Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo
Garibaldi, pioniere dell'Ecosocialismo (clickare sull'immagine)

giovedì 27 marzo 2025

NICHOLLAND

 



Il film Holland con una straordinaria Nicole Kidman che si conferma ancora una volta essere una attrice fuoriclasse dal talento ineguagliabile, si conclude con una domanda..a volte mi chiedo..è tutto vero?

E' la classica domanda che ha messo in moto tutta la filosofia fin dalle sue origini..verità oppure opinione?

La verità per i greci che hanno inventato la filosofia è detta aletheia, da a privativo e lanthano nascondo, è quindi il non nascondimento, la continua scoperta, la ricerca incessante di ciò che è più vero, senza mai fermarsi all'apparenza. Il film Holland in chiave thriller è appunto una continua vicenda dedicata alla scoperta di qualcosa che sconvolge le facili certezze

In un mondo apparentemente perfetto, alla fine del secolo scorso, in una cittadina: Holland nel Michigan popolata da immigrati olandesi che hanno costruito in America una sorta di enclave perfetta, nei modi, nelle tradizioni, nelle feste, e persino nelle preghiere, vive una famiglia a prima vista impeccabile, con una moglie insegnante, un figlio ancora bambino e un marito e padre che sembra dedito alla famiglia e che è scrupolosamente attento a difenderla

Il simbolo di questa perfezione è un plastico con varie abitazioni, che viene costruito dal padre-marito con cura certosina, assistito dal figlio e che sembra ricalcare le sembianze della cittadina, ma che si rivelerà ben altro.

Tutta la storia, dall'inizio alla fine, è un percorso di disvelamento, inizialmente motivato dal timore di una infedeltà, ma poi, a poco a poco, destinato a sprofondare nel turbine dell'incubo, ben rappresentato anche nei suoi passaggi onirici, con sequenze molto bene articolate, che hanno persino sfumature comiche. 

L'intera storia è un caleidoscopio di desideri nascosti, ed inappagati, persino tragicamente irrisolti

Nicole Kidman riesce a plasmare un personaggio a prima vista semplice, come quello di una professoressa frustrata nel rapporto con il marito iperprotettivo ma incapace di vero amore, sapendo modulare paure, ansie, passioni e un ruolo di madre e insegnante integerrima, con straordinaria capacità espressiva. La quale, paradossalmente, sorpresa dalla sua passione per un collega di lavoro, la vedrà infrangersi sulla stessa integrità di lui

Le inappagatezze si intrecceranno fino a smascherare tutta l'illusoria tranquillità della cittadina e del clima famigliare in un crescendo di colpi di scena che sicuramente tiene lo spettatore incollato allo schermo.

Nicole Kidman ancora una volta ha il fiuto di produrre un film che mette bene in risalto le dinamiche psicologiche femminili sia nel contesto di lavoro che in quello famigliare, puntando a scoprire i nodi nevralgici della psiche della donna: paura, desiderio di protezione, di appagamento anche sessuale, voglia di realizzarsi e di fuggire da ogni controllo, attaccamento alla maternità..

Lo sfondo è una cittadina americana che, sotto sotto, ci ricorda tanto un altro straordinario film con Nicole Kidman..Dogville, dove l'ipocrisia regna sovrana, come un piumone copre un letto disfatto, e questa metafora la sentirete anche nel film

Sotto certi aspetti è un film horror con sottili venature umoristiche, ed è proprio questo il suo pregio, che tali sfumature non allentano né sviliscono il crescendo della trama fino alla scoperta finale che cambierà una volta per tutte il destino di quella comunità

C' è una bella frase del Buddha che dice “Ci sono due errori che si possono fare lungo la strada per la verità: non andare fino in fondo e non partire”

In entrambe i casi bisogna sempre armarsi di coraggio ed onestà, perché altrimenti si rischia di perdersi durante il percorso o sprofondare nel punto di partenza

Il film è fruibile sulla piattaforma Amazon Prime dal 27 Marzo


Carlo Felici

mercoledì 19 marzo 2025

UN MANIFESTO BASILARE E "SCONOSCIUTO"

 




IL dileggio compiuto dalla Presidente del Consiglio nei confronti del Manifesto di Ventotene e dei suoi autori non ha precedenti nella storia della Repubblica per gravità e per dolo verso chi ha dato la vita per la nostra democrazia

E' ancora più grave che chi ha citato poche frasi estrapolate dal Manifesto, lo abbia fatto passare per una sorta di inno alla dittatura comunista, chiedendo per di più se qualcuno lo avesse letto.

Ebbene lo abbiamo letto e sappiamo benissimo come è nato quel Manifesto di Ventotene, quando è nato, e cosa costò ai suoi autori in quanto antifascisti

Perché esso non è solo un inno ad una Europa federale e democratica, ma è anche un appello ad una rivoluzione antifascista fatto nel momento in cui il nazifascismo era vincente, quindi un Manifesto che corrisponde ad un atto supremo di coraggio che allora si poteva definire disperato, ma che, soli quattro anni dopo risultò vincente.

Tanto che oggi tutte le grandi democrazie moderne europee ne riconoscono il valore inoppugnabile.

