Sono stato alla manifestazione in
difesa della Costituzione, così come a tante altre per testimoniare
un impegno civile ed una mobilitazione popolare, sempre più
indispensabili in tempi di derive oligarchiche e plutocratiche
(plutocratico non è un termine fascista, ma l'esatta definizione e
la più precisa etimologicamente, degli attuali assetti economici
globalizzati in corso).
Per la prima volta, però, in
tanti anni, mi sono sentito un po' “fesso”..chiedendomi: ma è mai
possibile che in questo paese si debba arrivare a manifestare per
quella che dovrebbe essere la legge fondamentale dello Stato? Per
impedire che, non solo essa resti perennemente inapplicata, ma
addirittura che venga stravolta? Tutto ciò mi è parso infatti in
maniera tragicomica, come uno che cammina dentro casa e,
all'improvviso, si mette a gridare: viva il pavimento! Viva il
pavimento! Forse perché una qualche percezione che gli possa
crollare sotto i piedi ce l'ha..
Gli interventi alla manifestazione
di ieri hanno ben messo in evidenza che questo rischio c'è davvero,
e non solo per le forzature ai vari articoli della Carta
Costituzionale che ci mettono di fatto in una condizione di
parallelismo istituzionale: da una parte la Costituzione formale e
dall'altra quella materiale, come due rette parallele che rischiano
di non incontrarsi nemmeno all'infinito, ma anche e soprattutto per
il recente tentativo di volerla cambiare da parte di un Parlamento
che non è Assemblea Costituente, ma Porcilaia eletta (non senza la
complicità di un popolo in deriva porcilesca) con lex ad porcum, per
stessa ammissione dei suoi artefici.
Chi c'era ieri a denunciare tutto
cio? C'era l' “isola che non c'è”, e cioè quella sinistra
“fantasma” che nei palazzi del potere è ormai del tutto assente
e che, quando si tratta di presentare un progetto politico
alternativo, non solo non è in grado di farlo in modo unitario, ma,
per di più, continua ad avere, soprattutto tramite i suoi “capi”,
“capetti” e “capettini” perduranti tentazioni satellitari
verso un partito ormai dichiaratamente di centro, se non si destra,
come il PD.
Ripetiamocelo dunque, fino alla
nausea: a sinistra del PD non c'è nulla, e questo anche per colpa di
un elettorato che, pur essendo di “sinistra”, continua a
percepire il PD come un suo punto di riferimento, nonostante che
abbia ormai avuto prove lampanti dell'andamento contrario di quel
partito, ormai abbracciato con la destra in un unico infinito
autoreferenziale mantra governativo..
Le forze politiche scese ieri in
campo erano visibili, con le bandiere di SEL, quelle di Rifondazione
(le più numerose), quelle della lista Ingroia (che non le ammaina
nonostante la cocente sconfitta), quelle dell'IDV, quelle del M5S,
(per la verità non molte) e una sola, sparuta, dei democratici di
una sinistra che fu, ma che non esiste più. Peccato davvero non
averne potuta vedere nemmeno una socialista, sicuramente avrebbe
fatto una sua bella figura a difendere la Carta Costituzionale, e non
solo sempre e comunque quello che ne è diventato un “pesante”
tutore: Napolitano.
Peccato anche per le varie
componenti dell'associazionismo socialista, del tutto assenti in un
momento cruciale, ancor di più, se consideriamo che qualche
autorevole loro personaggio è stato tra i protagonisti della
denuncia della incostituzionalità di questa legge elettorale. Cari
compagni, l'associazionismo dei convegni e delle riunioni di
“comitato” non ha né braccia robuste, e tanto meno gambe lunghe,
ogni tanto, bisogna sgranchirsele in mezzo alla gente.
Ma tra le assenze “eccellenti”
non possiamo non rimarcare la mancata presenza ufficiale della CGIL e
persino quella dell'ANPI (nonostante alcune componenti locali fossero
ben visibili con le loro bandiere), il cui presidente non ha
partecipato adducendo questioni di “metodo” francamente
difficilmente comprensibili, non solo dal sottoscritto che ci è
andato con il fazzoletto dell'ANPI e con il suo distintivo, ma anche
da molti altri che si chiedono se non sia proprio questa l'occasione
migliore per ribadire la funzione di una tale associazione. Ragioni,
dunque, difficilmente plausibili e difficilmente comprensibili,
se non nell'ottica di prendere le distanze da un qualcosa che si
percepisce essere “competitivo” rispetto a quello che si ritiene
debba essere l'unico interlocutore degno di attenzione: il Partito
Democratico.
Ieri però c'erano sicuramente due
leaders “in pectore” di questa “sinistra che non c'è”:
Landini e Rodotà, ma di qui a pensare concretamente che loro due
possano mettersi a capo di un processo politico unitario ed
alternativo, sarebbe come dire che tra il dire e il fare c'è di mezzo quanto
meno il superamento delle colonne d'Ercole o almeno dell' Ercolino sempre in piedi (come ho già definito altrove il PD)
A fugare alcune di queste
illusioni c'è infatti pronta per il 19, la settimana prossima,
un'altra manifestazione che si dichiara antagonista anche rispetto a
quella dell''11, in cui c'è da sperare solamente che non si ripetano
le solite fiammate di guerriglia urbana, magari alimentate ad arte
dai soliti infiltrati.
La sinistra antagonista,
anticapitalista, antifascista, antigovernativa e antisinistra
collateralista, che più anti non si può nemmeno col gorgheggio, sfilerà
allora, misurando anche le sue forze, ma anche per segnare la solita
distanza incolmabile rispetto alla cosiddetta “sinistra
costituzionale”.
Il punto fondamentale, dunque,
resta quello di sempre, e su cui si fonda il “divide et impera”
di chi va in TV convinto, come Franceschini, di rappresentare la vera
“sinistra” necessaria in tempi di globalizzazione: quella
“metereologica” che considera le crisi speculative del
neoliberismo capitalista come tsunami inevitabili. Il punto è che di
sinistre in questo paese ce ne sono sempre almeno due o tre e mai una
vera, autentica, combattiva, popolare e concretamente alternativa. Tanto basta per rendere la stessa parola "sinistra" decisamente insopportabile.
Forse un tempo potevamo anche
permettercelo, ma adesso non più, anzi, ciò non fa che alimentare
la mancanza stessa di alternative, così come non possiamo
permetterci di avere l'unico partito che ancora si chiama socialista
in Italia, impegnato permanentemente nelle sue beghe congressuali
interne, invece che in campo con i cittadini e i lavoratori di questo
paese.
Se tra i tagli imposti da questa
crisi creata ad arte, negli assetti generali di un mondo dominato da
potentati economici, in cui la politica è sempre più ancella idiota
della economia a sfondo crematistico, c'è il recidere da questo
paese la vera possibilità di una sinistra di esistere e consistere,
nella millantatura di un potere che ne desertifica “a priori” la
sua stessa essenza culturale ed ideologica, allora, in mancanza di
una reazione unitaria, ci dovremo seriamente rassegnare ad andarcene,
magari con la bussola orientata verso in mari e gli oceani dei
continenti australi.
Se, invece, non vogliamo
rassegnarci e vogliamo continuare a combattere affinché ci sia
Socialismo ancora in Italia e, con esso, una vera sinistra che ne sia
sinonimo indissolubile, dobbiamo cogliere ogni occasione ed essere
presenti, prima che questo presente, seguito a ruota da un suo idiotissimo futuro, faccia sparire
noi.
C.F.
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