo sempre
e solo ruderi belli solo per se stessi.
Mai
conserveremo un Pantheon in cui anche gli dei possano essere tutti
compagni.
Carlo Felici
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