Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo
Garibaldi, pioniere dell'Ecosocialismo (clickare sull'immagine)

martedì 29 novembre 2022

CRONACA DI UNA TRAGEDIA ANNUNCIATA E PERMANENTE





La tragedia di Ischia ci colpisce tutti molto dolorosamente, ma in molti ormai dicono che poteva essere evitata, però il solo dirlo in modo palese fa insorgere esponenti della destra governativa che gridano allo sciacallaggio.

Un governo dovrebbe solo avere il compito di garantire ai cittadini servizi e sicurezza essenziali per una adeguata convivenza civile, il resto dovrebbe essere demandato alla libertà e alla responsabilità dei cittadini stessi. E questo funziona altrove dove la società civile è meglio organizzata, più responsabile e meno inquinata da mafie di ogni genere e di ogni settore.

Con i cambiamenti climatici e le urgenze di un Paese riedificato dalle macerie di una guerra devastante ormai quasi ottanta anni fa, quello che urge di più in Italia è un piano di prevenzione e di manutenzione strutturale che riguardi ogni settore, da quello pubblico a quello privato. E la lotta all'abusivismo e alla speculazione, specialmente edilizia, dovrebbe essere condotta con efficienza e adeguato rigore.

Perché ormai in ballo non ci sta un crollo ogni tanto oppure qualche crepa negli edifici, ma la vita stessa dei cittadini e di intere famiglie

Ebbene, a fronte di tutto ciò, quando il governo stenta, per stessa ammissione del Ministro dell'Economia Giorgetti, a trovare i soldi, mentre gli stessi soldi che ci sono non vengono spesi come e dove dovrebbero, ci troviamo di fronte alla riattivazione di una Società per lo Stretto che risale a più di 40 anni fa e il cui unico scopo è stato quello di ingoiare miliardi di lire prima e centinaia di milioni di euro dopo, ovviamente con tutti gli avvoltoi che le girano attorno e che gongolano al solo pensiero di tuffarcisi sopra di nuovo.

E ci sta pure chi con perizia miracolistica sostiene che si può fare la manutenzione e contemporaneamente il ponte sullo Stretto.

Al 31 dicembre 2021 le opere incompiute in Italia risultavano pari a 379, Quali le cause? In 153 casi (40%) per la maggior parte di essi la ragione è la mancanza di fondi (in poche parole si è fatto il passo più lungo della gamba non prevedendo adeguatamente i costi), in 115 casi (30%) si sono riscontrati problemi tecnici, per 69 opere (18%) la motivazione è stata il fallimento, recesso o risoluzione contrattuale dell’impresa, 21 opere (6%) sono state interrotte per sopravvenute nuove norme tecniche o disposizioni di legge, per 15 opere (4%) non c'è stato interesse a completarle, mentre per 6 opere (2%) ci sono state più cause concomitanti.

A fronte di tutto ciò, abbiamo un desolante panorama di un Paese che non sa e non riesce a spendere anche quello che ha a disposizione, infatti nella nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (Nadef) si precisa che l'Italia nel 2022 ha speso la bellezza di 13,2 miliardi in meno rispetto a quanto avrebbe dovuto. E' evidente quindi che, con tutto quello che c'è da fare in questo sgangherato Paese il cui i disastri servono solo ad incrementare i talk show (cioè le chiacchiere), non siamo capaci nemmeno di utilizzare le risorse che abbiamo a disposizione, pur pretendendo di saper fare manutenzione e ponti sul nulla. 

Tutto ciò accade anche perché abbiamo una burocrazia da “azzeccagarbugli” che non dispone di risorse, mezzi e personale per controllare che tali risorse vengano spese in maniera adeguata. Viene però quasi il sospetto che non si voglia controllare adeguatamente, perché in Italia l'accompagnamento della realizzazione di opere pubbliche a tangenti e tangentari è stato un fenomeno cronico ed endemico e tuttora tende, nonostante l'Europa ci abbia messo sotto stretta sorveglianza, ad essere permanente.

