Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

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Garibaldi, pioniere dell'Ecosocialismo (clickare sull'immagine)

venerdì 16 marzo 2018

I SOCIALISTI E IL CASO MORO di BOBO CRAXI








Premessa

Il Partito Socialista fu fedele alla tradizione umanitaria che ha sempre portato i suoi militanti sin dai padri fondatori a considerare la vita umana come fine ultimo e valore assoluto e non secondo a nessun valore astratto ed a nessun obiettivo teorico.

Lo Stato come valore “etico” anche al di sopra della persona umana è concetto hegeliano ed è alla base di ogni concezione idealistico autoritaria che è stata il fondamento di tutte le deviazioni nazionalistiche totalitarie del ‘900.

La ragione di Stato, o di partito, non ha mai prevalso tra i socialisti sulle ragioni della coscienza.

I Socialisti furono presentati nella loro denigrazione durante la campagna per la liberazione di Aldo Moro come dei “romantici irresponsabili” che per la vita di un uomo sacrificano l’astratta ma essenziale convenzione delle leggi oppure come dei “mestatori” che sul Caso volevano costruire le proprie fortune politiche o elettorali, dimenticando e facendo passare sotto silenzio la posizione di sindacalisti di CISL,CGIL e UIL favorevoli alla linea della trattativa e altresì di intellettuali cattolici, socialisti e comunisti che si espressero con spontaneità.
L’iniziativa socialista fu innanzitutto “Costituzionale” ovvero imposta dai principi più alti e solenni contenuti nell’art2 della Costituzione che contempla il Diritto alla Vita che la Repubblica è tenuta a garantire. Diritto peraltro riconosciuto da norme internazionali e convenzioni come la dichiarazione universale dei diritti derll’uomo e la Convenzione Europea allora già in vigore.
I Socialisti furono in quei cinquantacinque isolati e financo denigrati fino al paradosso di essere rappresentati come il partito del lassismo dinnanzi all’eversione che molti continuavano ostinatamente ascrivere ad un generico fascismo mentre essi, si sapeva bene , erano epigoni drammatici dell’ideologia rivoluzionaria ultimo frutto avvelenato del leninismo e dello stalinismo. Vi erano radici ideologiche ben definite e collegamenti internazionali (copiosi).
Nei cinquantacinque giorni della prigionia di Aldo Moro probabilmente vi fu un rifiuto dell’aiuto che proviene dalla ragione, un rifiuto che si chiama paura dell’ignoto e dello sforzo di immaginazione che prevedesse qualche “via d’uscita”.
Successivamente lo Stato Italiano ebbe a comportarsi in modo assai diverso, con leggi “premiali” e con una duttilità di fondo nel negoziare in favore di vittime in pericolo di vita.
Esisteva per il Partito Socialista e per Craxi “ un’altra via” oltre a quella del “ cedimento al ricatto ed al rifiuto pregiudiziale alla trattativa”


