Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo
Garibaldi, pioniere dell'Ecosocialismo (clickare sull'immagine)

mercoledì 24 luglio 2024

KAMALA HARRIS, UN BEL VOLTO PER IL "DI MALE IN PEGGIO"

 



Il ritiro di Biden per i democratici rischia di trasformarsi in una clamorosa sconfitta, portandoli al “di male in peggio”, specialmente con la scelta di Kamala Harris alla successione del Presidente ancora in carica, che non si capisce perché, oltre a rinunciare a candidarsi ancora, non abbia pure rassegnato le dimissioni da Presidente USA, esponendo la sua Nazione ad ulteriore debolezza, specie in campo internazionale.

Nonostante anche i media e vari giornalisti italiani stiano prendendo posizione per sostenere la Harris, quasi che questa sia una campagna elettorale nostrana di piccoli valvassini attenti più alle questioni di facciata che a quelle sostanziali, ella è ben lungi da avere le carte in regola per poter battere Trump, i cui consensi in aree prima in bilico, dopo il fallito attentato alla sua persona, sembrano crescere inevitabilmente, e Kamala non ha le qualità politiche e un consenso tale da spostare a suo favore gli elettori degli Stati del Midwest finora in bilico.

Già nel 2020 stentò a superare i consensi nelle primarie ed ebbe successo solo in California, come vicepresidente non ha brillato per iniziativa politica e rischia di passare per una che non è “né carne né pesce”, ella è infatti troppo radicale per vari repubblicani, e troppo moderata per vari democratici, del tutto inesperta in questioni internazionali, è difficile vederla nelle vesti di chi rappresenta gli USA e l'Occidente nel dialogo con Xi, con Putin, con il leader coreano, con le autorità iraniane e in particolare con la leadership israeliana.

La Harris quindi si presenta come il classico candidato di bandiera che non ha altro metodo per contrastare il suo avversario che la demonizzazione politica e giudiziaria, al limite quindi della deformazione professionale, più o meno come avveniva un tempo da noi con Berlusconi e Craxi.

Famosa per avere lanciato nel 2021 una sorta di proclama contro gli immigrati dal Messico, nonostante abbia avuto una nomina per occuparsi nello specifico di quelle delicate questioni, con iniziative rivolte anche a vari Stati Sudamericani, per trovare accordi mirati a limitare i flussi migratori, di fatto, non mostrò alcuna iniziativa concreta per risolvere un problema cruciale che è diventato il cavallo di battaglia di Trump.

A suo tempo dichiarò di voler difendere le conquiste fatte per le donne afghane, ma quando si attuò il ritiro sconclusionato e frettoloso delle truppe americane dall'Afghanistan, lasciando lì una gran quantità di armi e mezzi logistici ai talebani, non disse sostanzialmente nulla, mostrando evidentemente tutta la sua incapacità e impotenza politica.

Nelle questioni interne ella ha invece rivelato una maggiore capacità di iniziativa, sostenendo le proteste del movimento Black Lives Matter ed impegnandosi per promuovere norme contro certi comportamenti razzisti della polizia. Note sono anche le sue iniziative per la parità salariale, il suo impegno durante la campagna vaccinale contro il COVID, proteggendo in particolare le donne lavoratrici colpite dalla pandemia, così come il suo impegno contro i cambiamenti climatici.

Non sono queste componenti positive però tali da assicurarle un allargamento dei consensi nell'America profondamente colpita dalle delocalizzazioni, dalla crisi dei mutui, dalla precarietà e dalla disoccupazione crescente, o da quella che vede nelle spese militari crescenti un inutile spreco di risorse che, altrimenti, potrebbero essere utilizzate per migliorare settori cruciali come la Sanità.

In buona sostanza, Kamala Harris è una perfetta candidata “di facciata”, con una figura adatta ai media e alle copertine dei tabloid, ma del tutto priva di quel carisma e di quel peso politico tale da rappresentare con efficace forza gli interessi del popolo americano, colpito in particolare dalla concorrenza di una immigrazione senza controllo, dalle delocalizzazioni e da una crisi derivante dalla divaricazione sempre maggiore tra redditi stratosferici e stipendi sempre più miseri che costringono ormai la gente a dormire per strada o a fare doppi e tripli lavori, senza una adeguata assistenza previdenziale.

