Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo
Garibaldi, pioniere dell'Ecosocialismo (clickare sull'immagine)

sabato 9 febbraio 2013

SORTIRNE INSIEME



di Carlo Felici

Chi segue i miei interventi sa che non ho mai smesso di riferirmi ad una questione di cruciale importanza che è alla base della metastasi che sta divorando questo paese, fin quasi a minarne le basi costituzionali e la sua stessa unità nazionale: è la questione del lavoro ormai purtroppo indissolubile da una continua emorragia di risorse umane e di vite di imprenditori e lavoratori.
Oggi, paradossalmente, si muore per precarietà, mancanza o perdita di lavoro più al Nord che al Sud, e in particolare, in quella zona che, fino a qualche tempo fa, veniva descritta come una sorta di isola felice e di modello innovativo e propulsivo per l'economia italiana: nel Nord-Est.
Lì, infatti si è sviluppata da circa trenta anni, ma, analizzando bene la situazione, anche da molto prima, una forma particolare di economia produttiva, e cioè da quando il fascismo scardinò profondamente il sistema della cooperazione che si era prepotentemente affermato negli anni 1919-20, con il controllo delle Case del Popolo e delle Leghe di contadini e operai, e ad esso sostituì forzosamente un altro sistema di piccola imprenditoria, di mezzadria sotto ricatto padronale, ove fosse necessario, in ogni caso incentivando più la conduzione del piccolo padroncino, magari responsabile verso i suoi lavoratori, che un sistema produttivo basato su una struttura più grande di produzione, fondata su una contrattazione permanente e organizzata, o magari anche autogestita per stabilire orari di lavoro e salari. L'economia produttiva del “piccolo è bello perché è nostro”, fondata sul legame quasi famigliare e paternalistico tra imprenditore e lavoratore, non funziona più in un mondo scardinato dalla globalizzazione.
Ricordiamoci poi, che tutto ciò,allora, venne imposto con una guerra civile, a suon di bastonate, di omicidi, di devastazioni e di ricatti messi in opera con la metodologia della criminalità organizzata.
Perché ricordare tutto questo? Ebbene, perché Monti, pochi giorni fa, ha fatto riferimento proprio al 1921, e non a caso, accennando ad un Partito Democratico che alcuni vorrebbero complice ed artefice di tutti i mali ma che, invece, va seguito con molta attenzione nella sua prassi e sicuramente molto di più di un pifferaio magico dell'ultima ora come Grillo.
Bersani ha fatto una proposta significativa che è la premessa per rivedere tante altre misure che stanno stringendo il cappio intorno al collo degli italiani, in vista della loro balcanizzazione definitiva.
Bersani ha infatti dichiarato: “Se toccherà a noi, nel 2013, pagheremo gli arretrati alle aziende che hanno lavorato per la Pubblica Amministrazione per un importo pari a 10 miliardi di euro l’anno per 5 anni” Ciò comporterebbe la necessità di emettere Titoli di debito pubblico vincolati, per un totale di 50 miliardi di euro in 5 anni, per saldare i debiti delle P.A. nei confronti di molte piccole e medie imprese.
Questa, al di là dell'aria fritta su cui molti stanno facendo a gara per dimostrarsi i più esperti nel settore, mi pare effettivamente la proposta più ragionevole e concreta che un politico potesse fare in questa campagna elettorale, oltre, evidentemente, a quella su una forte riduzione dell'IMU sulla prima casa.
Molti non sanno, o forse non vogliono sapere infatti, che la maggior parte delle aziende bonsai, del Nord-Est, in cui il suicidio di massa sta dilagando, falliscono proprio perché lo Stato e gli enti locali, in particolare, sono insolventi nei loro confronti, nel senso che non pagano o pagano con forti ritardi, i servizi da essi erogati.
Con l'unico risultato che a permettersi di poter eseguire servizi in stato di insolvenza risultano essere solo aziende che hanno alle spalle magari ingenti capitali, provenienti da attività illecite, o comunque fuori controllo. Inutile aggiungere da chi e come esse possono essere controllate.
L'Europa, in ogni caso, tra le altre norme ha emanato una direttiva 2011/7 UE, la quale prevede che le Pubbliche Amministrazioni paghino le imprese entro 30-60 giorni al massimo. L’Italia l' ha recepita con il Dlgs 192/2012 e, con la Circolare del 23 gennaio 2013 ed ha dichiarito che le norme sui pagamenti valgono anche per il settore edile.
Il problema è come finanziare tale onere. Ma la soluzione sarebbe ottenuta per il 60% tagliando l’acquisto di cacciabombardieri F35, e per il 40% attingendo ai Fondi strutturali europei. Possiamo dire che questa sicuramente, nella situazione assai critica in cui ci troviamo, è una proposta concreta non solo fattibile, ma anche sicuramente in controtendenza, perché è del tutto evidente che una emissione di titoli farebbe nell'immediato aumentare il debito, ma porterebbe anche inevitabilmente a rimettere seriamente in discussione il capestro del fiscal compact.