Abbiamo messo in campo una cifra irrisoria per contrastare il caro vita, specialmente dovuto alle bollette e all'inflazione crescente, rispetto alla Germania, oggi i parametri di Maastricht appaiono ridicoli e offensivi rispetto alle emergenze strutturali di una Europa che sembra non possa far altro che portare armi in Ucraina invece di fare qualcosa di concreto per far cessare la guerra, incrementare il benessere degli europei e regolare i flussi migratori. La politica internazionale dell'Europa è praticamente nulla, specialmente se paragonata agli interessi internazionali dei singoli stati come la Francia.

La Germania ha speso per armarsi e per aiuti una cifra ben più consistente di quella che sarebbe bastata a salvare la Grecia dal baratro e che le ha imposto invece una cura da lacrime e sangue.

Non so come si possa blaterare oggi contro il sovranismo quando un paese a conduzione socialdemocratica che tuttora rappresenta la maggiore economia europea, come la Germania, pratica di fatto il sovranismo più di chiunque altro in tempi recenti in Europa.

Il Covid non pare abbia insegnato nulla all'Europa e tanto meno all'Italia, se a fronte di questa emergenza si doveva rafforzare la capacità di utilizzare le risorse per una società più giusta e solidale, con particolare attenzione alle politiche scolastiche, sanitarie e ambientali. Siamo invece ricattati dalla guerra e dall'inflazione che qui da noi tende a salire oltre quei livelli che più di 40 anni fa il governo Craxi aveva fatto scendere. Fu proprio lui a dire che, nella migliore delle ipotesi per noi l'Europa sarebbe stata un limbo se non un inferno, ma non perché lo è realmente, ma solo perché noi non sappiamo starci, né razionalizzando ed utilizzando le risorse europee né presentandoci in modo credibile e dignitoso. Quando infatti, con Draghi, questo è stato possibile, è stato lo stesso mondo politico a voler tornare alla solita demagogia da “navigazione a vista” con orizzonti molto ristretti.

Si è spesso detto che finalmente in Italia, dopo più di un decennio, abbiamo un governo politico democraticamente eletto dai cittadini, ma se poi i fatti dimostrano che la conduzione politica si rivela peggiore di quella economica, bisogna rassegnarsi amaramente al predominio dell'economia sulla politica.

Così, ad governo che promette e predica “mari e ponti” resta come compito fondamentale quello di non assistere impotente al crollo dei monti.


Carlo Felici


venerdì 11 novembre 2022

UNA CIVILTA' A TESTA IN GIU'

 




Di tutto abbiamo bisogno oggi fuorché di macabre rappresentazioni che, in un tempo di guerra civile internazionale, evochino anche quella vissuta nella nostra storia, perciò lo diciamo senza se e senza ma: l'esposizione da parte di alcuni gruppi della cosiddetta sinistra antagonista di un manichino con le sembianze di Giorgia Meloni appesa a testa in giù, richiede una ferma condanna e una dura pena per i colpevoli.

Perché non solo rappresenta una diffamazione ed una offesa grave alla persona e alla carica che ella ricopre, ma è la quintessenza di un orrore storico strumentalizzato con becera mala fede

Sarà bene ricordate quindi, per fila e per segno, cosa ebbe a dire Sandro Pertini quando fu a conoscenza di ciò che avvenne quasi ottanta anni fa a Piazzale Loreto, che quell'orripilante e macabro manichino riecheggia: Quando mi dissero che il cadavere di Mussolini era stato portato a piazzale Loreto, corsi con mia moglie e Filippo Carpi. I corpi non erano appesi. Stavano per terra e la folla ci sputava sopra, urlando. Mi feci riconoscere e mi arrabbiai: «Tenete indietro la folla!». Poi andai al CLN e dissi che era una cosa indegna: giustizia era stata fatta, dunque non si doveva fare scempio dei cadaveri. Mi dettero tutti ragione: Salvadori, Marazza, Arpesani, Sereni, Longo, Valiani, tutti. E si precipitarono a piazzale Loreto, con me, per porre fine allo scempio. Ma i corpi, nel frattempo, erano già st ati appesi al distributore della benzina. Così ordinai che fossero rimossi e portati alla morgue. Io, il nemico, lo combatto quando è vivo e non quando è morto. Lo combatto quando è in piedi e non quando giace per terra

