Intervento all'Assemblea Nazionale del Risorgimento Socialista del 27/06/2015
Ricominciamo dal Socialismo
di Carlo Felici
Carissime
compagne, carissimi compagni,
oggi siamo a
metà del guado, forse il passaggio più delicato del nostro
percorso.
Abbiamo
iniziato all'insegna del risorgimento socialista e io dissi il 29
marzo quanto fosse importante per me questa definizione che riassume
in sé non solo la storia gloriosa di un partito, ma anche il meglio
di una Patria e di una civiltà: quella italiana.
Oggi mi
trovo con un'altra definizione “ricominciamo dal socialismo” in
cui non mi riconosco perché, detto francamente, si ricomincia quando
si pensa di avere smesso, e io credo, in tutta onestà, di non avere
mai deviato né smesso di camminare e di lottare lungo la strada dei
valori del socialismo. Però capisco che questa definizione può far
presa sui tanti di noi che si sentono ancora in diaspora, dispersi e
disorientati e non sanno più da che parte ricominciare.
Ricominciamo
dunque da qui, da ora e da noi stessi.
Vorrei
iniziare oggi con una frase di Epitteto detta in greco, perché la
voglio dedicare anche ad un popolo che lotta più di altri per la sua
liberà e dignità: “οὐδεὶς ἐλεύθερος ἑαυτοῦ μὴ κρατῶν.” Nessuno
è libero se non ha potere su di sé.
Questa frase
vale per le persone e per i popoli: nessuno può considerarsi libero
se non ha piena sovranità. Nemmeno noi, cari compagni, e il potere
sovrano nasce da due fattori: l'autonomia e l'equilibrio, la capacità
di scegliere senza condizionamenti, e il farlo considerando le cause,
conseguenze e relazioni che determinano e orientano le nostre scelte,
dato che ciascuno di noi non è mai un'isola ma sempre parte di un
grande continente, come diceva John Donne.
Il cammino
dell'autonomia e dell'equilibrio necessita di metodo, e ogni buon
metodo consiste in una pars destruens ed in una adstruens. Nella
capacità di lasciarsi alle spalle qualcosa, se necessario, con
lucida capacità distruttiva (perché non si può tenere in piedi per
forza un edificio già lesionato e minato alle fondamenta), e di
costruire al contempo una struttura nuova, più solida, più
accogliente e soprattutto più convincente.
Non si può
considerare una di queste tralasciando l'altra, perché esse sono
indissolubili, non si distrugge senza al contempo costruire e non si
può costruire senza al contempo distruggere, ripartendo dalle
fondamenta. Anche perché spesso le opere di ristrutturazione, se si
limitano ad appesantire strutture già di per se stesse fragili o
fatiscenti, non fanno che accelerare i crolli.
Cari
compagni, la nostra casa è talmente angusta e sconquassata che non
la possiamo nemmeno chiamare baracca o capanna: il PSI è infatti
solo un aggregato di macerie sparse. Quindi non dobbiamo nemmeno fare
la fatica di distruggere ciò che si è già abbondantemente
distrutto da solo.
Dobbiamo
invece recuperare le pietre solide di un edificio rovinosamente
crollato nel terremoto della seconda Repubblica, e pazientemente
usarle per costruire un edificio più solido, insieme ad altre pietre
che dobbiamo trovare ovunque ci sia ferma volontà di edificare
insieme una grande casa comune all'insegna del Socialismo.
Quindi non
credo saranno utili né necessari altri appelli in questa sede per
ricominciare dal PSI, per ristrutturarlo o per rafforzare una
qualsiasi sua componente interna pensando di rovesciare l'esistenza
delle rovine sparse, mettendole le une sopra le altre in altra
maniera.
Le rovine
restano tali, gloriose, antiche, venerande ma pur sempre rovine.
E non si va
avanti né verso il futuro, abitando le rovine.
Il PSI ha
rinnegato più di un secolo di tradizioni e di valori sociali,
votando, per mezzo dei suoi senatori, la fiducia ad un governo che ha
decretato lo sfascio della scuola pubblica. Mai e poi mai è mai
accaduto ciò nell'ultrasecolare storia del Partito Socialista
Italiano. Per questo esso si è definitivamente suicidato.
Io rispetto
coloro che soffrono e restano in quel partito, ma, al punto in cui
siamo, credo che questa sia davvero l'ultima volta che si possa
percorrere, almeno da parte mia, una strada insieme a chi continua a
sostenere con la sua tessera o, peggio con un ruolo dirigente, un
partito che ha già rinnegato abbondantemente la sua ragione sociale,
storica e culturale.
