di Carlo Felici
Nella confusione e nella diaspora che tuttora affliggono il variegato mondo del socialismo italiano ritrovare alcuni punti fermi di indirizzo che possano essere utili a rilanciare una identità ed una prassi condivisa da tutti coloro che avversano il modello del pensiero unico e della globalizzazione del totaliarismo neoliberista, che si impone a suon di bombe e speculazioni finanziarie, è quanto mai utile e necessario.
Utile come strumento di consapevolezza, soprattutto per capire che le
crisi finanziare globali rappresentano la frattura profonda di un
artificio tutt'altro che inossidabile, che esse piovono inesorabili su
interi stati e popoli, specialmente i più poveri ed emarginati, non come
una pioggia acida senza rimedio, di fronte alla quale solo i
privilegiati possono credere di aprire l'ombrello che li mette al
riparo. Ma che esse sono un fenomeno tra i più terribili e rovinosi,
messo in atto scientificamente da essere umani il cui unico fine è l'uso
delle risorse umane e naturali per fini di profitto.
Necessario perché se un tempo il motto era «socialismo o barbarie»,
oggi, debitamente aggiornato, con le attuali sfide che mettono a serio
rischio la sopravvivenza di intere specie viventi sul pianeta, dovute ad
un modello di sviluppo che ignora l'equilibrio tra le relazioni umane e
quello tra noi e la natura, esso diventa necessariamente «ecosocialismo
o suicidio globale».
L'Ecosocialismo accoglie pienamente questa nuova sfida del terzo
millennio ed offre una via d'uscita al modello neoliberista imperante
con la sua proposta di democrazia partecipativa e in equilibrio con la
natura. Non è un modello utopistico
Come scrive il teologo e filosofo Leonardo Boff, infatti, «Tra molti
progetti esistenti in America Latina come l’economia solidale,
l’agricoltura organica familiare, le sinergie alternative pulite, la Via
Campesina, il Movimento Zapatista e altri, vogliamo metterne in
evidenza due per il rilievo universale che rappresentano: il primo è il
«Ben Vivere», il secondo la «Democrazia Comunitaria e della Terra», come
espressione di un nuovo tipo di socialismo...La democrazia sarà dunque
socio-terrena-planetaria, la democrazia della Terra. C’è gente che dice:
tutto questo è utopia. E di fatto lo è, ma si tratta di una utopia
necessaria. Quando avremo superato la crisi della Terra (se poi la
supereremo), il cammino dell’umanità potrebbe essere questo: globalmente
ci organizzeremo intorno al “Ben Vivere”, a una “Democrazia della
Terra”, alla biocivilizzazione (Sachs). Già esistono segnali
anticipatori di questo futuro.»
La prospettiva dell'Ecosocialismo del XXI secolo è configurata anche
nel manifesto di Michael Lowy e Joel Kovel, in cui viene rilevato, tra
l'altro che «se affermiamo che il capitale è radicalmente insostenibile e
si frammenta nelle barbarie appena descritte, allora affermiamo anche
che è necessario costruire un socialismo capace di superare le crisi che
il capitale ha provocato nel tempo. E anche se i socialismi del passato
non sono riusciti a farlo, se scegliamo di non sottometterci ad un
destino barbaro, allora abbiamo l’obbligo di lottare per un altro
socialismo che sia capace di vincere. Allo stesso modo in cui la
barbarie è cambiata in modo da rispecchiare il secolo trascorso dal
momento che Luxemburg ha espresso la sua speranzosa alternativa, il nome
e la realtà del socialismo devono essere quelli che richiede il nostro
tempo.
Per questi motivi chiamiamo ecosocialismo una nostra interpretazione
del socialismo e abbiamo deciso di dedicarci alla sua realizzazione.
Vediamo l’ecosocialismo non come la negazione, ma come la realizzazione
dei socialismi del primo periodo del XX secolo, nel contesto della crisi
ecologica. Come quei socialismi, il nuovo si costruisce a partire dalla
percezione del capitale come lavoro oggettivato e si fonda sul libero
sviluppo di tutti i lavoratori o, per dirlo in altre parole, sulla fine
della separazione dei lavoratori dai mezzi di produzione.»
Non possiamo più dunque considerare che possano esistere degli
aggregati politici basati sulla separazione di concetti ormai talmente
interdipendenti da non sussitere affatto nella loro singola consistenza
specifica, se ancora considerati separatamente tra loro come
socialismo, democrazia ed ecologia.
Non hanno più senso conseguentemente partiti che siano «democratici»,
«socialisti» o «ecologisti», separatemente, e non ne hanno in
particolare, ancor di più, se non sono capaci di interagire per creare
insieme delle valide alternative politiche ai modelli imperanti.
Non parliamo poi del fatto che alcuni sopravvivono usando tali
«attributi» solo come mascheramento di interessi localisti, clientelari e
mirati solo al controllo del territorio per fini personalistici o di
mantenimento del potere di casta.
L'affermazione di un sostanziale dominio di modelli plutocratici e
monopolisti è dovuto proprio in gran parte a tale fattore: si usa il
profitto e la speculazione finanziaria per sovvenzionare modelli di
governo che non trovano davanti a loro stessi valide alternative.
