L'attentato a Trump racchiude sicuramente un archetipo ricorrente della democrazia, e in particolare di quella più antica del mondo moderno. Se si vuole mostrare la sua forza che consiste nella unità indissolubile di un leader politico con il suo popolo, ci si deve necessariamente esporre alla sua fragilità.
Non si può infatti garantire mai al cento per cento che un uomo politico che cerca consenso in mezzo alla gente, possa essere esente da attentati alla sua persona come quello messo in atto contro Trump. Anche se sicuramente, in questo caso, le falle del sistema di sicurezza sono state tanto rilevanti da sembrare abnormi.
Partiamo dunque da qui, per una analisi a tutto campo. Un personaggio politico di tale rilievo, in quanto candidato alla presidenza USA ed ex presidente, richiedeva il massimo delle misure di sicurezza, invece non gli è stato garantito nemmeno il minimo che avrebbe reso necessario controllare tutti i tetti della zona circostante il suo comizio, anche con un elicottero, per scongiurare atti simili. A ciò si aggiunga che le non poche segnalazioni dello stesso pubblico in merito all'attentatore sul tetto di un capannone sono stare praticamente ignorate e, se guardiamo attentamente uno dei filmati da diversa angolazione che inquadrano contemporaneamente il colpo dell'attentatore e anche uno dei cecchini del servizio di sicurezza appostato su un tetto, ci accorgiamo che il suo colpo rivolto contro l'attentatore è quasi contemporaneo a quelli di quest'ultimo. Ciò vuol dire che, come minimo, l'agente lo aveva già nel mirino. Perché dunque non gli è stato ordinato di sparare prima? Perché Trump non è stato immediatamente portato giù dal palco e messo in sicurezza?
Se, in base a questi semplici dati, dovessimo pensare ad un complotto, ovviamente per pura ipotesi investigativa anche senza ulteriori prove rilevanti, dovremmo credere che tale sia stato per far fuori un candidato il cui successo, con il passare del tempo, sembra essere sempre più scontato, nonostante i vari altri tentativi in ambito giudiziario, falliti in precedenza.
Se poi dovessimo considerare il modo miracoloso in cui è scampato alla morte con un imprevedibile movimento del capo alla sua sinistra, allora davvero dovremmo credere ad un intervento divino, che Trump è stato, come lui stesso ha affermato salvato da una mano celeste.
Ma dovendo fare una analisi politica e non complottista o metafisica, e scampando a certe affermazioni di dubbia rilevanza oltre che di pessimo gusto, del tipo..”chi semina vento raccoglie tempesta”, tendenti impropriamente ad addossare allo stesso Trump l'innalzamento dei toni politici che avrebbero causato la demonizzazione dell'avversario e l'incrudelirsi della lotta politica, tesi che subdolamente appare giustificazionista, dobbiamo seriamente tornare alla affermazione iniziale.
La democrazia americana, la più antica di quelle occidentali, sebbene sia viziata da forti condizionamenti lobbistici nella scelta dei candidati e nel loro sostegno alla Presidenza degli USA, richiede, come in tutti i casi in cui si è formata nel tempo, dalla guerra di indipendenza a quella civile, alla conquista del West, uno stretto rapporto tra rappresentante della comunità e il popolo, così è per gli sceriffi, così è per i governatori, e altrettanto lo è per i presidenti.
Ciò ovviamente costituisce un rischio perché, per quanto si possano mettere in atto le misure di sicurezza più stringenti, resta imprevedibile cosa possa accadere quando si assiste ad un bagno di folla. Ecco perché i rappresentanti del popolo americano godono di un carisma superiore a certi altri rappresentati in altri paesi che sono del tutto blindati nelle loro dimore e nei loro apparati di sicurezza fino a rendere impossibile uno stretto rapporto con il loro popolo, se non mediante strumenti mediatici, per altro perfettamente manipolabili, come accade ad esempio in Russia, Cina o Iran, in cui il pubblico previsto per certe occasioni è strettissimamente selezionato.
Possiamo quindi affermare senza tema di smentita che la forza della democrazia americana è indissolubile rispetto alla sua necessaria fragilità, per altro dimostrata nel tempo, perché questo attentato non è che uno della lunga serie di attentati politici che si sono verificati dalla sua nascita e che non sempre hanno trovato un movente o mandanti pienamente chiari ed individuabili, pensiamo a quello più clamoroso contro Kennedy
In questo caso anzi, potremmo dire che Trump era un bersaglio anche più facile rispetto a Kennedy, colpito in movimento mentre Trump era fermo sopra un palco, uno democratico, l'altro repubblicano ma entrambe molto scomodi per molti interessi economici e geostrategici di non poche lobbies che tendono a manovrare la politica negli USA e anche soprattutto i media.
Trump infatti è stato fatto oggetto di una campagna mediatica demonizzante che forse non ha confronto nella storia delle candidature politiche. Nonostante ciò, egli ha avuto sempre una fortissima presa su gran parte degli elettori americani i quali si sono spinti addirittura fino al cuore delle istituzioni USA per manifestare la loro rabbia in occasione della mancata riconferma nelle scorse elezioni. Ricordiamo però che fu lo stesso Trump a fermare i tumulti a suo favore, ricordiamo i suoi numerosi appelli alla unità, persino quello recentissimo dopo il suo attentato.
Sovente noi siamo portati a valutare i candidati USA sulla base dell'eco mediatico che proviene da quel Paese, rilanciato spesso senza alcun senso critico dai nostri media, quasi fossero la brutta copia o la caricatura di quelli americani.