Kamala è invece perfetta per rappresentare le lobbies che hanno interesse a continuare una politica speculativa, a foraggiare le industrie belliche le quali divorano le risorse del Tesoro americano, e che alimentano la corruzione a tutti i livelli. Quindi il paradosso di questa candidatura è proprio il fatto che essa si presenti per combattere quello che considera il maggiore corruttore, per poi poter essere manovrata, per mancanza di efficace esperienza politica, dalle lobbies che usano proprio la corruzione per garantirsi, a livello di politica interna ed estera, i propri interessi

Non per niente le maggiori critiche che giungono alla Harris sono quelle che tendono a mettere in risalto una certa sua “ipocrisia”, ricordiamo ad esempio che nonostante la Corte Suprema le imponesse di rilasciare 5000 prigionieri per reati non violenti, lei preferì obbligarli in carcere per farli lavorare gratis, e sappiamo bene a chi vanno poi i profitti di un lavoro gratis o non pagato, che tra l'altro equivale ad una schiavitù.

Ben altro ci voleva per battere Trump, come una candidatura proveniente dal basso, politicamente credibile e competente, capace di intercettare i consensi di quelle classi medie falcidiate dalla crisi e dalle sempre più dispendiose guerre che hanno avvantaggiato solo i grandi oligopoli, con un carisma tale da fare impallidire certi suoi antagonisti in campo internazionale, ed estremamente deciso a responsabilizzare gli Alleati su loro impegno per la difesa degli interessi e della cultura occidentale.

Ma pare che anche in questo la Harris sia stata surclassata da Trump che ha già trovato un personaggio simile nel suo vice e forse successore. Se quindi egli troverà un po' di traffico nell'autostrada che si è aperta davanti a lui, specialmente dopo il fallito attentato, se egli non strombazzerà inutilmente con un inutile clackson sessista, molto probabilmente non avrà difficoltà ad arrivare alla meta


Carlo Felici

giovedì 18 luglio 2024

VANCE, A NEW FLASHING STAR ON AMERICAN FLAG

 



La scelta di Vance come vicepresidente si presenta come la vera carta vincente di Trump il quale, dopo il mancato attentato alla sua vita, sembra vedere ormai aprirsi una autostrada in vista della sua rielezione a presidente. E pensare che fino a qualche mese fa molti, per i suoi guai giudiziari, lo davano per spacciato, mentre le sue foto che lo mostrano rialzarsi, sfuggendo anche ai servizi di protezione, con il pugno levato, mentre grida di lottare, ormai sono diventate il simbolo di chi, sfidando ogni condizione avversa si rialza e combatte fino alla fine e fino alla vittoria. Tutto questo fa parte del mito dell'eroe americano che abbiamo visto in centinaia di film western o polizieschi, il protagonista, proprio quando sta per vacillare, si rialza e assesta il colpo definitivo.

Anche la candidatura di Vance fa parte integrante di questo mito, ma solo il tempo ci darà l'opportunità di capire se è solo propaganda oppure farà la vera differenza.

Un tempo avversario di Trump, fino a definirlo “Hitler americano”, poi pentito e persuaso in tutto e per tutto a seguirlo, Vance ha mostrato con la sua autobiografia intitolata “Una elegia americana” e presto divenuta best-seller, fino ad essere trasposta in un film, che un americano povero e svantaggiato, ma determinato ed intelligente, può ancora incarnare il mito del self made man, di chi, con una ferrea volontà e credendo fermamente nei suoi obiettivi, può riuscire a conquistare le vette del successo economico e politico

La sua autobiografia ci dice di più sulle sue idee rispetto al film, e ci spiega anche le ragioni profonde del dilagare del successo di Trump soprattutto fra quei ceti svantaggiati da un modello turbocapitalista di globalizzazione che li ha costretti a vite sempre più marginali e spesso sull'orlo del fallimento o della disperazione. Cresciuto con una nonna amorevole che si è scoperto, per stessa dichiarazione di Vance, che conservava ben 19 fucili carichi in casa, ma che ha saputo garantirgli le basi formative e caratteriali per superare i problemi avuti con una madre tossicodipendente la quale, dopo essersi disintossicata ha partecipato al suo successo applaudendo al suo discorso, Vance rischia di essere “socialmente più avanzato” dello stesso Sanders. 

