di Carlo Felici
La storia non si cancella,
se non altro perché non si ripete mai, dato che, quando si prova a replicarla,
non si rivela altro che una tragica o grottesca burla
E' capitato così con
tutti coloro che si sono illusi di ripercorrere il passato con i soli
strumenti del loro presente. E continuerà ad essere sempre così per
chi continuerà a provarci.
La storia del fascismo e lo storicismo
oggi sono banditi anche dalle università (corsi monografici nel merito o su Croce, Gentile, Gramsci o Dilthey? Meglio la trasmissione Chi lo ha visto?), perché prevale la
tendenza ad assolutizzare il presente, tanto che che c'è persino chi
ha teorizzato la fine della storia, però siamo altresì sicuri che,
se ciò accadesse, sarebbe anche la fine dell'umanità.
Da quando, infatti, l'uomo
ha imparato a scrivere la storia e a studiarla, si è anche scoperto
libero, di fronte al futuro e alla speranza di un avvenire diverso
dal passato. Non più quindi schiavo dei suoi errori e orrori,
proprio perché costretto a vedere e rivedere in continuazione quei
monumenti e quelle testimonianze di quel passato che ci ricorda in
continuazione come e perché siamo quel che siamo nel presente, e
come e quanto ci è costato arrivarci.
Solo i regimi totalitari e
liberticidi hanno provato a cancellare il passato e i suoi monumenti,
azzerando persino il calendario, quasi come se nulla fosse accaduto
prima della loro “era” che pretendevano trionfale.
Oggi il totalitarismo ha
il volto di un nuovo modello di fanatismo, il quale vorrebbe fare
della storia un uso strumentale, essere cioè nella condizione di
ergersi a giudice di ciò che è degno o non è degno di essere visto
e ricordato, cancellando tutto il resto.
Ci sono molte versioni di
questo fanatismo, da quella più rozza e barbara che fa saltare per
aria le statue dei Buddha o che mina le rovine di Palmira,
espressione dell'integralismo religioso alla massima potenza, e c'è
quella che se la prende con i generali sudisti, con le statue di
Colombo, anch'essa espressione dell'integralismo, ma stavolta del
politically correct elevato al cubo, in una disgustosa ipocrisia che
vede abbattere le statue di colui che è accusato di avere iniziato
il genocidio degli indios, mentre tuttora si umiliano i nativi
americani con un un
lungo oleodotto capace di
trasportare, una volta terminato, circa 500.000
barili di petrolio grezzo al giorno
dal Nord Dakota all’Illinois. Qualcuno è andato forse ad abbattere
i bulldozer?
Ovviamente noi non ci
facciamo mancare nulla ed abbiamo anche noi gli integralisti
monumentali, nostrani, quelli che, ad esempio, quando vedono un
monumento fascista fremono di indignazione e vorrebbero eliminarli
tutti o almeno rasare le scritte inneggianti a Mussolini, magari
segando anche le braccia delle statue che fanno il saluto romano.
Sono gli stessi personaggi
della stessa parte politica che non si è fatta scrupolo a suo tempo
di decorare ex criminali di guerra fascisti. Tutto fa brodo, tutto
può contribuire alla distrazione di massa, a far credere che il vero
nemico oggi sia quello annientato più di 70 anni fa. Ovviamente
confermando così il fallimento di una democrazia sia sul piano
culturale che educativo, se ancora oggi si ha bisogno di reprimere e
temere ciò che nella storia non esiste più, anche se riecheggia
in certa coreografia e propaganda.
Ma propaganda di che? Di
un tempo in cui il fascismo divenne regime solo perché aiutato dai
poteri forti di allora? Re, Papa, industriali, agrari, banchieri,
multinazionali del petrolio, riciclatori di residuati bellici?
Da che parte stanno,
mutatis mutandis, questi poteri oggi? Ma evidentemente dalla parte di
chi fa i loro interessi: azzera il diritto del lavoro, precarizza,
riduce le pensioni, alza l'età pensionistica, privatizza i beni
comuni, specula sui risparmi dei cittadini, azzera o riduce i
contratti di lavoro a elemosina e..ovviamente per ridurre la fatica,
cerca infine di modificare la Costituzione secondo i suoi interessi.
Ebbene, questi politici,
oggi, sono gli stessi che sbraitano contro il fascismo fino a voler
abbattere i suoi monumenti, e contemporaneamente, ne decorano gli
esponenti più spregevoli.
Perché, in definitiva, a
loro del fascismo o dell'antifascismo importa ben poco, quello che
conta è che la gente pensi ad altro. Che creda all'incombere del
pericolo dell'avanzare del fascismo, mentre deve dimenticare o
trascurare del tutto le nuove forme di autoritarismo che vengono
spacciate per democrazia, in una società in cui non si ha più
bisogno di usare il manganello, ma basta licenziare, precarizzare,
ricattare, emarginare, ridurre tutti al ruolo di migranti senza meta
né patria, che si spostano, o meglio, vengono spostati dove conviene
sfruttarli meglio, secondo la legge inossidabile del profitto. Poi,
magari se protestano, sono troppi e vanno in piazza, pure con gli
studenti..beh, allora il manganello torna sempre utile!
Questo è il vero
autoritarismo odierno, senza più previdenza sociale, né opere per
l'infanzia, senza più né piccole o grandi opere pubbliche se non destinate a sfasciarsi in pochi mesi, senza monumenti,
con milioni varati e non spesi, che restano ad ingrassare istituti
finanziari o banche, e non producono opere necessarie per il
territorio che va in fumo o si sbriciola al primo nubifragio e per i cittadini che ci restano sotto.
Forse questo livore e
quest'ira contro il passato che si lascia distruggere o si lascia
marcire, come molti monumenti dell'antichità romana, deriva da un
profondo senso di inadeguatezza, dal fatto che non si sa tramandare
al futuro nulla che non sia un cumulo infinito di immondizia che
ormai non si sa più nemmeno dove mettere.
Sarà quindi solo una
grande discarica il monumento che ricorderà questi tempi così
squallidi e consumisti. E in questa feroce e disperata consapevolezza
si vorrebbe che ne facessero parte anche le rovine del passato.
Magari affinché nessuno
in futuro possa pensare che un passato è mai esistito ed
assuefacendosi e ammorbandosi nell'unico infernale presente a cui
l'umanità si è condannata, non possa nemmeno immaginare che altro
c'è stato e che altro è possibile.
Questo è l'unico destino
che l'umanità dei monnezzari vorrebbe imporre: una grande discarica
più alta e gloriosa di ogni obelisco.