La maggior parte del debito pubblico nostrano è in mano a banche e istituti finanziari che con tutta probabilità, non reggerebbero ad uno sforzo del genere se non in condizioni di pieno risanamento e di mancata esposizione a titoli tossici, non è escluso quindi che lo stesso PD, per acquisire maggior credibilità, abbia voluto avviare verso un profondo risanamento quella che molti definiscono una banca ad esso contigua: il Monte dei Paschi di Siena. I cui titoli, come sempre avviene quando si mette in opera una procedura del genere, prima vanno a picco e poi però volano, a tutto vantaggio di chi ha fiuto speculativo
Se dunque Monti che è “salito” in campo, proprio perché ha visto sfumare la prospettiva della Presidenza della Repubblica e avvicinarsi sempre di più lo spettro di una sua estromissione dalla futura Presidenza del Consiglio, a favore di Bersani che, anche se con margini di vantaggio minori, i sondaggi danno tuttora in testa, oggi entra a gamba tesa, evocando addirittura con toni berlusconiani l'origine comunista del PD, nel 1921, non è un caso. Vuol dire che anche il compassato professore può perdere le staffe.
Quelli che danno quindi per scontata l'intesa tra Monti e Bersani dopo le elezioni, a tutto svantaggio del secondo, a mio avviso prendono un sonoro abbaglio.
Monti non vuole che il debito aumenti di un centesimo, in ossequio a quella che è oggi la politica dominante della Germania in Europa, e indipendentemente da chi ha o non ha in mano il debito pubblico italiano.
Bersani invece conta proprio su un suo aumento parziale e a breve termine (sempre che in Europa glielo lascino fare) e, comunque, su Monti è stato piuttosto esplicito e lapidario: «Ognuno pensi ai poli suoi. Monti pensi alla sua coalizione. Ancora non ho visto la sua foto con Fini e Casini» Battute elettoralistiche destinate a svanire nel nulla, nel dopo voto? Può darsi, ma consideriamo quali potranno essere gli scenari futuri più probabili e sempre secondo l'andamento dei sondaggi..
Quello che fino ad ora era voto astensionista, probabilmente andrà all'ultimo demagogo di turno, pluridecorato con cinque stelle (in effetti per il suo mestiere è perfetto)
Chi voterà l'ultima falce e martello rimasta si immolerà sul ponte della nave come il capitano prima che affondi, dato che il quorum non sarà mai conseguito e quelli saranno tutti voti andati a mare.
Chi non voterà, farà la scelta di Celestino, definito da Dante: "colui che fece per viltade il gran rifiuto" egli non lo fece per viltade, lo sappiamo benissimo, ma con altrettanta certezza sappiamo che al suo posto andò Bonifacio VIII, con tutto quello che ne seguì..
Chi voterà la lista Ingroia che pare sia piuttosto lontana dal superare abbondantemente il 4%, di fatto, indebolendo Il PD al senato, non favorirà altro che il ricatto di Monti, qualora il PD non avrà forze sufficienti in quella sede per una maggioranza solida.
Chi voterà SEL invece, potrà cercare di vincolare l'operato del PD ad una direzione contraria a quella verso la quale Monti vorrebbe portarlo, quest'ultimo infatti ha dichiarato più volte che con Vendola non governerà mai.
L'unica prospettiva dunque che potrebbe riportarlo prepotentemente al potere sarebbe quella di un sostanziale pareggio delle forze politiche in campo, che metterebbe in evidenza i limiti già per altro noti da tempo di una legge porcata e illiberale che nessuno si è curato di cambiare. E proprio a questo pare che, in queste ultime settimane, di fatto, egli stia puntando.
E' del tutto evidente che un ritorno di Monti al potere sarebbe considerato da molti peggio di una ennesima vittoria berlusconiana, e sarebbe anche ingenuo sottovalutare le risorse dell'indomabile illusionismo del Cavaliere, che si sta inventando di tutto pur di accaparrarsi qualche percentuale di consensi in più: condono tombale, edilizio e fiscale, restituzione dell'IMU, e via dicendo, manca solo che prometta agli italiani e soprattutto alle italiane, di restituire loro la verginità perduta...magari per prenderci più gusto la prossima volta..
Se l'Italia vuole ripartire deve, indipendentemente da chi vincerà le elezioni, cambiare il suo modello di sviluppo, favorendo quell'unico merito che è degno di essere valorizzato, quello cioè che risalta dal mettere le proprie capacità creative al servizio di uno sforzo di innovazione e competizione di cui anche altri possano avvantaggiarsi, è quell'impegno responsabile che presuppone di non invadere indebitamente il campo altrui, per impedire anche ad altri di trovarvi spazio, ma, al contrario, di poterci stare tutti, a condizioni di pari vantaggio. In un sistema dinamico ed interattivo.