Egli infatti non condanna né demonizza il capitalismo (di cui per altro è divenuto interprete come imprenditore di successo nella Silicon Valley) affermando come Sanders che “i miliardari non dovrebbero esistere”, ciò nonostante le sue idee sono quasi agli antipodi di certa ideologia iperliberista diffusa nel Partito Repubblicano USA, poiché ad esempio, è favorevole alla sindacalizzazione aziendale e al salario minimo, così come è contrario ai tagli alla spesa sociale e non ostile all'incremento delle tasse per il superprofitti, mostrando così di sapere interpretare una sorta di populismo più efficace di quello dello stesso Trump.

Ma non è questo l'unico asso che egli ha nella manica per contribuire al successo dell'ex presidente, Vance infatti è molto popolare presso i giovani e in alcuni Stati in bilico e cruciali per il successo elettorale come Michigan, Wisconsin, Ohio dove egli ha le sue origini, il Minnesota e la stessa Pennsylvania che quasi stava per costare la vita a Trump. Alla popolarità presso l'elettorato giovanile che si identifica in lui come un modello da imitare, proprio perché egli è partito dal nulla, si aggiunge quella di una vecchia generazione delusa dal Partito Democratico che non ha saputo difendere opportunità e posti di lavoro in quelle aree, proteggendole da una delocalizzazione speculativa e selvaggia.

A ciò si aggiunga il fatto che Vance è apertamente schierato contro un aumento delle spese militari per sostenere l'Ucraina, è un ex marine che ha visto la guerra da vicino, e che ha criticato fortemente l'intervento americano in Iraq e in Afghanistan, ribadendo che i militari americani debbono essere utilizzati solo per proteggere gli USA.

Con un curriculum simile, Vance avrebbe potuto seriamente essere il migliore antagonista dello stesso Trump se avesse militato nel Partito Democratico, anche se il PD americano sembra avere dimenticato, un po' come la sua brutta copia italiana, le politiche sociali e quelle contro la guerra.

Invece egli è il migliore sostenitore di Trump e deve stare molto attento, se davvero Trump sarà eletto a non fare la figura dell' “utile idiota”, come di fatto è capitato a Sanders con Biden, vedendo vanificare la maggior parte delle sue proposte senza nemmeno ottenere la vicepresidenza, o come Melenchon in passato con Macron, avendolo sempre sostenuto per contrastare la Le Pen al doppio turno, e come rischia tuttora pur avendo conseguito una maggioranza relativa.

Vance che è favorevole ad una politica antitrust senza se e senza ma, e che non esista a schierarsi anche per questo contro i grossi oligopoli tecnologici, rischia di essere surclassato da un ministro dell'Economia come Jamie Dimon, amministratore delegato di uno di quegli imperi economici che sono nel suo mirino, come la JP Morgan. Trump infatti ha dichiarato che, in caso di vittoria, prenderà in considerazione Dimon come Segretario al Tesoro, tanto per dare serie garanzie a Wall Street.

In questo caso Vance verrà del tutto bypassato e vanificato, e le speranze di molti dei suoi elettori si trasformeranno ben presto in amare illusioni.

Vance d'altra parte, può contare sull'appoggio di un mondo neo tech, capace di generare con l'innovazione e l'inventiva enormi profitti, lo stesso mondo in cui egli è cresciuto a livello imprenditoriale e che ha tra i suoi massimi rappresentanti Elon Musk e David Sacks, oltre che Tucker Carlson, un uomo di punta di Fox News, tutti personaggi di un nuovo modello di capitalismo, non tanto di rapina o speculativo, ma piuttosto basato sull'originalità, la fantasia, la creatività e la capacità di offrire opportunità di crescita e di lavoro, specialmente nel settore mediatico.

