Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo
Garibaldi, pioniere dell'Ecosocialismo (clickare sull'immagine)

mercoledì 18 giugno 2025

IL PERDURANTE LAMENTO DELLA PACE





 “Perché questa pace si diffonda io impiegherò ogni sforzo. Dico ai responsabili dei popoli: incontriamoci, dialoghiamo, negoziamo! Le armi possono e devono tacere

Passerà alla storia chi seminerà pace, non chi mieterà vittime.”

Queste parole altisonanti e profetiche di Papa Leone XIV risuonano in un mondo sempre più lacerato dalla guerra, che si sta pericolosamente estendendo dall'area mediorientale verso orizzonti più vasti, rischiando di incendiare gran parte del pianeta

Le vittime innocenti stanno crescendo a dismisura, dalla Palestina all'Ucraina ad Israele all'Iran, ed è assolutamente sconfortante come questo millennio nato dalle ceneri di un XX secolo che ha visto le guerre più devastanti di tutta la storia dell'umanità, sia iniziato ormai per un suo quarto di secolo, con un susseguirsi ininterrotto di conflitti

E' davvero ancora l'umanità così stolta e imbecille? Merita ancora di vivere su questo pianeta illudendosi di essere fatta “a immagine e somiglianza di Dio”?

Più di cinquecento anni fa un illustre umanista, Erasmo da Rotterdam, scriveva, nel 1517 un'opera memorabile dal titolo “Querula pacis” Tradotto con “Il lamento della pace” ma, ad intendere bene la parola “querula”, dal significato più preciso: “la lamentevole denuncia della pace” Querolus infatti viene da quaero, che significa anche interrogo, denuncio da cui “querela”

Questa “Querula pacis”, dunque, ci interroga tuttora con parole veementi, dopo mezzo millennio, a cui non sappiamo ancora rispondere con adeguato senso di responsabilità

Vale la pena di ricordare e stamparsi nella mente le parole di Erasmo: "Ecco, vi parlo, io, la Pace, ultima delle creature che vive ancora sulla terra, che gli uomini non sopportano e che vorrebbero bandire dal loro consorzio." e ancora: "Se i mortali mi osteggiassero, scacciassero e respingessero, benché innocente, ma almeno con loro vantaggio, dovrei deplorare soltanto l'ingiustizia fatta a me e la loro iniquità, ma poiché nello sbandirmi cacciano lontano da sé la fonte di tutte le umane felicità e si attirano un oceano di sciagure..." a significare che la rinuncia alla pace corrisponde al suicidio dell'umanità

Ricordiamo anche quelle sue parole che riecheggiano le medesime dello stesso Cicerone, anche lui vissuto in un'epoca di conflitti laceranti, di cui fu pure vittima

«Personalmente, non smetto di esortare alla pace, che, per quanto ingiusta, è sempre meglio della guerra più giusta con i concittadini» “Equidem ego ad pacem hortari non desino, quae vel iniusta utilior est quam iustissimum bellum”

Tanto più valida oggi quanto riesce sempre più difficile, a seconda dei pesi e delle misure, dirimere una pace “giusta” da una “ingiusta”, così come ovviamente una guerra “giusta” da una “ingiusta”, sempre che si possa parlare di guerre “giuste”, il cui unico risultato sono  specialmente, dal secolo scorso in poi, sempre più le migliaia o addirittura i milioni di vittime innocenti.

E' giusta la guerra di difesa da una aggressione, in Ucraina, ma non in Palestina, di fronte ad un palese sterminio di popolazione innocente? E' giusta la “guerra preventiva” di Israele all'Iran, per evitare la proliferazione nucleare, ma non “è giusta” quella della Russia per evitare la stessa proliferazione nucleare ai suoi confini?

E' evidente che se si adotta una ragione manichea dal proprio punto di vista, con tutte le giustificazioni, in ogni caso esse, anche di fronte alla ragione di un bambino, sono destinate a cadere miseramente, all'apparire della realtà, per quanto possa essere edulcorata dai media.

