Gli episodi di violenza giovanile con vittime sempre più frequenti, dovute a conflitti fra giovani anche per futili motivi, sono ormai all'ordine del giorno in Italia, e non sono certamente lo specchio di un Paese affidato ad una destra che fa della legge e dell'ordine il suo motto fondante.
Evidentemente sono il riflesso di qualcosa di ben più profondo. Sono infatti il substrato di una Italia che ha perso non solo i suoi valori fondanti, che risalgono al Risorgimento e alla Resistenza al nazifascismo, ma che ormai ha anche una estrema fragilità in quelle che dovrebbero essere le sue principali colonne che la dovrebbero sostenere: la famiglia e la scuola
Le prime crepe della prima istituzione sono sicuramente dovute a ciò che è progressivamente accaduto dal 68 in poi, quando in Italia si è verificata contemporaneamente una mutazione del costume ed antropologica. Il costume è cambiato, soprattutto per la progressiva emancipazione femminile, che ha portato le donne ad ottenere alcune importanti conquiste: il divorzio e l'aborto, e la modifica dello Stato di Famiglia che ha riconosciuto parità di diritti e doveri tra i coniugi, rompendo così con una tradizione patriarcale millenaria e con un ingerenza clericale nella vita quotidiana degli italiani. Ma a tutto ciò non è seguita una adeguata emancipazione della mentalità maschile, che rimane tuttora legata agli schemi del maschio e marito padrone della famiglia, avendoli ereditati in gran parte dalle famiglie di adozione. Il mutamento antropologico è stato dovuto all'esplodere della civiltà dei consumi e all'affermarsi di una mentalità per cui apparire ed avere costituiscono l'identità assoluta di quello che dovrebbe essere un cittadino, ma che invece risulta solo un atomo sociale, del tutto disarticolato dal contesto in cui vive. Il profeta di questa mutazione fu Pasolini, il suo errore fu cercare una chiave risolutoria nel passato o in società ancora arcaiche.
La soluzione infatti non è ideologica e nemmeno tanto culturale, ma soprattutto educativa. Ma può educare un maleducato, cioè uno Stato impostato su disvalori, del tutto esautorato dalla sua funzione etica?
La scuola ha cominciato a subire una progressiva involuzione con l'introduzione dei decreti delegati che volevano essere uno strumento di democrazia, ma che alla fine si sono rivelati un deteriore elemento di ingerenza, molto spesso impropria, nella scuola da parte di genitori incapaci di educare i loro figli, sovente in contrasto tra di loro, che pretendono sempre e comunque buoni risultati e che considerano la scuola solo un luogo dove parcheggiare i loro figli quando vanno a lavorare, salvo che non se li dimentichino nell'auto parcheggiata prima ancora che possano andare a scuola.
La scuola che in Italia fino agli anni 70 del secolo scorso, era un modello educativo tra i più rilevanti al mondo, negli ultimi 30 anni è stata demolita a forza di riforme che avevano solo un unico scopo, tagliare i bilanci, raschiare un barile da tempo sfondato, perché tanto i pezzi di carta uno se li può pure comprare nei diplomifici privati. A ciò si deve aggiungere la permanenza di classi pollaio, l'accorpamento di vari istituti scolastici anche di ordini diversi sotto una unica dirigenza sempre più svincolata dalla sua funzione di "primus inter pares" e sempre più debordante nell'autocrazia burocratica. L'ultimo governo in carica non ha fatto eccezioni e i suoi tagli alla scuola sono talmente rilevanti, da non avere paragoni nella storia intera del nostro Paese, inoltre il tentativo di regionalizzarla, con la sciagurata riforma dell'autonomia differenziata, non farebbe che sparare su un organismo in stato comatoso.
E' del tutto evidente che, minando le colonne portanti della società, essa tende a collassare su se stessa, non investendo preziose risorse su famiglia e scuola (ma anche sulla sanità) ci si ritrova seriamente in un Paese allo sbando esistenziale, morale e sociale.
L'Italia così diventa non uno Stato rispettabile tra quelli più in vista in Europa e nel mondo, ma una sorta di repubblica delle banane, alla stregua di vari regimi sudamericani del passato, perché pure quelli ormai si stanno emancipando. Da noi, invece, l'involuzione continua senza sosta da più di 30 anni ormai.