Una sfida, in termini più semplici, tra passato e futuro, tra innovazione e conservatorismo, all'interno dello stesso Partito Repubblicano

Assumere la vicepresidenza, vuol dire avere il fiato sul collo del presidente, osservando ogni sua mossa da vicino, ma con uno come Trump, a tutti i livelli, significa anche il rischio di essere “fired” in ogni momento se si contraddicono le sue direttive, lo abbiamo già visto in passato con molte sostituzioni dei suoi collaboratori.

Saprà Vance, la nuova giovane stella che brilla nella bandiera americana, essere migliore di loro, e arrivare, se Trump sarà eletto, alla sua scadenza abbastanza forte da candidarsi a sua volta? Questa eventualità, è del tutto evidente, dipenderà in gran parte da quanto saprà restare in sella e domare il suo “cavallo”, attuando il MAGA non tanto con il “Make America Great Again”, ma piuttosto con il “Make Americans Great Again”.

E' questo un Rodeo alquanto rischioso in cui, sinceramente gli auguriamo di avere successo, o almeno di non uscirvi con le ossa rotte.

Carlo Felici

lunedì 15 luglio 2024

LA FRAGILE FORZA DELLA DEMOCRAZIA USA

 



L'attentato a Trump racchiude sicuramente un archetipo ricorrente della democrazia, e in particolare di quella più antica del mondo moderno. Se si vuole mostrare la sua forza che consiste nella unità indissolubile di un leader politico con il suo popolo, ci si deve necessariamente esporre alla sua fragilità.

Non si può infatti garantire mai al cento per cento che un uomo politico che cerca consenso in mezzo alla gente, possa essere esente da attentati alla sua persona come quello messo in atto contro Trump. Anche se sicuramente, in questo caso, le falle del sistema di sicurezza sono state tanto rilevanti da sembrare abnormi.

Partiamo dunque da qui, per una analisi a tutto campo. Un personaggio politico di tale rilievo, in quanto candidato alla presidenza USA ed ex presidente, richiedeva il massimo delle misure di sicurezza, invece non gli è stato garantito nemmeno il minimo che avrebbe reso necessario controllare tutti i tetti della zona circostante il suo comizio, anche con un elicottero, per scongiurare atti simili. A ciò si aggiunga che le non poche segnalazioni dello stesso pubblico in merito all'attentatore sul tetto di un capannone sono stare praticamente ignorate e, se guardiamo attentamente uno dei filmati da diversa angolazione che inquadrano contemporaneamente il colpo dell'attentatore e anche uno dei cecchini del servizio di sicurezza appostato su un tetto, ci accorgiamo che il suo colpo rivolto contro l'attentatore è quasi contemporaneo a quelli di quest'ultimo. Ciò vuol dire che, come minimo, l'agente lo aveva già nel mirino. Perché dunque non gli è stato ordinato di sparare prima? Perché Trump non è stato immediatamente portato giù dal palco e messo in sicurezza?

Se, in base a questi semplici dati, dovessimo pensare ad un complotto, ovviamente per pura ipotesi investigativa anche senza ulteriori prove rilevanti, dovremmo credere che tale sia stato per far fuori un candidato il cui successo, con il passare del tempo, sembra essere sempre più scontato, nonostante i vari altri tentativi in ambito giudiziario, falliti in precedenza.

Se poi dovessimo considerare il modo miracoloso in cui è scampato alla morte con un imprevedibile movimento del capo alla sua sinistra, allora davvero dovremmo credere ad un intervento divino, che Trump è stato, come lui stesso ha affermato salvato da una mano celeste.

Ma dovendo fare una analisi politica e non complottista o metafisica, e scampando a certe affermazioni di dubbia rilevanza oltre che di pessimo gusto, del tipo..”chi semina vento raccoglie tempesta”, tendenti impropriamente ad addossare allo stesso Trump l'innalzamento dei toni politici che avrebbero causato la demonizzazione dell'avversario e l'incrudelirsi della lotta politica, tesi che subdolamente appare giustificazionista, dobbiamo seriamente tornare alla affermazione iniziale.

La democrazia americana, la più antica di quelle occidentali, sebbene sia viziata da forti condizionamenti lobbistici nella scelta dei candidati e nel loro sostegno alla Presidenza degli USA, richiede, come in tutti i casi in cui si è formata nel tempo, dalla guerra di indipendenza a quella civile, alla conquista del West, uno stretto rapporto tra rappresentante della comunità e il popolo, così è per gli sceriffi, così è per i governatori, e altrettanto lo è per i presidenti.