I Fatti
Come reso dalla relazione dinnanzi alla Commissione parlamentare sul delitto Moro i Socialisti e Craxi si mossero solo dopo che venne rese pubblico assieme al 3° Comunicato delle br il testo della lettera autografa di Aldo Moro indirizzata al Ministro degli Interni Cossiga.
Si era da poco concluso il 40° Congresso del Partito Socialista a Torino in un clima di tensione molto forte per le circostanze generali. Pur confermando la linea politica con la quale i socialisti sorreggevano il Governo dell’Astensione e di Solidarietà Nazionale appoggiato anche dal PCI nella replica Craxi fece riferimento per la prima volta alla opportunità di un’iniziativa utile per salvare la vita di Moro stigmatizzando i “falchi a buon mercato” che avevano già preconizzato la linea dell’immobilismo, della fermezza, della complicità con gli assassini.
Fu l’Avvocato Giannino Guiso iscritto al PSI in qualità di difensore di imputati appartenenti alle BR, che già aveva svolto un ruolo di mediazione nel Caso del Giudice Sossi, che si mise pubblicamente a disposizione del Ministro degli Interni e del Segretario del Partito nel caso avessero ritenuto opportuno di ricorrere alla sua opera. Lo stesso fece il Prof.Giuliano Vassalli figura rappresentativa dell’area socialista per il suo passato partigiano (fu la sua azione cohe contribuì nel 1944 alla liberazione di illustri anti-fascisti da Regina Coeli) ed amico fraterno diAldo Moro che incoraggiò Craxi a perseguire la strada indicata da Guiso.
Mentre sul lato politico dall’incontro con i Segretari della Maggioranza il Psi non ricavò particolare impegno per avviare una qualsivoglia iniziativa di valore politico per tentare la liberazione di Moro, fatto salvo un generico ed accorato appello di Zaccagnini ( che lesse un intervento scritto) perché si tentassero tutte le strade per mettere in salvo la vita dello statista dc, ma iniziò rifiutando la proposta di mettere una taglia, un premio a tutti coloro avessero potuto fornire notizie utili alle indagini, proposta che con una scusa fu subito accantonata.
Giannino Guiso si reco’ più volte nel carcere di Torino a colloquio con renato Curcio; Le “regole di ingaggio” del Partito Socialista contemplavano tre questioni cardinali : 1) Se a parere dei capi BR fosse possibile salvare la vita di Aldo Moro 2) A quali condizioni 3) con chi eventualmente si sarebbe dovuto parlare.
Secondo i capi BR che nel caso di una soluzione cruenta erano pronti a pagare delle conseguenze ( dopo l’omicidio Schleiser nel carcere di Stanheim in Germania vi fu una strage di componenti della RAF) ritenevano che si sarebbe dovuto evitare una soluzione violenta della vicenda
2) che il Caso Moro non si sarebbe risolto come il Caso Sossi ovvero senza contropartita; all’interno delle BR quella trattativa segnò diversi contrasti e tale soluzione fu considerata alla stregua di una resa.
3) Che una “trattativa” nel caso di Moro sarebbe stata possibile anzi era indispensabile e che senza una “contropartita” l’uccisione di Moro sarebbe stata inevitabile. L’oggetto della trattativa doveva riguardare la liberazione di detenuti politici. Il livello della trattativa si sarebbe definito nel corso della trattativa stessa e che molto sarebbe dipeso da chi e da come la trattaiva sarebbe stata condotta
4) bisognava indicare un canale ma l’interlocutore principale sarebbe stato Moro stesso. Bisogna parlare con Moro, attraverso Moro. L’esatta espressione utilizzata fu : “dialettizzatevi con Moro”
In sostanza si fece capire che Moro stesso tramite le elettere dal carcere o attraverso altre vie di comunicazione si sarebbe fatto porttaore di messaggi e di indicazioni relative alla eventuale trattativa.
Riferiti i colloqui anche nell’ambito dei partiti di Governo la Dc per tramite di Galloni si affrettò a sottolineare che ogni iniziativa dovesse tenersi all’interno della maggioranza politica e che dovesse godere dell’unità di tutti.
La Dc indicò la Caritas come eventuale tramite di iniziative umanitarie, Amnesty International fu coinvolta e allertata così come la Croce Rossa Internazionale per tramite del Segretario Generale delle Nazioni Unite Kurt Waldheim.
Accertata da Guiso l’impossibilità di stabilire contatti con elementi delle br all’esterno del carcere furono fatte considerazioni circa la possibilità di individuare atti di clemenza in direzione di detenuti politici una volta acclarate le loro posizioni, membri del partito armato o casi puramente umanitari ( l’anarchico Valitutti per esempio)
Sempre dal carcere si faceva rilevare che il Processo a Moro si sarebbe concluso rapidamente e che i tempi del partito armato e della politica non erano gli stessi e che la Caritas era gradita
Dopo la condanna a morte contenuta nel Comunicato n°6 delle Br in cui era contenuta la condanna a morte Guiso sostenne che il passar del tempo riduceva le possibilità di ottenere un risultato positivo , che tuttavia le br avrebbero rispettato le date del 25 aprile e del 1°Maggio che per la mentalità dell’organizzazione avendo compiuta un’azione di guerra ed avendo emesso una sentenza per l’organizzazione la partita fosse da dichiararsi chiusa. Chi avesse avuto interesse alla vita del prigioniero avrebbe dovuto farsi avanti. Certamente senza condizioni non ci sarà né liberazioni né salvezza.
La posizione del psi-si insiste dal carcere-deve essere sviluppata con maggiore forza ed allo stato non appare essere in condizione né di imporsi né di essere convincente.
Il Comunicato che dichiara che verrà eseguita la condanna a morte è del 20-A 
Dalla relazione Psi alla Commissione d’indagine