Dobbiamo
quindi abbandonare il PSI, lasciare che i morti seppelliscano i
morti, come è scritto anche nel Vangelo. Questa è la pars
destruens.
Ma, come vi
ho detto essa non può esistere senza una pars adstruens, per cui da
oggi, anzi dallo ieri del 29 marzo, noi dobbiamo essere consapevoli
di lavorare nel cantiere della costruzione di un nuovo più solido,
accogliente e convincente soggetto politico socialista che abbia
nome, prassi e valori socialisti, da condividere con chi è
fermamente convinto che essi siano tuttora nel mondo la risposta più
credibile alla deriva neoliberista, guerrafondaia, imperialista e
biocida attualmente in atto con questo modello di globalizzazione a
senso unico.
Credere ciò
significa superare le etichette, e innanzitutto essere consapevoli
che il socialismo europeo del PSE è solo una forma di collateralismo
edulcorante di tali rovinose politiche, ed essere così convinti che
l'autentico socialismo europeo viaggia invece nei movimenti come
Siryza e Podemos, e trova eventualmente fruttuose convergenze con chi
nei vari partiti socialisti europei non si è ancora prostrato ed
accomodato ad obbedire alle leggi imposte, non tanto dai mercati, ma
soprattutto dagli oligopoli finanziari transnazionali e mondiali.
Il
Socialismo non è infatti contro i liberi mercati, sono i monopoli
che distruggono la libertà di competere nel mercato, non le regole
che i socialisti vogliono dare ai mercati affinché tutti possano
competere con pari dignità.
Il
Socialismo moderno non è nemmeno il partito delle tasse, spesso
usate solo per deprimere intere classi sociali portandole a svendere
i loro patrimoni, non è il partito della patrimoniale che può
essere usata solo in casi di emergenza ed esclusivamente da parte di
una classe politica che dimostra, con il suo buon esempio, di essere
credibile, onesta e trasparente. Non può essere imposta da una
congrega politica corrotta, inefficiente e disonesta per rimpinguare
i suoi privilegi e mantenere le disuguaglianze intatte, dando così
pessimi esempi.
Il
Socialismo moderno è meno che mai il partito dello statalismo a tutti
i costi, ma è quell'orientamento politico che chiede risorse
economiche ai cittadini per fornire ad essi servizi altamente
qualificati ed efficienti, senza per questo rinunciare a regolare
l'iniziativa privata in modo che la libera concorrenza sia al
servizio del miglioramento della qualità dell'offerta e dei
prodotti, in campo nazionale ed internazionale.
Non può
essere quel partito che tiene in piedi carrozzoni clientelari solo
per alimentare corruzioni e mafie di ogni genere e per salassare
soprattutto i cittadini più onesti limitando in partenza la loro
possibilità di crescere e di competere.
Il
Socialismo moderno valorizza quel merito che produce innovazione,
che, mediante l'inventiva e la creatività del singolo, realizza beni
di cui una intera comunità potrà giovarsi, da quelli tecnologici, a
quelli agricoli a quelli artistici e culturali.
E'
soprattutto quel Socialismo che integra i popoli, senza annientare le
diversità, le culture e le identità, che sulla base di una storia e
di una Tradizione, porta tutti ad interagire vincolandoli a leggi ed
istituzioni comuni non viziate da ideologismi o confessionalismi, su
un piano rigorosamente laico, ma lascia a ciascuno la libertà di
credere in ciò che vuole e di professare ciò che crede, nei limiti
delle leggi, della decenza e della convivenza comune.
E' quel
Socialismo che promuove rapporti di libero e proficuo scambio tra i
popoli sulla base di un commercio equo e solidale che non sia retaggio esclusivo di trattati come il TIPP che favoriscono i grandi
monopoli e annientano la libera concorrenza.
Un
Socialismo che sappia trovare un argine alle migrazioni bibliche, non
con le ruspe o con il razzismo, ma con la “guerra alla guerra”
come diceva la Balabanov, con i progetti di collaborazione con i paesi
in via di sviluppo e con la concertazione delle necessità migratorie
direttamente nei paesi da cui essa proviene.
Non bisogna
andare a prendere in mare chi scappa dalla fame e dalla miseria,
bisogna aiutare concretamene chi lotta contro fame, disperazione e
miseria nel suo paese, invece di ammazzarlo, come è stato fatto con
Lumumba e Sankara.
Il
Socialismo che vogliamo deve lottare strenuamente per difendere la
democrazia sancita dalla Costituzione, deve garantire l'esercizio
della sovranità popolare senza che tale diritto-dovere sia stravolto
dalle convenienze di una casta di politici corrotti e voltagabbana la
cui criminosa ed infame professione è sovente tradire la fiducia del
popolo.
