di Diego Fusaro
Se ne è andato il 22 maggio Don Andrea Gallo, il prete di strada di Genova. Ci piace ricordarlo come uno splendido esempio di quella che il filosofo Ernst Bloch chiamava la “corrente calda” del Cristianesimo: ossia di quel pathosnon conservativo che, nel nome del regno dei cieli, aspira a rovesciare il trono dei potenti, instaurando in terra il “regno dei cieli”, la giustizia mondana.
In questo, Don Gallo è stato un fedele discepolo di Cristo e come tale
occorre ricordarlo. Una vita intera spesa in difesa degli offesi del
pianeta, nel tentativo di assisterli, ma poi anche di lottare insieme a
loro in nome di qualcosa di più grande della miseria del presente.
L’epoca della morte di Dio – Nietzsche docet – è quella del
nichilismo pienamente sviluppato: nulla in cui credere o per cui
lottare, in un’acefala resa alle logiche illogiche del presente saturato
dalle prestazioni sempre più oscene del fanatismo dell’economia.
E però Dio – Don Gallo ce l’ha insegnato – torna a vivere ogni qual
volta torniamo a sperare in un'ulteriorità nobilitante, in un futuro in
grado di riscattare le miserie del presente: una speranza militante, che
si traduce operativamente in lotta contro le ingiustizie e in
sacrosanta ira in grado di ridisegnare le geometrie dell’esistente. La
religione può oggi costituire una preziosa risorsa di resistenza al
nichilismo, già solo in forza del suo eroico riconoscimento
dell’alterità della forma di merce rispetto alla divinità trascendente
Tutti i quotidiani italiani hanno riportato, sia pure in forme diverse,
la notizia della morte di Don Gallo. Tra tutti, però, “Il Giornale” ha
scelto un modo davvero particolare di ricordarlo: “muore don Gallo, il
prete rosso. Scambiò la Chiesa per una piazza”. Queste le parole del
titolo che il quotidiano diretto da Alessandro Sallusti ha consacrato al
ricordo di Don Gallo. Si commentano da sé, ça va sans dire. A
suo tempo, scrisse Walter Benjamin: “neppure i morti saranno al sicuro
dal nemico, se vince. E questo nemico non ha smesso di vincere”.
Pensiamo che non vi siano parole più efficaci per commentare
l’indecoroso titolo scelto da “Il Giornale”. Che il quotidiano di
Sallusti non abbia alcuna simpatia per la summenzionata “corrente calda”
del Cristianesimo, non è un mistero: come non lo è il fatto che gli sia
più congeniale quella “corrente fredda” che, in modo diametralmente
opposto, impiega il messaggio dei Testi Sacri per glorificare l’ordine
costituito e le ingiustizie dilaganti. Sartre diceva che, quando Dio
tace, gli possiamo far dire tutto quello che vogliamo.
E, tuttavia, a voler essere coerenti e rigorosi, il quotidiano di
Sallusti dovrebbe utilizzare le stesse parole volgarmente impiegate per
ricordare Don Gallo anche per ricordare la stessa figura cristica. È
particolarmente significativo, a questo riguardo, il fatto – tutti lo
sanno e pochi sono disposti a ricordarlo – che il solo episodio di ira
di Gesù che ci venga presentato dalle Scritture è quello della cacciata
dei mercanti dal tempio. La fede per cui Gesù si immolò era la fede
secondo cui il regno di Dio, già instaurato
nell’alto dei cieli, doveva essere tradotto nell’aldiqua con
comportamenti concreti e azioni conseguenti: “lo Spirito del Signore è
sopra di me, e proprio per questo Dio mi ha unto, inviandomi a portare
il lieto annuncio ai poveri, a proclamare la libertà dei prigionieri e
la restituzione della vista ai ciechi, a promuovere la liberazione degli
oppressi, instaurando l’anno di grazia del Signore” (Lc 4, 18-19).
L’ideale del regno di Dio diventa, nella figura di Cristo, il paradigma
alla cui luce agire per attuare l’ideale della giustizia sulla terra,
creando una comunità in cui ogni essere umano sia libero di esprimere le
proprie potenzialità: “beati coloro che sono senza potere, perché è per
essi il regno dei cieli. Beati coloro che sono nell’afflizione, perché è
ad essi che sarà dato conforto. Beati coloro che sono capaci di amare,
perché saranno gli eredi della terra. Beati coloro che hanno fame e sete
di giustizia, perché saranno saziati” (Mt 5, 3-6). Non è allora
difficile capire, tra Don Gallo e i suoi detrattori, a chi appartenga il
regno dei cieli.
da: http://www.lospiffero.com/cronache-marxiane/in-morte-di-don-gallo-10759.html
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