Viene lanciato un ultimatum di 24 ore in cui si chiede alla DC (che sino all’epoca non aveva riunito alcun organo politico direttivo) una risposta chiara e “definitiva”

Il 21-A si riunisce la direzione del PSI che ribadisce la propria posizione che invoca la rottura dell”immobilismo pregiudiziale e assoluto che porta ad escludere persino la ricerca di ogni ragionevole e legittima possibilità”

Craxi e il PSI rifiutavano l’affiorare di un “fanatismo dei fini” che consisteva nel privilegiare un certo valore in assoluto sopra tutti gli altri. “ Il fanatismo della ragione di Stato non poteva valere la lezione del valore concreto della salvezza della vita umana”

La posizione socialista non provocava lacerazioni gravi nel tessuto della Legge e si muoveva nel rispetto dei principi dello Stato di diritto. Si faceva riferimento al fatto che la prassi Internazionale fosse ricca di esempi nei quali Stati e Governi democratici hanno adottato linee e tattiche flessibili perseguendo lo scopo di liberare ostaggi e di individuare e raggiungere i colpevoli.
Nel caso Lorenz e Schleiser non era stato affatto aliena la condotta del Governo tedesco dall’imboccare sia la via della trattativa indiretta sia la via via dell’accoglimento del ricatto dei terroristi : La Corte suprema tedesca in una sentenza sul caso schleiser aveva affermato . “ il peculiare modo della difesa contro i ricatti terroristici che minacciano la vita è contrassegnata dal fatto che le misure dovute non possono che corrispondere alle molteplicità delle situazioni singolari..” e che “ Lo Stato ha l’obbligo della tutela della vita umana intesa come bene supremo”
L’Ultimatum delle BR non ebbe seguito e nel comunicato successivo alla dichiarazione di condanna a morte impostarono i termini di un ricatto chiedendo la liberazione di 12 detenuti del partito armato più un tredicesimo ferito in quei giorni a torino tale Piancone, “ se la DC e il Governo designano la Caritas come loro rappresentante lo facciano esplicitamente…sennò trarremo le debite conseguenze ed eseguiremo la condanna a morte”
Rifiutato il ricatto da tutte le forze politiche PSI compreso il Partito assunse l’iniziativa politica,pur nella consapevolezza del restringimento dei margini di manovra, di verificare la possibilità di un atto di clemenza. Un Atto unilaterale e non contrattato che avrebbe messo in difficoltà le stesse BR.
La nuova iniziativa socialista doveva essere assunta evitando di provocare lacerazioni della legalità e quindi dovevano perseguirsi in modo da imporsi a chiunque avesse conservato un minimo di ragionevolezza e di umanità.
Per questa ragione si pensò alla liberazione di detenuti delineando alcuni criteri orientativi :
a)Che non fossero implicati direttamente o indirettamente nei delitti di sangue
b)che fossero in condizioni particolari ( malati gravi o madri con giovane prole)
c) che fossero stati colpiti da condanne giudicate a suo tempo sproporzionate rispetto alla gravità dei reati.
Si ipotizzò quindi o la concessione della grazia o a misure equipollenti coma la concessione della libertà provvisoria
Furono esaminati un gran numero di casi ma il cerchio si strinse attorno ad un numero limitato di soggetti.
<in particolare l’attenzione si concentrò sulla posizione di Paola Besuschio; Essa figurava nell’elenco dei 13 richiesti dalle BR, condannata a 15 anni la Besuschio era persona cui non si poteva attribuire spargimento di sangue e in precedenza risultava incensurata. Fra gli altri casi presi in considerazione vi furono quelli di Franca Salerno (NAP) in carcere con bambino di sette mesi.
Luigi De Laurentis (NAP) in grave stato di salute; Pasquale Valitutti qualificato come anarchico, in gravi condizione di salute
Pietro Bassi, sospettato di appartenere al Partito Armato; Pietro Bertolazzi detenuto con la medesima imputazione; Alberto Buonoconto nappista in gravi condizione di salute.
Furono informati Zaccagnini e Berlinguer attraverso due incontri bilaterali. Zaccagnini chiese un approfondimento sulle schede dei singoli detenuti.
Al PCI venne esplicitamente fatta la richiesta non tanto di modificare la posizione dell’immobilismo e della fermezza quanto un’attenuazione della polemica nei confronti della linea della trattativa affinché potesse essere sviluppata. L’Unità in tutta risposta aizzò una polemica pubblica a favore di un’applicazione restrittiva dell’istituto di Grazia e del ricorso per la sua concessione.
Il Presidente del Consiglio confermò che il Governo non intendeva fare propria l’iniziativa di un’atto di clemenza da parte dello Stato al fine di non determinare reazioni negative nei corpi di Polizia dopo la strage di Via Fani ed avanzò fumose obiezioni di carattere giuridico.
Fanfani e Saragat si mostrarono aperti e comprensivi dell’iniziativa assuna dal PSI, all’interno dello stesso Psi fra le persone più anziane e autorevoli si manifestò qualche posizione contraria ( De Martino, Pertini) favorevole ( Riccardo Lombardi) e neutrale ( Pietro Nenni).


