Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

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domenica 21 maggio 2017

Maduro..ma dura?





                                                    di Carlo Felici


Il “cupio dissolvi” della sinistra italiana sta assumendo ultimamente toni farseschi soprattutto nella difesa a spada tratta del regime di Maduro, il quale viene addirittura paragonato ad Allende, che però non provò minimamente a modificare la costituzione cilena per restare al potere.
Maduro, invece, pur avendo perso quel consenso popolare ed elettorale che fu sempre il punto di forza di Chavez, pretende di cambiare quella stessa costituzione che fu voluta da Chavez nel 1999 e che fu definita dai suoi sostenitori come “la più bella del mondo”.
Maduro ha condotto una gestione disastrosa della moneta e dell’economia venezuelana, dimostrando palesemente di essere un incompetente, e per di più ha operato una forzatura dei processi democratici, con il solo intento di restare al potere a tutti i costi.
Chi crede di dover sostenere il suo regime solo per impedire che prevalga “l’imperialismo nordamericano” ha una visione miope e settaria delle vicende venezuelane e sudamericane, e trascura del tutto il fatto che nei paesi del Sudamerica, ormai solo la capacità di essere convincenti e di restare vincolati al consenso popolare, può consentire ai governi adeguate politiche socialmente avanzate.
Questo vuol dire, tra l’altro, incrementare l’efficienza dello Stato ed eliminare provvedimenti clientelari e parassitari, quelli che, ad esempio, portano a non rimuovere mai i fiduciari del potere, sebbene si dimostrino palesemente incapaci di gestire la politica e l’economia.
Che Guevara fu ministro dell’Industria e sebbene teorizzasse gli incentivi morali, per altro non in conflitto con quelli materiali che riteneva non dovessero essere individuali ma di gruppo, era molto attento alla produttività e all’efficienza del lavoro, lo disse esplicitamente in un suo intervento:
“Dobbiamo porre un operaio dove è veramente indispensabile: il compagno che ritiene di avere qualche guadagno e che può quindi assumere un operaio in più, crede di fare un favore alla classe operaia sistemando un disoccupato, ma non è così. Oggi non possiamo mettere a lavorare gente in luoghi dove il suo lavoro non comporti una produzione superiore alla retribuzione che si dà per il lavoro fatto. Per porre la questione in termini concreti, non dobbiamo occupare un nuovo operaio che produca qualcosa che abbia un valore di 5 pesos al giorno se lo paghiamo 6 pesos. È un'assurdità, ma si sta facendo e inoltre non si è curato a sufficienza un criterio generale di risparmio."

In Venezuela è accaduto l’esatto contrario: non c’è stato ultimamente un processo di rinnovamento e di affermazione della competenza nella gestione del potere e dell’economia, per sfruttare al meglio la principale risorsa economica.
A riprova di questa incapacità ed inefficienza c’è il fatto che le esportazioni di petrolio nel primo trimestre di quest’anno sono diminuite dell’8%, con un calo dovuto alla incapacità della compagnia petrolifera nazionalizzata PDVSA di mantenere la produzione costante. Questo per essere stata incapace di fare investimenti produttivi, preferendo piuttosto politiche parassitarie e clientelari, tanto che, a fronte della diminuzione di un quarto delle estrazioni, è stato triplicato il numero dei dipendenti, continuando ad usare i profitti in calo per scopi sociali sempre più insostenibili.
Si è arrivati così al punto che una delle navi cargo venezuelane in sosta presso le isole caraibiche, con un carico di greggio stimato di 20 milioni di dollari, è stato sequestrato dalla compagnia russa Sovcomotflot, come compenso di un credito verso la compagnia venezuelana statale di 30 milioni di dollari. Ergo, il petrolio venezuelano non si riesce più nemmeno a venderlo a prezzi di mercato.
Ormai anche settori che hanno sostenuto il chavismo fino a qualche tempo fa, si stanno smarcando e prova ne è che la stessa procuratrice generale Luisa Ortega ha contribuito a far fallire il tentativo di golpe del Tribunale supremo di giustizia, mentre sta mettendo in libertà molti cittadini arrestati senza motivo durante le proteste.
Non ci dimentichiamo che uno dei punti di forza più importanti del socialismo chavista è stato il consenso popolare, lo stesso che impedì che Chavez fosse rovesciato dopo un tentativo di golpe. Adesso il principale nemico del chavismo e del cosiddetto socialismo del XXI secolo sembra proprio essere il governo che apparentemente sostiene di esserne il continuatore.