Ma la risposta migliore alle storpiature della Meloni è lo stesso Manifesto che in un suo passaggio cruciale, recita quanto segue: “"Auspicano la fine delle dittature immaginandola come la restituzione al popolo degli imprescrittibili diritti di autodeterminazione. Il coronamento dei loro sogni è un'assemblea costituente eletta col più esteso suffragio e col più scrupoloso rispetto degli elettori, la quale decida che costituzione il popolo debba darsi" Cioè l'esatto contrario rispetto a quanto la Meloni ha voluto farci credere

Ma il Manifesto di Ventotene non solo un appello antifascista, un inno alla democrazia e alla fratellanza tra i popoli, esso è anche una base solida, con i suoi principi di libertà e giustizia sociale, per ogni società che non voglia abbandonarsi alle derive di un capitalismo senza regole o ad una nomeklatura livellatrice di ogni istanza sociale, repressiva ed autoreferenziale

Il Manifesto inizia con una analisi lucida e spietata della società moderna in cui vivevano gli autori, sprofondata nella dittatura e nel totalitarismo : “La sovranità assoluta degli stati nazionali ha portato alla volontà di dominio sugli altri e considera suo "spazio vitale" territori sempre più vasti che gli permettano di muoversi liberamente e di assicurarsi i mezzi di esistenza senza dipendere da alcuno. Questa volontà di dominio non potrebbe acquietarsi che nell'egemonia dello stato più forte su tutti gli altri asserviti.  In conseguenza lo stato, da tutelatore della libertà dei cittadini, si è trasformato in padrone di sudditi, tenuti a servirlo con tutte le facoltà per rendere massima l'efficienza bellica.” Cosa è questa se non una condanna di ogni forma di statolatria e di riduzione dell'essere umano a servo di uno stato autoreferenziale, cosa se non una condanna di ogni forma di colonialismo ed imperialismo?

Segue una prefigurazione di eventi e di conseguenze che è tuttora un monito affinché la storia che insegna ed è priva di scolari, non si ripeta: “D'altra parte la formazione di giganteschi complessi industriali e bancari e di sindacati riunenti sotto un'unica direzione interi eserciti di lavoratori, sindacati e complessi che premevano sul governo per ottenere la politica più rispondente ai loro particolari interessi, minacciava di dissolvere lo stato stesso in tante baronie economiche in acerba lotta tra loro. Gli ordinamenti democratico liberali, divenendo lo strumento di cui questi gruppi si valevano per meglio sfruttare l'intera collettività, perdevano sempre più il loro prestigio, e così si diffondeva la convinzione che solamente lo stato totalitario, abolendo la libertà popolare, potesse in qualche modo risolvere i conflitti di interessi che le istituzioni politiche esistenti non riuscivano più a contenere.” Questa è una situazione tuttora in fieri purtroppo in Europa

“La stessa etica sociale della libertà e dell'uguaglianza è scalzata. Gli uomini non sono più considerati cittadini liberi, che si valgono dello stato per meglio raggiungere i loro fini collettivi. Sono servitori dello stato che stabilisce quali debbono essere i loro fini, e come volontà dello stato viene senz'altro assunta la volontà di coloro che detengono il potere. Gli uomini non sono più soggetti di diritto, ma gerarchicamente disposti, sono tenuti ad ubbidire senza discutere alle gerarchie superiori che culminano in un capo debitamente divinizzato. Il regime delle caste rinasce prepotente dalle sue stesse ceneri.” Questo è il quadro delle dittature di allora ed in particolare di quella fascista instauratasi in Italia.

Ma ecco il passaggio più attuale quando si parla di Difesa Europea: “Con la propaganda e con l'azione, cercando di stabilire in tutti i modi accordi e legami tra i movimenti simili che nei vari paesi si vanno certamente formando, occorre fin d'ora gettare le fondamenta di un movimento che sappia mobilitare tutte le forze per far sorgere il nuovo organismo, che sarà la creazione più grandiosa e più innovatrice sorta da secoli in Europa; per costituire un largo stato federale, il quale disponga di una forza armata europea al posto degli eserciti nazionali, spazzi decisamente le autarchie economiche, spina dorsale dei regimi totalitari, abbia gli organi e i mezzi sufficienti per fare eseguire nei singoli stati federali le sue deliberazioni, dirette a mantenere un ordine comune, pur lasciando agli Stati stessi l'autonomia che consente una plastica articolazione e lo sviluppo della vita politica secondo le peculiari caratteristiche dei vari popoli.”

Di cosa si parla oggi nel Parlamento Europeo, se non di questo che era stato prefigurato dagli autori del Manifesto 84 anni fa? A cosa si vuole arrivare se non a questo? E' questo che la Meloni non vuole? E' questo ciò in cui ella non si riconosce? Ce lo dica chiaramente. Anzi, già ce lo ha detto.

Ma veniamo alla citazione maldestra e truffaldina della Meloni, osservando bene i passaggi del Manifesto: “La rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista, cioè dovrà proporsi l'emancipazione delle classi lavoratrici e la creazione per esse di condizioni più umane di vita. La bussola di orientamento per i provvedimenti da prendere in tale direzione, non può essere però il principio puramente dottrinario secondo il quale la proprietà privata dei mezzi materiali di produzione deve essere in linea di principio abolita, e tollerata solo in linea provvisoria, quando non se ne possa proprio fare a meno. La statizzazione generale dell'economia è stata la prima forma utopistica in cui le classi operaie si sono rappresentate la loro liberazione del giogo capitalista, ma, una volta realizzata a pieno, non porta allo scopo sognato, bensì alla costituzione di un regime in cui tutta la popolazione è asservita alla ristretta classe dei burocrati gestori dell'economia, come è avvenuto in Russia.” E' qui più che evidente una concezione in cui la giustizia sociale che non fa della proprietà privata un feticcio, specialmente quando è acquisita parassitariamente, mediante corruttele o manovre speculative, occorre per emancipare chi, altrimenti, sarebbe condannato ad un destino di miseria in certi casi persino brutale.