Lo stesso Parri definì quell'atto ignobile una vera e propria “macelleria messicana” nonostante venga tuttora rivendicato da frange estremiste e neocomuniste della sinistra come “un atto di giustizia”, e questo ci ricorda un po' cosa disse in proposito Pajetta un tempo ad Almirante: “noi i conti con voi li abbiamo chiusi a Piazzale Loreto”

Ebbene, sarà il caso di di dirlo senza peli sulla lingua. Quello di Piazzale Loreto fu uno scempio condannato dalla maggior parte dei gruppi partigiani combattenti di allora. Però, con buona pace dei comunisti di oggi e di ieri, certi conti con il periodo della Resistenza e anche con il seguito dei suoi strascichi di orrore, non si chiudono mai, perché è sempre necessaria consapevolezza, impegno, conoscenza storica e determinazione nel perseguire i valori dell'umanità e della democrazia. Però, quando si ha bisogno per rinvigorire certe posizioni politiche della disumana rappresentazione macabra della storia, non si dimostra forza ma debolezza, specialmente in un tempo che ci sbatte in faccia l'ennesima ferocia della guerra.

Evidentemente, a quasi ottanta anni dalla fine della seconda guerra mondiale e dalla caduta del fascismo, non siamo ancora in grado di manifestare secondo i sani principi su cui dovrebbe fondarsi un Paese civile e democratico. In special modo certa disumanizzazione settaria che allora divise il mondo socialista da quello comunista tende a ricomparire, e non basta che abbia già fatto tanti danni nel passato remoto della Lotta di Liberazione e anche nei tragici anni di piombo del nostro passato prossimo, ancora ostinatamente vuole avere il suo palcoscenico nella storia per inquinare il nostro presente.

L'assalto squadrista alla sede della CGIL, l'esposizione del manichino di un Presidente del Consiglio eletto democraticamente dal popolo, rappresentano un rigurgito di barbarie che ancora purtroppo non è sepolto nel nostro peggiore passato. Sono il vomito di un odio che tende a rendere impossibile la vera unificazione di un popolo che si divide persino su ciò che ha fondato l'Italia, persino sul Risorgimento

Riecheggiano così nel presente i moniti illustri dei nostri migliori poeti, come Manzoni, siamo ancora “volgo disperso che nome non ha”, perché il nome di popolo si ha quando ci si riconosce in una storia e in una tradizione comune, non esportata da altri con le armi, né imposta da altri con l'ideologia, ma piuttosto acquisita con la dura lotta e il sacrificio di tante vite che ci vollero per fare questo Paese che a più di 160 anni dalla sua unificazione, non ha ancora trovato la sua civiltà, identità e unità di popolo. E per contestare il presente ha tuttora bisogno di evocare i fantasmi del passato più becero della sua storia.

Così l'Italia è ancora destinata, come disse Dante ad essere serva e “di dolore ostello” oggi causato più che da altri, dal “bordello” di noi stessi.

Carlo Felici





venerdì 4 novembre 2022

PIU' SOLERTI DEL DUCE

 




La libertà di riunione è sancita dalla Costituzione ed è il fondamento di una ogni democrazia che possa concretamente chiamarsi tale.

La nostra Costituzione la regola con l'articolo 17, in merito ad esso la Corte Costituzionale ha precisato che sono «atteggiamenti sediziosi penalmente rilevanti» solo quelli che implicano ribellione, ostilità, eccitazione al sovvertimento delle istituzioni pubbliche e che risultino in grado di causare un evento pericoloso per l’ordine pubblico.

Si evince che, in tutti gli altri casi, previa autorizzazione in seguito a comunicazione agli organi di polizia, ogni manifestazione è lecita.

Questa libertà, come tante altre è stata una conquista dello Stato democratico nato con la lotta antifascista e con la nostra Costituzione.

Già infatti nel 1926 il fascismo, in una situazione per altro emergenziale in cui gli attentati al Duce erano piuttosto frequenti, cominciò a limitare i diritti dei cittadini, ponendo seri limiti alla libertà di riunione. In particolare Tra le LEGGI FASCISTISSIME del 1926, infatti troviamo la seguente norma

CAPO I. DELLE RIUNIONI PUBBLICHE E DEGLI ASSEMBRAMENTI

IN LUOGHI PUBBLICI.

