Siamo oramai ad un anno dall'intervento della Russia in Ucraina, sarebbe errato dire ad un anno dall'inizio della guerra, perché la guerra in Ucraina iniziò nel lontano 2014, con i bombardamenti sanguinosi delle zone orientali di quel paese da parte delle milizie ucraine, in uno stillicidio di migliaia di morti di cui nessuno dei media occidentali si è mai accorto né preoccupato seriamente.
Già da allora soprattutto la Unione Europea avrebbe dovuto elaborare un piano di pace che garantisse sia una larga autonomia delle zone ucraine di lingua e cultura russa, sul modello ad esempio delle nostre regioni a Statuto Speciale, sia con una presenza sul campo di truppe internazionali sotto la bandiera ONU, per fare opera di interposizione tra insorti autonomisti ed esercito e milizie ucraine alcune delle quali rivelatesi anche filonaziste.
Il non avere fatto nulla e l'avere lasciato aggravarsi la situazione per ben otto anni, ha determinato la reazione di una nazione russa seriamente preoccupata che la guerra potesse avvicinarsi pericolosamente ai suoi confini anche con la creazione di basi militari ad alto potenziale distruttivo.
La reazione dunque c'è stata un anno fa ed è apparsa subito spropositata, con lo scopo non di allontanare la guerra dai confini della Russia, ma di assoggettare l'intero territorio ucraino e sottometterlo, sostituendo il governo di Zelensky con uno amico. Questo grossolano tentativo si è rivelato tanto feroce quanto fallimentare ed ha portato alla devastazione indiscriminata di territori anche molto lontani dai confini russi, e soprattutto a scavare un solco profondo tra Russia e popolazione ucraina, colpita indiscriminatamente con migliaia di morti.
Già dai primi mesi del conflitto si sarebbe dovuto elaborare un piano di pace che prevedesse il ritiro delle truppe russe in cambio di una larga autonomia per le zone orientali dell'Ucraina, così da creare una area cuscinetto neutrale tra Russia ed Ucraina, magari garantita dalla presenza di truppe internazionali, come in altre aree del mondo.
Ma né il governo ucraino né quello russo e nemmeno la UE e gli USA hanno mai voluto perseguire questa unica via verso la pace.
La Russia illudendosi che l'Europa sarebbe stata piegata dalla penuria delle materie prime russe a basso costo, e l'Europa illudendosi che la Russia sarebbe stata piegata dalle sanzioni e dall'isolamento internazionale.
Invece, ad un anno di distanza, si sono solo rafforzati due blocchi militari ed economici, sulla falsariga di una guerra fredda che credevamo fosse finita più di 30 anni fa e che invece è risorta prepotentemente minacciando di essere ancora più calda di quella durata quasi mezzo secolo.
Il governo italiano attualmente si trova in una singolare posizione, avendo al suo interno forze politiche che esprimono posizioni diametralmente opposte su questa guerra, pur rivelandosi compatte al momento del voto solo per ragioni di opportunità e di potere.
Da una parte la Meloni esprime il sostegno a Zelensky senza se e senza ma, dall'altra Berlusconi Zelensky non lo vuole vedere nemmeno scritto.
E' del tutto evidente che senza Berlusconi il governo attuale cadrebbe, per cui se la Meloni si può permettere di replicare al presidente ucraino che la posizione di Berlusconi non è quella del governo italiano, ella non può certo ignorare che la affermazione del leader di Forza Italia, non solo non può essere isolata da quella del suo partito, ma tanto meno può essere ignorata, perché rappresenta l'opinione di un numero di italiani che va ben oltre quello degli elettori del partito di Berlusconi.
Zelensky ha pure replicato in modo alquanto grossolano a Berlusconi mettendo in imbarazzo la Meloni, e dicendo che il leader di FI non avrebbe mai subito gli orrori della guerra, evidentemente mostrando con ciò di avere pessimi consiglieri.