Quale tipo di socialismo e di democrazia è prefigurato con tale intento, il Manifesto ce lo spiega chiaramente e senza ombra di ambiguità: “Il principio veramente fondamentale del socialismo, e di cui quello della collettivizzazione generale non è stato che una affrettata ed erronea deduzione, è quello secondo il quale le forze economiche non debbono dominare gli uomini, ma - come avviene per forze naturali - essere da loro sottomesse, guidate, controllate nel modo più razionale, affinché le grandi masse non ne siano vittime.” E' semplicemente il principio della libertà umana e della dignità di ogni persona garantita da regole che non lascino le grandi forze economiche, oggi chiamate multinazionali, ridurre l'essere umano in servitù, in schiavitù salariale, di cui molti esempi abbiamo oggi specialmente tra i giovani relegati nella precarietà e in stipendi da fame.

E veniamo all'altro passaggio brutalmente mutilato nella citazione della Presidente del Consiglio: “ La proprietà privata deve essere abolita, limitata, corretta, estesa, caso per caso, non dogmaticamente in linea di principio. Questa direttiva si inserisce naturalmente nel processo di formazione di una vita economica europea liberata dagli incubi del militarismo e del burocraticismo nazionali” per comprenderne la portata e il valore basta soltanto metterlo a confronto con un articolo della nostra Costituzione e per la precisione l'articolo 42 che citiamo per intero: “La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati. La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti [cfr. artt. 44, 47 c. 2].La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale. La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità.”

Ecco dunque come la proprietà privata può essere persino abolita nei termini di legge, se non ha una riconosciuta funzione sociale e se l'interesse generale lo impone come per i sequestri nei confronti dei mafiosi

E' questo che la Meloni vuole contestare? E' questo ciò in cui non si riconosce? A questo punto ci viene persino il dubbio che questo attacco frontale e spudorato di fronte a tutto il Parlamento non sia altro che una prefigurazione di un attacco ben più dirompente alla nostra Costituzione che ha ereditato in pieno tutti i valori del Manifesto di Ventotene.

Nel concetto di giustizia sociale rientra il controllo di quelle imprese che “che per la grandezza dei capitali investiti e il numero degli operai occupati, o per l'importanza del settore che dominano, possono ricattare gli organi dello stato imponendo la politica per loro più vantaggiosa” cioè le tendenze monopoliste e oligopoliste del grande capitale e la sua tendenza ad appropriarsi della politica per utilizzarla per i propri fini di profitto. Cosa c'è di più attuale in tutto ciò? E' evidente che la Meloni lascia intendere di avere altri interessi da ossequiare.

E i lavoratori? Anche questo è spiegato molto bene: “ Pensiamo cioè ad una riforma agraria che, passando la terra a chi coltiva, aumenti enormemente il numero dei proprietari, e ad una riforma industriale che estenda la proprietà dei lavoratori, nei settori non statizzati, con le gestioni cooperative, l'azionariato operaio, ecc.;  i giovani vanno assistiti con le provvidenze necessarie per ridurre al minimo le distanze fra le posizioni di partenza nella lotta per la vita. In particolare la scuola pubblica dovrà dare la possibilità effettiva di perseguire gli studi fino ai gradi superiori ai più idonei, invece che ai più ricchi; e dovrà preparare, in ogni branca di studi per l'avviamento ai diversi mestieri e alla diverse attività liberali e scientifiche, un numero di individui corrispondente alla domanda del mercato, in modo che le rimunerazioni medie risultino poi pressappoco eguali, per tutte le categorie professionali, qualunque possano essere le divergenze tra le rimunerazioni nell'interno di ciascuna categoria, a seconda delle diverse capacità individuali” Valorizzazione delle forme associative, potenziamento della scuola pubblica, programmazione economica, potenziamento dei salari. Tutto ciò corrisponde ad un principio di equità sociale e di progresso, anche questo riecheggiato da una Costituzione Italiana, fin troppo bistrattata e non applicata nei sui principi fondanti.

La quarta parte del Manifesto affronta il rapporto tra democrazia e lotta rivoluzionaria, intendendo per rivoluzione, in senso sincronico, la liberazione dalle dittature dell'epoca e non solo da quella nazifascista, ecco un passaggio cruciale: “Questo atteggiamento rende i comunisti, nelle crisi rivoluzionarie, più efficienti dei democratici; ma tenendo essi distinte quanto più possono le classi operaie dalle altre forze rivoluzionarie - col predicare che la loro "vera" rivoluzione è ancora da venire - costituiscono nei momenti decisivi un elemento settario che indebolisce il tutto. Inoltre la loro assidua dipendenza allo stato russo, che li ha ripetutamente adoperati senza scrupoli per il perseguimento della sua politica nazionale, impedisce loro di perseguire una politica con un minimo di continuità”  Come si fa quindi a dire che il Manifesto corrisponde ad un progetto di dittatura del proletariato? Evidentemente solo non avendolo letto attentamente.

 Paradossalmente potremmo dire che il Manifesto è anche intrinsecamente anticomunista in quando dice a chiare lettere che “Una situazione dove i comunisti contassero come forza politica dominante significherebbe non uno sviluppo non in senso rivoluzionario, ma già il fallimento del rinnovamento europeo.” Non è dunque una Europa comunista che il Manifesto intende prefigurare.