Oggi il mondo è profondamente cambiato rispetto alle generazioni che vissero, specialmente nei Paesi Occidentali, la guerra sulla loro pelle, quelle generazioni stanno sparendo con la loro memoria, lasciando il posto ad altre che la guerra la conoscono solo “virtualmente”, attraverso i media, cinegiornali, film, o addirittura videogames. Ed è del tutto evidente che non si ha lo stesso atteggiamento responsabile e non si prova lo stesso “thauma” nei confronti di un fenomeno così dirompente e distruttivo se non lo si è patito in prima persona, oppure se si è abituati a vederlo sullo schermo, anzi, subentra addirittura una sorta di assuefazione.

Erasmo, da intellettuale dell'epoca, sentiva su di sé il peso di una responsabilità che, maturando nel corso del tempo, portò all'affermarsi della ragione, anch'essa purtroppo debordata nel fanatismo e nel terrore, ma che progressivamente, portò all'affermazione dei Diritti dell'Uomo e del Cittadino, alla nascita della democrazia moderna e alle istituzioni che dovrebbero tuttora garantire pace, prosperità e progresso ai popoli della Terra.

Oggi gli intellettuali, di fronte a questa sfida epocale, che pare essere raccolta prevalentemente da una Chiesa che si sente per questo sempre più in trincea, paiono latitanti, oppure imbrigliati nei talk shows dal politically correct, e forse bisogna proprio ringraziare Dio che almeno i Papi che si sono susseguiti negli ultimi anni, specialmente Francesco e Leone, spendano gran parte delle loro energie per assolvere a questo compito che appare sempre più sovrumano

Quella che manca, a parere di chi scrive ed ha speso gran parte della sua vita ad insegnare la cultura della pace attraverso le materie umanistiche, non trascurando la geografia con prospettive antropiche, è proprio quello che dovrebbe essere l'orientamento principale dell'agenda educativa del Terzo Millennio.  Tutte le materie scolastiche dovrebbero convergere verso una unica consapevolezza didattica: data dalla semplice affermazione che “se la Terra può fare a meno di noi, noi non possiamo fare a meno della Terra”, perché come illustrato anche nella enciclica “Laudato sì”, ormai i conflitti sociali e politici sono strettamente ed indissolubilmente interconnessi con quelli ambientali, dato l'impatto che le guerre hanno sempre di più sulle risorse alimentari e sulle materie prime del pianeta

Grande profeta di questa cultura della Pace (con la P maiuscola perché prioritaria rispetta ad altri valori di cui risulta inclusiva) fu Ernesto Balducci, il quale sebbene scomparso prematuramente più di 30 anni fa, resta attualissimo nel suo reclamare il fatto che “una strategia della pace, oggi, presuppone una vera e propria rivoluzione culturale” a cui si accompagni, aggiungiamo, una rivoluzione politica nel rendere prioritaria l'affermazione pacifica di personaggi che mettano al primo posto la cultura della Pace in ogni sede internazionale, e non cedano alle lusinghe manichee dello schierarsi con questi o quelli, gli contro gli altri armati. Che non buttino preziose risorse economiche in armamenti, destinandole piuttosto al lavoro e alla cura dei cittadini

Ai tempi di Balducci, si prospettava un mondo ecumenicamente proiettato verso orizzonti globali, ma era ancora sul nascere un modello di globalizzazione poi affermatosi, fondato prevalentemente sull'accumulo di profitto e capitali senza regola alcuna a convogliarne il flusso verso una maggiore equità e giustizia sociale. L'ascensore sociale si è sostanzialmente fermato, e masse sempre più cospicue di migranti spesso inconsapevoli dei loro diritti fondamentali, sul lavoro, affluiscono nei paesi occidentali, abbassando notevolmente il costo del lavoro e incrementando lo sfruttamento.

Siamo arrivati al paradosso che, anche quando al popolo è data democraticamente la possibilità di tutelare tali diritti, mediante referendum, il popolo stesso ci rinuncia, per sfiducia, mancanza di interesse e scarso senso di appartenenza alla cittadinanza fatta di diritti e doveri.

E' evidente che, in tal modo, non può che affermarsi una cultura del si salvi chi può, magari avendo risorse ereditate oppure avendole acquisite senza scrupoli con attività al limite del lecito, se non addirittura debordanti nell'illecito.

