L'anno che si è appena aperto non poteva aprirsi in un modo peggiore, data la quantità di violenze e delitti messi in atto la notte di Capodanno, sono stati infatti numerosissimi i ferimenti, comprendenti anche amputazioni e abbiamo avuto anche delle morti
Soffermiamoci in particolare su due episodi accaduti in quella occasione.
Il primo riguarda un uomo che aveva acquistato una pistola illegalmente e ha sparato un colpo uccidendo la zia, inizialmente cercando di depistare le indagini e parlando di “proiettile vagante”, poi costretto ad ammettere le sue responsabilità e dimostrando palesemente di possedere non solo abusivamente un'arma, ma anche di non saperla usare, dato che la credeva scarica mentre essa conservava il colpo in canna.
Il secondo riguarda un deputato che secondo un testimone citato dal giornale Repubblica: “è arrivato a fine serata stavamo andando via: era allegro, ha tirato fuori la pistola senza che nessuno glielo avesse chiesto e all’improvviso è partito lo sparo»
Lui sostiene di non avere sparato, ma in ogni caso, se la pistola era sua, conserva lo stesso pienamente la responsabilità dell'atto scellerato.
Per di più di fronte alla richiesta delle Forze dell'Ordine di consegnare gli abiti per il controllo di rito sulla polvere da sparo, ha invocato l'immunità parlamentare. Come se questa garantisse una sorta di impunità per reati anche piuttosto gravi.
Di fronte a tutto ciò si è scatenata, specialmente sui social, una diatriba con toni anche accesi sull'uso delle armi in Italia, per cui sarà bene fare una certa chiarezza.
L'uso delle armi, nel nostro Paese, è soggetto ad una delle legislazioni più restrittive al mondo. Per detenerle e usarle è necessario non solo un certificato rilasciato dalla ASL o da un medico militare, attestante le condizioni di idoneità psicofisica del soggetto richiedente, in base alle sue motivazioni, ma anche una specifica autorizzazione della Questura, previa analisi della capacità del soggetto di saperle usare, rilasciata da un poligono di tiro.
Basta anche un semplice incidente domestico, soggetto a denuncia, che la Polizia può entrare in casa e sequestrare ogni tipo di arma, propria o impropria, per motivi cautelari, ed evidentemente il cittadino, in tal caso, non può invocare alcuna immunità, ma solo rivolgersi al suo avvocato. Tale idoneità può quindi essere revocata ad arbitrio della Questura a tempo indeterminato o finché il cittadino non richieda che le ragioni dell'interdizione possono essere concretamente e per motivi validi rimosse, anche in questo caso il parere della Questura sarà vincolante
Nonostante questa serie di norme restrittive, purtroppo, assistiamo lo stesso ad episodi di uso eccessivo o indiscriminato di armi, come nel caso del gioielliere che ha inseguito i rapinatori fuori del suo negozio, improvvisandosi brutalmente come uno spietato giustiziere. Forse aveva visto troppi film con il tenente Callaghan, o piuttosto aveva sentito troppi proclami di certi politici sulla necessità sacrosanta del cittadino di autodifendersi.
Certamente il diritto all'autodifesa è sancito dalla legge, ma sempre in modo proporzionato all'offesa e non è certo un motivo per scavalcare le sentenze dei giudici, la cui autonomia è altrettanto sacrosanta.
Ecco quindi che il problema non è la legge vigente e se debba essere ancora più restrittiva, perché, come abbiamo osservato, le norme già ci sono e testimoniano del fatto che il possesso e l'uso di armi in Italia non è un diritto ma una semplice concessione, per motivi validi e motivati, e in ogni caso soggetta a verifica ed eventualmente anche a rimozione.
Invocare l'immunità parlamentare per evitare queste norme è palesemente la dimostrazione di una personalità che non tiene conto del rispetto della legge e delle norme che ne consentono l'applicazione. Se andiamo incontro a periodi in cui i politici usano le armi protetti dall'immunità parlamentare, mentre i cittadini ne sono privati anche per motivi non del tutto rilevanti, stiamo pur certi che precipiteremo in epoche buie e di tristissima memoria.
Garibaldi, che fu l'artefice dell'unità d'Italia, istituì con legge 2 luglio 1882, n.883, il Tiro a Segno Nazionale, per consentire a tutti i cittadini di conoscere le armi da fuoco, saperle usare e addestrarsi al loro uso. Successivamente tale istituzione divenne una vera e propria disciplina sportiva regolata dal CONI.
Ma quale era allora il vero intento di Garibaldi? Evidentemente quello poi sancito dall'articolo 52 della nostra Costituzione: “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino..” Dice “sacro” perché la vita stessa di ognuno è “sacra” e il tutelare e difendere quella di tutti coloro che appartengono alla comunità che li ha fatti nascere, li ha educati e resi liberi mediante il lavoro (questi restano gli intenti della Costituzione anche se di difficile attuazione) è ancor più “sacro”, perché può portare persino a sacrificare la propria vita, come abbiamo visto nei vari casi di agenti o magistrati.
Di qui il servizio militare obbligatorio, oggi anche per le donne (cittadine a tutti gli effetti) ma su base volontaria, su questo elemento della volontarietà si potrebbe discutere ma esuleremmo dall'argomento di oggi.
Chi come il sottoscritto è memore della stagione degli anni di piombo sa più di altri a cosa possa portare l'uso indiscriminato di armi, allora compiuto da frange estremiste con varie “coperture” anche di servizi deviati, e che portò anche all'assassinio di ragazzi e ragazze inermi che distribuivano solo volantini o volevano solo esercitare il diritto di firmare per far svolgere dei referendum, oltre a ferimenti e uccisioni di vari magistrati e giornalisti.
Evidentemente le organizzazioni criminali e terroristiche conservano tuttora l'uso indiscriminato delle armi e per questo vanno contrastate con la necessaria fermezza, senza esitazione e con tutti i mezzi possibili. Solo quando tali organizzazioni eversive o un pericolo esterno soverchiano la possibilità che lo Stato con le sue Forze Armate e di Polizia ha di difendersi, o quando queste sono soggiogate da una tirannide, non solo può, ma deve intervenire il cittadino in armi, come accadde durante il Risorgimento e durante la Lotta di Liberazione. Per questo il principio di Garibaldi, debitamente regolato e controllato, conserva tutta la sua validità.
Ma in tali circostanze l'esistenza stessa dello Stato e della democrazia sarebbe messa a rischio. Quindi se vogliamo prevenire tali eventualità, dobbiamo esercitare la necessaria fermezza anche con chi fa un uso improprio delle armi, manifestando con questo direi tutta la sua ignoranza ed idiozia.
Perché credo che anche un bambino sappia che una pistola può essere caricata a salve, facendo solo un gran botto e nessun danno se non alle orecchie. Non dubitiamo che nipoti e deputati lo sappiano benissimo, e se lo ignorano almeno vanno messi in condizione di non nuocere e di non dare pessimi esempi.
Garibaldi non amava né le armi né la guerra. La pistola che usò durante le sue imprese, da quella dei Mille in poi, gli fu regalata da Samuel Colt in persona, lui che amava più gli animali, per i quali istituì anche la Società di Protezione e l'agricoltura, che la guerra, alla fine delle sue campagne militari la regalò ad un amico, il quale la donò al Museo del Risorgimento di Torino da cui è stata trafugata circa 50 anni fa, e mai più ritrovata
Purtroppo il furto e l'uso improprio delle armi riguarda anche la storia e la memoria, non solo l'attualità. Soprattutto perché i buoni esempi sono ancora troppo pochi
Carlo Felici
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