Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo
Garibaldi, pioniere dell'Ecosocialismo (clickare sull'immagine)

mercoledì 18 gennaio 2023

NON DARE DA MANGIARE, MA CONDIVIDERE IL PANE

 

                                                            




E così l'ultimo esponente della mafia dei Padrini è stato arrestato, dopo 30 anni dall'epoca delle stragi con con cui si colpivano e massacravano indifferentemente magistrati, uomini e donne delle Forze di Polizia, cittadini inermi, persino bambini, e anche luoghi sacri.

Si può dire, ricordando con molta amarezza quel periodo,..che era la coda di una lunga scia di morte e distruzione iniziata alla fine degli anni 60, con la strage di piazza Fontana, che la storia lo indicherà in futuro come una stagione di democrazia mutilata dalla mancanza di alternanza politica e da una susseguirsi di una ferocia mai vista dalla nascita dell'Italia, nemmeno durante il fascismo, almeno prima della guerra.

In 30 anni cosa è cambiato in Italia? La distanza tra ricchi e poveri è cresciuta non di poco, i diritti dei lavoratori sono diminuiti, le leggi a loro tutela ridotte o non applicate, l'imbarbarimento sociale e morale è ormai abnorme e lo testimoniano le cifre dei femminicidi che sono indice di un pauroso vuoto mentale ed etico che cattura diabolicamente le persone e le porta ad autoannientarsi in perfetta solitudine. Il sistema giudiziario è ancora paurosamente lento e farraginoso, quello scolastico è preda di quiz e tecnicismi che non assicurano adeguato sviluppo formativo. La denatalità ha raggiunto livelli tali da non assicurare un adeguato ricambio generazionale, per cui i movimenti migratori sono necessari all'Italia per il suo presente e per il suo futuro, così come è indispensabile la integrazione economica, culturale e sociale dei migranti nel nostro paese.

La politica si ripropone sostanzialmente con gli stessi volti e le stesse prospettive e chi si mostra prima come “innovatore rivoluzionario” da apriscatole di “tonno parlamentare”, poi, all'atto pratico dà lezioni magistrali di “inscatolamento” non solo del Parlamento, ma persino di tutti gli italiani.

Cosa ci è rimasto, dopo il tramonto delle ideologie e il calo della fede religiosa in molti casi ridotta al lumicino o a formalismo domenicale? Sappiamo ancora far tesoro dell'eredità delle precedenti generazioni che molti sacrifici fecero per far rinascere l'Italia dalle sue macerie?

La risposta appare sconsolante, se a fronte della cattura di un personaggio che, sebbene condannato per le stragi più efferate, risponde tranquillamente..”sono un incensurato”..e tra gli abitanti dei luoghi in cui aveva sempre dimorato in tutti questi anni, c'è chi candidamente replica “hanno fatto male a catturarlo, in 30 anni ci hanno mangiato tutti..proprio tutti”

E' evidente che ci sono stati anche cittadini in festa che hanno brindato, in contrasto a come brindarono i capi del gotha mafioso quando vennero assassinati Falcone e Borsellino, ma quello che inquieta non poco è che questa sarà molto probabilmente una “vittoria di Pirro” e cioè la chiusura di una fase della storia della lotta tra la civiltà e la barbarie, mentre una nuova fase si prepara dagli esiti imprevedibili.

Perché una cosa deve essere evidente a tutti, anche in base alla premessa che si è fatta sul degrado della storia in Italia: la barbarie favorisce la barbarie e la incrementa, perché quando una barbarie segue ad un'altra, ciò avviene con la stessa sostanza e gli stessi scopi di sempre: potere, successo, profitto, sfruttamento..., ma con apparenze e volti sempre più diversificati e..si badi “rispettabili”

Ce lo di mostra questa “tardiva e cortese” cattura..senza spargimento di sangue, con rispetto reciproco, addirittura con una “attestazione di riconoscenza” in un bigliettino da parte del catturato...”sono stato trattato bene”..chissà a chi era rivolto..

In passato, specialmente in Sicilia, si sentiva dire: “la mafia non esiste”, sia perché si contestava il fatto che esistesse una direzione unica del fenomeno mafioso sia perché lo si tendeva ad occultare con atteggiamento omertoso. Poi però tutti sapevano che “la mafia dà da mangiare” e cioè fornisce a chi le obbedisce fedelmente opportunità di lavoro, investimenti, produzione e commercio, in un territorio in cui lo Stato, con le sue istituzioni è del tutto assente o latitante, quando si cerca il suo aiuto e non lo si ottiene. A ciò si aggiunga, come se non bastasse, il millenario spirito di indipendenza dei siciliani, e si capirà che quando un fenomeno non esiste, è perché nessuno se ne accorge o non se ne vuole accorgere, facendo così in modo che esso sia ovunque..un po' come dire che l'aria non esiste, perché non la vedi, non la tocchi. Però la respiri..anche quando è parecchio inquinata..e ti fa venire il cancro.