E' un
socialismo che assicura a tutti le stesse basi di partenza e le
stesse opportunità, investendo preziose risorse nella scuola
pubblica, non dirottando, in spregio alla Costituzione, fondi verso
le scuole private.
Questo è il
Socialismo adstruens, costruttivo, che ci attende e su scala
nazionale dobbiamo semplicemente condividerlo con chi è d'accordo
nel perseguire concretamente questi obiettivi.
E dobbiamo
farlo subito, con un nostro nome, con un nostro logo e con un nostro
simbolo chiaramente riconoscibile, senza spocchie identitarie, ma con
quella determinazione e quella cultura che ci compete, perché non
tutti oggi sono capaci di mettere in campo una cultura politica che
non solo sia convincente ma anche attuale, e che sia per di più
realmente cultura politica, dato che la cultura politica, in molti
casi, manca del tutto ed è stata semplicemente annullata nel culto
del capo, capetto o capettino, con i risultati che sono sotto gli
occhi di tutti: un paese in cui la maggioranza degli elettori non
vota più.
Non ci vuole
molto per trovare una cultura anche politica che sia condivisa, il
Papa lo sta dimostrando più di altri oggi, solo che un Papa non può
né deve diventare un leader politico, può invece solo ispirare
anche coloro che vogliono tradurre in prassi le sue profetiche
indicazioni, e senza alcuna forma di confessionalismo o clericalismo.
Questo è un
papa che parla di Ecosocialismo ma in un paese in cui non esiste un
partito Ecosocialista.
Bene, mi
auguro che non sia impossibile crearlo, magari potremmo farlo noi
stessi, consapevoli che questione ambientale e questione sociale
viaggiano oggi all'unisono e dato che abbiamo ben stampato nel nostro
DNA anche la vocazione ecologista di cui già parlarono a suo tempo
Ruffolo e Lombardi. Per un partito che sappia rilanciare le ragioni della
dignità e della cultura di un popolo e di una Patria, con quelle di
altri popoli che vogliono andare incontro ad una nuova primavera di
liberazione dall'assolutismo speculativo dei mercati e dei mercanti del tempio del profitto ad ogni costo.
Il nostro
percorso è quello di costruire insieme ad altri che hanno gli stessi
nostri obiettivi concreti, un soggetto politico in cui non vi siano né
capi, capetti o cappettini a dettare l'agenda e a tracciare il percorso, e tanto meno si svolga il ruolo dell'utile idiota del PD
quando occorre, per incrementarne i numeri.
Non bisogna
fare qualcosa alla sinistra del PD, bisogna fare qualcosa di serio al
posto del PD. E in special modo, di questo PD a conduzione
strettamente verticistica e assolutista.
Non
indugiamo a restare nei sepolcri o, per meglio dire, date le
dimensioni dell'unico partito rimasto a chiamarsi solo nominalmente
socialista,...nelle urnette associative cinerarie.
Voi dite che
se ci proveremo con le nostre sole forze, finalmente tutti insieme, periremo?
Non credo, soprattutto se sapremo parlare e convincere tutti quelli
che non votano più perché non trovano più chi li rappresenti. E
poi anche se dovesse..non è meglio perire in piedi che vivere in
ginocchio? Questa frase lo sapete...è di uno che associava la
libertà all'integrità e all'essere socialisti: era il Comandante,
il Che.
Ma io vorrei
salutarvi piuttosto con un'altra frase di un altro Comandante
nostrano, un repubblicano che appoggiò la rivoluzione russa e che
intercettò e bloccò le navi mandate dal governo italiano con armi e
viveri a sostenere le armate bianche controrivoluzionare, un poeta
che nel 1900 fu anche socialista, per un breve periodo, e che nel
1920 pose le basi per una utopia repubblicana che produsse una
Costituzione tanto avanzata quanto visionaria per quei tempi, voleva
marciare su Roma ben prima di Mussolini, ma Mussolini che lo temeva,
lo lasciò solo, lui invocò anche l'aiuto dei socialisti e di
Serrati, ma Serrati era troppo indaffarato con i suoi sogni
sovietici e le sue "rivoluzioni da temperino", e quindi soprattutto poco incline all'azione e al combattimento.
Di lui disse lo stesso Turati: «Coscientemente o incoscientemente, è
socialista e ribelle».
Ebbene, vi
saluto e vi ringrazio, cari compagni, con un Dannunziano:
“Di là i
morti, vado verso la vita!”
W Il
Socialismo! W l'Italia!
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