Il 27 Giugno si prospetta la seconda
assemblea dei socialisti italiani che dovrebbe avviare e portare a
termine il processo già iniziato il 29 marzo, ma già appare un
segnale, a mio parere, poco incoraggiante. Infatti la prima è nata
all'insegna del Risorgimento Socialista, la seconda parte con un nome
che sembra quasi l'ammissione di una sconfitta: “Ricominciamo dal
Socialismo”.
Ricominciamo, infatti, vuol dire che in
qualche modo o ad opera di qualcuno, si è smesso di essere
socialisti e si vuole, di conseguenza, ricominciare.
Ma “ricominciare come e con chi”
ancora non è chiaro. Lo scopriremo dunque, come cantava in una
famosa canzone Battisti: “solo vivendo”?
Sicuramente sarebbe stato meglio
mantenere la dizione originaria “Risorgimento”, che dà più
l'idea di qualcosa che risorge dalle sue ceneri, dato che,
obiettivamente, il socialismo italiano è stato "bruciato" da tempo. Almeno da quello in cui, con un Presidente della Repubblica ed un Presidente del
Consiglio italiano socialisti, si provò a dare, concretamente e con
risultati apprezzabili, nuovo slancio, autonomia e credibilità, non
solo ad un modello di socialismo moderno, che altri avrebbero tentato
di copiare in malo modo e grossolanamente, ma anche e soprattutto ad
un Paese che ha vissuto per 70 anni il paradosso di scoprire una
libertà individuale sempre maggiore, mantenendo una sovranità e una
libertà collettiva sempre più limitate.
Oggi, come ho già scritto in un mio precedente intervento, l'Italia ha una sovranità che è la più
ridotta e marginale che abbia mai avuto, non solo dalla nascita della
Repubblica, ma nell'intera sua storia unitaria. Qui non si decide più
nulla: né la politica economica e tanto meno quella geostrategica e
militare, il deprimente risultato è che abbiamo al potere in sede
nazionale dei fantocci che fanno i gradassi per mantenersi in sella,
osservando scrupolosamente le direttive che ci vengono dagli USA e
dalla Germania, e in sede locale, amministratori corrotti che lucrano
sulla incapacità di trovare concrete alternative a questo assetto
politico generale.
Lo abbiamo visto e continuiamo a
vederlo con chiarezza sempre maggiore: l'incremento della
immigrazione oggi è direttamente proporzionale ai profitti illeciti
che vengono intascati da amministratori con le tessere dei partiti
che gestiscono il potere a livello nazionale, e con un capitale
crescente che supera ormai quello del commercio della droga.
La corruzione è l'elemento che
maggiormente favorisce la crescita del debito pubblico, perché essa
porta allo spreco delle risorse che vengono reperite mediante gli
introiti fiscali.
La conseguenza inevitabile è che le
tasse non possono che aumentare e che il patrimonio pubblico e
privato degli italiani deve essere svenduto per coprire i buchi
crescenti di bilancio.
Nessuna patrimoniale (bandiera da
sempre di una sinistra stracciona) potrà mai arrestare questa
emorragia di risorse, ma, anzi, permanendo questo stato di cose, l'ulteriore sallasso sui patrimoni privati
non potrà che rendere il dissanguamento più copioso.
Il progetto per far tornare l'Italia ad
essere “una espressione geografica”, spezzandola in due: una
parte settentrionale sotto il controllo della Germania e una
meridionale sotto il controllo degli USA, è chiaro, semplice e
progressivo: 1) Favorire il permanere al potere di classi politiche
autoreferenziali sempre più servili e corrotte 2) Incentivare la
nascita di opposizioni politiche demagogiche municipalistiche capaci di raccogliere
consenso, ma sostanzialmente incapaci di realizzare una alternativa
di governo. 3) Incrementare l'immigrazione e il disagio sociale che
spesso ne deriva, insieme alla marginalizzazione degli italiani
ridotti in condizioni crescenti di precariato e povertà 4) Aumentare
progressivamente le tasse, portando il ceto medio ad immiserirsi e a
svendere soprattutto il suo patrimonio immobiliare. 5) Ridurre
drasticamente gli spazi anche istituzionali in cui si può ancora
esercitare qualche forma di sovranità popolare, assieme alle risorse
pubbliche e ai servizi destinati alla privatizzazione e alla svendita
6) Reprimere in maniera sempre più drastica e violenta ogni forma di
dissenso organizzato che non sia gestito da organizzazioni sindacali
e politiche collaterali a tale assetto. 7) Uso infine della
Magistratura per fini speculari a tale orientamento generale.
E' del tutto evidente che non si
reagisce seriamente a tale prospettiva con la formazione di un
partitucolo o, con manovre più o meno verticistiche di capetti in
fregola di rivincita e autoriciclaggio per la creazione di un soggetto politico più
o meno collaterale a quelli che da tempo sono complici di tale
distruzione e smantellamento di un intero Paese. Per realizzare un
obiettivo serio e credibile ci vuole ben altro.
