Purtroppo non molti cittadini si rendono ancora conto concretamente di quanto sia cruciale la battaglia per la difesa della Costituzione, la quale, con i suoi principi e con la sua avanzatissima concezione dei valori democratici ereditati dalla stagione migliore del Risorgimento (quella mazziniana della Repubblica Romana) e dalla Lotta di Liberazione, ha garantito all'Italia, pur nell'ambito di una sovranità limitata dagli assetti geostrategici e anche dall'adeguamento in gran parte passivo ad essi dei maggiori partiti italiani, una lunga stagione di libertà e di pace, ponendo fine agli aspetti più cruenti della guerra civile e resistendo agli anni di piombo e del terrorismo.
Purtroppo gli stessi partiti che hanno contribuito a fondarla o sono spariti o hanno subito una tale e profonda metamorfosi, da considerarla oggi più un problema che una opportunità.
Percorrere le numerose tappe che, fino ad ora, hanno contribuito a snaturare i principi della Carta Costizionale sarebbe doveroso ma ci prenderebbe, in questa sede, troppo spazio e ci distoglierebbe dal nodo cruciale che invece dobbiamo considerare con la massima attenzione.
Quello a cui siamo arrivati oggi, purtroppo, con la complicità di alcuni Presidenti della Repubblica che avrebbero dovuto garantire la tenuta e lo scrupoloso rispetto dei sacri principi costituzionali, e invece hanno svolto opera collaterale di demolizione e di snaturamento di essi, fino ad esserne definiti “picconatori”, è forse il colpo di grazia: lo stravolgimento dell'articolo 138, infatti, costituisce un vulnus gravissimo e di inaudite proporzioni, tale da potersi ritenere, a tutti gli effetti, l'equivalente di un colpo di Stato. Soprattutto considerando che ciò avviene in mancanza di una Assemblea Costituente eletta con sistema proporzionale, senza alcun passaggio referendario e ad opera di un Parlamento eletto con legge “porcata”, in cui i padroni dei partiti maggiori, ormai riuniti in una nefasta ammucchiata governativa, si sono arrogati il diritto esclusivo di cambiare le regole fondamentali dello Stato. Mai un tale attacco così micidiale alla democrazia italiana è stato sferrato nel corso della sua storia.
Di fronte a ciò, crediamo che la reazione dei cittadini, pur manifestatasi in una grande mobilitazione recente a Roma, debba essere ancora più dura e risoluta.
Di fronte a tale scempio di inaudite proporzioni, l'unica vera opposizione avutasi oggi di grande rilevanza politica e popolare è stata quella del Movimento 5 stelle, sebbene anche altri partiti della sinistra tradizionale, come SEL, si siano rifiutati di essere complici di tale ferita mortale.
Il Movimento 5 stelle ha messo in atto forme di protesta eclatanti, ha pronunciato in Parlamento discorsi che non si sentivano più da tempo e che ci hanno riportato alla memoria la testimonianza dei nostri padri costituenti, come quello della senatrice Taverna, straordinario esempio di impegno politico e civile.
Chi accusa questo Movimento di derive autoritarie ed autoreferenziali, dovrebbe riascoltarlo con molto attenzione, in tutti i suoi passaggi e soprattutto nella scrupolosa denuncia di come e quando i principi costituzionali sono stati violati e disattesi negli ultimi anni.
C'è chi parla di fine del ventennio berlusconiano, ma dimentica altresì che l'obiettivo principale ampiamente dichiarato di Berlusconi è ed è sempre stato quello di cambiare radicalmente la Costituzione e che questo governo, nato ampiamente sotto la sua egida ed iniziativa, sta, nonostante la parziale estromissione attuale di Berlusconi dall'ambito della politica, operando esattamente secondo quelli che sono stati sempre i suoi obiettivi ed, in particolare, il suo principale: infliggere un colpo mortale e definitivo alla Costituzione Italiana.
Chi scrive ha più volte manifestato la sua diffidenza verso Grillo, considerandolo un “gate-keeper”, uno che cioè sta sostanzialmente “a guardia del cancello” delle istituzioni, regola il traffico in entrata ed in uscita, specialmente quando esso rischia di congestionarsi troppo a causa della rilevanza e virulenza dello scontro sociale. Lui stesso ha, in ogni caso, dichiarato che senza il suo apporto la protesta, in Italia, avrebbe potuto raggiungere livelli di lotta di ben altra proporzione e forse anche di inaudita violenza, dato che la condizione di crisi e di prostrazione sociale, raggiunta oggi dal nostro Paese, non solo non ha precedenti nella storia repubblicana, ma nemmeno in quella di tutto lo Stato unitario.
