di Carlo Felici
Le prospettive della cosiddetta
sinistra, alla luce dei nuovi esiti elettorali e anche rispetto a
quelle che tuttora sono le sue scelte in merito all'immigrazione e
alla prevalenza dei diritti civili su quelli sociali, sono quasi
azzerate.
Se infatti il PD non è palesemente
configurabile come partito di sinistra, ciò che esiste alla sua
sinistra risulta politicamente irrilevante e con una rappresentanza
parlamentare quasi nulla.
Tutto ciò, evidentemente, è frutto di
una storia di collateralismi e di consociativismi che risulta
alquanto datata. Non stiamo a ripercorrerla perché è già molto
nota.
Quello che ci interessa capire è
invece come si debba colmare tale vuoto e se per l'appunto questo è
realmente possibile.
Cominciamo con il dire che
l'appellativo sinistra, come d'altronde quello di destra, in Italia
risulta scarsamente significativo, prova né è il fatto che a
conseguire la maggior parte dei consensi e a governare, oggi, nel
nostro Paese sono partiti che si sono sempre collocati in un'area
poco assimilabile alla destra o alla sinistra, almeno in senso
stretto.
Lega e M5S sono, infatti, definibili,
in linea di massima, come movimenti populisti piuttosto che come
partiti di centrodestra o centrosinistra, anche se, almeno la Lega,
del centrodestra ha fatto e fa tuttora parte ma non in maniera
ortodossa come le altre componenti di questo schieramento.
Se dunque la parola sinistra ha ormai
significato nullo per la stragrande maggioranza degli italiani fino a
far risultare il fatto evidente che non ci sarà mai, in queste
condizioni, un governo di sinistra, allora vale davvero la pena di
chiedersi cosa possa esserci al suo posto.
Evidentemente prima che la parola
sinistra esistesse, è sempre esistito il Socialismo il quale, pur
non manifestandosi sempre e ovunque nello stesso modo, ha
rappresentato dall'Ottocento, le migliori istanze di libertà e
giustizia sociale oltre che di democrazia partecipativa e non solo
rappresentativa da offrire per il miglioramento dell'umanità e da
contrapporre alla barbarie della riduzione dell'essere umano e della
natura a merce per scopo di profitto.
Questo avviene da moltissimo tempo,
almeno da quello della Repubblica Romana del 1849 (che non fu un
fenomeno politico strettamente socialista ma comunque legato ad
istanze socialiste) e della Comune di Parigi (primo vero esperimento
di governo socialista)
Una storia dunque assai lunga e
gloriosa che, specialmente nel nostro Paese, dai tempi di Turati a
quelli di Matteotti, di Nenni, Pertini e diremmo anche Craxi (almeno
sul piano della crescita economica e della sovranità nazionale), ha
contribuito moltissimo al progresso e al benessere degli
italiani.
Oggi tutto questo non esiste più,
anche se sopravvive una sigla socialista di un partito che ha
rinnegato esplicitamente soprattutto negli ultimi anni, con il
sostegno ed il voto esplicito a politiche che hanno demolito la
scuola pubblica, le leggi sulla tutela del lavoro e lo stato sociale,
la sua ragione sociale originaria.
Se vogliamo quindi costruire o meglio
ricostruire un soggetto politico autenticamente socialista in Italia,
non possiamo che seguire alcuni indispensabili passaggi.
Il primo evidentemente è quello di
uscire dalla logica del collateralismo e del consociativismo, negando
ogni eventuale riferimento con una sinistra in via di
autodemolizione, il secondo è il recupero della ragione sociale
originaria del Socialismo ed il terzo è inevitabilmente
l'aggiornamento di un progetto che ha antiche radici, con le sfide
attuali del nuovo secolo e millennio che stiamo vivendo. Vediamo
quindi di analizzare ogni punto.
Innanzitutto per realizzare il primo
punto, bisogna evitare di entrare in liste elettorali in cui questa
sinistra residuale cerca ancora spazio per svolgere le sue ulteriori
politiche consociative quasi sempre legate ultimamente alle
iniziative del PD. Quindi, un soggetto politico che va a infilarsi in
una stessa lista elettorale in cui sono presenti altri soggetti della
sinistra residuale, non può che subire la loro stessa sorte: essere
cioè sconfitto in partenza. L'esempio delle liste arcobaleno o di
potere al popolo parla da solo. Il risultato è minimale e per i
socialisti coinvolti inesistente. Per un soggetto autenticamente
socialista che ha attraversato tale passaggio fallimentare la prima
cosa da fare dovrebbe essere quella di liberarsi immediatamente del
leader che l'ha spinto ad intraprenderla. Se si vuole costruire una
novità, bisogna che essa risulti tale, nei personaggi che la
rappresentano, nella proposta politica e soprattutto nella sua
capacità di farsi valere politicamente in ogni spazio in cui essa
voglia attuarsi, dai territori al web.