ART. 18. (ART. 17 T.U. 1926).

I PROMOTORI DI UNA RIUNIONE IN LUOGO PUBBLICO O APERTO AL PUBBLICO DEVONO DARNE AVVISO, ALMENO TRE GIORNI PRIMA, AL QUESTORE.

È CONSIDERATA PUBBLICA ANCHE UNA RIUNIONE, CHE, SEBBENE INDETTA IN FORMA PRIVATA, TUTTAVIA PER IL LUOGO IN CUI SARÀ TENUTA, O PER IL NUMERO DELLE PERSONE CHE DOVRANNO INTERVENIRVI, O PER LO SCOPO O L'OGGETTO DI ESSA, HA CARATTERE DI RIUNIONE NON PRIVATA.

I CONTRAVVENTORI SONO PUNITI CON L'ARRESTO FINO A SEI MESI E CON L'AMMENDA DA LIRE MILLE A QUATTROMILA. CON LE STESSE PENE SONO PUNITI COLORO CHE NELLE RIUNIONI PREDETTE PRENDONO LA PAROLA.

IL QUESTORE, NEL CASO DI OMESSO AVVISO OVVERO PER RAGIONI DI ORDINE PUBBLICO, DI MORALITÀ O DI SANITÀ PUBBLICA, PUÒ IMPEDIRE CHE LA RIUNIONE ABBIA LUOGO E PUÒ, PER LE STESSE RAGIONI, PRESCRIVERE MODALITÀ DI TEMPO

E DI LUOGO ALLA RIUNIONE.

I CONTRAVVENTORI AL DIVIETO O ALLE PRESCRIZIONI DELL'AUTORITÀ SONO PUNITI CON L'ARRESTO FINO A UN ANNO E CON L'AMMENDA DA LIRE DUEMILA A QUATTROMILA. CON LE STESSE PENE SONO PUNITI COLORO CHE NELLE PREDETTE RIUNIONI PRENDONO LA PAROLA. NON È PUNIBILE CHI, PRIMA DELL'INGIUNZIONE DELL'AUTORITÀ O PER OBBEDIRE AD ESSA, SI RITIRA DALLA RIUNIONE.

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LE DISPOSIZIONI DI QUESTO ARTICOLO NON SI APPLICANO ALLA RIUNIONI

ELETTORALI.

Sarà bene considerare attentamente questa legge di allora, soprattutto per quanto riguarda le pene, che, nella fattispecie, prevedevano al massimo UN ANNO.

Ebbene, oggi con il decreto che è stato emanato dal governo, per impedire gli assembramenti chiamati “rave” (ma nel decreto il "rave" non è menzionato), le pene comminate arrivano FINO A SEI ANNI, anche se c'è chi parla di ridurle a quattro che sono sempre di più di quelle previste dal fascismo.

Il decreto, sarà bene sottolinearlo, arriva in una situazione non emergenziale e reca con sé una chiara matrice ideologica.

I fatti dimostrano palesemente che le Forze di Polizia sono in grado di procedere con le leggi attuali, in modo che l'incolumità, la salute pubblica vengano garantite anche in caso di riunioni giovanili alquanto chiassose, e l'ordine pubblico non venga così sovvertito. Ad attestarlo c'è la gestione recente dello sgombero di una di queste riunioni, condotto con il dialogo, senza violenza e con grande professionalità dalle Forze dell'Ordine.

Evidentemente nessuno vuole che i giovani si riuniscano rischiando crolli, spaccio di droga o violenze di vario genere, anche perché episodi di violenza che coinvolgono i nostri adolescenti sono purtroppo all'ordine del giorno, anche se non tanto spesso in riunioni del genere. Ai giovani però si dovrebbe prestare ben maggiore attenzione, sia sul piano educativo che organizzativo, perché sono il nostro futuro, ed essi vedono il loro molto a rischio, se non addirittura non lo vedono affatto, comprensibile quindi che cerchino valvole di sfogo che devono essere salutari e non pericolose

E' dunque bene monitorare situazioni del genere e, sapendo farlo, per questo bastano le leggi già in vigore.