Il “partito rivoluzionario” di cui parla il Manifesto, non è altro che una coalizione antifascista, cioè quello che poi sarà il CLN, in cui tutte le forze antifasciste collaborano per un unico scopo. Anche in questo caso lasciamo parlare lo stesso Manifesto: “Un vero movimento rivoluzionario dovrà sorgere da coloro che hanno saputo criticare le vecchie impostazioni politiche; dovrà sapere collaborare con le forze democratiche, con quelle comuniste, ed in genere con quanti cooperano alla disgregazione del totalitarismo,” Più chiaro di così..e probabilmente è proprio questo che teme la Meloni con la sua assoluta avversione: un antifascismo viscerale e consolidato nella coscienza civica di tutti i cittadini.

La conclusione del Manifesto è chiara e corrisponde ad un appello rivolto tuttora a ognuno di noi:

“Ma se il partito rivoluzionario andrà creando con polso fermo fin dai primissimi passi le condizioni per una vita libera, in cui tutti i cittadini possano veramente partecipare alla vita dello stato, la sua evoluzione sarà, anche se attraverso eventuali secondarie crisi politiche, nel senso di una progressiva comprensione ed accettazione da parte di tutti del nuovo ordine, e perciò nel senso di una crescente possibilità di funzionamento di istituzioni politiche libere.” 

Il nuovo ordine non è altro che il tessuto democratico che si intendeva costruire in Europa, liberandola dai totalitarismi persino da quello del mercato

Chi non è consapevole che questa lotta “rivoluzionaria” è ben lungi dall'essere compiuta per i rigurgiti fascisti, oligarchico-totalitari, di nomenklature comuniste tuttora in atto e in particolare di certo ferreo totalitarismo economico che detta le sue regole alla politica, chi non ha capito il valore universale ed emancipativo del Manifesto di Ventotene e dei suoi eroi antifascisti, che donarono anche la vita per questi valori “rivoluzionari”, non è degno né di rappresentare le alte istituzioni italiane e tanto meno quelle europee

In conclusione ci viene il dubbio che la Presidente del Consiglio che esorta gli italiani a leggere il Manifesto di Ventotene per capire quanto vada rigettato, non lo abbia mai veramente letto, ma semplicemente si sia fatta passare qualche citazione ritenuta per lei più conveniente

Magari lo faccia, e forse vedrà che è meglio di un romanzo fantasy con Atreius come protagonista.


Carlo Felici

Qui il testo integrale del Manifesto di Ventotene

https://www.senato.it/application/xmanager/projects/leg18/file/repository/relazioni/libreria/novita/XVII/Per_unEuropa_libera_e_unita_Ventotene6.763_KB.pdf

giovedì 6 marzo 2025

“Pax, vel iniusta, utilior est quam iustissimum bellum.

 




A quanto pare una Europa che vuole acquisire una sua autonomia dagli USA non dimostra altro che volerne essere più dipendente.

La proposta irricevibile della Von der Leyden di aumentare le spese militari vertiginosamente, senza avere un piano militare comune per l'Europa, né per quanto riguarda l'organizzazione di un vero Esercito Europeo né per ciò che attiene al suo finanziamento mediante un debito comune europeo, si traduce solo in maggiori spese per il singoli Stati nell'acquisto di altre e nuove armi dagli USA,

Così, da una parte si aumenta il debito di ciascuno Stato sottraendo finanziamenti a opere da tempo necessarie: scuole, ospedali, messa in sicurezza dei territori da pericoli idrogeologici, manutenzione impianti idrici, e infrastrutture necessarie per i trasporti, specialmente nel Sud, dall'altra non si fa altro che riempire le casse delle multinazionali che da sempre lucrano sui sanguinosissimi conflitti.

E' stupefacente come un Partito Popolare Europeo che prende spunto dalla dottrina sociale cristiana e dovrebbe seguire le indicazioni del Papa, possa invece allinearsi pedissequamente alle direttive dei centri economici e finanziari che sono interessati alla produzione e vendita degli armamenti.

Le armi finanziate dagli Stati sono infatti per loro i guadagni più sicuri e permanenti. Lucrare sulla paura è l'attività umana più ignobile ma sicuramente più redditizia. Perché le armi sono come un vuoto a perdere, si utilizzano e si rinnovano automaticamente, generando profitti incessanti e crescenti per chi le produce.

Da quando le armi sono diventare un prodotto industriale e tecnologico, la loro produzione e vendita non è mai cessata ed è stata sempre alimentata da nuovi conflitti sparsi nel mondo

Tutti sanno che la crisi ucraina non potrà essere risolta con un conflitto permanente, ma pare che i più interessati alla prosecuzione di questa strage infinita non vogliano altro che garantire che le armi non finiscano mai di essere prodotte ed acquistate, oltre che naturalmente di essere usate

Di fronte a questa crisi l'Europa sta rivelando ancora una volta la sua inefficacia e la sua nullità, perché non si mostra con una voce autorevole e largamente rappresentativa

Abbiamo appena visto due vertici concludersi miseramente con un nulla di fatto. Uno in Francia al seguito delle velleità neo napoleoniche di Macron di egemonizzare la difesa europea proponendo pure il suo ombrello nucleare, come se non bastassero tre bombe russe ad alto potenziale atomico per zittire definitivamente la Francia, poi è seguito quello inglese, ancora più allargato per avere qualche possibilità in più nell'intento inglese di tutelare i propri interessi in Ucraina con il contributo di una coalizione militare al suo seguito, anche questa volta con l'autorevolezza di uno Stato che ambisce ad essere una potenza atomica ma che, lo stesso, sarebbe spazzato via da un paio di bombe termonucleari russe ad alto potenziale.