Passando poi al secondo punto, e cioè
per recuperare la ragione originaria di un autentico movimento
Socialista, bisogna riflettere su quali sono i suoi valori di sempre.
Libertà, giustizia sociale, tutela dei servizi sociali e dei beni
comuni: casa, scuola, ospedali, trasporti, ordine pubblico,
patrimonio ambientale ed artistico, difesa dei lavoratori e delle
categorie più svantaggiate, dai disabili ai pensionati,
stabilizzazione del lavoro, con la lotta al precariato e al lavoro
nero, capacità di combattere la corruzione e tutto ciò che ruota
intorno ad essa, sicurezza sociale nel perseguimento del crimine
individuale ed organizzato, equità fiscale con tasse progressive in
base al reddito, ma senza inutili patrimoniali una tantum e senza
accanirsi sui ceti produttivi, indispensabili per la crescita
economia e per la competitività del Paese, che, anzi, bisogna
sostenere per scongiurare rovinose delocalizzazioni. Capacità di cooperazione ed integrazione soprattutto culturale, al posto dell'accoglienza indiscriminata. Chi viene in Italia deve avere il dovere e anche il diritto di sentirsi italiano tra italiani, specialmente se contribuisce legalmente al benessere di tutti i suoi concittadini. Deve sentire la Costituzione Italiana come il vero salvagente dall'annegamento nella disperazione e nello sfruttamento.
Tutto ciò quindi deve essere unito ad una capacità
permanente di adeguata informazione, mobilitazione, e di coscienza e difesa proprio di quei diritti e doveri individuali e collettivi che sono mirabilmente
rappresentati nella nostra Carta Costituzionale. Questo, in sintesi, vuol
dire recuperare, se lo si applica concretamente, la vera ragione
sociale per cui un soggetto politico socialista è degno di esistere.
Non è quindi né scontro di classe e tanto meno incoscienza di
classe, è piuttosto la consapevolezza che un sistema-paese ha
bisogno di funzionare soprattutto nella capacità di essere cosciente
ed attivo come Paese, come un tutto organizzato, in cui le parti
collaborano per il bene collettivo e per conquistare un futuro nella
storia.
Questo è il senso di un Soggetto
politico concretamente patriottico che trae, dalla sua storia e dai
valori che essa ha saputo esprimere, la linfa vitale per dare a quella
stessa storia uno sbocco futuro, così come un padre e una madre
fanno per i loro figli. Questo è il senso di un autentico
patriottismo che non deborda nel nazionalismo, proprio perché cerca
legami fruttuosi e concrete iniziative solidali con altri Paesi che
vogliono intraprendere e condividere, anche se in rispettosa
autonomia, una strada analoga di dignità e di sviluppo nel rispetto
reciproco.
Si può essere patriottici pur
appartenendo ad una comune federazione di patrie, anzi sappiamo bene
che i migliori momenti della storia umana sono stati proprio il
frutto di questa unità nella diversità: dalla antica civiltà delle
poleis greche alla stessa storia romana, in cui la civitas di Roma
corrispondeva alla capacità di essere soprattutto all'unisono città
e civiltà insieme ad altre culture e civiltà, accomunate con essa
stessa solo da un diritto condiviso e romano solo nel senso
universale del termine, fino alla straordinaria stagione del
Rinascimento.
Matteotti, quando parlò di "Stati Uniti d'Europa", intese questa prospettiva come tale da favorire l'ascesa al potere delle classi lavoratrici, non la concepì certo come il dominio delle oligarchie finanziarie
"Lega delle Nazioni, e più immediatamente degli Stati Uniti d'Europa, che si sostituiscano alla frammentazione nazionalista in infiniti piccoli Stati turbolenti e rivali. Dovrà rafforzare i sentimenti di solidarietà tra i lavoratori di tutto il mondo, per modo che si aiutino scambievolmente nella comune opera di redenzione sociale, dovrà soprattutto sospingere in ogni nazione la classe lavoratrice al potere politico, per assicurare il suo massimo interesse alla pace universale e alla prosperità di tutti coloro che lavorano, e per preparare in un più lontano avvenire il regno universale del lavoro"
Questo può essere il destino odierno
di una Europa migliore che è accomunata da intenti sociali,
difensivi ed economici, pur restando autonoma nel suo interno per
perseguire e sviluppare l'originalità di tutte quelle culture e
tradizioni che la caratterizzano e la possono arricchire.