La lettera di Aldo Moro del 29 Aprile indirizzata alla DC faceva esplicito riferimento alla trattativa insistendo sullo “scambio di prigionieri, come in guerra” (N.B. il suggerimento di Curcio : “dialettizzatevi con Moro”)

In essa compare una esortazione alla posizione socialista : ( “ guai Caro Craxi se una tua iniziativa fallisse..”)

Il 30 Aprile Sereno Freato consegna a Craxi la lettera di Moro a lui indirizzata : “ CARO CRAXI, POICHE’ HO COLTO PUR TRA LE NOTIZIE FRAMMENTARIE CHE MI PERVENGONO UNA FORTE SENSIBILITA’ UMANITARIA DEL TUO PARTITO IN QUESTA DOLOROSA VICENDA SONO QUI A SCONGIURARTI DI CONTINUARE ANZI DI ACCENTUARE LA TUA IMPORTANTE INIZIATIVA…”

Il 2 Maggio dopo un incontro fra le delegazioni PSI e DC alla fine del quale la Democrazia Cristiana assunse la posizione dichiarando che “..dell’iniziativa socialista come di altre ipotesi prospettate si debba a questo punto investire il Governo perché ne esamini le concrete possibilità con il più ampio arco delle forze democratiche..”
La Risposta del Governo fu netta : “ .. la linea del Governo è nota non ipotizza la benché minima deroga alle Leggi dello Stato e don dimentica il dovere morale (sic) del rispetto del dolore delle famiglie…”
Dopo due giorni giunge il Comunicato n°9 delle BR in cui si annuncia che “ la battaglia iniziata il 16 Marzo è arrivata alla sua conclusione” e delirando bolla “l’iniziativa umanitaria del PSI” come “fumo negli occhi” e “ concludiamo la battaglia iniziata il 16 Marzo eseguendo la sentenza a cui Moro è stato condannato”
La polemica contro il PSI era atta a piegare le resistenze interne al movimento rivoluzionario, l’utilizzo del gerundio ( eseguendio) diviene oggetto di molte interpretazioni.
Il Psi per tramite del suo vice segretario Signorile avvia una serie di contatti con l’area fiancheggiatrice dei cosiddetti “autonomi” dai quali si ricava il fatto che Essi rilevavano che una concessione da parte dello Stato avrebbe messo le BR nella necessità di rivedere le loro posizioni, che avrebbero ricercato dei contatti con gli ambienti BR e che fosse indispensabile una presa di posizione della DC
Fu sollecitata da Padre Turoldo direttamente a Craxi una sua iniziativa presso il Vaticano
La sera dell’8 Maggio in uncontro fra Craxi e Fanfani quest’ultimo comunicò che per la mattinata del giorno dopo era convocata una direzione della DC.
I Socialisti pur ribadendo che la situazione fosse ormai disperata sollecitavano una netta presa di posizione della DC che rovesciasse quella sin lì assunta. Fanfani si era già recato dal Capo dello Stato per riferire della sua posizione e il Prof.Vassalli aveva messo a conoscenza lo stesso Leone della posizione della Besuschio ed assieme al Ministro della Giustizia Bonifacio era stata esaminata la posizione del Buonoconto per un provvedimento di libertà provvisoria. Il Presidente Leone aveva “ la penna in mano” per sottoscrivere gli atti di clemenza in direzione di entrambi.