L'Europa prima di parlare di produzione di armi, può avere una industria in grado di produrle? Perché non c'è molta differenza tra farsi difendere dagli USA e il farlo da soli con le armi prodotte e vendute dagli USA, anzi in questa seconda prospettiva si è anche più dipendenti

Per essere veramente autonoma l'Europa deve programmare ed attuare un piano per realizzare un Esercito, una Aviazione e una Marina comune con una unica bandiera, una unica conduzione militare ed una unica divisa. Ma per questo, ci vuole un governo federale comune che legiferi nel merito, con una Costituzione Europea che stabilisca limiti e necessità operative.

La diatriba Europa USA per la questione della crisi ucraina, è molto semplice da comprendere se si va un po' oltre le varie sparate propagandistiche dei media, ed è molto più pratica.

Si tratta solo di chi potrà autorevolmente sedersi al tavolo delle trattative con la Russia. 

Tutti sanno infatti che la Russia non si ritirerà mai dai territori occupati e che non è interessata a occuparne altri. Perché occupare significa anche gestire e dai tempi dell'Impero Romano in poi la gestione è sempre stato un affare molto complicato. Lo stesso impero sovietico si è disgregato perché la sua gestione è venuta meno, in quanto è venuto meno il consenso, figuriamoci con una occupazione russa dell'Europa.

Quindi la verità è che non l'Europa, ma Francia e Inghilterra cercano di competere con gli USA per lo sfruttamento delle cosiddette terre rare e del complesso delle risorse minerarie e agricole che la Russia dovrà necessariamente lasciare al resto di una Ucraina non occupata, destinata ad essere in Europa più o meno una copia della Corea divisa in due questa volta non da motivi ideologici, ma da rigidi interessi economici e finanziari.

In tale contesto, la maggior parte dei Paesi europei non avrà che da guadagnare le briciole, gli avanzi di coloro che con la loro forza potranno essere maggiormente quotati per competere in tale trattativa. E se devono essere Francia o Inghilterra, probabilmente è molto meglio accodarsi agli USA. Anche perché, tuttora, senza USA, che siano le armi o il loro esercito sul campo, non si va da nessuna parte, e tanto meno ci va una Europa che per millenni è sempre stata in conflitto con se stessa

Cicerone diceva giustamente da filosofo e da politico: “Pax, vel iniusta, utilior est quam iustissimum bellum.” Una pace ingiusta è più utile di una guerra molto ingiusta

Questa è la massima che dovrebbero stamparsi bene in testa i politici italiani ed europei e che la nuova amministrazione americana sembra avere già appreso, sforzandosi di metterla in atto

E la Von der Lyen non starnazzerà certo di più delle oche del Campidoglio per impedire tale eventuale “pace ingiusta”. Conta nulla per Trump e sempre meno per una Europa che ha faticato anche per confermarne l'elezione

In questa situazione, sicuramente gli europei che agiranno all'unisono con la nuova amministrazione americana avranno dei vantaggi, gli altri che si metteranno di traverso non avranno né pace né guerra, ma solo svantaggi commerciali

E la tutela europea sarà come l'Araba Fenice, che ci sia ciascun lo sa, dove sia nessun lo dice.


Carlo Felici

martedì 4 marzo 2025

INTER DUAS TERTIUM NON DATUR

 


Il recente vertice di Londra si è rivelato degno di una seduta spiritica magari forse meglio da svolgersi in un castello scozzese sempre che la Scozia resti nella Gran Bretagna

Già, perché più che un vertice europeo, esso è sembrato una allegra (ma non troppo) rimpatriata di fantasmi che, di recente, non hanno fatto di meglio che aleggiare sul continente senza decidere nulla di serio, tranne osservare scrupolosamente bilanci e tasse e programmare altre spese.

Poche settimane fa abbiamo avuto un vertice a sei, ora la riunione è stata con ben 19 membri, della più varia e singolare provenienza

Immancabilmente presente Ursula con der Leyen che però, oltre a reclamare guerra ad oltranza contro la Russia, non pare sia capace prendere decisioni o di fare altro altro se non proporre missili, carri armati, aerei, cannoni e via dicendo. Non sembra che ospedali, scuole, trasporti, infrastrutture per la sicurezza idrogeologica interessino molto alla campionessa delle grandi coalizioni europee.

La sua presenza infatti, in qualità di Presidente della Commissione europea e quella di Costa, che presiede il Parlamento europeo, non sono qualificate per prendere decisioni in nome di tutti i Paesi della UE.

Ci stava pure il Ministro degli Esteri turco, nonostante la spocchia che l'Europa ha sempre mostrato sull'entrata della Turchia nella UE, e solo perché l'esercito turco è uno dei più qualificati e potenti dell'area europea e mediterranea.

La singolare presenza anche del Presidente rumeno contestato a furor di popolo e quella di un cancellerie tedesco appena silurato dalle recenti elezioni politiche in Germania, ha reso questa riunione alquanto farsesca

Infine, nonostante la presenza delle maggiori autorità danesi, finlandesi e svedesi, mancavano del tutto i rappresentanti delle Repubbliche Baltiche che rischiano di più nel confronto con la Russia.

Allora si capisce bene che, nonostante le velleità dei leaders inglese e francese che magari, sotto sotto, ambiscono ad avere una egemonia militare in Europa o almeno ad assumere un ruolo di guida nell'eventualità di un confronto militare con la Russia, intervenendo in Ucraina, gli “allegri fantasmi” riuniti a Londra non hanno prodotto una emerita onanistica soluzione, tanto per usare un elegante eufemismo

Più o meno come a Parigi poche settimane fa, il vertice europeo si è concluso con un nulla di fatto. Né Francia né Inghilterra sono in grado di raccogliere intorno a sé un concreto consenso che assicuri una azione decisa e risolutiva.