Essere dunque uno “stabilizzatore” del dissenso non è un fatto del tutto positivo se il dissenso, in base a ciò, resta frenato e trattenuto nella sterile e demagogica protesta o permane nell'ambito dell'insulto fine a se stesso. Mettere in moto però un processo di mobilitazione popolare che, volenti o nolenti, entra nelle stanze del potere e dà vita e voce all'Italia più emarginata bistrattata e sfruttata, ad opera dei suoi stessi cittadini, di ogni ceto e di ogni levatura, è comunque una grande opportunità per la libertà e per la democrazia, anche se non si sono ancora realizzate forme di aggregazione e di lotta che possano concretamente incidere per cambiare effettivamente l'assetto vigente.
Per impedire cioè che un Movimento che ha avuto uno straordinario successo elettorale si veda sprecato sul nascere dalla prospettiva gattopardesca che “tutto debba cambiare affinché nulla di sostanziale cambi” bisogna entrarci, e nel suo interno lavorare affinché esso raggiunga una fisionomia di forza politica compiuta, con una sua organizzazione territoriale ben articolata ma in senso plurale e in nessun modo verticistico, e infine affinché essa non resti ostaggio di alcuna forma di leaderismo, nemmeno di quello del suo fondatore.
Una volta questo si chiamava Socialismo Libertario, e cioè processo politico basato sulla autonomia, sulla partecipazione e soprattutto sull'esercizio scrupoloso della democrazia diretta in ogni luogo.
Oggi i nomi contano poco, sempre meno, di fronte alle sfide epocali a cui siamo, volenti o nolenti, chiamati a rispondere, e soprattutto di fronte alla perdurante ed inossidabile struttura autoreferenziale dei partiti, e alla vocazione satellitare che anche i più piccoli hanno verso i più grandi, per mera tendenza a conservare e gestire il potere.
Tale assetto, in mancanza di risorse e di opportunità di lavoro, diventa ancora più pericoloso perché la politica così si trasforma, in tali contingenze storiche, in una pericolosissima “professione feudale”, riducendosi a struttura di controllo clientelare del territorio. A mafia istituzionalizzata.
Questo, che ci piaccia o no, è quello che abbiamo di fronte a noi in Italia oggi.
Sapendo dunque distinguere tra le esternazioni di Grillo e la reale portata del Movimento nato grazie alla sua iniziativa, non dobbiamo perdere la capacità di cogliere la grande opportunità nata con lo sviluppo di quello che appare oggi l'unico soggetto politico autenticamente popolare non colluso con le strutture di quel potere autoreferenziale il cui unico obiettivo, nell'angoscia di essere realmente messo all'angolo, è quello di piegare le regole ai suoi scopi e persino di rieleggere, a tal fine, un Presidente della Repubblica che qualsiasi Stato autenticamente democratico e civile avrebbe da tempo mandato in pensione, con un'età superiore a quella di un papa dimessosi per ragioni di età, e dell'ultimo leader maximo: Fidel Castro, autonomamente già dimessosi da ogni carica di partito e di potere.
Il massimo della assurdità e dell'ipocrisia lo abbiamo raggiunto quando questo Presidente della Repubblica ha prima rivolto un appello affinché la legge elettorale venisse finalmente cambiata mediante un largo consenso e confronto parlamentare, per poi rinnegare tale intento, convocando a tal fine, e prima di ogni altro, le maggiori forze politiche che oggi sono al governo con il principale intento di demolire la Costituzione.
Il Movimento 5 stelle è l'unica aggregazione politica oggi, pur con i suoi inevitabili difetti dovuti alla sua struttura “in fieri”, che denuncia in continuazione tutto ciò dalla prospettiva di un largo consenso popolare e senza alcuna benché minima apertura ad alleanze politiche di fatto “satellitari”, ma pur restando aperta a votare, se necessario, e volta per volta, provvedimenti utili e necessari al Paese. Che piaccia o no, tale forza politica oggi esprime anche una necessità “morale”, un imperativo categorico, tale da costituire un punto di non ritorno nella costruzione di una fase non solo politica, ma per di più civile, concretamente nuova nel nostro Paese.
Demonizzarla quindi non servirà in alcun modo, specialmente ai collateralisti criptici del sistema feudalmete partitocratico oggi in atto, e tanto meno infiltrarla per demolirla dal suo interno, esacerbando certe sue contraddizioni.
Servirà piuttosto lavorare in essa e con essa, per affrontare e risolvere i nodi cruciali con i quali la nostra democrazia è chiamata a sostenere una sfida mortale: di vita e di sopravvivenza, di giustizia sociale e di libertà, o di morte civile ed istituzionale.
Se le stelle stanno sempre, come diceva Kant, “sopra di noi”, a configurare la permanente opportunità di un'utopia possibile, è bene quanto meno che non “restino a guardare” se non altro a dimostrare che essa, una volta tanto e per tutte, è anche vitale ed improrogabilmente necessaria.
C. F.
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