Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

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domenica 27 febbraio 2022

INIUSTA NECE (L'ingiusta invasione)

                                                           di Carlo Felici



Purtroppo ogni guerra, pur segnando in partenza, e indipendentemente dai vinti o dai vincitori, la sconfitta di ogni ragione etica e costruttiva, vede sempre un aggressore invocare le sue “ragioni”, in particolare verso il suo popolo, magari facendole risalire ai suoi antenati che forse piuttosto gradirebbero riposare in pace, cullati da una storia in cui contano i fatti e non le congetture o le ragioni strumentali.

Ebbene, per l’ennesima volta, come nella favola di Fedro assistiamo ad un “Lupo” che accampa “sue ragioni” e attribuisce i torti agli antenati dell’ “Agnello”. Ricordiamo questa favola, almeno nella sua conclusione, sempre attuale: “Pater, Hercle, tuus - ille inquit - male dixit mihi!” Atque ita correptum lacerat iniusta nece” Haec propter illos scripta est fabula qui fictis causis innocentes opprimunt.” Saremmo tentati di non tradurla, perché il latino dovrebbe essere reintrodotto seriamente dalle scuole medie, ma tant’è.. ecco la traduzione libera: al povero agnello che dice al lupo di non avergli fatto nulla di male, il lupo risponde: “Ma per Ercole (non a caso dio della forza bruta), è tuo padre che ha parlato male di me!” E così lo afferra e lo strazia uccidendolo ingiustamente. Poi arriva la morale: Questo è stato scritto per quegli uomini che, adducendo false (ma fictis corrisponde più a inventate) ragioni (o cause), opprimono gli innocenti. 

Ora, in questa vicenda della guerra ucraina è fin troppo facile individuare il “lupo” in Putin e nell’esercito russo, e l’agnello nel “gregge” (ovviamente senza alcun intento offensivo) del popolo ucraino.

Ci basterebbe condannare il “lupo” ed aiutare gli “agnelli” prima che li faccia fuori tutti e la questione sarebbe chiusa.

Solo che la “favola”, in questo caso, è un po’ più complicata. Non solo perché tra gli antenati degli “agnelli” non vi sono quelli evocati dal “lupo”, ma perché, a ben guardare, di “lupi”, oggi non ce ne sta uno solo, ma un bel “branco”.

Putin ha saltato a piè pari uno dei momenti più belli della storia del popolo ucraino che, non da oggi, si ribella allo strapotere russo, e non lo ha fatto solo quando si è illuso che Hitler potesse liberarlo da esso. Nessuno degli analisti ha fatto riferimento ad un grande eroe libertario dell’Ucraina che forse certe milizie ucraine dovrebbero ritrovare nei loro stendardi più delle croci uncinate: Nestor Makhno. Egli fu un grande eroe libertario anarchico che lottò strenuamente contro austro-tedeschi, russi bianchi e bolscevichi, in nome della libertà del popolo ucraino, allora in gran parte contadino, affinché potesse autogestirsi liberalmente e decidere del proprio destino autonomamente (null’altro infatti che l’autogestione in un modello di democrazia diretta era l’intento degli anarchici di allora). Il suo movimento ebbe una crescita vertiginosa e vinse i suoi nemici sul campo numerose volte, purtroppo però alla fine fu sconfitto dall’Armata Rossa. 