L'Europa è una forza economica, ma resta una nullità sul piano politico e militare.

Con buona pace di tutti quelli che andranno a manifestare in piazza convocati dal menestrello di Repubblica, reclamando una Europa che non c'è come nell'opera teatrale "Aspettando Godot".

Dalla caduta del Muro di Berlino la UE ha solo saputo allargarsi come un organismo che ingrassa, ma più diventa grosso e più resta impacciato a condurre la sua vita sedentaria, senza un minimo di agilità e forza. Dalla crisi jugoslava a quella ucraina, l'Europa ha brillato solo per la sua impotenza

E adesso si agita scompostamente perché tra Trump che minaccia dazi e ritiro dalla NATO (che non farà mai) non sa più trovare ciò che dai tempi dell'Impero Romano, non ha più avuto: unità territoriale, politica e militare

Forse quindi, mutatis mutandis, varrebbe la pena di indossare un cappellino rosso con scritto Make Roman Empire Great Again, se non ci fosse dietro l'angolo il rischio di essere accusati di neofascismo. Il fatto è però che mentre il fascismo fu una caricatura dell'antica Roma, quella che dovrebbe essere l'Europa unita nata appunto dai trattati di Roma, quasi settanta anni fa, nasce proprio dall'ossatura del Diritto Romano, debitamente aggiornato ed applicato in un modo o nell'altro a tutti gli Stati europei

Perché l'Europa non sa trovare una leadership? Mentre l'Impero romano la trovava nonostante a guidarlo fossero gli imperatori provenienti dalle etnie più disparate al suo interno?

Perché l'Europa, nonostante la UE, è tuttora sciovinista. È tuttora protesa ad esaltare le singole identità dei singoli Stati Europei, a discapito di quella identità che un tempo, valse, dall'imperatore Caracalla in poi, per il civis romanus in tutto l'impero, dall'Atlantico al Mar Nero o Ponto Eusino, come si chiamava allora.

Noi non siamo e non vogliamo essere ancora cittadini europei, in primo luogo e minacciamo tuttora come in certi Stati europei, ulteriori scissioni identitarie interne, su cui le grandi potenze hanno buon gioco per sobillare gli appetiti locali anche a scapito di guerre e contrasti politici dirompenti, come vediamo pure in Italia, con i nostalgici della Padania o addirittura del Regno delle due Sicilie

Il “civis romanus” è molto lontano dall'identità europea e ad evocarlo non sarà certo il saluto pseudo-romano di qualche esaltato nostalgico di una romanità di cartapesta.

L'essenza del “civis romanus”, quella per cui si poteva andare in battaglia “scatenando l'inferno” era connaturata all'indissolubile legame che, la parola “civitas”, nel suo significante, evocava col duplice significato di “civiltà” e di “città”, nel riconoscimento cioè che il diritto della "città" di Roma era una forma di "civiltà" condivisa tra popoli tra i più eterogenei per religione, etnia e cultura, tale era la discriminante tra il “fas” e il “nefas” che separava il giusto, il lecito, dall'ingiusto e dall'illecito, che dovrebbe essere tuttora l'anima del diritto internazionale. Dove lo “ius” che garantiva il “fas” era calpestato, Roma interveniva con tutta la forza delle sue legioni etnicamente molto eterogenee, ma unite nel riconoscersi nella “civitas” che in molti casi ambivano a guidare e rappresentare anche quando l'Impero lasciò il posto ai cosiddetti “regni romano-barbarici”

Nella storia millenaria della civiltà umana, forse solo l'Islam è stato in grado di contrastare questa sorta di diritto universale, ponendosi di fronte ad esso come una “civitas” alternativa. Ma non di certo a livello globale, in cui nelle istituzioni universalmente riconosciute, tuttora la “civitas” del diritto romano costituisce, debitamente aggiornata, l'ossatura delle principali istituzioni legislative mondiali

Siamo perciò portati a credere che la mancanza di vera unitarietà della prassi politica e militare europea risieda nella mancanza di una identità comune radicata nell'animo dei popoli europei

Cosa mai potrà evocarla di nuovo?

Chissà, magari la lingua latina recentemente ripristinata nelle scuole medie italiane

Se il suo studio diventasse, come avveniva fino al 1600, obbligatorio per tutte le istituzioni politiche e culturali europee, se diventasse la lingua ufficiale, non solo della Chiesa Cattolica, ma di tutta l'Europa, anche a livello di contatti internazionali e diplomatici, forse gli europei, comincerebbero a pensare con un'altra mentalità, più logica, più concreta, più produttiva

Fino a capire definitivamente che INTER DUAS TERTIUM NON DATUR. Che tra gli interessi di due superpotenze militari e politiche, un terzo soggetto politicamente e militarmente insignificante non ha alcuna possibilità di inserirsi per esercitare un ruolo che sia al contempo vantaggioso, e universalmente e civilmente valido

E in conclusione saprebbero nel loro animo e nel loro cuore, prima ancora di tradurlo, cosa vuol dire

UBI MAIOR MINOR CESSAT, con buona pace delle facce blu a stelle gialle.