Non più quindi l'ottica della impresa famigliare di dimensioni bonsai, o della avidità padronale incentivata dal monopolio indiscusso, ma quella del progresso cooperativo e della partecipazione statale, come incentivo allo sviluppo e alla responsabilità. Non solo dell'imprenditore verso i suoi operai, ma anche degli operai e degli imprenditori, di aziende di ogni tipo, verso un sistema-paese. E soprattutto con un sistema-paese fondato sulla responsabilità verso chi fornisce servizi, e che onora il lavoro senza ritardi e senza essere evasivo.
Come si può infatti tollerare una amministrazione che esige la riscossione di tasse in maniera estremamente sollecita, pena il sequestro dei beni, mentre, allo stesso tempo non onora i suoi debiti a tempo indeterminato verso i cittadini? Può un cittadino reclamare il sequestro a suo vantaggio di un bene dello Stato, se tale Stato è insolvente? No! Questa dunque è la prova che uno Stato di questo genere va incontro alla sua autodistruzione. Il suicidio di cittadini messi in condizione di non dovere essere sollecitamente pagati dallo Stato per i servizi che essi gli hanno erogato, è la prova più chiara e lampante che lo Stato è talmente irresponsabile fino a diventare un feroce carnefice che induce i suoi cittadini alla violenza contro se stessi, e ad una disperazione tale che può portare, alla fine, anche alla violenza contro delle istituzioni ritenute non più credibili e fortemente oppressive.
Noi che crediamo nella Costituzione, invece, vogliamo onorare i suoi principi, a partire dal primo suo articolo. Noi, per questo, esigiamo che essa venga pienamente applicata, prima ancora che qualcuno ci ammannisca con le sue litanie, che è una costituzione borghese o che è troppo datata .
Noi sappiamo che non si tutela la casa di ogni singolo cittadino senza prima tutelare bene la casa di tutti, che è lo Stato. Perché se crolla la casa di tutti e non c'è contemporaneamente un'altra casa in cui tutti possano trovare rifugio, la tua casa sarà presto invasa da chi avrà un'arma migliore della tua.
Diceva Matteotti poco prima dell'avvento definitivo del fascismo, osservando i suoi primi provvedimenti: “I profitti della speculazione e del capitalismo sono aumentati di tanto, di quanto sono diminuiti i compensi e le più piccole risorse della classe lavoratrice e dei ceti intermedi, che hanno perduta insieme ogni libertà, ed ogni dignità di cittadini” E noi aggiungiamo oggi..molto tristemente..anche la loro vita. Noi abbiamo avuto ed abbiamo ancora, di fatto, in Italia una sorta di “fascismo morbido e subdolo” con intenti analoghi che però ha imparato a conquistarsi l'impunità usando al posto del manganello e dell'olio di ricino, i mezzi mediatici e la precarietà endemica.
Oggi il primo dovere di forze che vogliono seriamente creare una discontinuità, sia rispetto ad un ventennio berlusconiano, interrotto solo da tiepide varianti di un modello politico che ha considerato il problema del lavoro come un sorta di bollettino meteorologico degli inevitabili tsunami speculativi a cui attrezzarsi solo con qualche sacchetto di sabbia, oppure con la bacchetta magica dell'illusionista, sia rispetto al tutoraggio dei padrini di tale quadro “atmosferico” dato per ineluttabile, quelli che ti fanno sopravvivere finché paghi il pizzo e poi ti invitano a buttarti nella discarica da solo se non puoi più farlo, è quello di unirsi con una cultura, con una prassi e con un impegno volto a promuovere e valorizzare i beni comuni ed una democrazia partecipativa, il quale implica, come condizione indispensabile, l'abbandono della concezione della politica legata al nome di un leader.
Per far questo, è necessario un grande partito di ispirazione democratica e socialista, pienamente rispondente alle esigenze dei cittadini ed espressione dei loro bisogni più vitali. Oggi non c'è, perché manca la sua forza propulsiva, mancano delle efficaci organizzazioni politiche che non vadano a ruota dei partiti, ma siano il loro propellente migliore. Ma noi possiamo vogliamo e dobbiamo guidare questo processo di formazione ancora, come sempre, con il suo vessillo più congeniale: la Bandiera Rossa. 
I risparmi degli italiani stanno finendo o sono già finiti, inutile dunque risparmiare anche altro tempo. La dignità e il valore della persona umana sono il primo comandamento necessario per far sopravvivere uno stato democratico degno di tale nome
Non votiamo dunque per un nome, votiamo per una democrazia viva e partecipativa, perché come diceva Lorenzo Milani: “Sortirne insieme è la politicasortirne da soli è l'avarizia”

C.F

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