Significativo è un dialogo tra Makhno e Lenin per capire non solo le ragioni del popolo ucraino di allora, ma anche quelle vere di oggi: ne riportiamo uno stralcio, tratto dalle memorie di questo straordinario personaggio: «Lenin mi accolse paternamente, mi fece sedere. Cominciò a interrogarmi con il suo tono da organizzatore nel modo più preciso. La domanda su come i contadini accoglievano la parola d'ordine "tutto il potere ai soviet" me la fece tre volte. Gli risposi che per i contadini ciò voleva dire che il potere doveva allinearsi alla coscienza e alla volontà stessa dei contadini. Lenin mi rispose allora: il fatto è che i vostri contadini sono contaminati dall'anarchia. È un male? gli risposi. Lenin mi chiese poi dei distaccamenti rossi, della loro lotta eroica contro l'occupante, della mancanza di sostegno dei contadini. Temo, compagno Lenin, che siate male informato, risposi. I vostri gruppi restano lontani dalle strade e non combattono nelle campagne, come potete pensare che i villaggi vi sostengano? Non li vedono mai. Lui si mise a ridere: voi anarchici scrivete e pensate al futuro, siete incapaci di pensare al presente. Risposi che ero un contadino illetterato, che mi era difficile discutere su una questione così importante, ma posso dirvi, compagno Lenin, che in Ucraina, nella Russia del Sud, come dite voi Bolscevichi, noi siamo immersi nel presente ed è attraverso di esso che noi cerchiamo di avvicinarci al futuro, al quale, è vero, noi pensiamo. E noi pensiamo molto seriamente.»

Questa citazione è importante non solo perché smaschera la falsa narrazione di Putin sulla storia dell’Ucraina, ma anche dato che mette in evidenza i veri nodi della ostilità tra Ucraina e Russia. L’Ucraina ha sempre lottato per la sua libertà, ma guardando al presente, alle condizioni del suo popolo, nelle strade, nelle campagne, con i piedi e gli occhi ben piantati e puntati sul suo presente. La Russia invece l’ha sempre considerata parte della “sua”storia imperiale prima, e bolscevica poi, con occhi e piedi rivolti ad un futuro stabilito piuttosto dalle autorità imperiali prima e poi da quella dittatura bolscevica che aveva ridotto i soviet ad appendici supine ed obbedienti del partito comunista sovietico.

Ovvio che Putin salti a piè pari tutto ciò, così come è ovvio che prenda a pretesto della sua infame invasione il rischio dell’avvicinamento della NATO e dei gruppi neonazisti presenti in Ucraina.

Ma qui entrano in ballo altri “lupi”, un po’ più defilati, ma non meno famelici. E la caratteristica più frequente della famelicità è la fretta. Quindi possiamo chiederci, prima di tutto: che fretta c’era nel voler includere l’Ucraina nella UE e nella NATO, non parlando tanto dell’Europa ma soprattutto di certi governanti ucraini? Suscitando per altro molto prevedibilmente le ire e soprattutto le paure della Russia, e offrendo formidabili pretesti a Putin come su di un piatto d’argento? La Russia è stata invasa due volte da chi, come base di invasione e di approvvigionamento, e come piattaforma di lancio, scelse proprio l’Ucraina, per le sue immense risorse agricole e minerarie. Lo fece Napoleone e ancor più Hitler che, data la sua epoca, ebbe meno difficoltà a tenere i collegamenti con questo grande deposito di rifornimenti. Pensiamo forse che i russi, nonostante abbiano respinto eroicamente entrambi, abbiano dimenticato la loro storia? Crediamo forse che essa non evochi ancora qualche fantasma del passato, non poi così lontano?

E’ evidente che un conto è avvicinare i Paesi Baltici alla NATO e alla UE, mentre è profondamente diverso farlo con l’Ucraina, per l’enorme differenza di peso economico che tale nazione esercita nel presente e che può sempre di più rappresentare nel futuro.

L’Ucraina piuttosto avrebbe avuto e sicuramente ha ancora, se si riesce a far tacere le armi, un grande ruolo nel destino dell’Europa, quello di fare da ponte e da collegamento tra l’Europa e la Russia che, non dimentichiamolo, appartiene più alla storia del nostro continente che a quella del continente asiatico. Tutto quello che accade, invece, sembra spingerla sempre di più verso il lontano oriente, verso la Cina. Insomma, persino la Turchia di un altro autocrate ma molto più furbo, come Erdogan, riesce a barcamenarsi tra un’occhietto fatto alla Russia e una mano tesa all’Europa che per altro la respinge, e non può riuscirci chi per definizione porta proprio nel suo nome quello della “terra di confine”? Chi è che vuole veramente dividere l’Europa dalla Russia, quale altro “lupo famelico” vuole trarre profitto dall’ennesima guerra fratricida tra popoli europei e cristiani? Son domande retoriche, ma è proprio la retorica che dovrebbe essere esclusa dalla risoluzione di questo conflitto.