Carlo Felici


domenica 2 marzo 2025

ABBANDONARE GLI INCUBI



Se la situazione non fosse estremamente seria con tutti i morti che si susseguono in Ucraina da ben più di dieci anni, e le macerie di interi villaggi e città spianate, l'incontro tra Trump e Zelensky che resterà nella storia come uno dei più singolari in campo diplomatico, tanto per usare un eufemismo, si potrebbe tranquillamente inserire in una puntata delle “comiche finali”. Mancava infatti solo Pulcinella che facesse capolino dietro Zelensky con il suo “mazzarocco” a dare la “legnata” ultimativa, in effetti come ha sottolineato Trump, in tempi di spettacolarizzazione di tutto, una “ottima televisione”

Ma siccome la situazione è alquanto problematica, cerchiamo di non lasciarci suggestionare solo dagli ultimi minuti enfatizzati da tutti i media, e analizziamo l'incontro nella sua interezza.

L'incontro non era iniziato male, con Trump che riconosceva l'importanza del lavoro fatto con Zelensky e la disponibilità ad un incontro con Putin per trovare un accordo risolutivo.

Zelensky, pur riconoscendo la disponibilità e il lavoro di Trump esordisce con una frase che lascia preludere tutto il resto “se Trump riuscirà a fermare Putin, questo dovrà essere affisso sulle pareti della Casa bianca”, frase questa ad effetto che dimostra il pieno scetticismo del leader ucraino sulla riuscita dell'impresa

Il resto non è un altro che un seguito di battute tra chi è convito di riuscire a trovare una soluzione negoziale, e un altro che invece è pienamente scettico che tale impresa non avverrà mai oppure non verrà rispettata da Putin. Praticamente un cortese dialogo tra sordi

Il Presidente USA che ripete di essere convinto di arrivare al “cessate il fuoco” e quello ucraino che ripete sommessamente che anche se ci si arriverà non verrà rispettato, praticamente lasciando intendere a tutta la stampa e al pubblico americano che Trump è un illuso e un incapace e non manterrà mai quello che ha promesso e che solo Putin deve pagare i danni di guerra.

A quel punto si scatena anche l'ironia del pubblico sul vestiario di Zelensky che non ha mai abbandonato il suo monotonissimo grigioverde in una sorta di look bellicistico ad oltranza. Ma Trump persino lo difende dicendo che gli piace come è vestito.

Ce n'è abbastanza perché la “rissa dialettica” possa scatenarsi con una sorta di “tiro al piccione viaggiatore”. Quando Vance interviene ricordandogli che si stanno tentando tutte le strade ed è inutile dire che tanto non si approderà a nulla, Zelensky risponde con una certa supponenza chiamando il Vicepresidente JD e non con il suo titolo istituzionale, inevitabilmente JD si irrita e gli ricorda però senza alzare i toni che Zelensky è il primo ad avere problemi militari perché non ha più gente disposta a combattere e deve costringere gli uomini ad andare al fronte

Ma lui a questo punto sale sul piedistallo, lui che è venuto a chiedere garanzie per il suo Paese, preferirebbe dire agli americani cosa devono fare, e si mostra incredulo e scettico su quello che faranno e gli stanno dicendo.

Il confronto con il Vicepresidente, che gli ricorda di avere fatto campagna elettorale per i suoi avversari battuti, culmina quando Zelensky si rivolge a lui chiedendogli se è mai stato in Ucraina, come a replicare..tu non sai di cosa stai parlando e diventa insostenibile quando lo stesso Zelensky si rivolge a Trump dicendogli testualmente “durante una guerra ognuno ha problemi, persino voi, ma voi avete un bell'oceano e non sentite i problemi ora, ma voi li sentirete nel futuro”

A questo punto la comica finale è bella che partita. Zelensky, non solo è arrivato ad un incontro dicendo in continuazione che non ha fiducia nelle capacità del Presidente americano di arrivare ad un accordo, ma indossa ora pure gli abiti del profeta di sventura per tutto il popolo americano...con il suo sottinteso...non sapete a cosa andate incontro.

Inevitabilmente Trump interviene ricordandogli che lui non ha alcun diritto di dire agli americani cosa sentiranno in futuro, che sta solo cercando di risolvere un problema e se è venuto per quello, non ha nessun diritto di dare ordini o presagire il futuro di chi cerca di aiutarlo a risolverlo. Le parole testuali di Trump sono “you are not in the position to dictate that”, non sei nella posizione di dare direttive (ovvio dati i suoi risultati sul campo e nonostante gli aiuti militari ricevuti).

Ricordiamoci che Zelensky è riuscito a silurare l'unico suo generale vittorioso, perché troppo popolare e troppo “stratega”, più o meno come se, mutatis mutandis, ci fosse stato Cadorna a governare l'Italia nel 1917 e non volesse cambiare una strategia suicida.

Ma Zelensky più che, mutatis mutandis, sembra ora essere “in mutande”, dato che non sa più che pesci prendere e ne becca solo in faccia dall'unico che ha forza e mezzi per poterlo aiutare

Il “nuovo sceriffo” in città sta quindi per cacciarlo, ricordandogli che è solo un “giocatore d'azzardo” con una posta troppo alta per lui e senza uno straccio di carta in mano per potere vincere.

In effetti, a questo punto, manca solo Pulcinella che sbuchi alle spalle del povero Zelenzsky con il suo “mazzarocco” castigatore.

Plaudire alla gogna mediatica e al “trappolone” in cui si è ficcato il leader ucraino ci pare davvero poco opportuno, non mancheremo quindi di stile, enfatizzando una umiliazione diplomatica in diretta televisiva mondiale che sicuramente ha fatto piegare in due dalle risate l'unico responsabile dell'invasione di uno Stato sovrano che però non ha saputo rispettare le sue minoranze interne. Da noi lo fece Hitler quando, con la complicità inerte delle autorità e dei combattenti residuali fascisti e repubblichini si riprese in un batter d'occhio Trentino Alto Adige e Venezia Giulia ribattezzandoli con i nomi di province del Reich tedesco. Non lo ha fatto l'Italia democratica e repubblicana concedendo ampia autonomia fiscale, economica e culturale alle regioni tedescofone, tanto che oggi abbiamo un campione di fama mondiale in campo tennistico, che proviene da quei territori, il quale sventola il Tricolore italiano, non quello Austro ungarico. Forse perché i sudtirolesi sono più contenti di gestire le loro tasse nel loro territorio anziché farsi spremere dall'Austria.