Facilissima e pertanto giusta la replica di Berlusconi che ha avuto, da politico navigato, solo l'accortezza di non farne un comunicato ufficiale per non mettere in imbarazzo il Governo. Ad alcuni parrà strano ma in questo caso lui ha perfettamente ragione anche perché, da piccolo, egli visse gli orrori della guerra, essendo come tanti altri uno sfollato. La guerra pertanto va evitata non incrementando gli armamenti, ma incrementando i piani di pace come, ad esempio concordando una larga autonomia per le zone orientali dell'Ucraina che sono state bombardate a tappeto dalle milizie ucraine dal 2014 e che il signor Zelensky, il quale ha messo fuori legge i partiti di opposizione e in galera i suoi dissidenti, e che non ha dimostrato palesemente di essere un buon diplomatico né un leader pienamente democratico per il suo popolo, vuole sotto il suo governo senza alcuna altra possibilità di confronto con le istanze ed esigenze che le zone orientali ucraine esprimono disperatamente da ormai circa dieci anni. Dare a lui altre armi, senza chiedere che collabori ad un piano di pace, non vuol dire preparare la pace come dice la Meloni, ma incrementare altra guerra.
Il Papa ha recentemente dichiarato che “Quella costruita sulle macerie non è una vera vittoria”, una frase direi epocale, che andrebbe scolpita all'entrata di ogni scuola
Perché ogni guerra procura macerie e vittoriosi sono solo coloro che riescono a prevenirla e a limitare le sue vittime e le sue macerie il prima possibile. Invece ora ci troviamo di fronte ad un conflitto in cui le macerie e le vittime non solo tendono ad estendersi quotidianamente, ma persino alla minaccia che esso stesso, estendendosi sproporzionatamente, riduca in macerie tutto il mondo.
Di fronte a tutto ciò il balletto delle democrazie europee e la perdurante incapacità e non volontà da parte della amministrazione americana di trovare una soluzione rapida al conflitto, ripetendo continuamente il ritornello sempre più stonato che i russi sono invasori e devono andarsene dall'Ucraina senza se e senza ma, appare solo come il simulacro dell'orchestrina del Titanic prima della catastrofe che poi inghiottì tutti.
In questo caso saremmo proprio noi europei ad essere inghiottiti da una catastrofe di proporzioni inimmaginabili, e forse sarebbe la giusta nemesi di un continente che si è rivelato il più guerrafondaio del mondo e sul quale si è consumato a ripetizione il numero maggiore e più feroce di guerre di tutta la storia dell'umanità nel corso dei secoli.
Una Europa che avrebbe dovuto finalmente, in nome della pace non solo nel suo territorio, ma anche in altre aree del mondo, unirsi nelle sue istituzioni e anche nella sua forza militare per parlare con una sola voce e che invece ora, e ancora una volta, si divide in Paesi egemoni che fanno i loro vertici, altri che seguono più o meno pedissequamente le politiche di oltreoceano, altri che stanno solo a guardare e tutti che non fanno che regalare armi invece che lavorare per seri piani di pace.
Tutto questo non farà che aggravare l'impotenza di un continente destinato più che in passato a scontare una irrilevanza nella storia la quale, in tempi relativamente brevi, potrà esplodere in divisioni etniche e sociali, e in profonde disuguaglianze economiche.
Forse siamo già all'alba di un nuovo Medioevo di cui si vedono solo le incipienti rovine di un presente che riecheggia il suo passato, destinate ad estendersi assieme a quelle che riflettono il degrado non solo economico e sociale, ma anche quello morale e spirituale di una civiltà che affonda nella sua inconsistente e narcisistica impotenza, e che lascerà spazio e soprattutto fede, speranza e amore ad un nuovo orizzonte spirituale, i cui germogli sono ancora sotto la cenere e sotto l'inverno del nostro scontento...anche elettorale.
Carlo Felici
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