Per questo infatti ci vuole un popolo determinato ed un grande statista al potere oppure anche un “sognatore” con i piedi piantati nel presente come Makhno. Non ci vuole un attore che prima recita una fiction in cui, da insegnante, in nome dell’antipolitica, diventa presidente di uno Stato e poi, nelle urne, lo diventa realmente senza avere un minimo di competenza a livello sociale e politico. Almeno Grillo non ci ha nemmeno provato se non per scherzo, forse. Riesce un comico ad avere un po’ di autoironia anche in un momento tragico come questo? Riesce a capire, nonostante si mostri al mondo come l’eroe che resiste fino allo stremo nel palazzo presidenziale il quale però ci appare più scenografico che bombardato, come lo fu il palazzo della Moneda di Allende, che il fatto più tragicomico di questa vicenda è quello che, per difendere l’Ucraina egli chiama alle armi tutti i maschi (chissà perché non anche le donne), dai 16 ai 60 anni, impedendo loro di uscire dal Paese, dividendo intere famiglie, e senza che abbiano mai imbracciato un fucile, senza che abbiano un minimo di esperienza militare, esponendoli così al massacro da parte di truppe professioniste? E da questa posizione, pretende pure di dettare l’agenda politica a vari leader stranieri. E fermiamoci qui, perché non si può “sparare sulla Croce Rossa”.

La realtà vera è che il popolo ucraino soffre, e non da oggi, e purtroppo non smetterà di soffrire neanche domani. Per cui noi dobbiamo salvarlo subito, innanzitutto riconoscendo senza se e senza ma, lo status di rifugiati garantito dalla nostra Costituzione, a tutti coloro che fuggono come profughi dalla guerra e vengono anche nel nostro Paese, e, in secondo luogo, non pensando solo a spedire armi in Ucraina, ma soprattutto ogni bene medico, alimentare e logistico che possa aiutare concretamente e logisticamente a sopravvivere chi ha deciso di restare lì, sia che combatta sia che possa essere costretto a nascondersi, magari anche aprendo corridoi umanitari.

Forse essi potrebbero servire anche a poveri soldati russi persi nel territorio ucraino perché rimasti senza benzina, come abbiamo visto paradossalmente nelle immagini di qualche filmato ucraino, o a qualcuno di loro che si illudeva di partecipare solo ad esercitazioni militari, più o meno come quei soldati di Mussolini spediti in Spagna e catturati da altri italiani, i quali risposero loro che credevano di dover andare in Africa.

Una delle altre cose piuttosto grottesche di questa terribile vicenda è che molti accusano Putin di voler rifare l’Unione Sovietica. Ma sappiamo ascoltare piuttosto coloro che davvero la vorrebbero rifare? Ebbene, Mikhail Matveev, autorevole deputato del Partito Comunista della Federazione Russa, ha dichiarato: "votando per il riconoscimento delle Repubbliche di Donetsk e Lugansk ho votato per la pace, non per la guerra. Perché la Russia diventi uno scudo che faccia in modo che il Donbass non venga bombardato, ma non che Kiyv venga bombardata" 