Ma se siamo obiettivi ed analizziamo complessivamente l'operato di Trump durante gli anni della sua presidenza, possiamo pure rilevare che al di là delle sue sparate propagandistiche che fanno presa spesso sullo stomaco dell'americano medio frustrato perennemente dall'estabilishment, egli in campo internazionale, ha propiziato accordi e la pace, più di quanto sia avvenuto negli ultimi quattro anni, che egli rimise in moto l'economia americana e l'occupazione preservandola dalle derive inflazionistiche che si sono verificate con la recente amministrazione, e che soprattutto ha posto un problema di non poco conto: se gli europei ci tengono alla loro sicurezza, devono essere capaci di impegnarsi e spendere per garantirsela senza contare sempre sull'ombrello americano che ovviamente presuppone una limitazione della loro sovranità
Difficile però intendere ciò quando si ha un debito di 3000 miliardi e non si possono stampare dollari per al contempo incrementare e ovviare al proprio, ponendo come garanzia la propria potenza militare e geostrategica.
Se quindi l'Europa vuole davvero ottenere una maggiore sovranità deve affrontare all'unisono due questioni fondamentali, quella di un debito comune e quella di un sistema legislativo e fiscale comune che debba garantire che non vi siano squilibri tra uno Stato e l'altro, per creare un sistema di difesa comune, basato su una comune ripartizione di spese.
Invece l'Europa non solo non sa e non vuole varare una legislazione comune sugli armamenti, tanto che persino sulle armi ad aria compressa vi sono differenze tali che, mentre in alcuni Stati sono in libera vendita, in altri sono considerate armi a tutti gli effetti solo per una questione di joule, mentre magari emana leggi comuni sulle grate degli ascensori, ma sbraita pure contro gli USA ritenendo che lì esista una sorta di legge del Far West sulla vendita delle armi.
Ebbene, mi dispiace smentire questi solerti tutori del disarmo cittadino, ma in Italia, ad esempio è perfettamente legale acquistare un fucile come quello con cui ha sparato l'attentatore di Trump, se si ha un porto d'armi anche solo per uso sportivo. Basta solo digitare qualche sito di qualche armeria italiana per rendersene conto.
L'unica differenza tra noi e gli USA è che da noi il porto d'armi non è un diritto, ma una concessione dello Stato e delle sue autorità di polizia, in base a stringenti condizioni di idoneità e di salute, e può essere revocato per una qualsiasi disattenzione, mentre negli USA il diritto ad armarsi è parte della Costituzione americana e della storia di quel Paese formatosi con cittadini volontari in armi dalla guerra di Indipendenza a quella Civile fino alla conquista del West.
Il problema quindi non sono le armi, ma l'educazione al loro uso e la loro regolamentazione, considerando persino che nel nostro paese ad inventare il Tiro a segno Nazionale fu colui che inventò l'Italia stessa: Giuseppe Garibaldi e che la autonomia, libertà e indipendenza della nostra Patria è stata spesso garantita da semplici cittadini volontari in armi, dal Risorgimento alla Resistenza.
L'attentatore, prima di diventare un aspirante killer, sembra proprio che fosse uno studente particolarmente dotato in matematica, ma molto isolato e soggetto a bullismo, con tendenze quindi a rivalersi in altri ambiti, quindi un ragazzo sfuggito ad un buon sistema formativo, come purtroppo ne capitano tanti, altrettanto letali persino contro le scuole negli USA, e come purtroppo ne stanno capitando anche qui, anche se per fortuna ancora non usano armi da fuoco.
Una buona scuola che non lascia indietro nessuno e non mette al primo posto una esasperata competitività è sicuramente il miglior sistema di prevenzione per atti di violenza che scoppiano quando rabbia e frustrazione soverchiano l'intelligenza e la consapevolezza, perché siamo portati a credere che uno studente premiato in matematica, non fosse proprio un deficiente nel senso etimologico, non gli mancasse l'intelligenza. Probabilmente invece è stato inondato da rabbia e frustrazione soprattutto mediante i media, fino a che non si sono tramutate in una perversa missione personale. Siamo arrivati fino al punto che la creazione di fake news ha fatto credere per un breve periodo che il responsabile fosse un altro che se ne stava invece ignaro dall'altra parte del mondo
Se non educhiamo i giovani ad un uso corretto dei media, se li isoliamo e li emarginiamo quando non corrispondono alle nostre aspettative, se alimentiamo tra loro le differenze e le sterili competizioni, non faremo altro che riservarci un futuro di inferno.
Il problema fondamentale che nessuno dei due candidati ha messo in risalto in questa campagna elettorale accuratamente e doverosamente, negli USA, come in altri Paesi occidentali, è duplice: da una parte vi è una ristretta cerchia di cittadini che si arricchisce anche con i media sempre di più e senza limitazioni, mentre una larga parte della popolazione viene spinta rapidamente e progressivamente sull'orlo della miseria, o costretta a salti mortali con snervanti doppi e tripli lavori, senza adeguate tutele pensionistiche e sanitarie, dall'altra il sistema educativo è sempre meno efficace e sempre più frustrante, perché non garantisce né occupazione né più mobilità sociale, pur restando esasperatemente competitivo
Mi pare che questa questione cruciale sia stata affrontata adeguatamente solo da Sanders, in particolare nel suo recente libro “Sfidare il capitalismo” tradotto ed edito anche in Italia Ma se poi una mente e un candidato come Sanders, che pure aveva raccolto una larga parte dei consensi, viene tradito dai suo stessi compagni di partito e si riduce a portare “acqua” a colui che si rivela non solo politicamente e geo-strategicamente, ma anche fisicamente non adeguato, come magari potrebbe capitare per Melenchon con Macron, allora è del tutto evidente che saranno altri a prevalere, e alla fine anche il buon Dio, per mancanza di alternative al libero arbitrio, si rassegnerà a mettersi dalla loro parte.
Carlo Felici
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