La cultura della pace è la cultura della responsabilità, perché non si è mai liberi senza essere responsabili (saremmo infatti solo dei barbari predoni) e mai responsabili senza essere liberi (saremmo infatti solo degli schiavi). Questo vale sempre, sul piano interpersonale, come su quello politico e sociale, ed ancora di più su quello del diritto internazionale

Invece specialmente l'uso dei media in palmo di mano ci ha assuefatto ad una sorta di ego minuscolamente dilatato in senso globale, trasferendo anche la nostra intelligenza emotiva in una sorta di macchina da social, ad un perfetto assetto alienante, in cui perdiamo di vista i veri rapporti umani. Quelli in cui ci si guarda negli occhi e si muta espressione con il variare della vita stessa, consapevolmente attenti alla cura reciproca e alle interconnessioni emotive

Così sembriamo sempre più incapaci di vivere indipendentemente da quella che appare ormai una protesi indispensabile dell'essere umano di questo secolo, capace anche di controllarlo in ogni suo movimento e di colpirlo se necessario

Mai una schiavitù nel corso della storia umana è mai stata così facilmente mistificata mediante le vesti della libertà.

Ma è ancora possibile non perdere la ragione costruttiva anche nella difficilissima crisi internazionale che si è andata configurando negli ultimi mesi

In questo spicca l'operato del premier socialista spagnolo Sanchez

Egli infatti ha dichiarato: “La Repubblica Iraniana è responsabile di grandi crimini verso la sua popolazione e soprattutto verso le donne

Ma l'ultimo che può mettersi dalla parte dell'accusatore è un criminale genocida come Netanyhau ed il suo governo reazionario e razzista. Un governo che ha massacrato 70.000 persone (gran parte donne e bambini) che segue un progetto di pulizia etnica verso il popolo palestinese.

Sono solidale con gli ebrei che hanno avuto il coraggio di condannare gli atti infami di Netanyhau, mostrando grande coraggio” Sapendo così esprimere una sua voce autentica rispetto ad un certo coro conformemente unanime

E' sempre più evidente che la guerra non farà che zittire tutti coloro che potevano protestare nella stessa Israele reclamando al contempo la liberazione di tutti gli ostaggi e la fine del massacro a Gaza, così come in Iran prevarrà lo spirito bellico in nome della patria da difendere, zittendo e massacrando ogni opposizione. Le guerre nascono per motivi precisi, e principalmente per mantenere al potere a tutti i costi chi lo ha conquistato e non vuole cederlo, e per trarre vantaggi economici, l'analisi della storia, in questo senso fatta da Marx, mediante il suo Materialismo Storico, è tuttora fondamentale ed attualissima. Le guerre sono fatte tuttora per accumulare profitti e incrementare autoritarismo e sfruttamento di classi sociali su altre, e manie di potere liberticide

La gente che non si mobilita o non protesta contro di esse, è destinata a subirle

Soprattutto quella che reagisce al subdolo appello del “dulci e decorum pro patria mori”, del sacrosanto e giusto dovere di morire per la Patria. In un mondo dai confini dilatati, in cui la Patria è il pianeta stesso, messo a rischio, seriamente, dalle armi atomiche alle forme più invadenti di inquinamento, persino pandemico, che ormai hanno persino modificato il clima, il motto che ci deve tornare alla mente è sempre quello di Erasmo: “Dulce bellum inexpertis” La guerra può essere bella solo per chi non l'ha provata sulla sua pelle.

E statene sicuri, quelli che da sempre ne traggono profitto, vendendo e manovrando armi ed eserciti, ormai con la tecnologia più avanzata, non la proveranno mai sulla loro pelle, protetti dai loro paradisi fiscali, dai loro bunker, dalle località più remote e segrete. Si limiteranno a spingere un bottone mandando in malora tutto il resto, anche quando non ci sarà più nulla da mandare in malora

La Pace tuttora esprime il suo accorato lamento e la sua angosciante richiesta di fermarli, non più in nome solo della umanità, ma in nome di quello ormai di tutte le creature della Terra. Perché, ricordiamocelo con le parole di Erasmo: “La guerra è solo un oltraggio alla ragione”


Carlo Felici

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