Bisogna essere paradossalmente
reazionari più che progressisti. Nel senso “letterale”, che non
bisogna assecondare il progredire di tale sfascio, ma reagire ad esso
in maniera efficace e tempestiva.
Reagire ovviamente non significa
tornare ad un passato più o meno recente o remoto di violenze e
sopraffazioni. La storia non si ripete e quando qualcuno pensa che
ciò possa avvenire, in realtà, mette in atto solo una grottesca e
sovente tragica e farsesca millantatura.
Oggi possiamo rimettere in campo i
valori che animarono il Risorgimento, che fecero nascere la
Costituzione, o persino quegli orientamenti che, durante il Fascismo, prima che
esso fosse sopraffatto con tutta l'Italia, anche allora, dai poteri
speculativi e finanziari e da un progetto mirato a rendere l'Italia
succube del Germanico Terzo Reich, contaminandosi di becero razzismo, cercarono di realizzare una
modernizzazione dello Stato, non sulla base di una anacronistica
lotta di classe, ma su quella di un serio interesse nazionale,
purtroppo sconfinato in sgangherati progetti imperialistici. Se infatti la lotta tra classi o categorie di persone sfruttate ed altre dedite allo sfruttamento e alla speculazione appare leggittima, essa non può che avvenire mediante la forza dei singoli stati e deve essere coordinata a livello internazionale.
E' necessario per questo rimettere in primo piano la
storia, la tradizione, la cultura e la identità di un popolo che ha riconquistato la sua dignità con una Costituzione che rischia di essere oggi in gran parte snaturata, e di
una Patria finalmente riconciliata secondo la sua indispensabile
dignità.
E a chi dice che ciò non è altro
che rossobrunismo si può tranquillamente replicare che invece è indispensabile e socialmente avanzato tricolorismo.
Fu Goebbels a definire gli italiani “un
popolo di zingari destinato ad imputridire”, oggi noi rischiamo che
la decadenza progressiva di questo Paese ci faccia fare questa fine
con il beneplacito delle autorità che ci governano.
E' dunque chiaro che l'Italia ha
prima bisogno di italiani pronti a lottare per non imputridire ed
essere consegnati di nuovo anonimamente alla geografia di un
continente che ci relega alla condizione di “cassonetto della
povertà globale”, e poi di un soggetto politico, di un partito o
al limite di una moneta e persino di un esercito che possano
invertire seriamente quello che appare il suicidio di una Patria
Come ho già messo numerose volte in
risalto, la prospettiva di un secolo che rischia di vedere
l'autoannientamento collettivo dell'umanità a causa delle guerre,
delle ingiustizie sociali, delle migrazioni bibliche e della
devastazione ambientale, non può che essere salvata mediante una
forma avanzata di Ecosocialismo. Si badi, una forma non “progredita”
perché il progresso degli assetti vigenti non fa che accelerare i
processi disgregativi e distruttivi, ma rivoluzionaria e reazionaria,
tale cioè da reagire seriamente alle tendenze in corso e
rivoluzionarle a tal punto da rendere gli assetti attuali
irriconoscibili. Ovviamente non quelli che favoriscono la fruizione
della libertà e della giustizia sociale, ma quelli che le ostacolano
irrimediabilmente.
Ad essere colpite oggi sono tutte le
classi sociali e tutti i soggetti non legati in maniera clientelare
con gli assetti di potere. Ed essendo essi sempre di meno, vediamo
chiaramente che anche il voto è, di conseguenza, espressione di un
consenso inferiore alla metà di coloro che ne hanno diritto.
Chi ha interesse a
mantenere i propri privilegi non può può che bollare come
“populista” ogni serio tentativo di scalzarlo. Ma si guarderà
bene dal definire clientelare e oligarchico il consenso che riesce a
conservare. Piuttosto userà i soliti sostantivi del tutto snaturati
e privi di senso, non solo storico ma perfino semantico, per bollare
e prevenire ogni eventuale forma di espansione di un consenso
antagonista: epiteti come demagogico, sovversivo, inconcludente, rossobrunista e
persino fascista o terrorista. Oltre ovviamente a considerare
necessaria una dialettica politica già spuntata dai tempi di
Mazzini: quella tra destra e sinistra, tipica e nata, come rilevava
già nel 1849 il patriota genovese, in ambito monarchico
costituzionale.
La lezione più seria di tale
inversione di tendenza ci viene oggi, nel mondo, dal Sudamerica, in
cui patriottismo ed internazionalismo sono stati negli ultimi anni
coniugati con efficacia per reagire, con risultati rilevanti, al
perdurante neocolonialismo esercitato verso i Paesi di quel
continente, specialmente nel periodo della guerra fredda, dagli USA.