Ma questo esempio di grande civiltà purtroppo non ha fatto scuola né dalle parti di Zelensky e nemmeno da quelle di Putin

E' del tutto evidente che abbiamo due personaggi in guerra tra loro che non sono affatto democratici, né rispettosi delle minoranze zittite inesorabilmente, e persino quelle religiose in Ucraina, e tanto meno disposti ad avere un dialogo interno con i loro oppositori

Quindi la panzana che andiamo a difendere la democrazia in Ucraina, per favore, cerchiamo di non bercela. Uno che vieta in Costituzione le elezioni durante la guerra che fa scriverci pure che non si devono fare negoziati con Putin, evidentemente è solo arroccato sul suo potere sperando di spaventare tutti coloro a cui chiede aiuto. Ma quando è arrivato a voler spaventare la più grande superpotenza militare globale, davvero è tornato penosamente alla sua vocazione iniziale di comico televisivo.

Ne abbiamo avuti anche noi di comici con velleità politiche, ma almeno hanno lasciato un movimento, o partito che ha dimostrato di poter sopravvivere, il premier ucraino sta dimostrando di non lasciar sopravvivere nemmeno il suo popolo e va a negoziare un trattato sullo sfruttamento di terre rare, senza supporre minimamente che chi le sfrutterà si guarderà bene dal non tutelare i suoi interessi. Ma è ovvio che questo Trump non può dirlo senza che le trattative non siano nemmeno iniziate.

Ora Zelensky andrà in Europa cercando di avere le stesse garanzie che non è riuscito ad ottenere per ora da Trump, magari dall'Inghilterra o dalla Francia, pur sapendo benissimo che nessuno Stato europeo è in grado da solo di tutelarne altri, anche solo per il fatto che una egemonia di un qualsiasi Stato in Europa, riporterebbe il nostro continente più guerrafondaio del mondo, nel baratro più profondo della sua storia. L'Europa, a questo punto, è messa alla prova e se riuscirà a bypassare Trump ottenendo una pace negoziata da Putin, farà la sua storia come mai prima, dalla seconda guerra mondiale in poi. E' dubbio che possa ottenerla minacciando una guerra ad oltranza contro la Russia, così come è dubbio che Putin possa trovare validi interlocutori, con la stessa forza di Trump.  Ma certamente il futuro resta aperto

Si dovrà trovare prima o poi una soluzione a questa crisi. Personalmente credo che Putin sia più interessato a fare affari con l'Europa piuttosto che a dominarla, garantendosi una fascia di sicurezza ai suoi confini. Ovviamente l'Europa non deve farsi mettere i piedi in testa da Putin. Il problema è che un conflitto permanente con la Russia per l'Europa tutta è solo un modo per autodistruggersi, in una sorta di suicidio continentale, di cui saranno solo altri continenti già sviluppati o in via di sviluppo ad avvantaggiarsi. Prima tra tutti la Cina. 

Putin ha un problema interno molto grosso, mantenere la sua popolarità ad un livello molto alto, per contrastare gli oligarchi che minacciano il suo potere e per tenere buono un popolo che non ha mai amato la guerra, e che fu l'unico in Europa, ad abbandonarla in nome di una rivoluzione. Oltre a ciò, anche a vincere il nazismo prima degli americani e degli inglesi. Ma quello era il popolo sovietico, ancora fiducioso in ideali non ancora traditi dalla sua nomenklatra. Oggi il popolo russo non è diverso da quei popoli occidentali in cui benessere, denaro, ricchezza, spettacoli e buoni ristoranti e vacanze sono le maggiori attrattive con il profitto che generano e con i beni che vengono consumati. Quindi Putin è per forza spinto a dover compensare i sacrifici militari con i sogni di gloria e di grandezza non tanto di un impero che non fu capace di sostenere né vincere un confronto bellico mondiale, ma di quella che fu la vera grandezza della Russia con l'URSS.

 La Russia non ha più soldati sovietici a combattere, quelli che si gettavano alla carica contro i carri armati tedeschi gridando URRAH. Ha giovani europei che vorrebbero godersi una Europa di pace esattamente come tutti gli altri giovani europei che circolano in Europa. La chiave per risolvere questa crisi è rimuoverne gli artefici e rendere di nuovo protagonisti i popoli ucraino e russo. Che sono da sempre popoli fratelli.

 Peccato che l'ideologia di un tempo sia morta del tutto. Il Socialismo pacifista da sempre tradito in Europa dallo sciovinismo fin dalla prima guerra mondiale, ma non in Russia e nemmeno in Italia (almeno di questo dovremmo vantarci con buona pace del mascellone nostrano finito come si sa) dovrebbe tornare protagonista e non sostenitore della guerra e dei dittatori, come pure appare nel laburismo inglese odierno.

 Allora forse rivedremo come in un effimero Natale del primo degli anni della Grande Guerra, soldati uscire dalle trincee e abbracciarsi abbandonando le loro armi e confidando in un comune futuro di vita, libertà e giustizia. 

Solo un sogno? 

Forse, ma tutt'altro che un incubo come quello odierno. 


Carlo Felici