E queste ultime non vengono messe in atto perché in quella che dovrebbe
risultare una opposizione credibile e attivamente impegnata a creare
alternative popolari, regna sovrano il diktat del «divide et impera»,
spesso suffragato da una sorta di «prostituzione» con cui i cosiddetti
oppositori si lasciano comprare, pur di restare divisi, inefficaci e
collaterali ad un intero sistema di sfruttamento e di smantellamento dei
diritti essenziali dei cittadini, i quali, spesso, sono indotti a
svolgere solo un ruolo di sudditi impotenti e, quando votano,
attribuiscono, nella maggior parte dei casi, il loro consenso ad un
leader o ad un «contenitore partitico vuoto», privo cioè di
progettualità ed efficacia.
l'Ecosocialismo richiede dunque, a tal fine, una coscienza avanzata,
una capacità di attenzione ai fenomeni in atto, con strumenti adeguati
di controinformazione ed una forza di mobilitazione che non sia
condizionata e veicolata dalle forze politiche, sindacali ed economiche
dominanti, in particolare da quegli strumenti mediatici che sono al
servizio del sistema imperante.
La cultura libertaria è stata lungamente attiva nella prima metà del
secolo scorso, come ricorda bene Robin Hahnel: "All'inizio del XX
secolo, il socialismo libertario era una forza potente tanto quanto la
socialdemocrazia e il comunismo". L'Internazionale libertaria - fondata
con il Congresso di Saint Imier qualche giorno dopo la rottura tra
marxisti e libertari al Congresso dell'Internazionale Socialista
dell'Aia nel 1872 - si batté con successo per più di cinquant'anni
contro social-democratici e comunisti al fine di conquistare la fedeltà
degli attivisti anticapitalisti, dei rivoluzionari, dei lavoratori e dei
membri di sindacati e partiti politici. I socialisti libertari ebbero
un ruolo cruciale nel corso della Rivoluzione messicana del 1911. Venti
anni dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, i socialisti libertari
erano ancora sufficientemente forti da ritrovarsi alla testa di quella
che sarà la rivoluzione anticapitalistica di maggior successo che le
economie industriali abbiano mai conosciuto, la Rivoluzione sociale che
scosse la Spagna repubblicana nel 1936-1937."
Essa purtroppo è stata in seguito fortemente messa in crisi
dall'avvento dei totalitarismi, prima politici e poi economici, che,
dopo averne fatto il loro bersaglio privilegiato, si sono affermati e
combattuti nelle loro convulsioni distruttive, durante la seconda metà
del Novecento, sia con armi potentissime sia con politiche neocoloniali e
regimi imperialistici di vasta portata e che ancora sono messi in atto
mediante il modello totalitario della globalizzazione a fini di
profitto.
Oggi, però, tale orientamento va molto al di là di queste radici, e,
grazie al particolare valore che esso attribuisce alla libertà e alla
consapevolezza umana, non intesa genericamente in senso collettivo, ma a
partire da ciascuna libera coscienza individuale, si rivolge
validamente a tutti coloro che vogliono efficacemente lottare contro
tutti i condizionamenti di carattere culturale, materiale ed economico
(povertà, indigenza, emarginazione) che ostacolano sia la giustizia
sociale che la libertà di ciascuno.
Un grande autore libertario come Berneri asseriva che «la libertà umana
è capacità di sorpassare ostacoli, interni od esterni, e di crearsi.»
Non vi è dunque un assioma ideologico alla base di un impegno
ecosocialista libertario, ma semplicemente la creatività di un percorso e
la capacità di scoprire in esso un'etica di condivisione non soltanto
del bisogno e delle prospettive di sviluppo umano, ma anche di
orizzonti e di rapporti con l'ambiente naturale, e con la biodiversità
che, non l'uomo in se stesso, ma l'attuale modello di pseudo civiltà
umana imperante minaccia con spietata volontà distruttiva.
Diceva un grande studioso libertario della terra come Jacques Élisée
Reclus, già agli albori dello sviluppo industriale, che i fenomeni che
osserviamo nella natura non vanno considerati isolatamente, ma nelle
loro imprescindibili relazioni: «studiare a parte e in modo dettagliato
l'azione particolare di questo o quell'elemento dell'ambiente: freddo o
caldo, montagna o pianura, steppa o foresta, fiume o mare in una
determinata tribù; ma è attraverso uno sforzo di pura astrazione che ci
si ingegna a presentare questo particolare dell'ambiente come se
esistesse in maniera distinta e che si cerca di isolarlo da tutti gli
altri per studiarne l'influenza essenziale. Persino laddove
quest'influenza si manifesta in modo assolutamente preponderante nei
destini materiali e morali di una società umana, essa si frammischia ad
una congerie di altri stimoli concomitanti o contrari nei loro effetti.
L'ambiente è sempre infinitamente complesso e l'uomo è di conseguenza
sollecitato da migliaia di forze diverse che si muovono in tutti i
sensi, sommandosi le une alle altre, alcune direttamente, altre seguendo
angoli più o meno obliqui, oppure contrastando reciprocamente la loro
azione". L'uomo non è che una parte organica di un sistema complesso e
variamente articolato da cui non può prescindere e in cui non può in
alcun modo pretendere di imporsi.
Egli ci ricorda che stessa lotta tra le classi, che egli testimoniò
partecipando alla Comune di Parigi, non è altro che «la ricerca
dell'equilibrio».
Tale lotta oggi è globale per riequilibrare il mondo, e va dunque
affrontata con strumenti culturali, economici e sociali globalmente
avanzati.
Con questa consapevolezza ci rivolgiamo fiduciosi a tutti coloro che
vorranno annaffiare questo grano di senape affinché diventi albero
frondoso per restituire ossigeno alla terra, frutti e frescura
all'umanità e rifugio sicuro per gli uccelli di un cielo più limpido e
trasparente.
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