Come se ciò non bastasse, Maduro ha annunciato che uscirà dall’OSA, l’organizzazione degli stati americani, violando così apertamente l’articolo 23 della sua costituzione.
La sinistra italiota continua a sostenere che contro Maduro si sarebbe scatenato l’imperialismo statunitense, pronto a ghermire nelle sue fauci il bolivarismo sudamericano, ma agenzie di stampa ben qualificate dicono cose un po’ diverse e cioè che Maduro avrebbe donato 500 mila dollari per la cerimonia d’insediamento di Donald Trump, pagandoli per mezzo della compagnia petrolifera statale Pdvsa. Tutto ciò mentre il Venezuela ha una inflazione a tre cifre e dando garanzie commerciali che potrebbero consentire alla Russia di avere un controllo sulle risorse petrolifere statunitensi.
Ormai in Venezuela si rischia di morire per la mancanza di una pastiglia per curare il diabete ed il 10% della popolazione rovista nei cassonetti. E’ il paese con l’indice di criminalità e di inflazione più elevati al mondo, decisamente diverso da come era il Cile di Allende.
Credere che tutti gli esponenti dell’opposizione a Maduro siano al servizio delle oligarchie imperialiste è pura demenza, per altro senile, perché le condizioni dei paesi sudamericani sono notevolmente cambiate rispetto agli anni settanta e ottanta; la realtà è che l’opposizione è stata, finora, persino troppo fiduciosa nella “democrazia chavista”, lasciando ad esempio, che un esponente come Leopoldo Lopez si potesse fare arrestare, con la prospettiva che presto sarebbe stato liberato. Invece è tuttora in carcere da anni. Allo stesso Douglas Bravo, tra l’altro membro di Utopia Rossa e sostenitore della Fondazione Guevara, in qualità di compagno guerrigliero del Che, fu impedito a suo tempo di lasciare il Venezuela solo per partecipare ad un convegno della Fondazione. Le sue critiche alla inadeguatezza e alla corruzione del regime venezuelano sono note da tempo e riportate dalla stessa Utopia Rossa nel suo blog.

Purtroppo anche la Chiesa e il Papa Francesco non si rendono pienamente conto ancora di quanto sia importante che dall’opposizione al regime nasca un movimento unitario che rispetti la democrazia e la giustizia sociale in Venezuela; non basta infatti constatare che al suo interno esistano o siano esistite delle profonde divergenze, bisogna anche lavorare affinché esse vengano superate e non portino più allo scontro frontale, ma piuttosto ad una transizione che non sia rovinosa e sfoci in un golpe militare.
Il ruolo di chi ha a cuore la causa del Socialismo, della libertà e della giustizia sociale non  è dunque quello di resuscitare i manicheismi degli anni settanta, ma piuttosto, quello di favorire un processo di consolidamento della democrazia per arrivare ad un percorso condiviso di uscita dalla crisi in Venezuela.
Questo non può certo avvenire con quel che Maduro è intenzionato a fare stravolgendo la sua Costituzione (e a difenderlo, guarda caso, sono gli stessi che hanno combattuto lo stravolgimento della Costituzione Italiana) e decidendo di convocare un’Assemblea costituente “senza partiti”, in nome di una nuova Carta costituzionale che metta completamente ai margini un Parlamento che gli è a maggioranza contrario. La nuova Assemblea costituente, per altro, sarebbe costituita da 500 membri provenienti sia dai “movimenti sociali” che dalle circoscrizioni municipali, ambienti strettamente sotto il controllo governativo.

Insomma un processo che appare alquanto “cubano”, proprio in un momento in cui ci si aspetterebbe anche da Cuba un rinnovamento interno delle sue istituzioni.
Allora, in conclusione, più che adottare schematismi per cui o si sta da una parte o dall’altra, bisogna cercare di capire come e perché il governo di Maduro non sia più adeguato e come egli rischi, piuttosto di trasformarsi nell’Assad del Sudamerica, con tutte le rovinose conseguenze del caso.

La sinistra del “meno peggio” purtroppo, anche in questa vicenda, resta omologa a quella del “tanto peggio tanto meglio”.

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