La necessità di intervenire ad arbitrio di un prefetto e non in seguito ad una denuncia di qualcuno rappresenta invece un salto di qualità, specialmente se si tratta di riunioni in spazi privati e non pubblici. Sia perché in questo caso si deresponsabilizza il proprietario di un bene che deve averne cura anche per motivi di sicurezza sia perché lo Stato si trova ad invadere una sfera privata ipotizzando a sua volta una “invasione illecita”, quando la denuncia di una “invasione illecita” spetta solo al proprietario i cui beni sono stati “invasi”

Ricordiamo il G8 di Genova, e ciò che avvenne alla scuola Diaz, per avere un quadro di ciò che può avvenire quando lo Stato con le forze di polizia interviene pesantemente per sgomberare un luogo, per altro in quel caso autorizzato, ad accogliere persino un centro stampa. Anche allora era insediato un governo di centrodestra.

Ma torniamo ad oggi, e osserviamo oltre alla non necessità del decreto di urgenza un inasprimento delle pene e un sequestro dei beni che nemmeno una legge “fascistissima” del 1926 prevedeva e addirittura considerava di evitarle se gli aderenti alla riunione si fossero allontanati alla richiesta delle Forze di Polizia

Che un governo appena insediatosi voglia varare un provvedimento che appare concretamente più autoritario di una norma fascista è davvero singolare.

Specialmente se i suoi componenti hanno fatto di tutto per smentire che loro con il fascismo non c'entrano nulla da tempo. Magari paradossalmente è vero se in termini di liberticidio vogliono fare persino di più.

Quello che appare singolare è piuttosto che i reduci del “polo delle libertà” il cui capo, allora come oggi ha la parola “libertà” sempre a fior di labbra, possano approvare urgentemente e supinamente una norma del genere che, diciamolo ai rappresentanti di quello che vorrebbe essere il “terzo polo” e che si appresta in caso di tentennamenti a fare da stampella a questo governo, va abolito in blocco e non emendato

Non per difendere i centri sociali, le occupazioni e nemmeno di rave party, ma semplicemente per dimostrare che le Forze di Polizia non hanno bisogno di strumenti aggiuntivi e straordinari per fare il loro mestiere, che lo Stato non ha paura dei cosiddetti “sobillatori”, che è in grado benissimo di svolgere il suo ruolo senza dover minacciare l'inasprimento di pene che nemmeno il Duce mise in atto. Il decreto infatti recita tra l'altro: “Per il solo fatto di partecipare all'invasione la pena e' diminuita.” ma evidentemente viene comminata lo stesso, mentre quello fascista la evitava a chi, pur avendo partecipato, se ne fosse poi andato. 

Vorremo poi vedere se, di fronte alle palesi “invasioni” degli ultrà nei vari stadi o al di fuori di essi, lo Stato sarà in grado di applicare scrupolosamente questa norma, così come potrebbe farlo con “invasioni scolastiche”, “invasioni” di assemblee autoconvocate e via dicendo, c' è pure chi ha ironizzato sulle riunioni condominiali. Se quindi l'intenzione era quella di dimostrare ideologicamente la presenza di un governo forte sin dalla sua nascita, in grado di assicurare sempre e comunque “legge e ordine”, l'effetto è diametralmente opposto, sia perché queste norme saranno sicuramente ridimensionate anche per stessa ammissione dei componenti di questo governo, ammettendo un suo errore, sia perché si ha la dimostrazione che, già dall'inizio, questo esecutivo non è capace di intervenire con gli strumenti ordinari, pur potendo farlo, come dimostrano i fatti, palesando un urgenza di strumenti straordinari di cui nessuno sente la necessità.

Perciò l'unica conclusione che si può trarre è che come prima iniziativa messa in campo da questo governo ci sia la paura. Noi avevamo più volte detto che, senza pregiudizi, avremmo valutato il governo dal suo operato, senza minimamente imputarlo di neofascismo. Ebbene un provvedimento che, nei fatti e nella repressione, appare più autoritario di quelli fascisti, non ci fa cambiare opinione perché la storia passata o recente non si ripete mai (ed in essa i cosiddetti "mali assoluti" sono sempre purtroppo relativizzati da un peggio a cui non vi è mai fine) ma si giudica sempre da sola per quella che è.

Carlo Felici