Patriottismo e Internazionalismo, senza
debordare in alcun modo nel nazionalismo e nell'imperialismo,
apertura e collaborazione con altri popoli, pur mantenendo quella
specificità che è l'unico elemento possibile e necessario della
crescita, perché solo mediante essa, si può alimentare la
creatività ed una sana ed equa competitività.
Venendo dunque all'ultimo punto, e cioè
alla possibilità e necessità di proporre un socialismo aggiornato
alle sfide del secolo XXI e del II millennio, non possiamo che
mettere al primo posto due grandi questioni globali, perché questo
secolo e questo millennio sono nati sotto l'egida e a all'insegna
della globalizzazione purtroppo, aggiungiamo, solo dei mercati e del
neoliberismo. Cioè di quel capitalismo selvaggio che ha come suoi
principali strumenti per esercitare ovunque la sua volontà di
accrescimento e di potenza, fino a superare ogni limite anche con la
violenza più brutale, la guerra e la devastazione ambientale.
La vera dicotomia tra l'homo demens e
homo amans, in questo millennio e in questo secolo e oggi più che
mai, come discrimine tra capacità di costruire o distruggere un
destino globale, è proprio nella scelta tra pace e guerra, tra cura e
devastazione dell'ambiente
Quindi, se fino al secolo scorso alcuni
socialisti si potevano ancora professare interventisti oppure
propensi al dominio della natura mediante la tecnica, oggi, al
contrario, per essi diventa un imperativo categorico di carattere
morale prima ancora che politico, la difesa della pace (che non è
però astratto pacifismo ma soprattutto impegno per contrastare e se
necessario combattere tutto ciò che la minaccia) e l'innovazione
tecnologica rivolta all'utilizzo di risorse ecologicamente
sostenibili e rinnovabili, anche a costo di compromettere il mito
della crescita a tutti i costi.
Il binomio libertà-giustizia sociale,
oggi va sostituito con il trinomio libertà-responsabilità sociale e
responsabilità ambientale. Solo chi resta confinato nei secoli
scorsi e non è capace di proiettarsi nel futuro non riesce a
comprenderlo ed esita o evita addirittura di portare avanti il
necessario impegno e le battaglie indispensabili per attuare ciò che
deve propiziare tale futuro.
La lotta di classe non è la guerra di
un gruppo sociale contro un altro per conseguire il suo
annientamento; un
grande studioso libertario della terra come Jacques Élisée Reclus
già dalla Comune di Parigi, fece notare che “L'ambiente
è sempre infinitamente complesso e l'uomo è di conseguenza
sollecitato da migliaia di forze diverse che si muovono in tutti i
sensi, sommandosi le une alle altre, alcune direttamente, altre
seguendo angoli più o meno obliqui, oppure contrastando
reciprocamente la loro azione” La lotta di classe è quindi
necessaria piuttosto per ritrovare un equilibrio nel mondo che,
altrimenti, a causa dei suoi dirompenti squilibri, rischia di
autodistruggersi; il suo obiettivo rivoluzionario è permanente e
innanzitutto morale, perché consiste nell'acquisire sempre nuovi
strumenti di consapevolezza tali da contrastare quella ignoranza che
accentua gli squilibri e tende ad annientare parallelamente la
biodiversità, la multiculturalità e la coesistenza dei popoli sulla
terra.
Solo
un autentico soggetto Ecosocialista che sappia guardare alto e
mantenere però fermamente i piedi per terra può non solo trovare il
modo di affermarsi con un respiro più ampio e credibile rispetto a
soggetti di consorteria, demagogici o campanilistici, ma può anche
riuscire a competere con chi altrove nel mondo cerca disperatamente
una strada diversa per una umanità che, proseguendo ostinatamente
per la china di sempre, al limite solo con qualche palliativo in più,
rischia di trovarsi improvvisamente e tragicamente di fronte
all'abisso.