Ora non si può dire che la coscienza civile degli italiani e dei siciliani non sia cresciuta in consapevolezza e coraggio in questi ultimi trenta anni, lo testimoniano le innumerevoli iniziative, mobilitazioni e prese di posizione, non ultima quella di un “santo laico” come Biagio Conte che ha sacrificato e speso la sua vita proprio in quel tanto martoriato territorio siciliano esposto maggiormente al fenomeno migratorio, all'abbandono e all'emarginazione, condividendo le pene e le umiliazioni degli ultimi fino alla morte, e lo ha fatto senza proclami ideologici e senza coperture ecclesiastiche, probabilmente per questo rispettato ed amato da tutti.

Credo che quindi dovremmo proprio partire dal suo esempio per andare incontro ad un autentico rinnovamento civile, morale e persino politico, e soprattutto per consolidarlo.

L'Italia non può più “mangiare” sulla permanenza di orripilanti atti criminosi che non possono permanere impuniti per decenni senza essere coperti con notevoli  complicità a tutti i livelli, né rivelarsi assente nelle situazioni di disagio sociale ed economico, non è questa una questione di destra o di sinistra, ma un requisito di civiltà per contrastare in maniera concreta e credibile la barbarie, altrimenti la barbarie si ricicla e avanza non più con la fisionomia del vecchio padrino, ma con quella senza volto delle holding, dei potentati economici, delle lobby, in un anonimato affaristico implacabile e non meno crudele che ha sempre l'unico scopo del profitto, della mercificazione e dello sfruttamento delle risorse umane e ambientali

L'Italia ha bisogno anche di buoni esempi e soprattutto di “dare” il buon esempio mediante i media, come possiamo lamentarci delle tante violenze domestiche se la violenza anche domestica pervade quasi tutti i canali televisivi?

Bisogna quindi riconsiderare anche la scuola e la TV, specialmente quella che paghiamo con il canone, affinché facciano un'opera educativa per promuovere il valore della famiglia e della pace a tutti i livelli.

Impariamo a fare quello che non fa lo Stato per noi, prendendo esempio da uomini come Fratel Biagio Conte, nato ricco e morto povero per condividere amore, vita e sofferenza con i più poveri della sua terra, non da chi si riempie di “beni materiali” per “dar da mangiare” a chi volentieri se lo procurerebbe con i propri meriti e il proprio lavoro.

 Aut aut, o Dio o Mammona, mai scelta può essere più radicale e giusta

Carlo Felici



giovedì 5 gennaio 2023

LA SCONFINATA PORTA STRETTA DI BENEDETTO XVI

 



Saranno probabilmente versati fiumi d'inchiostro su Papa Benedetto XVI, sulla sua missione di evangelizzatore, sui suoi scritti teologici, sulle sue visite pastorali, sulla sua opera di pontefice, tanto che a ricordarlo si rischia sicuramente di non trovare le parole giuste, di omettere qualcosa o di non intendere bene la sua stessa missione.

Possiamo però dire alcune cose che sono già storia della nostra epoca. Innanzitutto che ha accompagnato la stagione del Concilio Vaticano Secondo con cui la Chiesa è entrata nella modernità e ha saputo dare la risposta migliore agli scismi subiti nel passato, da quello ortodosso a quello protestante, con una significativa apertura agli incontri ecumenici e con un rinnovamento della liturgia e anche della formazione sacerdotale.

Benedetto XVI ha dapprima vivificato, da giovane consulente, i fermenti innovativi di quella stagione straordinaria, poi ha saputo, da vescovo e da cardinale, accompagnarne l'attuazione senza che gli innumerevoli stimoli che nacquero allora disgregassero il tessuto unitario di una Chiesa che ha dovuto affrontare sia la sfida della contrapposizione tra blocco comunista e quello liberista, sia quella di una globalizzazione a senso unico neoliberista ed ecocida, cioè con la riduzione della natura e dell'essere umano a merce per fine di profitto.

Si dice che dopo il '68 il Cardinale Ratzinger abbia imboccato la via del conservatorismo ad oltranza, ma in questo gli si fa sicuramente un grave torto. Gli fu affidata infatti una missione delicatissima, quella di tutelare la Tradizione e la Fede millenaria di una istituzione, senza che essa ne venisse disgregata e senza che fosse immiserita chiudendosi in se stessa.

Un compito difficilissimo perché da condurre sia nei confronti di innovatori radicali come gli esponenti della Teologia della Liberazione, sia di conservatori ad oltranza come gli esponenti del movimento di Lefebre. E soprattutto da svilupparsi rendendo più trasparente e credibile la stessa struttura e l'operato della Chiesa dal suo interno

Un compito diremmo titanico, mai affrontato prima, che ha messo a rischio la stessa stagione conciliare, sia facendo apparire la Chiesa prigioniera di se stessa e del suo potere eurocentrico, sia troppo sbilanciata in avanti, tanto da rinnegare la sua Tradizione millenaria, sul piano liturgico e dottrinale. Un compito soprattutto sovrumano per un uomo fisicamente fragile, che prima di diventare Papa dovette subire un ictus e la perdita di un occhio. Eppure, anche con un occhio solo, la visione di Benedetto XVI ha diradato orizzonti sconfinati con una semplicità che ha del miracoloso.