Ciò ovviamente costituisce un rischio perché, per quanto si possano mettere in atto le misure di sicurezza più stringenti, resta imprevedibile cosa possa accadere quando si assiste ad un bagno di folla. Ecco perché i rappresentanti del popolo americano godono di un carisma superiore a certi altri rappresentati in altri paesi che sono del tutto blindati nelle loro dimore e nei loro apparati di sicurezza fino a rendere impossibile uno stretto rapporto con il loro popolo, se non mediante strumenti mediatici, per altro perfettamente manipolabili, come accade ad esempio in Russia, Cina o Iran, in cui il pubblico previsto per certe occasioni è strettissimamente selezionato.

Possiamo quindi affermare senza tema di smentita che la forza della democrazia americana è indissolubile rispetto alla sua necessaria fragilità, per altro dimostrata nel tempo, perché questo attentato non è che uno della lunga serie di attentati politici che si sono verificati dalla sua nascita e che non sempre hanno trovato un movente o mandanti pienamente chiari ed individuabili, pensiamo a quello più clamoroso contro Kennedy

In questo caso anzi, potremmo dire che Trump era un bersaglio anche più facile rispetto a Kennedy, colpito in movimento mentre Trump era fermo sopra un palco, uno democratico, l'altro repubblicano ma entrambe molto scomodi per molti interessi economici e geostrategici di non poche lobbies che tendono a manovrare la politica negli USA e anche soprattutto i media.

Trump infatti è stato fatto oggetto di una campagna mediatica demonizzante che forse non ha confronto nella storia delle candidature politiche. Nonostante ciò, egli ha avuto sempre una fortissima presa su gran parte degli elettori americani i quali si sono spinti addirittura fino al cuore delle istituzioni USA per manifestare la loro rabbia in occasione della mancata riconferma nelle scorse elezioni. Ricordiamo però che fu lo stesso Trump a fermare i tumulti a suo favore, ricordiamo i suoi numerosi appelli alla unità, persino quello recentissimo dopo il suo attentato.

Sovente noi siamo portati a valutare i candidati USA sulla base dell'eco mediatico che proviene da quel Paese, rilanciato spesso senza alcun senso critico dai nostri media, quasi fossero la brutta copia o la caricatura di quelli americani.

Ma se siamo obiettivi ed analizziamo complessivamente l'operato di Trump durante gli anni della sua presidenza, possiamo pure rilevare che al di là delle sue sparate propagandistiche che fanno presa spesso sullo stomaco dell'americano medio frustrato perennemente dall'estabilishment, egli in campo internazionale, ha propiziato accordi e la pace, più di quanto sia avvenuto negli ultimi quattro anni, che egli rimise in moto l'economia americana e l'occupazione preservandola dalle derive inflazionistiche che si sono verificate con la recente amministrazione, e che soprattutto ha posto un problema di non poco conto: se gli europei ci tengono alla loro sicurezza, devono essere capaci di impegnarsi e spendere per garantirsela senza contare sempre sull'ombrello americano che ovviamente presuppone una limitazione della loro sovranità

Difficile però intendere ciò quando si ha un debito di 3000 miliardi e non si possono stampare dollari per al contempo incrementare e ovviare al proprio, ponendo come garanzia la propria potenza militare e geostrategica.

Se quindi l'Europa vuole davvero ottenere una maggiore sovranità deve affrontare all'unisono due questioni fondamentali, quella di un debito comune e quella di un sistema legislativo e fiscale comune che debba garantire che non vi siano squilibri tra uno Stato e l'altro, per creare un sistema di difesa comune, basato su una comune ripartizione di spese.

Invece l'Europa non solo non sa e non vuole varare una legislazione comune sugli armamenti, tanto che persino sulle armi ad aria compressa vi sono differenze tali che, mentre in alcuni Stati sono in libera vendita, in altri sono considerate armi a tutti gli effetti solo per una questione di joule, mentre magari emana leggi comuni sulle grate degli ascensori, ma sbraita pure contro gli USA ritenendo che lì esista una sorta di legge del Far West sulla vendita delle armi.