Se non si fanno più figli in Italia, è evidente che questo è dovuto ad una situazione di profondo disagio e di vita non solo lavorativa, ma anche esistenzialmente precaria tra i giovani che dovrebbero creare il futuro di questo Paese. Da tempo non si forniscono loro opportunità di impiego stabile anche con un elevato livello di cultura, lasciandoli in balia permanente delle loro famiglie di origine e impedendo loro di avere quelle sicurezze che sono indispensabili per concretizzare un progetto famigliare
Ad approfittare di questa situazione di sbandamento dei giovani sono evidentemente le mafie di qualsiasi tipo ormai profondamente radicate ed infiltrate in Italia, tanto da costituirne una parziale ossatura anche per l'intero sistema economico, come un cancro ormai in metastasi.
Il risultato di tutto ciò sono giovani che non hanno più nulla in cui credere la cui narcosi più salutare, si fa per dire, è il gioco con la play-station, che almeno evita la droga e l'alcool, ma non sempre. Giovani che sono in crisi di identità anche sessuale, che socializzano con sempre maggiore difficoltà, che non hanno più valori morali ereditati da contesti famigliari fatiscenti, non hanno fede religiosa né politica, e che spesso sono ossessionati dall'immagine e dal desiderio di successo immediato. I quali sostanzialmente ruotano intorno al loro ego, ultimo rifugio della loro disperazione, e che quando questo ego è fortemente minacciato possono scatenare una violenza feroce e criminale.
Spesso per loro una donna non è una persona da conoscere, a poco a poco, da stimare, da amare nel pieno rispetto della sua autonomia, libertà ed integrità, ma solo qualcuno in cui proiettare tutte le loro aspirazioni, da idealizzare, ma allo stesso tempo da colpire appena delude i sogni onanistici che essi si fanno sulle loro compagne o mogli. Incapaci come sono di percepire che la vita, come la identità di una persona, è continuamente in fieri, in movimento ed in evoluzione e che un rapporto cresce e si mantiene in vita mediante soprattutto la stima reciproca, la volontà e la determinazione di saperlo rinnovare ogni giorno anche a costo di mettere in crisi se stessi.
Purtroppo oggi per un giovane mettere in crisi se stesso è talmente difficile che in vari casi risulta impossibile, quindi scatta la molla distruttiva anche solo se viene pestata una scarpa, anche solo per un'occhiataccia. E il vincente risulta quello che si fa rispettare da tutti, non con la sua integrità, onestà e assoluta incorruttibilità, che sono il risultato di una vita serena e senza paure anche negli errori e nelle sconfitte, ma quello che si impone sulle paure degli altri acquisendo potere con la corruttibilità e la violenza e che vive nella paura di essere scalzato. Ovviamente tutte le organizzazioni criminali sono interessate a questo processo degenerativo il cui risultato principale è portare al potere persone di loro fiducia che fanno i loro interessi e non quelli del popolo italiano
Questo procedimento iniziato in Italia già dal dopoguerra, con l'esaurimento delle generazioni che hanno lottato per emancipare l'Italia, fondandola su nuovi valori costituzionali, ormai è a punto degenerativo talmente avanzato che possiamo seriamente temere che tutto un impianto democratico sia seriamente a rischio di collassare e che dalle sue ceneri non esca una nuova Italia, ma solo un Paese spezzettato in mano ai vari boss locali. Peggio che tornare ad una condizione prerisorgimentale.
L'Italia è stata fatta da veri Patrioti, lo furono gli uomini del Risorgimento e lo erano anche quelli della Resistenza contro il nazifascismo. Se non comprendiamo, e soprattutto se non lo comprenderanno bene i giovani, che il solo rinnovare questi valori potrà rimetterci in moto come veri Patrioti di un'Italia del XXI secolo, non avremo più una Patria e forse nemmeno una Italia, a tutto vantaggio di quelli che in più di 150 anni non ci hanno mai creduto
Cesare Pavese scriveva: “Un Paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un Paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti. Ma non è facile starci tranquillo,”
Così...cerchiamo almeno di stare più tranquilli
Carlo Felici
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