Egli, infatti, pur limitandosi a tre Encicliche essenziali sulle virtù teologali: Carità, Speranza, e Fede, l'ultima scritta con quello che divenne il suo successore in vita, Papa Francesco, ha indicato come risposta alla “dittatura del relativismo” che opprime le coscienze rendendole ondivaghe ed incapaci di realizzarsi pienamente, per la dispersione soprattutto dei desideri indotti dalla società mediatica dei consumi (anche culturali) e per la incapacità che ne consegue di vivere umanamente in maniera integra, quell'unico Lògos che nella storia si è incarnato ed è venuto ad abitare in mezzo a noi: Gesù, che egli non a caso chiama “di Nazaret” anziché Cristo, perché si è immerso e ha vivificato la storia, rivoluzionandone il senso

La sua trilogia su Gesù, scritta durante il suo pontificato, ma non da pontefice, è infatti l'apice del suo pensiero e la risposta più “forte” di una Parola e al contempo di una Ragione aperte all'Amore, che non è disgiunto mai dal sacrificio, la migliore risposta alle tendenze contrastanti di ogni tempo e alla mancanza appunto di virtù teologali, quella più chiara alla domanda di verità e di senso che attraversa la vita di ognuno di noi.

Ma, nella sua fragilità, Benedetto XVI non si è neppure sottratto alla sfida più difficile del rinnovamento della Chiesa, affrontando con decisione due questioni nodali come quella della pedofilia e della Banca Vaticana, non si può negare che è stato il primo a far emergere la necessità di purificare la Chiesa dal suo interno, fin dal pontificato di Giovanni Paolo II, anche se con esso, non poté andare avanti con la adeguata decisione. E lo ha fatto con la necessaria autorevolezza e anche con un po' di autoironia, mostrando anche nell'aspetto i segni di una Tradizione scomoda per le facili ed accattivanti finestre dei media. Questo ad alcuni è sembrato espressione di una Chiesa medievale chiusa in se stessa ma, se visto in profondità, era solo espressione di coraggio, di determinazione nel non voler essere piegati e umiliati dai “segni dei tempi”, non essere ridotti a spot televisivi.

E' tuttora paradossale che gli siano state imputate le colpe di avere coperto gli scandali o di non averli adeguatamente affrontati quando, nella sua timidezza e fragilità, fu il primo a voler scoperchiare una torbida realtà a cui mai nessuno aveva osato avvicinarsi. Solo quando si rese conto che le sue forze non sarebbero bastate, per l'età e per i malesseri fisici incombenti, lasciò il testimone a chi avrebbe potuto continuare meglio di lui.

Si è molto speculato su una presunta rivalità o differenza tra il due Papi, e in questo mettendo in atto un'opera diabolica nel vero senso divisivo del termine. La realtà storica è che l'un Papa ha favorito ed è stato in sintonia con l'altro nell'esclusivo interesse della Chiesa e del suo rinnovamento, dall'inizio del pontificato di Benedetto XVI alla sua morte.

Lo Stato italiano gli ha tributato, con la partecipazione ai funerali delle sue più alte cariche istituzionali, il giusto omaggio, anche se l'esposizione della bandiera italiana a mezz'asta voluta dal Governo ci pare eccessiva, se non altro perché lo Stato del Vaticano espone la sua bandiera a mezz'asta solo quando un Papa è morto e non ce n'è ancora vivo un altro. Mentre grazie a Dio Papa Francesco c'è ancora.

La omelia funebre di Papa Francesco ha reso bene l'omaggio al Papa Emerito Ratzinger, con la richiesta sobrietà anche se con gli onori dovuti. E' il suggello di una sintonia che tra i due c'è sempre stata, e che era iniziata con l'Enciclica scritta insieme. L'uomo Ratzinger, prima che il Cardinale difensore della Fede e prima che il Papa delle virtù teologali, ha dato un esempio cristiano indelebile, ha spiegato in modo mirabile come si possa e si debba incontrare la Verità nella Via e nella Vita di Gesù di Nazaret, ha illustrato una sapienza che non cede alle mode temporanee né alle ideologie, ma resta ferma nei principi essenziali della Fede Cristiana, anche a costo di attraversare la evangelica “porta stretta” fatta di amore e sofferenza condivise da pochi, ma sempre rivolte a tutti.

Ma soprattutto Benedetto XVI ha concluso la Sua vita con un esempio ed una Purificazione interiore e, dopo averla dedicata ad illustrare nella teologia la “sapienza divina”, si è inoltrato nel silenzio profondo della Kénosis anche di se stesso, l'unica che ci fa diventare così magri, così "poveri di Spirito" tanto da poterla attraversare.


Carlo Felici