Ebbene, mi dispiace smentire questi solerti tutori del disarmo cittadino, ma in Italia, ad esempio è perfettamente legale acquistare un fucile come quello con cui ha sparato l'attentatore di Trump, se si ha un porto d'armi anche solo per uso sportivo. Basta solo digitare qualche sito di qualche armeria italiana per rendersene conto.

L'unica differenza tra noi e gli USA è che da noi il porto d'armi non è un diritto, ma una concessione dello Stato e delle sue autorità di polizia, in base a stringenti condizioni di idoneità e di salute, e può essere revocato per una qualsiasi disattenzione, mentre negli USA il diritto ad armarsi è parte della Costituzione americana e della storia di quel Paese formatosi con cittadini volontari in armi dalla guerra di Indipendenza a quella Civile fino alla conquista del West.

Il problema quindi non sono le armi, ma l'educazione al loro uso e la loro regolamentazione, considerando persino che nel nostro paese ad inventare il Tiro a segno Nazionale fu colui che inventò l'Italia stessa: Giuseppe Garibaldi e che la autonomia, libertà e indipendenza della nostra Patria è stata spesso garantita da semplici cittadini volontari in armi, dal Risorgimento alla Resistenza.

L'attentatore, prima di diventare un aspirante killer, sembra proprio che fosse uno studente particolarmente dotato in matematica, ma molto isolato e soggetto a bullismo, con tendenze quindi a rivalersi in altri ambiti, quindi un ragazzo sfuggito ad un buon sistema formativo, come purtroppo ne capitano tanti, altrettanto letali persino contro le scuole negli USA, e come purtroppo ne stanno capitando anche qui, anche se per fortuna ancora non usano armi da fuoco.

Una buona scuola che non lascia indietro nessuno e non mette al primo posto una esasperata competitività è sicuramente il miglior sistema di prevenzione per atti di violenza che scoppiano quando rabbia e frustrazione soverchiano l'intelligenza e la consapevolezza, perché siamo portati a credere che uno studente premiato in matematica, non fosse proprio un deficiente nel senso etimologico, non gli mancasse l'intelligenza. Probabilmente invece è stato inondato da rabbia e frustrazione soprattutto mediante i media, fino a che non si sono tramutate in una perversa missione personale. Siamo arrivati fino al punto che la creazione di fake news ha fatto credere per un breve periodo che il responsabile fosse un altro che se ne stava invece ignaro dall'altra parte del mondo

Se non educhiamo i giovani ad un uso corretto dei media, se li isoliamo e li emarginiamo quando non corrispondono alle nostre aspettative, se alimentiamo tra loro le differenze e le sterili competizioni, non faremo altro che riservarci un futuro di inferno.

Il problema fondamentale che nessuno dei due candidati ha messo in risalto in questa campagna elettorale accuratamente e doverosamente, negli USA, come in altri Paesi occidentali, è duplice: da una parte vi è una ristretta cerchia di cittadini che si arricchisce anche con i media sempre di più e senza limitazioni, mentre una larga parte della popolazione viene spinta rapidamente e progressivamente sull'orlo della miseria, o costretta a salti mortali con snervanti doppi e tripli lavori, senza adeguate tutele pensionistiche e sanitarie, dall'altra il sistema educativo è sempre meno efficace e sempre più frustrante, perché non garantisce né occupazione né più mobilità sociale, pur restando esasperatemente competitivo

Mi pare che questa questione cruciale sia stata affrontata adeguatamente solo da Sanders, in particolare nel suo recente libro “Sfidare il capitalismo” tradotto ed edito anche in Italia Ma se poi una mente e un candidato come Sanders, che pure aveva raccolto una larga parte dei consensi, viene tradito dai suo stessi compagni di partito e si riduce a portare “acqua” a colui che si rivela non solo politicamente e geo-strategicamente, ma anche fisicamente non adeguato, come magari potrebbe capitare per Melenchon con Macron, allora è del tutto evidente che saranno altri a prevalere, e alla fine anche il buon Dio, per mancanza di alternative al libero arbitrio, si rassegnerà a mettersi dalla loro parte.

Carlo Felici