La Direzione della DC si riunì il 9 Maggio, nella mattinata stessa fu ritrovato il cadavere di Aldo Moro.
“ Solo nel suo carcere, processato ma non vinto, condannato a morte ma non rassegnato a morire Aldo Moro ci ha teso una mano che abbiamo stretto con la fraternità che si deve ad ogni uomo dinnanzi il pericolo”
( BETTINO CRAXI 11 MAGGIO 1978)
EPILOGO
Negli anni successivi il Partito Socialista collaborò con la Democrazia Cristiana e con Andreotti in particolare mio padre Bettino collaborò proficuamente sul piano internazionale. Potrei aggiungere che invalse una “regola d’ingaggio” superiore nel nome dell’interesse generale del paese ovvero quello di non riaprire un capitolo della storia sul quale la divaricazione politica fu netta.
Qualche anno dopo l’assunzione della “linea della fermezza” va ricordato che in occasione del rapimento del Giudice d’Urso essa fu battuta da una linea umanitaria sostenuta da socialisti e radicali cosìccome una delle clausole per partecipare al Governo Cossiga fu quella di predisporre la chiusura del Carcere dell’Asinara cosa che avvenne qualche anno dopo mi pare proprio sotto la Presidenza Craxi
Mio padre Bettino partecipò ai funerali di Stato senza la bara di Moro e fu l’unico uomo politico ad essere invitato alle esequie private.
La Famiglia Moro che aveva commissionato una macchina Alfetta blindata per il Presidente prima dell’attentato di Via Fani volle in memoria del proprio caro donarla a Craxi
Mio padre citò la lettera di Aldo Moro in due occasioni pubbliche nel 1979 ad un anno dalla scomparsa in una pubblica manifestazione ed in occasione del decennale della sua scomparsa nel corso del Congresso Socialista.
Ne teneva gelosamente la copia originale e negli anni dell’esilio fece pubblicare un pamphlet dalla Casa Editrice Critica Sociale dal titolo “Lettere dal patibolo” Contenete le lettere dalla prigionia di Aldo Moro.

Bobo Craxi

1 commento:

  1. Gentilissimi,

    sono lieto di inviarvi il programma completo della rassegna Tempo di legalità. In biblioteca, il palinsesto di iniziative sul tema della legalità, dei beni comuni e dei beni confiscati alla criminalità, co-progettato e organizzato con il Sistema Bibliotecario di Milano, all’interno del progetto Dopo le mafie.

    Il primo appuntamento è per il 21 marzo alle ore 15:00, presso la Biblioteca di Piazzale Accursio. Seguiranno molti altri incontri ed eventi nelle Biblioteche milanesi fino al 26 maggio.

    Per informazioni e aggiornamenti potete consultare il sito web https://milano.biblioteche.it/eventi/tempodi-legalita/

    Sarebbe per me un piacere averti fra noi!

    Saluti,



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    Lorenzo Lipparini
    Assessore Partecipazione, Cittadinanza Attiva e Open Data

    Piazza del Duomo, 19 - 20121 Milano
    uff. +39 0288456566
    lorenzo.lipparini@comune.milano.it
    www.comune.milano.it

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