Nel Sudamerica dove oggi prodotto
interno lordo e giustizia sociale procedono molto più speditamente
che in vari stati europei, non si è esaltato lo stato nazionale a
scapito di altri, ma si è giustamente messa in moto una rivoluzione
elettorale che ha portato al potere democraticamente partiti e
leaders che hanno interpretato le necessità di cambiamento in
termini di giustizia sociale e di proficui rapporti di collaborazione
con altri Paesi seriamente intenzionati a percorrere la stessa
strada. Ciò non toglie che anche in quei casi siano emersi fenomeni
di corruzione, di inefficienza e di ingiustizia, anche però favoriti
e finanziati da chi quei cambiamenti non li ha mai voluti.
Sono gli stessi che oggi dicono di
voler combattere il terrorismo e, al contempo, ne favoriscono le
cause e la diffusione. In particolare nei Paesi che sono più vicini
al nostro ed all'Europa, ed in funzione destabilizzante. Lo stesso
accade nell'Europa dell'Est, dove, per perseguire tali fini, e creare
un nuovo muro tra Russia ed Europa, non si è esitato a finanziare e
a far crescere persino gruppi neonazisti.
Una Europa che è sempre più angusta e
senza spazio né respiro, sia nel suo versante meridionale che in
quello orientale, non può che essere schiacciata verso quello
occidentale, risultando di fatto una appendice nordamericana, magari
sacrificabile, in un eventuale conflitto, per salvare proprio gli
interessi prevalenti di quella che ambisce ad essere e restare
l'unica superpotenza globale.
Tornando quindi a noi che, in nome di
qualcosa che sembra sparito dalla stessa civiltà di questo Paese, e
cioè la cultura politica, vogliamo, dobbiamo e possiamo costruire un
soggetto politico che possa rispondere a queste sfide validamente e
concretamente, non possiamo che considerare di farlo nascere ex novo.
Così come è accaduto tante volte nel nostro illustre passato. Con
un imprevedibile e repentino scatto di dignità e di fierezza.
Un soggetto grande, libero, e
largamente rappresentativo di ogni ceto e classe sociale, non solo
dei lavoratori falcidiati negli stipendi, non solo dei precari a cui
è stata promessa una stabilità mascherata da un termine che
nell'anglofonia imperante si chiama “atto del lavoretto”: Job
Act” e che rischia di ridursi ad una serie di tutele di crescente
servitù, non solo dei pensionati a cui è riservato il maggior
carico fiscale, ma anche dei piccoli e medi proprietari, delle famose
partite Iva e dei tanti tantissimi imprenditori ridotti non solo sul
lastrico ma anche alla disperazione del suicidio da uno Stato
sostanzialmente indifferente.
Un soggetto politico che sappia cioè
rivolgersi a tutti coloro che ancora “combattono e producono”,
non solo ricchezza e crescita ma, ancor di più, “ottimismo e
speranza”, che torni ad incontrare la fiducia e il consenso di
coloro che non votano più, e che soprattutto sappia rovesciare
questa nefasta tendenza al servilismo e alla svendita del nostro
territorio e delle nostre migliori risorse pubbliche e private.
Come chiamarlo conta poco, che ci sia
invece conta moltissimo, così come è necessario che nasca in tempi
rapidi, perché sempre più rapido appare il processo di
disgregazione di questo Paese.
Rimettere in piedi uno Stato ridotto a
carrozzone clientelare e parassitario per decenni, non è facile,
ridare ad esso uno spessore morale, senza che abbia la pretesa di
presentarsi come “etico”, imponendosi autoritariamente su tutti,
è ancora più difficile. Tuttavia senza questo processo che deve pur
tuttavia coinvolgere tutti coloro che lo servono e se ne servono e
che negli ultimi anni sono stati relegati nella tristissima
condizione di base raschiata fin sotto la pelle, di un barile sempre
più sfondato e sulla cui rovina si sono pretesi i sacrifici più
inumani, senza per altro dare alcun buon esempio, non andremo da
nessuna parte, continueremo piuttosto ad affondare nelle nostre
miserie autocommiserative.
E' questo un compito, dunque, che deve
coinvolgere tutti in un vero e proprio sforzo rivoluzionario: forze
dell'ordine, magistrati, docenti, medici, lavoratori pubblici e
privati, imprenditori, pensionati, commercianti, studenti, precari,
tutti coloro che ancora sentono di essere italiani, cittadini e
patrioti, che ancora credono che il Tricolore sia un simbolo non solo
da esporre, ma a cui dare risalto, così come lo si dà alla propria
vita.
Un nome adatto per richiamare ai suoi
doveri e ai suoi diritti inalienabili un popolo narcotizzato da TV,
social-network e soprattutto dalla rassegnata condizione del pollo in
batteria “suicidabile” se non più adatto e funzionale al suo quotidiano
ovetto, e libero solo di strillare quando gli tirano il collo, ci sarebbe:
SVEGLIA...che la guerra non è
finita..ma è appena iniziata.
C.F.
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