di Leonardo
Boff*
La realtà
mondiale è complessa. È impossibile fare un bilancio unitario. Proverò a farne
uno che riguarda la macroeconomia del nostro tipo di civilizzazione, organizzata
nella realtà e un altro che riguarda la microeconomia.
Se consideriamo
il modo in cui i padroni del potere stanno affrontando la crisi che deriva dallo
sfruttamento sfrenato della natura, e anche dall’accumulo illimitato delle
risorse e nella conseguente creazione di una duplice ingiustizia: quella
sociale, con le perverse diseguaglianze a livello mondiale e quella ecologica,
con la destrutturazione della rete della vita che garantisce la nostra
sussistenza e se prendiamo inoltre come punto di riferimento la “COP 18”,
realizzata in questo fine d’anno a Doha, nel Qatar, sul riscaldamento globale,
possiamo dire senza esagerazione: stiamo andando di male in peggio. Se seguiamo
questo sentiero, troveremo là davanti – e non ci vorrà molto – un “abisso
ecologico”.
Finora non sono
state prese le misure necessarie per cambiare il corso delle cose. L’economia
speculativa continua a fiorire, i mercati sempre più competitivi, il che
equivale a dire sempre meno regolati, e l’allarme ecologico reso tangibile dal
riscaldamento globale messo praticamente da parte. A Doha è mancato soltanto di
dare l’estrema unzione al Trattato di Kyoto. E per ironia si dice nella prima
pagina del documento finale che nulla è stato risolto perché è stato rimandato
tutto il 2015: “Il cambiamento climatico rappresenta una minaccia urgente e
potenzialmente irreversibile per le società umane e per il pianeta e questo
problema ha bisogno di essere affrontato senza indugio da tutti i Paesi.” E
invece non viene affrontato. Come ai tempi di Noè, noi continuiamo a mangiare, a
bere e a sistemare le tavole del Titanic che sta affondando, ascoltando ancora
la musica. La casa sta prendendo fuoco e noi ci raccontiamo storie l’un
l’altro.
Vedo due ragioni
per questa conclusione realista che pare pessimista. Direi con José Saramago:
“Io non sono pessimista, è la realtà che è pessima, io sono
realista.”
La prima ragione
ha a che fare con la premessa falsa che sostiene e alimenta la crisi:
l’obiettivo è la crescita materiale illimitata (aumento del PIL), realizzato
sfruttando l’energia fossile e con il flusso totalmente liberato dei capitali,
specialmente speculativi.
Questa premessa
si trova presente in tutte le programmazioni dei Paesi, incluso quello
brasiliano. La falsità di questa premessa risiede nella completa mancanza di
considerazione dei limiti del "sistema terra". Un pianeta limitato non riesce a
sostenere un progetto illimitato. Questo non possiede sostenibilità, anzi, si
evita la parola sostenibilità che viene dalle scienze della vita; essa è
non-lineare, si organizza in reti di interdipendenza di tutti con tutti, che
mantengono in funzione tutti e fattori che garantiscono la perpetuazione della
vita e della nostra civiltà. Si preferisce parlare di "sviluppo sostenibile",
senza rendersi conto che si tratta di un concetto contraddittorio perchè è
lineare, sempre crescente, e suppone la dominazione della natura e la rottura
dell'equilibrio ecosistemico. Mai si arriva a un qualche accordo sul clima
perchè i magnati del petrolio influenzano politicamente i governi e boicottano
qualsiasi misura che diminuisca i loro guadagni e per questo non appoggiano le
energie alternative. Soltanto cercano la crescita annuale del PIL.
Questo modello
viene rifiutato dai fatti: non funziona più nemmeno nei Paesi centrali, come lo
dimostra la crisi attuale, e nemmeno nei periferici. O si cerca un altro tipo di
crescita, che è essenziale per il sistema-vita, ma che per noi deve essere fatto
rispettando la capacità della Terra e i ritmi della natura, oppure andremo
incontro all'innominabile.
La seconda
ragione è più di ordine filosofico e per questa io mi sono battuto per circa
trent'anni. Essa implica conseguenze paradigmatiche: il riscatto
dell'intelligenza cordiale o emozionale per equilibrare il potere distruttore
della ragione strumentale, sequestrata già da secoli dal processo produttivo di
accumulazione. Come ci mostra il filosofo francese Patrick Viveret "La ragione
strumentale senza l'intelligenza emozionale può perfettamente portarci alla
peggiore barbarie" (Por uma sobriedade feliz, Quarteto 2012, p. 41);
tieni conto della nuova mappa dell'umanità disegnata nel progetto di Himmler e
che è culminata con lo Shoa, la liquidazione degli zingari e dei
deficienti.
Se non unissimo
l'intelligenza emozionale alla ragione strumentale-analitica, mai sentiremmo il
grido della madre-Terra, il dolore delle foreste abbattute e la devastazione
attuale della bio-diversità nell'ordine di quasi centomila specie ogni anno (E.
Wilson).
Insieme con la
sostenibilità deve esserci la cura, il rispetto e l’amore per tutto ciò che
esiste e vive. Senza questa rivoluzione della mente e del cuore andremo, di
sicuro, di male in peggio.
Vedi il mio
libro Proteger a terra - cuidar da vita: como escapar do fim do
mundo, Ed. Record 2010.
* Leonardo Boff
teologo, filosofo.
Traduzione:
Romano Baraglia (romanobaraglia@gmail.com)
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