Ci sono tre elementi caratterizzanti di
una autentica democrazia, tre specificità indispensabili senza le
quali persino una dittatura, alla fine, può diventare più
“sopportabile”, fino a sostituirla inevitabilmente.
Il primo è dato da una legge
elettorale autenticamente democratica, con la quale i cittadini hanno
una concreta possibilità di esercitare la loro “sovranità”,
facendosi rappresentare "personalmente" nel miglior modo possibile e consentendo la nascita di un
governo che possa svolgere il suo lavoro stabilmente.
Il secondo è una corretta alternanza e
dialettica democratica tra governo e opposizione, tale da fare in
modo che l'uno si prenda la responsabilità di portare a termine il
suo mandato e l'altra controlli l'operato governativo, collaborando
solo in casi eccezionali e di vitale importanza per la stessa tenuta
democratica complessiva delle istituzioni (come ad esempio quando si
vara una nuova legge elettorale o costituzionale, che però andrebbe
seguita sempre da un referendum popolare).
Il terzo, infine, è l'apparato con cui
uno Stato democratico funziona, rappresentato dai settori dei servizi
pubblici essenziali per il cittadino, dalla loro efficienza, dalla
loro trasparenza e dalla loro onestà nel rapportarsi con ognuno di
noi. Questo evidentemente richiede adeguati controlli sui metodi di
selezione di chi lavora per lo Stato, sul loro compito e sulla
“disciplina e l'onore” con cui essi, secondo la Costituzione, devono svolgere il loro lavoro, con una lotta spietata ad ogni forma di
corruzione e di parassitismo. Questo, altrettanto evidentemente,
richiede adeguati investimenti ed incentivi per migliorare e
potenziare tale apparato nevralgico con cui ogni istituzione svolge
un servizio utile al cittadino.
Se, dunque, analizziamo singolarmente
ognuno di questi elementi summenzionati, ci rendiamo conto piuttosto
facilmente di come la democrazia in Italia sia ormai con i piedi
nella fossa.
Abbiamo una legge elettorale non
democratica, che non consente ai cittadini di farsi rappresentare ma
che mette lo Stato in mano ai padroni dei partiti spesso collusi con
apparati lobbistici e organizzazioni malavitose, e che, per di più,
però, non riesce nemmeno a consentire una stabilità di governo,
oltre che una alternanza nell'esercizio del potere. Nonostante sia
stata definita dai suoi stessi artefici: “legge porcata”, essa
viene mantenuta in vigore ormai da molti anni con un palese disprezzo
verso coloro che devono subirla, che, ormai, pur di non farlo più,
si astengono dal voto nel 40% dei casi, ed in maniera sempre più
crescente.
Abbiamo un governo “ammucchiata” in
cui la distinzione tra centrodestra e centrosinistra è sparita, non
parliamo poi di destra e sinistra che non esistono più da tempo,
ormai inghiottite nel gorgo di una spasmodica rincorsa al centro di
ogni inossidabile potere e poltrona..Non c'è dunque più alcuna
forma di controllo o di limite, anche nel voler stravolgere a forza
di “numeri schiaccianti” persino la legge fondamentale dello
Stato: la Costituzione., fino al paradosso che se, puta caso, i
parlamentari del centrodestra e del centrosinistra volessero
accordarsi per far decadere in blocco la Costituzione o la democrazia
stessa, potrebbero tranquillamente farlo con una semplice votazione.
Abbiamo, infine, un susseguirsi di
provvedimenti e leggi che non migliorano l'assetto dello Stato, ma
impongono ad esso sempre e solamente tagli, evitando scrupolosamente
ogni forma di incentivo al miglioramento dei servizi ed ogni forma di
investimento nel settore pubblico, con l'aggravante della beffa di un
blocco “sine die” degli stipendi per chi lavora al servizio dello
Stato, ridotto alla funzione di “paria statale”.
Tutto questo basta ed avanza per
dichiarare senza tema di smentita che la democrazia italiana è ormai
ben oltre il suo stato comatoso, ed è già abbondantemente nella
fossa in cui è destinata ad essere sepolta dai potentati economici
al servizio del militarismo neocoloniale occidentale e della
plutocrazia oligarchica della Unione Europea.
Sono questi, dei meccanismi piuttosto
ricorrenti nella storia, che però non durano in eterno e che portano
inevitabilmente a nuove forme di autoritarismo, sentite come persino
più tolleranti e benevole dal popolo, di un assetto in cui i suoi
bisogni restano del tutto ignorati o schiacciati.
