Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo
Garibaldi, pioniere dell'Ecosocialismo (clickare sull'immagine)

venerdì 1 novembre 2024

MEGALOPOLIS





Se andate a vedere il film forse testamentale di Coppola (ma non glielo auguriamo) non mettetevi troppo vicino allo schermo, rischiereste di lasciarvi prendere per mano dal maestoso fiorire del caleidoscopico turbinio delle immagini e perdervi il senso completo dell'opera, sempre che l'opera un senso compiuto ce l'abbia

A ben guardare, infatti, nonostante l'impegno pluriennale del regista che vi ha investito gran parte delle sue risorse, il film un senso compiuto non lo ha. Esso infatti sembra corrispondere ad una specie di big bang o martellata megagalattica sul mondo contemporaneo globalizzato sotto l'egida dell'imperialismo atlantista americano, dissacrando tutti i suoi miti, dal costume, al sesso, al cinema, alla competizione sociale, perfino scendendo nei particolari dei rapporti  intimi interpersonali, dove la massima imperiale “competition is competition” domina su tutto e ad ogni costo, per lasciar posto, come unica alternativa ad una utopia elitaria, senza capo né coda. Solo cristallizzata nel tempo

Come dire..il nostro mondo sta degenerando verso questa Babilonia, e noi non possiamo fare altro che sognarne un altro fermo nel tempo che corrisponde ad un grande sogno di pochi, ma che non sappiamo né dove né quando realizzare

Nelle citazioni del film quasi messe a forza nei vari personaggi che riecheggiano una storia millenaria condensata e cristallizzata in un paio di ore, nella sua pirotecnica scenografia e fotografia, viene evocata una civiltà romana che però ha poco e niente a che fare con il chiassoso e spesso cafonesco decadere di un modello globalizzato di pseudo civiltà basata esclusivamente sul culto del denaro e del profitto che ne deriva.

Il film di Coppola è intimamente reazionario, perché come quasi tutti i film americani di grande effetto, si basa sul culto del supereroe (in questo caso Cesare Catilina) il quale, non sono possiede magicamente la chiave della risoluzione del conflitto, ma ha anche l'autorità e la capacità visionaria e persuasiva per imporsi sulle masse. Ma per fare cosa e come, nessuno lo sa, a meno che non si affidi ai suoi straordinari superpoteri che ovviamente nessun personaggio comune può possedere né possiederà mai

Il conflitto di classe, per la risoluzione dei problemi dei poveri che in un'America che ha strangolato negli ultimi decenni quella classe media la quale, con i suoi sacrifici, il suo buon senso, e la sua determinazione, le fece vincere ben due guerre mondiali, unita nel culto della libertà e della democrazia, in questo film è ridotto al dissidio tra una massa di dannati guidati dall'ennesimo demagogo tribuno della plebe affamato di potere, che finisce non a caso a testa in giù come Mussolini, e l'élite che sa sempre riciclarsi, giovandosi di un sempre nuovo Catilina Cesare da integrare nel suo sistema e da vendere a milioni di disperati che continueranno a vivere per strada sognando solo a bocca aperta, una nuova utopia.

Quella che fu la cifra millenaria della civiltà romana, cioè il “regere imperio populos, parcere subiectis, debellare superbos”, la capacità di dominare soddisfacendo i bisogni delle masse, per esempio non speculando sul costo dell'acqua ma regalandola a tutti, con acquedotti millenari, il fatto che tale cifra fosse indissolubile rispetto ai “mores maiorum”, nel film non ne appare nemmeno l'ombra.

La capacità di integrare popoli di diversi costumi, religioni, attitudini ed usanze che fu la carta vincente dell'antica Roma, si basava proprio su questi valori: “fides, pietas, majestas, virtus et gravitas” Cioè la fiducia unita al rispetto, l'autorità che deriva dalla lealtà e dalla reciprocità, violando la quale anche un imperatore può essere eliminato, se non corrisponde a quell'onestà, a quella verità e a quella affidabilità che lo lega ai cittadini di tutto un impero. Tutto ciò in questa rappresentazione tanto caleidoscopica quanto farsesca è del tutto eclissato

Non c'è nemmeno l'eco di un mondo di valori perduto in Megalopolis, perché quel che lega il tutto in una sceneggiatura fin troppo frammentaria, è la suggestione in cui ogni personaggio vive, prigioniero sostanzialmente di se stesso.

Ed è questa la vera cifra della pseudo civiltà che il film riesce efficacemente a rappresentare: l'individualismo esasperato nella ricerca spasmodica del potere e del denaro che lo anima e lo perverte.  Non c'è un poeta come Marziale, calato nei vizi del suo tempo che riesca a rappresentarli con potente efficacia mentre egli stesso vive in una dimora estranea ad essi “pauca sed apta mihi” piccola ma adatta a me, che rifuggo dai bisogni e dai mali superflui, che riesce a dire “lasciva est nobis pagina, sed vita proba”, cioè la nostra rappresentazione è lasciva, ma la vita di chi la rappresenta lascia intendere che l'integrità e l'onestà sono reali e possibili

Il film, più adatto a rappresentare una Babilonia immersa in un turbine apocalittico, evidenziato con straordinari effetti speciali, piuttosto che un'antica Roma in decadenza, non lascia speranze, non fa intendere che un'altra vita è possibile e necessaria, esso è puritanamente lo specchio di un inferno dove una massa di dannati, può solo contemplare il sogno dei predestinati, quelli che con le masse non avranno mai a che fare, non avranno né veri confronti né vera capacità di integrazione, e dove la cifra della grazia dei predestinati è solo la loro permanenza al potere nella gestione della sua ricchezza.

In questo, effettivamente, Coppola rappresenta perfettamente un “impero americano” in piena decadenza, di fronte ad un mondo sempre più multipolare e sempre meno disposto ad essere sfruttato per il privilegio di pochi, e tanto frammentato al suo interno, da doversi sostenere con guerre sempre più frequenti e una repressione sempre più brutale che grava sui più poveri e disperati, ancora in gran parte neri. Che non sa trovare una alternativa a se stesso, dato che come ultima speranza ai cittadini ha offerto la competizione di due candidati (tralasciamo l'ultima comparsa dell'ora della disperazione) che, per età e capacità di gestire ed innovare un intero sistema così complesso e articolato, e soprattutto per poter anche lontanamente incarnare una utopia possibile come quella dei veri Cesare e di Catilina che era una utopia di integrazione poi in gran parte realizzata, erano e restano due figure ben misere.

Il film, in definitiva, conquista per le sue suggestioni fin troppo cacofoniche e per il turbinio delle vicende e delle immagini, ma non convince affatto per quanto riguarda l'immaginare un futuro possibile e necessario, e resta una magniloquente performance, in cui lo stesso voler fermare il tempo, che poi è la chiave vera del progresso umano e sociale, resta lo specchio di una disperazione assoluta.

Perché in esso anche l'ultima utopia offerta è del tutto speculare all'inferno in cui si è destinati a vivere e a morire in Megalopolis.

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