Ecco allora evidente che persino coloro che seguono fedelmente la scia dell’URSS smentiscono seccamente Putin che non ha solo contro più di mezzo mondo, ma, oltre a frange coraggiose dell’opinione pubblica russa che lo sfidano apertamente scendendo in piazza, rischiando l’arresto e la galera, lo contrastano persino esponenti del Partito Comunista Russo. Altro che rifare l’URSS! Putin è prigioniero di sogni imperiali, fondati sulla mistificazione della storia, ed è legato mani e piedi ai suoi oligarchi mafiosi che si è affrettato a convocare per assicurarsi la loro complicità, i quali hanno tratto enormi profitti dalla vendita delle materie prime russe e ora ne vorrebbero trarre anche dal dominio dell’Ucraina. Facendo però, si badi, enormi investimenti in Europa Occidentale, gli stessi, che, in maniera sacrosanta, stanno perdendo ad uno ad uno a causa di altrettante sacrosante sanzioni. Attenti però ad altri lupi in agguato, quelli che potrebbero voler sostituire la dipendenza energetica dell’Europa dalla Russia con la dipendenza dalle loro fonti energetiche e dai loro affari e che da un indebolimento dell’Europa e della sua moneta trarrebbero enormi vantaggi

Di fronte a tutto ciò, un premier nostrano che invoca le centrali a carbone, ci pare un po’ come l’apparizione fuori stagione di una Befana che, a forza di farci aspettare, a tempo sempre più rimandato, l’uscita dalla pandemia, essendole difficile restare in equilibrio sulla sua scopa, dato che politicamente deve per forza mettere sempre d’accordo tutti su tutto e sul contrario di tutto, adesso dice a tutti..beh state buoni, e siccome tanto buoni non siete..ecco che vi ho portato il carbone. Nonostante in Italia si usi tuttora una percentuale minima del metano nostrano e padano e sebbene possiamo tappezzare tutte le terrazze condominiali di pannelli solari, o magari fare anche altre centrali di ultima generazione..ovviamente quando non ci decidiamo troppo tardi e a costi pertanto sempre più esorbitanti.

Ma tornando alla esternazione significativa del deputato comunista russo che nessuno dei media ha riportato, chiediamoci cosa ha fatto di serio l’Europa per contrastare una guerra che nelle regioni russofone del Donbass si trascina da circa dieci anni. Quali risultati ha ottenuto, anche nel tentativo mai messo in atto seriamente di mediare o di intervenire con i contingenti ONU che facessero da contrapposizione come in Libano? Vogliamo eludere completamente, in nome dell’allineati e coperti, le ragioni di zone di lingua e cultura russa che il governo ucraino ha trattato esattamente come Mussolini trattava le minoranze di lingua tedesca e slava durante il suo regime? Ce le siamo dimenticate le bombe in Alto Adige negli anni immediatamente successivi al dopoguerra? E come sono state disinnescate se non con un saggio e proficuo progetto di autonomia di quelle terre che ora sono ricche e floride proprio perché la loro cultura, la loro lingua e le loro risorse economiche non sono state né sfruttate e nemmeno umiliate, ma lasciate piuttosto ad arricchire quei territori. Persino esponenti tibetani sono venuti a studiare questi modelli nostrani di autonomia che non ledono l’unità nazionale, per proporli, ovviamente senza risultati, al governo cinese. Avrebbero potuto farlo anche gli ucraini, magari traendo spunto proprio dalle esigenze autonomistiche della loro storia, verso l’impero russo e verso i bolscevichi.

La prima vittima di ogni guerra è la ragione, non quella dei vinti o dei vincitori, che è solo un simulacro di ragioni artefatte, ma quella costruttiva, dialettica e soprattutto dialogica, l’unica capace, se osserviamo davvero la storia, di potere garantire il futuro alla specie umana. Se tace la ragione e parlano le armi, oggi, specialmente con gli armamenti atomici, le armi chimiche e batteriologiche che esistono negli infernali arsenali delle nazioni con ambizioni imperiali, la ragione non sopravvivrà perché la stessa umanità che ne è dotata non è destinata a sopravvivere, semplicemente sopravvivrà un pianeta privo di esseri umani, e per l’universo cambierà poco o nulla

Non è dunque solo un popolo ad essere in pericolo quando si eclissa la ragione e si affermano le armi, ma tutta l’umanità e soprattutto una vita per gli esseri umani degna di essere vissuta.

Cerchiamo quindi di evitarle una ingiusta morte, “nostra iniusta nece” causata solo da noi stessi.