Accadde nell'antica Grecia, con
l'avvento delle tirannidi che furono originate dalla degenerazione
delle aristocrazie in timocrazie, accadde nell'antica Roma con
l'avvento del cesarismo facente leva sul perdurante conflitto tra le
classi più umili con i potentati dell'aristocrazia terriera e
schiavista, accadde nel passaggio dal Medioevo all'Età Moderna, con
l'avvento delle signorie che posero fine ai perduranti conflitti di
classe interni ai comuni, accadde con l'instaurarsi del Comitato di
Salute pubblica nella Francia Rivoluzionaria, accadde in età
contemporanea con l'avvento di regimi totalitari nati dalla
dissoluzione o dalla implosione delle cosiddette democrazie liberali
rigidamente oligarchiche.
Accadrà dunque di nuovo con
l'implosione non lontana di una Europa incapace di darsi un governo
politico ed un assetto che rappresenti più le istanze dei suoi
popoli, piuttosto che quelle dei suoi organismi finanziari ed
economici. In fondo, anche il denaro ha un suo punto debole,
rappresentato dal fatto che la gente crede, nella maggior parte dei
casi, che esso possa risolvere ogni problema e “rimediare” ad
ogni dolore. Quando infatti un rimedio viene percepito come peggiore
del male che si riteneva con esso di poter curare, inevitabilmente,
tale “rimedio” viene spazzato via prima dall'orizzonte della
“fede” e poi da quello della pratica corrente. E' accaduto con la
religione e con Dio, figuriamoci se non potrà accadere anche con il
denaro, nella sua ultima e metafisica versione globalmente
“mammonica”.
In Italia, ormai, la politica è
palesemente ridotta a terreno di scontro per la sopravvivenza nel
perdurare dei privilegi negati ai più, un territorio ormai sempre
più ristretto, da “riserva protetta”, e sempre più assediato
dal malessere e dall'antagonismo sociale che ormai tocca tutte le
categorie, persino quelle deputate a “difendere” le istituzioni
dallo scontro sociale.
Qui si danza allegramente su un lago di
benzina con almeno cinque cerini tra le dita in ogni mano..basta solo
uno scivolone e...bum! Ce ne rendiamo conto bene se pensiamo che
oggi, persino certi media asserviti al perdurante potere
autoreferenziale di una politica senza più né capo né coda, sono
costretti ad ammettere che la nostra situazione economica e sociale,
mutatis mutandis, è peggiore di quella che si ebbe in Italia subito
dopo la fine della prima guerra mondiale, sicuramente il momento più
critico di tutta la “storia patria”. E sappiamo altrettanto bene
cosa accadde dopo..
Quando lo Stato muore e con esso muore
il simulacro di democrazia che esso aveva assunto come ultima foglia
di fico per mascherare le sue vergogne, anche una dittatura
(ovviamente nessuna mai si presenta con lo stesso volto nella storia)
può essere percepita come “risolutrice” e “rivoluzionaria” e
la medesima dittatura può persino impegnarsi di più per migliorare
l'assetto dello Stato, per il semplice motivo che ciò le torna assai
utile per accrescere su di sé il consenso.
In Italia siamo quindi già nella
“fossa democratica” e la terra che si sta già spargendo sopra
per seppellirla è data dalla perdurante opera distruttiva dello
Stato italiano e dei suoi servitori, perché sia l'uno che gli altri,
evidentemente, sono solo un ostacolo all'imporsi di governi economici
transnazionali in cui contano più le leggi di bilancio che quelle
costituzionali.
Non è detto però che a ciò si
accompagni solo e sempre un lugubre e rassegnato “de profundis”
da parte dei ceti sempre più immiseriti e marginalizzati da leggi
che si chiamano di “stabilità” perché hanno solo l'arroganza di
“stabilizzare” le oligarchie dominanti in Europa. Non è detto
che i dipendenti pubblici, i pensionati, gli esodati, i precari, i
licenziati, gli “incapienti”: nuova categoria di persone con
redditi così bassi da non presentare nemmeno la dichiarazione dei
redditi, si rassegnino ad essere “suicidati” in massa.
Quando Luigi XVI annotò il 14 luglio
del 1789 nel suo diario.. “niente” era perfettamente convinto che
quella, come tante altre giornate precedenti e successive, avrebbe
continuato ad essere assai salutare per il “suo” popolo ed anche
per il suo “collo”. Così non è una novità che chi vede morire
l'economia e la tenuta sociale di un paese allo stremo, e pur
tuttavia continuamente terra di sbarco per centinaia di poveri
disgraziati ogni giorno in fuga da quelle stesse guerre e miserie di
cui l'Europa e l'Occidente sono pienamente responsabili con la loro
arrogante ed aggressiva indifferenza, possa pensare che dalla crisi
si esce un “passo alla volta”..pur avendo entrambe i piedi nella.. “fossa Italia”.
C.F.
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